Ciao Andrea

Ciao AndreaIl giorno 3 dicembre 2018 è venuto a mancare Andrea Leonelli. Per quanto mi sia difficile scriverlo, questo articolo è doveroso nei confronti di un autore EEE che ha saputo regalare ai propri lettori e alle persone che lo apprezzavano un mondo fatto di parole, di sogni ed emozioni.

Non era solo un poeta e uno scrittore, era soprattutto un uomo estremamente sensibile, pervaso di quella umanità così difficile da trovare nelle persone al giorno d’oggi. Andrea ha fatto tanto, per tutti noi. Per EEE e per molti dei suoi autori, ma non solo. Era sempre presente nel cercare di dare una mano, un consiglio utile, risolvere un problema e confortare chi, in un particolare momento della vita, aveva bisogno di calore e amicizia.

La sua perdita crea un grande vuoto, un vuoto che riecheggia fra pareti stinte e corridoi bui, producendo un silenzio difficile da ignorare. E Andrea non lo avrebbe voluto, non avrebbe gradito questo silenzio, non con il suo carattere e con la sua visione della vita.

Per questo motivo sto scrivendo questo articolo, per mantenere vivida la sua essenza e per ricordare a tutti noi che Domani ci sarà tempo, ce ne sarà sempre, a prescindere… anche per chi resta e che si ritrova a dover lenire ferite inguaribili.

E chi meglio di lui, e dei suoi versi, può degnamente concludere questo scritto? Vi lascio, dunque, ad alcune poesie tratte dai suoi libri.

Ciao Andrea #unodiEEE

 

Unico binario

Col passato come unico binario

seguo la strada che mi conduce

avanti

lontano dai vecchi

verso nuovi errori.

Esperienze vissute

da vivere

da rivivere

nella mente

rimediare il passato

correggere il futuro

vivere il presente

come unico tempo esistente.

Andrea Leonelli. La selezione colpevole

 

Liquefare l’assoluto

Esiste un angolo

fra percezione ed esperienza,

un pertugio

di intimo sublime,

una sacca

fra l’apparire e il vivere,

il sentire e l’essere.

Quel posto solo mio

in cui vivere dentro,

pensare,

provare,

liquefare l’assoluto in effimero,

trastullarsi con l’infinito.

Andrea Leonelli. Consumando i giorni con sguardi diversi

 

Cantando il silenzio

A mani vuote

stringo un ricordo,

un vuoto circondato dal nulla.

Con gli occhi spenti

fisso un futuro

perduto nella nebbia,

cantando il silenzio

a voce muta.

Attendo

che perle di minuti

sgranate come un rosario

cadano perse

nella memoria di ieri.

Andrea Leonelli. Crepuscoli di Luce

 

Voltandosi

Brucia con luce intensa

e intanto pensa

come sarebbe buio

e oscuro il domani,

il suo futuro.

Perso in quella luce

che alla vita induce

felice come un bimbo

Si volta e torna,

ancora,

nell’oscuro limbo.

Andrea Leonelli. Aperti ermetismi

 

[…] Passavano a stento anche i minuti, lentamente, ammucchiandosi gli uni sugli altri. Li guardavo scorrere e mi chiedevo dove stessero andando, ma sapevo che non sarebbero mai più tornati. Mi chiedevo se non dispiacesse loro darmi un continuo addio, come fossero stati una fila di vecchi amici che salutavano portandosi via granelli della mia vita. Oppure ero io che andavo chissà dove, seguivo la mia strada e sfilavo loro accanto, incurante del fatto che non si sarebbero ripresentati più, che una volta passati sarebbero stati persi per sempre. Mi rendevo conto di quanti non ne avevo nemmeno salutati, di quanti ne avevo lasciati fuggire, ignorandoli e perdendoli.

Che fine avevano fatto i miei minuti? Quelli trascorsi fino a quel momento? Li avevo impiegati costruttivamente? Con uno scopo? O li avevo semplicemente persi? Mi erano forse scorsi fra le dita mentre stavo lì, imbambolato, a guardarli scivolare dalle mani? Ai piedi del letto vedevo il mucchio dei minuti che si raccoglievano per trasformarsi in ore. Ore, giorni, settimane, mesi, anni. Istanti andati, irripetibili, ma ormai perduti. Non era anche quello tempo perso? Quel mettersi lì a pensare a quanto potessi averne sprecato? Forse lo era, ma non avevo altri appuntamenti a cui prepararmi, non avevo altre incombenze, quindi che male poteva fare, analizzare i miei trascorsi e cercare di capire come fossi arrivato fino a quel punto? […]

Andrea Leonelli. Domani ci sarà tempo.

Intervista di Piera Birolo a Gianni Bosco

Intervista di Piera Birolo a Gianni Bosco

Piera Birolo, assessore alla cultura di San Sebastiano da Po, ha rivolto dieci domande a Gianni Bosco, autore del romanzo “I sette giorni mancanti di Goffredo Olon Ribaud“, danno un quadro sufficientemente esauriente del contenuto del libro

di Piera Birolo

DIECI DOMANDE SU GOFFREDO OLON RIBAUD

L’ambiente, il paesaggio, nella prima parte del libro sono i veri protagonisti. Quale ruolo hanno per Goffredo?

R. rappresentano un luogo esclusivo, dove nessuno, oltre al protagonista (che in questo caso è Goffredo, ma potrebbe essere chiunque) può e ha il diritto di stare. Anche se unico e irripetibile, quello che Goffredo compie in questo luogo è tuttavia un viaggio tutti dovremmo fare. La descrizione dettagliata dell’ambiente serve a far comprendere che per quanto paradossale, si tratta di un luogo reale.

Ulrica è il primo personaggio che torna alla mente di Goffredo. La scena è ambientata a Torino.Chi è Ulrica?, che cosa rappresenta?

R. Ulrica è un personaggio che ho riesumato da un romanzo che avevo scritto da ragazzo e mai pubblicato. Rappresenta la coscienza civica della gente. Capisce che nell’uomo c’è una potenzialità che la società non esprime. Eppure la società è fatta di quegli stessi individui. È convinta che nel corso della storia qualcosa sia andato storto e ne ricerca le cause indagando nei musei. Questo incontro risveglia, inconsciamente, in Goffredo il dubbio che i suoi sogni e progetti non riusciranno da soli a portarlo alla piena realizzazione di sé.

Furio Levi l’artista, il pittore di Crocefissi… Quanto conta l’Arte per Te? Quanto aiuta Goffredo nella sua ricerca?

R. L’arte ha un’importanza fondamentale nella nostra vita, perché è un’espressione dello Spirito e non dell’anima (io non decido di fare arte, io esprimo arte). È la testimonianza evidente che l’uomo è uno spirito che ha un’anima che vive in un corpo. L’incontro con Furio inferisce un’altra picconata alle certezze di Goffredo. Furio è un puro. Non accetta compromessi e l’averlo fatto lo fa sentire sbagliato. La sua figura è associata alla selva che è rigogliosa ma soffocante. Lui è un ebreo che ha la fissazione del Crocifisso. Non riesce a comprendere come i cosiddetti cristiani possano accettare l’evento cristologico con indifferenza. Confrontandosi con lui, Goffredo si rende conto di non essere quello che si definisce. La sua è una maschera, un’etichetta che altri hanno appiccicato su di lui.

La palude: salamandre, felci, umidità, melma, difficoltà di ogni genere, lessico quasi aulico… Ma c’è una voce: “Freddy, Freddy, sono qui amore, mi senti?” Chi è Michela? Cosa rappresenta?

R. Ovviamente parliamo di quella che una mia lettrice ha definito Michela 2. Michela Raggiodisole è il desiderio del cuore. La donna di cui si è innamorato. L’obiettivo da raggiungere : “raggiungimi!” gli ha chiesto lei. È il legame con la vita nel senso più elevato del termine perché intuitiva e spirituale.

La storia dell’anello di Jacò Malanima: è una ricerca dell’identità? Qui le colpe dei padri ricadono sui figli. Perché sempre questi sensi di colpa? Raccontaci questa storia

R Più che una ricerca è la denuncia, la presa di coscienza di una condizione alla quale nessuno può sottrarsi. La morte è una maledizione alla quale tutti gli uomini sono sottoposti. L’anello rappresenta la paura, ed è una catena che ci tiene legati alla maledizione. È qualcosa che ci è stato imposto, non è qualcosa che inscindibilmente fa parte di noi , e come tale si può rompere. L’apostolo Giovanni nella sua prima lettera scrive: “L’amore perfetto caccia via la paura”, e più avanti aggiunge: “Dio è Amore”. Noi non siamo nati per morire, ma per vivere!

4° giorno: il deserto. Salire sul monte, ancora Ulrica sono tutte immagini metaforiche?

R. Assolutamente sì. ogni ambiente mette a nudo uno stato d’animo del protagonista e preannuncia il ricordo che seguirà, che ne è la causa.

Diogene, forse il personaggio più affascinante. Un’altra arte: la musica. Come può la musica aiutarci a conoscerci meglio? “Per cosa vive l’uomo?”

R. Il personaggio di Diogene nasce in un modo curioso. Un mio amico tastierista, mi ha chiesto di inserire un pianista nella trama del libro. Stranamente questo suggerimento era perfetto per quello che volevo dire e non solo l’ho accontentato, ma lo pure ringraziato. La musica è arte e quindi espressione dello spirito. Lo spirito parla una lingua universale e la musica ha un linguaggio universale, non c’è bisogno di traduzione e sa comunicare all’anima mettendo a nudo i sentimenti e le emozioni. Diogene intuisce che i modelli proposti dalla società sono artificiosi e che mal si adattano alla vera natura dell’uomo e ancor meno possono soddisfarne i veri bisogni, ma la sua ricerca lo ha portato in un vicolo cieco perché è puramente intellettuale e filosofica. Per quanto riguarda “per cosa vive l’uomo” , so di cavarmela a buon mercato se dico: per entrare nella vita, ma è la verità. Se uno vive solo per ritardare il più possibile il giorno in cui finirà nella fossa, anche se vivesse mille anni la sua vita sarebbe comunque stata vana. L’uomo vive per vivere e non per andare incontro alla morte.

La valle, la caverna (voragine del cuore. Trasposizione di esperienza somatica, non virtuale) “Quell’isola ero io” spiegaci queste parole

R. A metà del suo viaggio, Goffredo comprende che le sollecitazioni emotive che sta vivendo non sono dovute alle vicissitudini che sta attraversando, ma alla scoperta di stati d’animo un tempo sepolti, nascosti dentro di lui e che ora, trovandosi immerso nella propria solitudine, emergono rivelandogli chi lui veramente è.

Aristide: chi rappresenta? Le storie dei frati, la vita monastica esperienza a cui aspiri o studiata appositamente per Goffredo?

R. Aristide è un personaggio chiave nella vicenda di Goffredo. È colui che gli indica lo strumento attraverso il quale può arrivare a scoprire il vero senso della vita: la fede! Non a caso gli parla di Abrahamo che è il padre della fede. I frati e la vita monastica, al contrario rappresentano la religione che può appagare l’anima, ma non può soddisfare lo spirito. Nessuna religione lo può fare. l’apostolo Paolo spiega bene queste cose nella lettera ai Galati. Quello che può soddisfare veramente l’uomo è una relazione intima con Dio che si può avere solo attraverso la fede, la quale non è un concetto puramente astratto, ma, per usare l’espressione dell’autore della lettera agli Ebrei: “la fede è certezza delle cose che si sperano e dimostrazione delle cose che non si vedono”.

La montagna, il cratere, il viaggio di ritorno e il “nuovo innamoramento” era proprio qui che volevi arrivare? Perché?

R. Goffredo s’innamora di Michela non soltanto perché è una bella ragazza, ma soprattutto perché lei riesce a comunicargli qualcosa di profondo del tutto affine al suo più intimo bisogno. Ma anche se capisce che lei gli sta dicendo la verità, è bloccato dalla ragione e non riesce a “raggiungerla” . Nel raccontare questa storia paradossale ho voluto far comprendere che per superare le barriere intellettuali bisogna affidarsi a qualcosa capace di bai-passare la razionalità che è pur sempre limitata e frutto delle nostre più o meno vaste esperienze. Ma la verità non è razionale è semplicemente vera.

Intervista a Grazia Maria Francese

Intervista a Grazia Maria Francese

Dalla lettura alla scrittura il passo potrebbe essere breve. Tuttavia, diventa tortuoso e insidioso quando si affronta il romanzo storico e non tanto per le varie componenti narrative, quanto per la cura con cui, invece, si mantengono fedeli le ambientazioni, i personaggi e lo spirito dell’epoca. Grazia Maria Francese, dopo Roh Saehlo, ha pubblicato con EEE e uno di prossima uscita.

  • Lei ha pubblicato a tutt’oggi tre romanzi storici di ambientazione medievale, di cui due con EEE, perché le interessa tanto questo periodo storico?

Il Medioevo è uno spazio-tempo immenso in cui si mescolano culture lontanissime. La storia di questi incontri/scontri è ricca di colori, passioni, avventure. La fabbrica dei best seller sforna a ripetizione romanzi e film di ambientazione medievale, sempre sugli stessi argomenti: il ciclo arturiano, la cerca del Graal… perché non raccontare invece la storia del nostro paese? L’alto Medioevo italiano è un mondo affascinante, il mio rifugio segreto.

  • Per scrivere L’uomo dei corvi, lei ha ampiamente consultato l’Historia Langobardorum di Paolo Diacono, che però ha letto con occhio particolarmente critico. Come dice Marc Bloch, nessun documento storico è neutro, va sempre contestualizzato e interpretato. Ma quali sono le “colpe” che lei attribuisce a Paolo Diacono?

Paolo Diacono non ha altra colpa se non quella di essere ciò che è: un Longobardo che s’è fatto monaco e frequenta la corte di Carlo Magno, il re straniero che ha assoggettato la sua gente. Cosa può fare se non tramandare la storia da questo punto di vista? Non è più in grado di comprendere le saghe raccontate dall’uomo dei corvi, perché le sue radici culturali sono state estirpate. Ho dato a Paolo la possibilità di riscattarsi facendogli scrivere una Historia Segreta dove racconta le malefatte di Carlo Magno, come fece Procopio per quelle di Giustiniano. Chissà che non sia accaduto davvero?

  • Lei ha dichiarato che le interessa scrivere la storia “dalla parte dei perdenti” e, per il romanzo in uscita, ha scelto la figura, poco conosciuta al di fuori dal Canavese, di Arduino, la cui “fosca ombra”, scriveva Carducci, si proietta ancora sulla città dalle rosse torri, Ivrea. Che cosa l’affascina di questo personaggio?

La sua tenacia. In un mondo ormai dominato da un potere forte, quello del Sacro Romano Impero, Arduino ha il coraggio di farsi avanti per riprendere la corona del Regno Italico. Va per la sua strada contro la prepotenza delle gerarchie ecclesiastiche, infischiandosene di anatemi e scomuniche. Con le sue masnade di servi, contadini, secundi milites affronta la calata degli eserciti sassoni e le milizie dei vescovi. Riuscirà a portare la corona per dodici anni, non sono pochi per quell’epoca. La damnatio memoriae con cui la Chiesa lo colpisce nasconde qualcosa che secondo me finora è sfuggito, ma non vi dico cosa: lo scoprirete solo leggendo.

  • Il Medioevo è un momento sicuramente fondamentale nella formazione della civiltà europea. Da romanziera, ragionando con i “se”, che cosa potrebbe essere diverso, oggi, se uno come Arduino fosse davvero riuscito a unificare il Regno Italico?

Il nostro paese sarebbe diventato una nazione otto secoli prima di quanto è poi accaduto, e senza forzature. Ma parlando di “se”, ci si può anche chiedere cosa sarebbe accaduto se Arduino NON fosse esistito. Il suo messaggio non finisce con lui: è raccolto dai movimenti ereticali e dalla realtà nascente dei Liberi Comuni. Senza di ciò la storia sarebbe stata diversa. Arduino è sconfitto ma lascia il segno, com’è accaduto del resto a molti “perdenti”.

  • Prima di scrivere i suoi romanzi ha fatto anche ricerche “sul campo”, visitando i luoghi che fanno da teatro all’azione? Che cosa ci ha ritrovato?

Vado sempre a vedere i luoghi dove ambiento le mie storie. Mi emoziona pensare che quelle pietre siano state calcate dai piedi dei miei personaggi. Mentre scrivevo “Arduhinus” ho visitato Pont Canavese, l’abbazia di Fruttuaria, il castello di Pavone, Ivrea, Monforte d’Alba, Roma medievale… avendo in mente una storia si vedono i luoghi con occhi diversi. Chiaro che questa esperienza influisce anche su ciò che si scrive.

  • Oltre alla storia medievale, tra i suoi interessi c’è la cultura giapponese. Come l’ha scoperta? È davvero così lontana dalla nostra?

La sto scoprendo ancora, e più mi addentro nello studio della cultura giapponese più scopro punti di contatto con la nostra. Ci sono anche grandi differenze. La più importante dal mio punto di vista è che in Giappone, la diffusione del Buddismo non ha sopraffatto la ritualità ancestrale di impronta animista, lo Shintô. Ciò conferisce uno spessore del tutto diverso al rapporto con la natura. Sto parlando ovviamente del Giappone tradizionale.

  • La sua casa, una grande cascina ristrutturata, è diventata anche un centro culturale dove si praticano due discipline tradizionali giapponesi, Kendô e Zen. Cosa rappresentano per lei?

Molte cose, tra l’altro la possibilità di aprire gli orizzonti della mente e ciò mi è indispensabile anche quando scrivo. Lo Zen crea una condizione in cui è più facile liberarsi dalle pastoie del proprio “io” lasciando affiorare emozioni e ricordi atavici. Kendô è la spada giapponese. Si tratta di una disciplina fisica e mentale che sviluppa qualità come l’empatia, la tenacia, il coraggio. Sono sicura di non averle ancora assimilate, proprio per questo continuo a praticarlo.

  • Lei è anche presidente dell’Associazione “Sorriso Nuovo – ONLUS” che si occupa del rapporto tra stile di vita e salute. Come definirebbe l’espressione “stile di vita”?

Le abitudini quotidiane. Non solo ciò che si mangia e beve ma l’ambiente domestico, la cura della persona, il ritmo delle giornate, il modo di vivere le stagioni o le diverse fasi della vita. Tutto questo ha un influsso enorme sulla salute. Come medico non posso fare a meno di pensare che il dilagare di alcune malattie sia causato da uno stile di vita ormai troppo lontano dalla naturalezza.

  • Quando Grazia Maria non scrive, come occupa il proprio tempo?

Mille cose: lavora, studia, pratica Kendô e Zen, si occupa del cascinale e di due ettari di terreno… in tutto questo trova perfino il tempo di viaggiare, nonché di frequentare buoni amici che condividono le sue passioni.

  • Quali sono i suoi progetti futuri?

Se parliamo di progetti letterari, “Arduhinus” avrà un seguito che si svilupperà toccando un altro mondo affascinante: la Siqîlyya, vale a dire la Sicilia musulmana. Per quanto riguarda le attività del Dojo e dell’Associazione continuerò a seguire la mia strada, come Arduino… e se qualcuno ci vuol male, mi dispiace per lui.

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Intervista a Gaetano Manna

Intervista a Gaetano Manna

Il libro di Gaetano Manna, L’aria non può parlare, affronta un percorso interiore attraverso una serie di vicissitudini che accompagnano il lettore a comprendere anche sé stesso. La narrazione diventa il mezzo per dipingere un’epoca e una società di cui conosciamo molto, grazie alla cronaca, ma estremamente poco della sua vera essenza.

  • Come nasce l’idea che ti ha spinto a scrivere il tuo libro?

Nasce su una serie di circostanze che avvengono quasi in simultanea, in modo del tutto inaspettato e particolare.

Nel 2011, mentre approfondivo la conoscenza della nascita e sviluppo dei manicomi criminali (seconda metà del secolo diciannovesimo) mi imbattei nelle notizie che venivano diffuse dai media inerenti la denuncia della Commissione di inchiesta del servizio sanitario nazionale del Senato della Repubblica (https://www.youtube.com/watch?v=-J5-wGkx0iM) all’interno dei cosiddetti OPG (Ospedali psichiatrici Giudiziari). Il video che spopolò in internet, oggetto di approfondimenti giornalistici (ad esempio RAI tre, “Presa diretta” del giornalista Iacona) era sbalorditivamente simile agli scenari che io iniziavo a descrivere e raccontare nel mio romanzo. Questo elemento mi incoraggiò e mi spinse a proseguire nell’intento di scrivere quella che poi è diventata la storia del libro.

  • La Sicilia ha un ruolo fondamentale nella tua vita, non solo come Terra, ma anche come costumi e tradizioni. A parte le tue origini, cosa ti ha convinto ad ambientarvi la storia?

Per una serie di motivi. Innanzitutto perché sono di origini siciliane e poi perché ho vissuto in una famiglia cosiddetta “allargata”, dove erano presenti, oltre ai miei genitori, anche la nonna e la zia. Il tempo passato da piccolo con mia nonna, e con i suoi fantastici racconti, mi ha permesso di vivere la cultura siciliana come se fossi realmente in Sicilia. Abile raccontatrice, passavo ore ad ascoltare le mirabolanti avventure di Giufà, personaggio letterario della tradizione orale popolare della Sicilia, privo di qualsiasi malizia e furberia, credulone, facile preda di malandrini e truffatori di ogni genere. Oltre a questi due fattori, indispensabili per avviare la storia scritta ne aggiungerei un terzo, ovvero il fatto che in provincia di Messina (Barcellona pozzo di Gotto) c’è un vecchio manicomio criminale, inaugurato nel 1925 e dismesso per quelle funzioni originarie solo nel 2015 (meglio tardi che mai!).

  • Qual è la Sicilia che emerge dalle pagine del romanzo?

È la Sicilia del Gattopardo, del forte contrasto tra classi ricche, rappresentate da persone agiate e spregiudicate e tutto il resto: poveri uomini costretti a vivere nella miseria più totale, soprattutto a Messina a seguito del devastante terremoto che la colpì nel 1908. E’ la sfrontatezza degli uomini perbene a non mollare neanche un centesimo delle loro ricchezze a favore di persone che morivano letteralmente di fame. Cambiare tutto per non cambiare niente: la cultura siciliana mafiosa è fatta di questa essenza, che affonda le sue radici nei secoli passati. Sicilia, terra di conquista di tanti eserciti e tante culture, di popoli che l’hanno (apparentemente) dominata ma, in realtà, il popolo siciliano è come il bambù: si piega ma non si spezza. Il siciliano assiste e aspetta che il vento cambi direzione per tornare ad essere quello di sempre. C’è un vecchio detto siciliano che dice:

“Calati juncu, chi’ passa la china”, ovvero: calati giunco, finché passa la piena. (è un invito a saper sopportare, anche umiliandosi, aspettando tempi migliori).

  • Chi è Antonio Anastasi?

E’ il personaggio principale della storia. Di famiglia benestante (la sua è una storica famiglia di Notai siciliani) ha però una forte intolleranza alle disuguaglianze, di ogni tipo! Sin da piccolo non sopporta i suoi genitori per il loro modo di vivere e approcciarsi con il mondo esterno. Per loro il mondo iniziava e finiva con la loro stretta cerchia di amici, ovviamente tutti benestanti e distanti dal mondo reale. Questa intolleranza scatenerà i successivi conflitti con il padre e la madre e lo costringeranno ad essere portato dal padre a Palermo, nel collegio dei Gesuiti.

  • Si dice che in ogni scritto un autore doni una parte di sé, ti senti più vicino ad Antonio o a Roberto? Oppure sei tu la storia?

Bella domanda! Direi che in ognuno di loro c’è una parte di me: di Roberto la bontà d’animo e la curiosità, di Antonio l’intolleranza alle ingiustizie e la testardaggine a portare avanti le cose fregandosene delle conseguenze.

  • Tenendo conto che spesso gli autori (soprattutto i meno esperti), traggono spunto dalle serie tv, che sono per la maggior parte americane, quale errore consiglieresti di non fare, soprattutto nell’ambito lavorativo che conosci?

Parli con uno che di serie televisive americane non ne vede una dai tempi della mitica “Happy days” – ricordi il grande Fonzie? Scherzi a parte, la cultura americana, con la produzione e diffusione martellante di film, serie TV e quant’altro, rischia di produrre l’idea che quel mondo (americano) sia quello reale. In realtà di reale c’è ben poco. La storia, la nostra storia, rischia di essere dimenticata, sotto tutti gli aspetti. Questo purtroppo è il vero dramma: senza la conoscenza della nostra storia rischiamo di non avere più quelle radici del passato che ci ha fatto essere così come siamo, oggi. La storia mi ha permesso di comprendere tante cose che ho riportato, fedelmente,  nel romanzo. Pertanto l’invito a tutti è quello di conoscere le proprie radici, attraverso la storia.

  • Avendo lavorato in campo psichiatrico, quanto hai trovato alienante questa esperienza?

L’uomo è l’animale in grado di compiere azioni tra le più estreme in natura: dalle straordinarie bellezze di un’opera d’arte a forme di crudeltà verso altri simili inimmaginabili. Sotto quest’ultimo aspetto non riesco ancora a capacitarmi di come alcuni uomini possano concepire una serie di azioni finalizzate a provocare dolore in un altro essere umano. L’unica risposta che mi sono dato, visto la professione che svolgo, è che certi uomini hanno dentro di se solo esperienze negative che predominano rispetto a quelle positive. Se hai conosciuto solo il male non puoi dare che male.

  • Si dice che gli italiani non leggono e che, sostanzialmente, preferiscano il cellulare a un buon libro. Dato che hai avuto modo di presentare il tuo romanzo al pubblico, cosa ne pensi della precedente affermazione?

L’affermazione che gli italiani non leggano, purtroppo, è data dai numeri. Oggi con internet gli italiani leggono forse di più, ma in modo superficiale. Un romanzo come il mio incute paura per il solo fatto che si compone di 650 pagine. Molti miei amici mi hanno confermato la fatica nel mettersi a leggere tutte queste pagine ma c’è una speranza: mia suocera. Ebbene si, mia suocera, che non aveva mai letto in vita sua che libercoli di qualche pagina sta leggendo il mio romanzo per la seconda volta! Se c’è riuscita mia suocera le speranze che lo possano leggere tanti altri c’è.

  • Quando Gaetano non scrive, come occupa il proprio tempo?

Lo dedico a organizzare e programmare servizi sanitari, dedicati soprattutto alla cura delle dipendenze patologiche. Faccio anche formazione per gli operatori. E’ un lavoro gratificante ma impegnativo.

  • Quali sono i tuoi progetti futuri?

L’idea di scrivere un altro romanzo mi affascina ma, purtroppo, devo fare i conti con un lavoro altrettanto impegnativo che lascia poco spazio alla fantasia. Ma le idee ci sono e io sono una persona che sa aspettare il momento opportuno, un po come il nostro Antonio che, nonostante i decenni di reclusione forzata, non ha perso la lucidità del pensiero e nemmeno la voglia di andare avanti.

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Intervista a Ludovico Alia

Intervista a Ludovico Alia

Affrontare un romanzo erotico, senza cadere nella mercificazione e nel pornografico non è così semplice, soprattutto non è facile stabilire un confine che possa far comprendere i meccanismi psicologici, morali e sociali che possono portare a determinate scelte. Il gusto dell’amarena selvatica porta il lettore ad assaporare sì l’asprezza ma anche la dolcezza insita che esiste nel frutto. E il frutto, in questo caso, è proprio il rapporto che esiste fra i protagonisti.

  • Può un romanzo erotico parlare di amore, inteso come sentimento e non come atto fisico?

Certamente. E questo può essere evidenziato descrivendo l’una e l’altra cosa e/o entrambe. Mi spiego: è possibile descrivere un momento in cui i personaggi vivano un rapporto del tutto fisico e magari mercenario, un’altra situazione in cui si illustri sentimento del tutto scevro di fisicità, oppure momenti in cui l’atto fisico sia accompagnato da un forte coinvolgimento sentimentale. Il lettore se ne accorge, senza ombra di dubbio. Penso che nell’”Amarena” ci siano tutti. Accidenti, mi sono accorto proprio ora che sono tre descrizioni e che l’amarena, intesa come frutto, possiede proprio tre gusti. E’ forse un segno del destino?

  • Histoire d’O affronta una tematica molto simile a quella presentata nel tuo libro, il cuckoldismo. Si può concedere solo ciò che ci appartiene e ci appartiene solo ciò che ci viene concesso. Tuttavia, in Histoire d’O non è l’amore il fattore scatenante, bensì il concetto di “possesso”. Quanto è sottile il confine fra amore e possesso, a tuo parere?

Non sono d’accordo. Histoire d’O è un romanzo impostato su un altro terreno. Tra i protagonisti non vi è amore, sentimento vero. Solo desiderio di possesso. La protagonista “crede” di essere innamorata. In realtà alla fine si renderà conto di non esserlo mai stata. Luca nell’Amarena non “possiede” Elena e viceversa lei non possiede lui. La loro unione è pura, cementata dal desiderio di compiacere i desideri del proprio compagno e nel contempo anche i propri; questo non solo in fatto di sesso ma anche per altri argomenti. Si adoperano entrambe per il proprio partner nel momento in cui ne abbia necessità. Histoire d’O è un romanzo asettico ambientato in un mondo distaccato, senza sentimento e lontano da una possibile vera realtà. Nell’amarena, ambientata nel mondo reale e in una situazione altrettanto vera e purtroppo attuale, l’amore è palpabile ed è questo sentimento la causa scatenante di tutta la narrazione. In definitiva secondo me c’è un abisso, tra amore e possesso.

  • In realtà, il menage a trois diventa una costante stabilizzata da un unico elemento, l’altro. Come hai scelto questa seconda figura maschile e cosa rappresenta per te?

Se intendiamo la figura di Sergio, direi che è un menage a trois molto particolare. In realtà il cuckold ‘concede’ la propria partner a chiunque lei desideri. Quindi la costante è Lui, lei e gli altri. Nel caso specifico Sergio è una figura da un lato paterna e dall’altro una persona che mendica la compagnia e la presenza della coppia. Rappresenta un po’ un esempio per tutti noi: cercare di dare prima di chiedere e ricevere aiuto da altri. Cercare di capire gli altrui desideri prima di soddisfare i nostri. Ma la cosa più importante di Sergio è guarda caso un esempio di devozione e amore assoluto e totale verso chi gli ha regalato gli anni più belli della sua esistenza: Aisha. Per lui Elena è solo una rappresentazione fisica della sua compagna, null’altro che un modo di illudersi che ella sia ancora in vita, completamente pazzo d’amore.

  • Dal tuo punto di vista, quanto realmente sono in grado di comprendere i lettori (se non hanno sperimentato di persona) il tuo romanzo?

Reputo che molti di coloro che leggono siano persone preparate e aperte. In una recensione un lettore ha scritto “ben scritto e ha di carino che non parla solo di sesso ma anche un minimo di altre cose”. Attendo una critica che dica “parla di molte cose ma anche di sesso”, anche se ahimè è stato relegato tra i libri ‘a luce rossa’ e probabilmente questo ne frena parecchio la visibilità. Ad ogni buon conto ho ricevuto riscontri molto positivi. alcuni sfioravano l’entusiasmo, probabilmente perché i vari contenuti erano stati perfettamente intesi.

  • Quali sono state le reazioni più comuni?

Le critiche che ho ricevuto sono state per la stragrande maggioranza positive. Ho provato a buttare lì un paragone con altri romanzi (50 sfumature) e mi è stato detto che l’Amarena è moooolto meglio e meriterebbe ben di più di quello scritto. Un sacerdote ha avuto il coraggio e la pazienza di leggerlo e per questo lo ringrazio a prescindere. E’ stato cortese e mi ha detto che non era molto d’accordo sul mio modo di intendere l’amore. D’altronde, non tutti i gusti sono all’Amarena.

  • La pornografia spiccia dilaga in rete in modo del tutto incontrollato, ponendo i più giovani a contatto con una realtà che ha davvero ben poco a che vedere con un “normale” rapporto di coppia. Secondo te, quanti danni sta facendo?

In verità fa meno danni di tante altre cose. La pornografia c’è sempre stata. Vero è che oggi sul web ci sono una miriade di siti, filmati, chat a cui tutti possono accedere. Ma è anche vero è che al giorno d’oggi alcune cose sono cambiate e molti tabù e totem negli anni 70 e 80 sono crollati. Vedo molte persone frequentare club, o iscriversi a siti di annunci on-line. Forse la coppia del domani sarà più libera e slegata da certe idee. Per quanto mi riguarda deve essere sempre la famiglia a dover intervenire per spiegare questi fenomeni in modo intelligente alla propria prole.

  • A proposito, che cosa è “normale” in un rapporto di coppia?

Amarsi: rispettarsi sempre, confidarsi l’un l’altro i crucci e i dubbi, aiutarsi quando ve ne è necessità, gioire delle soddisfazioni del proprio partner e avere sempre un progetto per il futuro. Se invece la domanda era cosa è normale dal punto di vista “sesso” in una coppia rispondo che tutto ciò che i due componenti della stessa coppia concordano di poter mettere in pratica è normale.

  • Fra gli autori che propongono l’eros come genere tematico, hai delle preferenze?

Anais Nin e Alberto Moravia. Anais Nin perché racconta cose vere, solide assolutamente inconfutabili. Moravia per la fantasia, alle volte un pochino spicciola, ma insomma, scrive anche lui tra le righe e questo tipo di scrittura è sempre da valutare in modo molto positivo. Anche se lo hanno aspramente criticato per questo tipo di scritti. Gli autori contemporanei non mi convincono perché sfruttano in modo smodato temi e storie trite e ritrite e riproponendole fino allo sfinimento. In ciò che scrivo cerco sempre di descrivere un qualche argomento originale. Una piccola annotazione: in realtà la stragrande della maggioranza degli scrittori sono erotici: prendete ad esempio Follet e contate quante scene ‘erotiche ed esplicite’ si possono trovare nei suoi romanzi: ne sarete stupiti.

  • Quando Ludovico non scrive, come occupa il proprio tempo?

Facendo molte cose. In primis il papà e il marito, poi anche altre attività a livello hobbistico, che mi impegnano anche molto dal punto di vista squisitamente fisico.

  • Quali sono i tuoi progetti futuri?

Molto dipenderà dalla Casa Editrice. L’Amarena è una trilogia, poi ho scritto un altro romanzo e vorrei in seguito anche dedicarmi ad altri generi, ad esempio l’horror. Ma questo dipenderà dal tempo a disposizione e dal giudizio insindacabile dell’Editora.

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In questa pagina potrete godere di una vasta panoramica di quanto sta accadendo sulle pagine Facebook dei nostri autori. Inoltre, la pagina offre l’occasione (ogni occasione buona non è mai sprecata) per mettere un bel “mi piace” laddove vi siete scordati di farlo, oppure per manifestare comunque il vostro gradimento verso lo scrittore e le sue opere.

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I blog dei nostri autori

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I blog dei nostri autori

Gli autori non sono solo scrittori dediti al genere che presentano al pubblico. Per prima cosa sono persone, ognuna con i propri hobby, le proprie idee, le passioni. Dunque, non è affatto strano pensare che possano avere dei blog personali nei quali raccontano sì la propria bibliografia, cercando di offrire una vetrina variegata al lettore in merito alle proprie produzioni, ma sovente espongono anche altro. Andateli a scoprire e, ricordate, a ogni blogger fa piacere avere un riscontro di quanto scrive, fosse anche un commento stringato.

ATZORI MARINA

BAGLI ELISABETTA

BARALDI DAVIDE

BUCCELLATO SALVATORE

CAPPELLONI GASTONE

CELOTTO LAURA

CIRILLO ALESSANDRO

CURIONE CHIARA

DEL GAUDIO LIDIA

FERRETTI LUISA

GAGLIARDI EMANUELE

GRILLI ELENA

IBBA GIANCARLO

LEONELLI ANDREA

MARCELLI LORENA

MEREU FRANCESCA

MOSCARDO ELENA

NEJROTTI MARIO MICHELE

NIZZOLA BRUNA

PANOVA MAINO IRMA

PARIGINI NICOLETTA

RAVEL ANDREA

RUSSO NUNZIO

SPOCCI ALESSANDRO

TERROSI MARGHERITA

VASARRI DANIELA

VIGILANTE GIANNI

Intervista ad Alberto Zella

Intervista ad Alberto Zella

CopertinaEEENulla è mai come sembra e Davide, il protagonista di Il paese dal cuore fumante, presto dovrà scoprirlo a proprie spese. Alberto Zella non ha scritto un giallo o un fantasy, ma ha tratteggiato le linee di una realtà, sospesa fra gli anni 60 e 70, rurale e pronta per la successiva epoca “moderna”

  • Il paese dal cuore fumante è un titolo curioso, puoi svelarci il suo significato?

In realtà il titolo lo ha suggerito la signora Rossotti,ed è un titolo che mi è piaciuto subito. Il cuore fumante del paese è la fabbrica InterTubi, la cui ciminiera fuma senza sosta come il drago che compare sullo stemma di Dragorma. È un drago all’apparenza positivo, perché la fabbrica porta lavoro e benessere, ma è anche un po’ ingombrante e a tratti opprimente, come una cattiva coscienza…

  • Nel tuo libro compaiono diversi personaggi ben tratteggiati, hai preso spunto dalla realtà o sono tratti puramente dalla fantasia? E quanto pensi che un personaggio, per essere credibile, debba avere le caratteristiche di una persona reale?

I personaggi sono al 90% reali, per alcuni ho solo cambiato i nomi. Se all’inizio del romanzo ci fosse scritto che “ogni riferimento a fatti realmente accaduti o a persone realmente esistenti è puramente casuale”… be’, mentirei. Tante delle persone raccontate nel romanzo oggi non ci sono più, e di loro sento una grande nostalgia.Per quanto riguarda i superstiti, sono passati tanti anni da quegli eventi e spero che mi perdonino per quello che ho scritto. Io penso che anche nella costruzione di un personaggio di pura fantasia il nostro inconscio peschi inevitabilmente dall’esperienza reale.

  • Davide non è l’unico protagonista del tuo libro, lo è anche il paese, Dragorma, che pare mutare, in simbiosi, nel corso della maturazione del giovane. Può esserci un parallelismo fra i due?

Davide è il prodotto dell’ambiente che lo circonda. Davide s’innamora di Cosetta in una maniera totalmente differente da come avrebbe fatto se fosse vissuto in un grande centro urbano, perché i rapporti sociali sono terribilmente diversi. Il tempo e gli eventi mutano le persone, e le persone cambiano la società in cui vivono.

  • Hai scelto un preciso momento storico della nostra storia italica, che cosa ha rappresentato per te?

Penso che il momento storico sia più riferibile al paese Dragorma che all’Italia nel suo complesso. Per Davide, e per me, era la fine dell’adolescenza, cioè il momento in cui bisogna mettere in azione tutto ciò che si è imparato da bambini e da ragazzi. O che si crede di avere imparato.

  • Il passaggio dagli anni 70 all’epoca moderna non è stato certo indolore e non tutto quello che è arrivato nelle epoche successive ha portato reali benefici nella vita di tutti i giorni. Di cosa pensi che potremmo fare a meno?

Senz’altro dei telefonini, qualcosa di cui un tempo nessuno sentiva il bisogno e che oggi sembrano più indispensabili dell’aria che respiriamo. Il modo in cui il telefonino ha cambiato l’umanità a me appare incredibile. Se i personaggi del mio romanzo avessero avuto i telefonini, niente di quello che racconto sarebbe accaduto.

  • Vi è sempre qualcosa di “onirico” nei tuoi libri, un pizzico di fantasia che trasforma la realtà pur facendo, alla fine, parte della stessa. Pensi che nella vita di tutti i giorni, lasciare libera la mente di vagare, possa aiutare ad affrontare il quotidiano?

“Noi siamo della stoffa di cui sono fatti sogni e la nostra piccola vita è cinta di sonno”. Nessuno può resistere a lungo in condizioni di sola realtà. Quante idee sono venute di notte, durante i sogni!“Ciò che dall’uomo non è saputo o non è ricordato, attraverso il labirinto del petto erra nella notte.”

Goethe.

  • I tuoi costanti spostamenti in treno sono stati lo stimolo che ti ha permesso di trovare nuove idee per i tuoi romanzi? Cosa ti colpisce e scatena la tua voglia di scrivere?

Più che dai quotidiani spostamenti in treno, le idee nascono dal cambiamento di ambiente, dai viaggi all’estero, da nuove città. Questo è vero soprattutto per il mio primo romanzo, “Io e MrsPennington”, stimolato dalle esperienze londinesi. Essere lontano da casa riesce in un certo qual modo a far emergere sensazioni che poi entrano nei miei romanzi.

  • Scrivi per divertimento o per “bisogno”? Esiste un particolare autore che può aver influenzato il tuo modo di scrivere?

All’inizio scrivevo per bisogno, per “scaricare” l’inconscio. Ora non so. Gli autori che mi hanno influenzato sono certamente i grandi della letteratura americana: Hemingway, Steinbeck e compagnia. Ricordo un’edizione per ragazzi di “Moby Dick”: credo di averlo letto e riletto almeno quattordici volte!

  • Quando Alberto non scrive, come occupa il proprio tempo?

La dura realtà quotidiana assorbe quasi tutto il mio tempo. Alla domenica, quando posso, vado in bicicletta.

  • Quali sono i tuoi progetti futuri?

Mah, se a qualche lettore piacerà “Il paese dal cuore fumante”, forse nasceranno nuovi progetti. Se nessuno legge quello che scrivi, è dura andare avanti!

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L’esperienza con EEE

Tre autrici di tutto rispetto raccontano la loro esperienza con EEE e le loro voci potrebbero accendere la speranza in chi ha subito notevoli delusioni nel campo editoriale. Piera Rossotti è un editore serio ma non è l’unico. Non pensate quindi che esistano solo case editrici pronte a spennarvi, perché esistono persone che credono in questo mestiere e cercano di costruire qualcosa di concreto, che non sia il solito e già visto circo degli orrori. #EEE #autoriEEE

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L’esperienza con EEE di Lu Paer, Elena Grilli e Chiara Curione

Lu Paer

La prima  impressione che ho avuto, entrando in contatto con il mio editore, è stata di una persona che fa questo mestiere prima di tutto per passione, dalla quale scaturisce una grande  disponibilità e serietà nei confronti di chi vuole scrivere. Per approdare alla pubblicazione del mio secondo romanzo ho ricevuto, senza sconti, da Piera Rossotti preziosi e più che  opportuni  suggerimenti, che ho accolto con totale disposizione. Insomma, quando un editore aiuta uno scrittore a crescere è un Editore con E maiuscola! Grazie. Lu Paer

Elena Grilli

Dopo delusioni, tentativi di raggiro e scoraggiamento, l’approdo alla casa editrice EEE è stato come un riuscire finalmente a rilassarsi, sapendo di essere fra persone capaci ed affidabili che credono in me. Ero diffidente date le precedenti esperienze, Piera è stata paziente nel coltivare la mia fiducia. Incontro davvero provvidenziale che ha risvegliato i miei sogni in un momento in cui ci stavo rinunciando. EEE per me è stata una sliding door.

Chiara Curione

La mia prima esperienza di pubblicazione con la Edizioni Esordienti è stata entusiasmante: per la seconda volta veniva pubblicato il mio primo romanzo “la sartoria di Matilde” e con mia grande sorpresa riuscivo a vendere un buon numero di copie con un libro che era uscito per la prima volta nel 2000. Pubblicare in e-book mi ha dato la possibilità di far conoscere quel libro a un pubblico più vasto e non solo, mi sono ritrovata in una casa editrice dove gli autori collaborano tra loro e si sostengono, questo a vantaggio di tutti. Inoltre, la Edizioni Esordienti è garanzia di selezione e serietà. La nostra editrice, Piera Rossotti, lavora con vera passione e sceglie solo i testi che le piacciono, promuovendoli in ogni modo. Pur avendo alle spalle pubblicazioni di altri libri solo in formato cartaceo, ho pubblicato con la Edizioni Esordienti anche il mio ultimo romanzo storico “Il tramonto delle aquile”.  A parte la mia esperienza di scrittrice, come lettrice  consiglio a tutti la lettura dei libri della EEE, di qualsiasi genere, rosa, fantasy, giallo, storico, sono tutti molto belli, e tra l’altro originali.