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L’e-book sta per morire?

L’e-book sta per morire?

La maggior parte dei flussi di vendita passa per Amazon, che si rifiuta fermamente di fornire i dati di vendita per quei libri pubblicati esclusivamente sul Kindle. In queste pieghe non sondate potrebbe annidarsi un potenziale incremento del mercato digitale non proveniente dagli editori tradizionali

di Alessandra Rotondo

L’arrivo del Kindle – nel 2007 per il mercato statunitense, nel 2009 per il resto del mondo (inizialmente solo nella versione in lingua inglese) – è stato spesso paragonato, per dirompenza, a quello dell’iPod nell’industria musicale. «Non c’è da stupirsi» commenta Simon Rowberry su The Bookseller. «Il formato e-book prometteva notevoli vantaggi. Gli utenti avrebbero potuto modificare le impostazioni tipografiche del testo per una maggiore leggibilità, la portabilità sarebbe aumentata, nessun limite avrebbe più condizionato il rapporto tra il lettore e il catalogo dell’editore».

A dieci anni dall’arrivo degli e-book sul mercato, molti si chiedono se il formato abbia mantenuto le promesse fatte. Anche alla luce dei dati, che mostrano come nell’ultimo periodo il libro elettronico si sia costantemente confrontato con un consistente calo delle vendite. Il PA Publishing Yearbook registra, per il 2016, un -17%, a fronte di un aumento dell’8% dei ricavi provenienti dalle vendite del «libro fisico». Sul versante dei «formati innovativi», l’e-book appare peraltro totalmente surclassato dall’audiolibro, che – almeno nel mercato statunitense – continua incessantemente a crescere.

Tuttavia, continua Rowberry, sono poche le opinioni che si spingono più in là della superficie. E se, apparentemente, il «declino» dell’e-book può essere imputato alle preferenze bibliofile dei lettori e al loro amore per la carta, la faccenda è più complessa di così.

In primo luogo, i sistemi e le metriche di rilevazione e sintesi dei dati sul mercato editoriale dell’Associazione degli editori britannici (quelli di tutte le associazioni degli editori, potremmo aggiungere) si stanno ancora adeguando ai nuovi modelli dell’editoria. Proprio come l’industria musicale ha dovuto – volente o nolente – confrontarsi e imparare a «misurare» il fenomeno dello streaming (Spotify, giusto per portare l’esempio più celebre), così l’industria editoriale sta ancora capendo come valutare l’impatto delle nuove forme e tecnologie di lettura (come i servizi in subscription, per esempio: Amazon Unlimited primo fra tutti).

La «quota e-book», peraltro, non include segmenti emergenti delle vendite digital onlytra cui gli autopubblicati, dove nuovi generi guidano un mercato vibrante e divergente. La maggior parte di questi flussi, infatti, passa per Amazon, che si rifiuta fermamente di fornire i dati di vendita per quei libri pubblicati esclusivamente sul Kindle. In queste pieghe non sondate potrebbe annidarsi un potenziale incremento del mercato digitale non proveniente dagli editori tradizionali.

La riduzione delle entrate provenienti dagli e-book, considera ancora Rowberry,  è una conseguenza diretta della priorità riconosciuta dagli editori ai prodotti editoriali stampati, a scapito di quelli digitali. Il lancio del Kindle negli Usa, nel 2007, è iniziato con la commercializzazione dei titoli digitali a 9,99 dollari: con uno «sconto» di almeno 10 dollari rispetto al cartaceo. Questo approccio era naturalmente insostenibile nel lungo periodo, ma ha condizionato le aspettative dei lettori rispetto al costo dei libri elettronici. Quando i prezzi degli e-book si sono fisiologicamente avvicinati a quelli del libro fisico – ma i lettori erano ormai abituati alla «convenienza» del prodotto digitale – la vendita delle copie cartacee ha cominciato a cannibalizzare il mercato del libro elettronico.

È pur vero che sia l’EPUB che il formato proprietario di Kindle si basano su tecnologie di 20 anni, in un’epoca caratterizzata da una rapida obsolescenza tecnologica. Il recente piano che prevede la fusione dell’IDPF con il W3C potrebbe segnare un momento fondamentale di svolta per l’editoria digitale e rappresentare una sfida significativa per il formato e-book. Infatti il comitato, pur continuando a sostenere l’EPUB, sta sperimentando nell’ambito delle Portable Web Publications (PWP), con l’obiettivo – probabilmente – di «spostare» la lettura digitale dalle applicazioni dedicate ai browser, attraverso sistemi nativi. Questo comporterebbe indubbiamente dei vantaggi, ma chiamerebbe i libri a scendere nell’arena della conquista dell’attenzione sul web, al pari di tutte le altre offerte di contenuti con le quali l’utente si trova a interagire durante la navigazione.

Se il PWP sostituirà effettivamente l’EPUB, la resistenza di Amazon nei confronti del formato potrebbe risultare – col senno di poi – lungimirante. Per il momento, comunque, a Rowberry le profezie funeree sul libro digitale sembrano azzardate. Certo non impossibili, se il disinteresse di Amazon e la caduta del mercato trade dovessero perpetuarsi.

Gli editori, dal canto loro, dovrebbero guardare all’e-book come a un alleato piuttosto che come a un antagonista del libro cartaceo. Lasciare che l’e-book muoia per trarre beneficio dalla vendita delle copie stampate nel breve periodo, potrebbe significare rinunciare al libro digitale come formato autonomo e circoscritto nel lungo periodo. E dover competere indistintamente con l’enorme varietà di generi e formati offerti dal web per conquistare l’attenzione dei lettori, in un futuro non poi così lontano.

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