Andrea Leonelli e il Gioco dei Libri – La selezione colpevole

gioco-di-libriAndrea Leonelli e il Gioco dei Libri – La selezione colpevole

Talvolta è capitato di passare qualche ora in buona compagnia con gli amici, cercando di indovinare quale fosse il soggetto estratto e ponendo domande del tipo: “Se fosse una città, quale sarebbe?”

Ebbene, abbiamo chiesto ai nostri autori di abbinare il titolo del loro libro a una città, un personaggio, un piatto tipico e una canzone. Ed ecco uno dei risultati.

La selezione colpevole

Sinossi

la selezione colpevole Introduzione a “Crepuscoli di luce”

La totale e completa negazione di una visione positiva regala in realtà la massima espressione del contrario della stessa. Cosa mai potrebbe esserci di peggiore? Ed ecco che il pessimismo si tramuta nella timida speranza che non vi sia affatto niente di peggio. “ma lascio la radice sperando di rifiorire”. L’animo sprofondato nel nulla risorge dalla propria miseria, facendo tesoro della bruttura umana. Francamente trovo che la raccolta contenga delle vere ed autentiche perle di pessimismo estremo che adoro, perché per quanto possa essere buio il pozzo in cui c’immergiamo, la luce del nostro IO brilla comunque. Come Dorian Gray trasmuta nel ritratto la propria essenza, così il mostro t’invita a vedere “il riflesso del tuo sporco interiore”. E la prosa contenuta è talmente estrema da riempire con la sua sofferenza ogni angolo disponibile, diventando “importante”.

Irma Panova Maino

Se “La selezione colpevole” fosse

 faenza

Una città: Faenza

«Le città di Lamone e di Santerno
conduce il lïoncel dal nido bianco,
che muta parte da la state al verno.»
(Dante Alighieri, Inferno, Canto XXVII)

Faenza è un comune italiano di 58541 abitanti della provincia di Ravenna in Emilia-Romagna.
Posta sulla via Emilia tra Imola e Forlì, poco a ovest del centro della Romagna, si trova ai piedi dei primi rilievi dell’Appennino faentino ed è sede vescovile della diocesi di Faenza-Modigliana nonché storicamente nota per la produzione di ceramica.
Oltre che faentini, un nome classico con il quale sono raggruppati gli abitanti di Faenza è “manfredi”, dal nome della famiglia che governò la città.

Faenza è la città in cui ora risiedo e lavoro, dove vivo. La città in cui sono avvenuti i cambiamenti della mia vita adulta. In cui mi sono scoperto persona, in cui mi sono perso e ritrovato in cui sono quasi morto e poi rinato.
Questa prima silloge, scritta in questa città è figlia anche del mio “essere” qua, in questa città per cui provo sentimenti contrastanti.
Né città né paese ha molte delle caratteristiche di entrambe, e non sempre sono le migliori. Ma non credo esista una “media città” perfetta. E come si può amare o odiare sia la metropoli che il villaggio rurale, lo stesso si può dire per queste località che stanno a metà strada.

 fegatoveneziana

Un piatto: Fegato alla veneziana

Ingredienti per 4 persone

400 g di fegato di vitella tagliato a fette sottili; 2 o 3 cipolle bianche del peso complessivo di circa 400 g; 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva; 2 dita di vino bianco secco; prezzemolo, sale e pepe.

Minuti preparazione: 20

Minuti cottura: 25

Spellate le cipolle e affettatele sottili. Togliete la pellicina tutto intorno alle fette di fegato e tagliatele a listarelle larghe circa due dita.
Scaldate l’olio in una larga padella antiaderente e fatevi appassire le cipolle. Mantenete la fiamma a metà altezza e mescolate spesso in modo che le cipolle si cuociano senza quasi prendere colore.
Dopo circa un quarto d’ora, insaporite con sale e pepe e bagnate con il vino. Distribuite sulle cipolle le listerelle di fegato, rialzate la fiamma e lasciate cuocere per non più di quattro o cinque minuti, mescolandolo spesso e salandolo solo a fine cottura.
Perché il fegato non indurisca, dovrete cuocerlo solo all’ultimo momento, facendo attenzione che non passi di cottura senza tuttavia rimanere al sangue ma solo leggermente rosato all’interno.
Servitelo caldo, spolverato di prezzemolo tritato, accompagnandolo con fette di polenta arrostita.

fonte ricetta: Gambero Rosso

Perché il fegato? In primis perché lo adoro, poi perché il suo essere dolciastro e amarognolo racchiude un po’ la delusione e la rivalsa che provavo nel periodo un cui lo scrivevo. Dolore solitudine e disillusione mentre lo scrivevo, rivalsa e soddisfazione quando l’ho visto pubblicato. Questi i motivi per il fegato alla veneziana accanto a “La selezione colpevole”

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Un personaggio: Charles Bukowski

I suoi racconti e le sue poesie trovano spazio su giornali come “Story” ma soprattutto sulle pagine delle riviste underground. Non è infatti una fugace o “poetica” linfa creativa che lo induce a scrivere, ma la rabbia verso la vita, l’amarezza perenne del giusto di fronte ai torti e all’insensibilità degli altri uomini. Le storie di Charles Bukowski sono imperniate su un autobiografismo quasi ossessivo. Il sesso, l’alcol, le corse dei cavalli, lo squallore delle vite marginali, l’ipocrisia del “sogno americano” sono i temi sui quali vengono intessute infinite variazioni grazie a una scrittura veloce, semplice ma estremamente feroce e corrosiva.

Autodistruttivo… Per un periodo lo sono stato anche io. Poi sono, almeno parzialmente, rinsavito. Ma lo spirito corrosivo e sarcastico mi è rimasto. Forse ha sempre fatto parte di me.
Insieme al dolore e alla solitudine, l’autodistruzione e la cattiveria sono parte della mia silloge.

Disturbed Down with the sickness

L’energia di questa canzone è quella che ricevevo, ascoltandola, assieme agli altri brani dell’album The Sickness, mentre scrivevo le poesie di questa silloge. La scrittura e la musica mi hanno aiutato moltissimo a superare questo periodo critico della mia vita.

Dettagli del libro

Formato: Formato ebook
Dimensioni file: 575 KB
Lunghezza stampa: 116
Editore: EEE-book (10 agosto 2012)
Venduto da: Amazon – Kobo
Lingua: Italiano
ISBN: 978-88-6690-088-7

La mia Bibliografia

Andrea Leonelli: la mia bibliografia

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di Andrea Leonelli

Perché questo articolo? Perché sono tendenzialmente una persona poco ordinata e, come tale, anche la mia bibliografia è caotica, almeno in parte.
Partiamo dicendo in che ordine, cronologicamente, sono stati scritti i miei libri: la mia prima silloge è “La selezione colpevole”, una raccolta di poesie scritte “di pancia”. Contiene tutto il dolore che ho vissuto in un pessimo momento della mia vita. Successivamente ho scritto “Consumando i giorni con sguardi diversi”, in cui ho inserito, forse più con la testa, diverse composizioni create al di fuori dai miei soliti schemi, cercando soluzioni nuove e sperimentali per esprimere ciò che sentivo in un periodo di transizione.
Per ultimo, almeno per ora, “Crepuscoli di luce”. Questa silloge rappresenta una sintesi di un periodo più lungo che inizia ai tempi di “La selezione colpevole” e arriva fino alla metà 2015.
Ho un’altra raccolta di poesie, già pronta ma ancora in fase di “lavorazione”, di cui è ancora presto per parlare. Sto lavorando, ormai da anni, a un romanzo/racconto lungo e autobiografico che chissà quando riuscirò a finire.
Concludiamo, dunque, parlando dell’ordine di pubblicazione: prima è uscito, come autopubblicazione, “La selezione colpevole”, mentre il primo libro pubblicato con un editore, ma solo in formato digitale, è stato il mio secondogenitoConsumando i giorni con sguardi diversi” uscito per EEE. Di seguito è uscita la seconda edizione di “La selezione colpevole” in ebook e cartaceo a cui è seguito, dopo una parentesi temporale (comprensiva di tuoni, fulmini e saette), “Crepuscoli di luce” sia digitale che cartaceo.
Ultimo “rinato” al momento è “Consumando i giorni con sguardi diversi”, in seconda edizione, stavolta nei due formati elettronico e in brossura.
Spero di aver chiarito, almeno agli interessati, la strana cronologia delle mie pubblicazioni.
Chissà le future sillogi quali vie traverse di pubblicazione potranno mai prendere e in che ordine si affacceranno al pubblico ma adesso, che è uscito il neo rinato “Consumando…”, festeggiate con me rileggendolo in questa splendida edizione “rielaborata” che potrete trovare, come tutti i titoli EEE, su tutte le piattaforme digitali. E se lo volete il cartaceo, vi assicuro che fa una bellissima figura.
Parola d’autore felice.

Premio Nazionale Leandro Polverini 2016

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Premio Nazionale Leandro Polverini 2016 – POESIA EDITA

Vi presentiamo il Bando per il Premio Nazionale Leandro Polverini 2016. Noi di EEE siamo particolarmente interessati a questo premio perché Andrea Leonelli lo ha vinto, nella sezione Poesie Edite, per ben due volte, ovviamente con due nostre pubblicazioni: La selezione colpevole e Crepuscoli di luce. Tenendo conto che abbiamo aperto un Concorso per selezionare le prossime sillogi che verranno pubblicate da EEE, la conseguenza diretta sarebbe proprio poter partecipare al Premio Polverini… e fare concorrenza (sempre in modo scherzoso, all’insegna del fair play e con tanto lavoro di squadra) ad Andrea.

con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Città di Anzio. Possono partecipare libri editi di poesia in lingua italiana. Tema libero.

Il Bando:

Spedire una sola opera in 2 copie – di cui una firmata dall’autore – con posta normale non raccomandata entro il 30 settembre 2016 a PREMIO POLVERINI – via Acqua Marina 3 – 00042 Lavinio – Roma. Tel. 06/90286930 – 389/5468825 – indirizzo mail:  editotem@mclink.it

Sulla busta di spedizione va scritto PIEGO DI LIBRI (tariffa postale euro 1,28)
I PLICHI RACCOMANDATI NON SARANNO RITIRATI.
Le opere dovranno essere accompagnate da una lettera su cui sono chiaramente indicati: nome – cognome – indirizzo – recapito telefonico dell’autore e mail.

Opere ammesse:

libri di poesia  – di autori viventi – editi in Italia da gennaio 2000 a settembre 2016.
Sono ammesse anche opere stampate in proprio o presso tipografie, che contengano almeno 30 liriche.
Nessuna quota di adesione.
I premiati verranno avvisati tramite lettera cartacea.

Premi:

Ai primi dodici classificati assoluti saranno assegnate opere d’arte.
A tutti gli altri partecipanti, menzionati in 18 sezioni, saranno dati attestati di merito. Sarà, inoltre, consegnata a tutti i poeti presenti alla cerimonia di premiazione la locandina, una pubblicazione sul concorso contenente l’elenco completo degli Autori con cenni biografici, relativa classifica, sezione poetica, provenienza regionale.
La stessa pubblicazione sarà consegnata inoltre agli ospiti, alla stampa e agli appassionati del settore poesia fino ad esaurimento delle copie omaggio.
I vincitori sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione e a ritirare personalmente il premio. È ammessa delega al ritiro.

Premiazione:

Domenica 27 novembre 2016, ore 10 – presso la Sala Conferenze dell’Hotel Lido Garda –  Piazza G. Caboto 8 – 00042 Anzio – Roma – tel. 069870354 (convenzione speciale per i poeti che volessero pernottare).

Giuria:

Tito Cauchi (presidente)
Maria Bartolomeo
Paola Leoncini
Gianfranco Cotronei
Loretta Sebastianelli
Paolo Procaccini
Nicoletta Gigli (ufficio stampa)
Angela Giassi (segretaria del premio).

Gli autori autorizzano la pubblicazione di stralci di poesie sulla stampa che interverrà alla premiazione.
Tutte le opere spedite non saranno restituite.
I partecipanti accettano tutte le condizioni del presente bando.

L’inferno dentro: la rianimazione

Che cosa vuol dire lavorare come infermiere in rianimazione.

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Andrea Leonelli propone poesie dal sapore non proprio classico né, tanto meno, usuale. I suoi versi risuonano di una pena che parte dal profondo dell’anima, per riversarsi sulla carta con lo stesso impatto che potrebbe provocare un martello pneumatico. E una ragione esiste, una motivazione che spiega il perché di tanto coinvolgimento emotivo.

Andrea Leonelli ha pubblicato con EEE La selezione colpevole, Consumando i giorni con sguardi diversi, Crepuscoli di luce

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Possiamo dire che lavoriamo in trincea e che seriamente ci sporchiamo le mani (in senso figurato, poiché in sostanza viviamo con indosso i guanti). A volte si fa fatica a respirare, vuoi per uno stato emotivo, vuoi per le mascherine che ci proteggono da germi particolarmente aggressivi. Sì, perché il nostro stare in trincea ci espone a proiettili microscopici ma, a volte, ugualmente letali quanto quelli di piombo. Spesso ci troviamo ricoperti di strati d’indumenti protettivi e sudiamo anche i liquidi che non abbiamo. Vuol dire mettere le mani addosso alla gente, andare a toccarla “dentro” e, badate bene, non sto parlando di anima o di parti intime. Vuol dire avere in mano la possibilità di ridare il respiro a chi abbiamo davanti, steso e inerme. Vuol dire tornare a casa così stanchi da non riuscire a prendere sonno. E vi assicuro che, spesso, è davvero faticoso sia a livello fisico che mentale, oltre che emotivo. Facendo i turni, i ritmi circadiani perdono il loro flusso naturale. Mangi a orari inconsueti e in modo irregolare, a volte facendo colazione la sera e cenando quando per tutti gli altri è mattina. Dormi in orari non fisiologici andando a riposare, o almeno provandoci, quando la maggior parte delle persone, che hai intorno, si è appena svegliata.IMG-20150208-WA0000
Al lavoro, invece, bisogna avere i sensi in allerta per cogliere i primi segni di un cambiamento nei parametri di un paziente, capire perché e cosa sta accadendo in modo da poter intervenire tempestivamente. Bisogna fare questo prima che una variazione fisiologica non controllata porti a conseguenze che hanno rimedi più difficili da mettere in pratica o che, addirittura, non hanno alcun possibile rimedio.
Vuol dire poter fare, a volte, la differenza. Vuol dire poter vedere persone che sono appese alla vita, per un filo sottile, riuscire a sopravvivere.
Ma per alcuni pazienti che ce la fanno, quante volte paghiamo il prezzo dell’impotenza? Quante volte possiamo soltanto assistere a una vita che si spegne? O alle morti improvvise e fulminee, nonostante tu ci abbia messo professionalità, capacità, conoscenze, lavoro di squadra, sangue freddo e tanta anima?
Tante. Troppe volte, forse. Quante ripetute scene di dolore, protratto e colmo di lacrime, viviamo.
Quanti parenti da sostenere e guidare, quanti ne abbiamo “preparati”, per quanto sia possibile, alla dipartita annunciata e imminente di un marito, un fratello, a volte di un figlio. Quanti dolori abbiamo vissuto doppiamente: noi in prima persona e poi, di riflesso, supportando un congiunto in lacrime.
Vuol dire far finta di essere forte per sostenere il collega, che si commuove, o dover indossare la maschera del cinico per non farsi scalfire troppo a fondo da queste pene quotidiane.
Siamo tutti umani e certe tragedie, personali e sociali, un “buco” da qualche parte te lo lasciano.
Il nostro non sarà riconosciuto come un lavoro usurante ma, vi assicuro, lo è.
Ognuno di noi ha quello che io chiamo un “sacco dei dolori”, che ogni volta si riempie un po’. Quando è pieno, diventa pesante e allora sfoghi questo peso con qualcuno che hai vicino, per condividere un po’ il gravare del tuo “sacco” e, se a volte sei tu che ti scarichi, in altre occasioni è il tuo collega che ha bisogno di una mano per portare il suo fardello. IMG-20120913-WA0003Con i colleghi, con le persone con cui vivi, fianco a fianco tutti i giorni, tutte queste situazioni portano a far sì che si sviluppi un rapporto speciale. Sai che se hai bisogno ci sono. E se tu sei impegnato su un malato molto critico e non puoi allontanarti dal paziente più di due passi, loro si prenderanno cura dei malati a cui non puoi provvedere, senza che tu debba chiederlo. Siamo una squadra, a volte una squadra speciale. Sai che non ti lasceranno solo e, in un lavoro come il nostro, sapere di poter contare sugli altri diventa questione di vita o di morte.
Il nostro è un lavoro che ti logora piano, lentamente e in modo subdolo. Ti consuma. Arriva a scavare nel profondo e gli unici che possono realmente comprendere i tuoi stati d’animo sono i colleghi. Chi nella vita personale ha vicino persone che, anche se non appartenenti alla nostra stessa professione, riescono ad ascoltare e a essere di supporto, può dirsi fortunato.
Fare questo lavoro, inoltre, vuol dire ritardare ai pranzi e alle cene, anche nelle festività. O festeggiare a date variabili. Quelli di noi che fanno i turni non conoscono le ferie o i canonici periodi di pausa dati dal calendario. Si lavora a Natale, a Pasqua e a Capodanno. I nostri famigliari festeggiano spesso senza di noi. Magari arriviamo a casa giusto in tempo per il dolce o partiamo per il lavoro subito dopo aver mandato giù in fretta un piatto di pasta. E se questo capita a riguardo della famiglia, il resto della nostra vita sociale ne risente ancora di più. Viviamo, infatti, una socialità rarefatta e spesso gli amici si organizzano a prescindere dai nostri turni. Gradualmente ci allontaniamo da loro e loro da noi. Inevitabilmente, anche se con le dovute eccezioni
Lavorare in rianimazione è un bellissimo inferno per quello che ti può dare e per quello che ti resta dentro. Per quello che trovi e per quello che lasci.
Lavorare in rianimazione può cambiarti la vita. In molti modi diversi.

Andrea Leonelli

Quattro chiacchiere con Andrea Leonelli

INTERVISTA di Marina Atzori

Crepuscoli di luce

OPERE LETTE:

“La selezione colpevole”, “Consumando i giorni con sguardi diversi” e “Crepuscoli di luce”

  1.  Buon giorno Andrea, dalle tue opere emerge sofferenza e un chiaro invito a essere scrutato dentro da parte del lettore, dove hai trovato il coraggio di metterti sotto torchio in modo così nudo ed esaustivo?

Tutto è nato dall’infarto a cui sono scampato. Mi ha fatto capire quanto poco ci voglia a passare dall’avere “tutto il tempo del mondo” al “non farò più…”, quindi ho deciso che se volevo lasciare qualcosa a questo mondo, dovevo cominciare a muovermi. Ho pensato che scrivere avrebbe potuto essere un modo per incidere una traccia tangibile del mio passaggio in questa vita. Si vive nei ricordi degli altri, dicono, nei pensieri di chi ti ha voluto bene. Anche se, dopo che uno se n’è andato, quello che resta diventa molto effimero. Non so quale sia il motivo che, ancora, mi spinge a volere imprimere una testimonianza di me stesso, ma sento che lo devo fare. Ho sempre amato i libri e credo che la mia sia stata la scelta migliore che potevo fare, vista la situazione. Siamo tutti nudi di fronte a noi stessi, il coraggio di esserlo davanti agli altri serve solo a far capire che tipo di persone siamo. Altrimenti siamo solo attori su un palco.

  1. Cosa ha fatto scaturire la tua passione per la scrittura?

Probabilmente la mia passione per la lettura. Chi legge molto inevitabilmente, prima o poi, sente il desiderio di cimentarsi nell’arduo compito dello scrivere. Che poi realizzi o meno il desiderio e fino a che punto, questo è un altro paio di maniche. Ci sono scritti che restano per sempre sepolti nei cassetti, senza mai uscirne, e scrittori che lo sono solo a livello potenziale, dato che nessuno saprà mai che hanno scritto qualcosa.

  1. Perché hai scelto una strada complessa come quella della silloge poetica?

Perché la poesia è la forma espressiva in cui mi trovo più a mio agio. Questa soluzione alla fine è stata quasi obbligata. Mi piace il modo in cui si può giocare con le parole e i simboli, all’interno degli scarni spazi della poesia. Scarni inteso per come io intendo l’arte poetica. L’armonia della poesia è nelle sensazioni che può suscitare e non tanto nel dipingere le emozioni. Nella poesia bisogna “far sentire”, nella prosa descrivere.

  1. Parliamo dei titoli, anche loro ti rappresentano in maniera esaustiva: “La selezione colpevole”, “Consumare i giorni con sguardi diversi” e “Crepuscoli di luce”. Sembra quasi che, tra un’ Opera e l’altra, ti sia trovato a un bivio. Se è effettivamente così, raccontaci la tua “evoluzione emotiva”.

la selezione colpevoleLa mia evoluzione emotiva ha seguito il sentiero tracciato dalla mia evoluzione personale, o viceversa, oppure sono andate di pari passo assieme. Sta di fatto che, ha un certo punto della mia vita, ho deciso di dare una svolta. Ho imboccato una delle strade del bivio che mi si è presentato davanti. Sono uscito da una situazione in cui non stavo vivendo, ma solo sopravvivendo, e ho riaperto gli orizzonti della mia vita con una nuova consapevolezza di me e di cosa potevo fare. Ho incontrato persone positive in questo percorso e le ringrazio di essersi trovate al posto giusto nel momento giusto.

  1. Ti prestiamo la lampada di Aladino per un giorno. Quale desiderio vorresti realizzare con tutto te stesso?

Uno solo? Non tre? Delusione… Se è uno solo allora, con tutto me stesso, vorrei un po’ di serenità da vivere vicino alle persone che amo, ogni giorno.

  1. Quale accezione ha il dolore per Andrea Leonelli uomo?

Il dolore non ha una sola accezione. Esistono troppi dolori diversi. E ogni dolore è un evento unico, anche se si protrae per tempi diversi. Il dolore ha la capacità di far dilatare il tempo: puoi stare così male da vivere vite intere in brevissimi istanti. L’unica verità che si può dire sul dolore che esso è personale e ognuno lo vive a modo proprio, in base alla propria sensibilità. Per quanto possa una pena essere condivisa, nessuno la proverà mai nello stesso modo in cui la sente qualcun altro.

  1. Hai a disposizione un’intervista su un giornale importante, pochissime righe per descrivere il tuo carattere.

Il mio carattere? Pessimo! Sono capace di andare da un estremo a un altro, non sto mai fermo. Sono permaloso, anche se cerco di controllarmi, rancoroso e pigro. Però so anche essere dolce, premuroso e generoso. Cerco di lasciare agli altri i loro spazi e so anche essere umile, ma senza essere troppo sottomesso.

  1. Esiste qualcosa che potrebbe farti rinunciare a scrivere?

Forse l’amputazione delle mani… Ma più probabilmente dovrebbero anche lobotomizzarmi per farmi smettere di pensare. Poi, mai dire mai. Chissà che un giorno non decida di appendere le idee al chiodo e la pianti di imbrattare carte e monitor.

  1. Quali colori sceglieresti per dipingere il quadro della tua vita?

consumando i giorniDirei bianco, nero, rosso. Sono abbastanza per gli estremi, ma siccome sono anche una persona contraddittoria, direi che potrei usare anche i chiaroscuri, mantenendomi solo sul grigio.

  1. È previsto che ti possa cimentare in altri generi, o la poesia è diventata una compagna irrinunciabile per i tuoi scritti?

È previsto e in effetti ho già in corso uno scritto non poetico. Inoltre, ho scritto diversi racconti che sono stati pubblicati. Però, ho una certa difficoltà a realizzare scritti di una certa lunghezza. Mi esprimo bene nel breve, ma sulla “lunga distanza” ho la tendenza a perdermi in discorsi circonvoluti e, come dice la mia crudelissima editor, parecchio arzigogolati, usando gli incisi come fossero i versi di una poesia. Per fortuna ho una editor severissima che mi bacchetta tutte le volte che serve.

  1. Se dovessi convincere un esordiente a credere in se stesso e in quello che scrive, quali parole useresti?

Dato che immagino di parlare ad altri colleghi esordienti, direi che la cosa più importante è essere consapevoli delle proprie capacità e dei propri limiti e “lavorare” soprattutto su quelli. Mai prendersi troppo sul serio, secondo me c’è anche bisogno di “ridersi addosso”, di mantenere le giuste prospettive. Poi aiuta molto avere dei beta reader estremamente critici. Essere aperti al nuovo e avere il coraggio di rischiare senza diventare incoscienti. Se avete dei dubbi, chiedete! Sempre! Quando avete finito il vostro libro, fatelo leggere ad altri, non riuscireste a vedere i vostri errori. Mai farsi abbattere dai momenti di sconforto, ma usateli per scrivere in modo diverso. Soprattutto essere sempre sorridenti, tanto anche se ve la prendete non cambierà di una virgola ciò che è già successo.

  1. Ti chiediamo una classifica breve e concisa di almeno tre cose che un esordiente non dovrebbe mai fare.

Primo: mai smettere di scrivere.
Secondo: mai evitare i confronti costruttivi e mai smettere di ascoltare le opinioni altrui.
Terzo: mai credersi “arrivato”.
Poi ce ne sarebbero molte altre di cose da NON fare, ma diventerebbe una lista troppo lunga…

Premio Polverini: prima parte

Cronaca di un viaggio verso il Premio Polverini

la selezione colpevole

 

Preso come al solito dall’impazienza arrivo in stazione con buon anticipo. Così buono che prendo il treno precedente al preventivato per la prima tappa del viaggio. Il tempo, umido e nebbioso, non è riuscito però a smorzare un certo entusiasmo che mi agita alquanto. Non capita tutti i giorni arrivare al primo posto nel Premio Polverini
Dato che non sono un gran viaggiatore, affronto questi spostamenti con lo spirito dell’adolescente che va in gita. Inoltre sto anche andando a prendere un premio per la mia silloge d’esordio, La selezione colpevole, e ho dentro una certa soddisfatta emozione. Sì, anche perché c’è stato, a suo tempo, chi mi ha detto che a scrivere è solo una perdita di tempo. Dall’uscita delle poesie ad adesso è passato sì del tempo, con umori altalenanti riguardo la scrittura, ma per l’occasione, me la sto solo godendo.
Breve sosta a Bologna in attesa del treno, un’oretta circa, durante la quale mi rifocillo, poi, finita l’attesa mi trovo sul treno che mi porta a Roma Termini. Durante il viaggio incontrerò anche Firenze, la mia Firenze. E inizio già a pensare al mio passato. Alla mia infanzia all’adolescenza e alla gioventù. Quanta vita trascorsa e quanto tempo passato. Sono già in un turbine di ricordi e siamo appena partiti… dalle cadute in bici al Natale da bambino in famiglia. Poi la scuola, soprattutto le superiori, di elementari e medie ricordo poco. Le bigiate settimanali, le fughe, le gite. La prima vita notturna e le prime interazioni con le ragazze.
Sto decisamente divagando troppo. Tanto che, mentre sono perso nei ricordi, siamo già arrivati a Santa Maria Novella. Firenze. Mia città d’origine. Ma per i miei gusti troppo città. Io sono un tipo da paese. Da tranquilla cittadina. Spesso ho troppo movimento dentro. Se ne fossi circondato anche fuori, forse non tollererei certi momenti. Forse sarebbe meglio vivere proprio in campagna.
E comunque alla fine, dopo aver anche pisolato un po’, a Roma sono arrivato. Cotto ma sono arrivato.
Scendo dal treno e, in mezzo alla fiumana che si riversa nella capitale, riesco a fermarmi qualche minuto in stazione.
Mangio un panino al volo, mi procuro i biglietti per il viaggio di domani fino ad Anzio, quelli della metropolitana per gli spostamenti cittadini e penso che andrò quanto prima a insinuarmi nei sottopassaggi. Ho avuto buone informazioni sui tragitti e il gps decisamente mi è comodo. Non potrei perdermi e non l’ho fatto. Giunto a destinazione dopo una passeggiata per Roma, sotto una leggera pioggia ma con un caldo decisamente fuori stagione, dopo una rinfrescata rapida, quanto indispensabile, perfeziono gli accordi precedentemente presi per incontrarmi nel pomeriggio con quella coppia d’assi che sono Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni. A quel punto faccio giusto in tempo a puntare un paio di sveglie e mi cappotto clamorosamente sul letto per circa un’ora e mezzo.
Mi sveglio bello carico, come se avessi dormito molto più a lungo.
Incontro fissato al Colosseo per le ore 16 e, come da mia tradizione, riesco a trovarmi sotto lo stesso alle ore 15.15. Intanto faccio un po’ il turista e scatto foto.
Poi i due amici arrivano e ci salutiamo, finalmente, in carne e ossa. Passeggiata per il centro di Roma e conversazione che vaga fra i quartieri e le mode di Roma, mentre cerchiamo un posto in cui sederci e continuare a parlare in un ambiente e con un’atmosfera adatta a “Quelli come noi”. Scelta obbligata: una caffetteria interna a una libreria.
Dopo aver iniziato la “seduta” sui “seggioloni” nell’angolo, mentre attendiamo di poterci impossessare di un tavolino, ci siamo ritrovati circondati da una serie di personaggi particolari, anch’essi in attesa di un posto a sedere. Passare due ore così veloci capita di rado… Attimi spesi a considerare un panorama che verte comunque tutto attorno alle figure di autori, scrittori, editori, self publisher, editor, correttori e, soprattutto, delle loro opere letterarie. Analizziamo l’editoria sotto molteplici aspetti e parliamo, ipotizzando, scenari futuri dell’editoria italiana. Una full immersion nel sottobosco letterario e dei suoi abitanti, ma fatto con il gusto dello stare assieme, seduti, facendo della nostra conversazione una sintesi di “Racconti in un caffè”.
Ma tutto ciò che è bello, purtroppo, tende a finire. Solo che queste ore assieme ad Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni mi sono parse davvero pochi minuti e si sono esaurite davvero troppo presto. Ci siamo comunque lasciati con l’intenzione di ritrovarci nuovamente non appena sarà possibile.
Stanco, dopo una cena a base di pizza, mi sono fiondato a riposare in vista della levataccia che si sarebbe tenuta da lì a poche ore e, come scritto in un noto testo (la Genesi ) “e fu sera e fu mattina” e infine è giunta la fatidica domenica.
Mi sveglio di corsa e, ancora in preda ai fumi funesti del sonno, mi preparo e parto. Dopo un tragitto alquanto frettoloso arrivo a prendere la metro che, per fortuna, arriva subito e mi porta alla stazione Termini. Correndo giungo al binario da cui partirà il treno per Anzio e ci salto su. E riprendo un po’ di fiato mentre l’ultimo tratto del viaggio inizia…

Andrea Leonelli

Autunno è Poesia

Autunno è Poesia

Personalmente trovo che l’autunno sia la stagione che meglio rappresenta l’introspezione poetica.

Inquadrando la poesia come un momento di pausa riflessiva, un momento idoneo a consumando i giornicambiamenti interiori, il lento spegnersi autunnale con le sue atmosfere nebbiose, fosche, con le notti che si allungano e il conseguente ridursi delle ore di luce, il freddo che costringe a passare le serate in casa, le prime piogge, è il momento migliore per quella poesia intimista e di umana autoanalisi.
In occasione, appunto, dell’autunno e dell’arrivo di questi preziosi momenti di quiete emozionale, dopo l’effervescenza della più spiccata sensualità estiva, in questi solitari sospiri in cui si fanno i conti fra dato e avuto, la poesia trova la sua migliore collocazione.
Per questo motivo, in accordo con l’editore Piera Rossotti, abbiamo deciso di abbassare il prezzo sia di “La selezione colpevole” che di “Consumando i giorni con sguardi diversi” a 0,99€

In un mondo bisognoso di attimi di riflessione, introspezione e di autoconsapevolezza, ritengo questa scelta la migliore possibile. In questo momento in cui la poesia viene bistratta come orpello inutile, di cui molti si fregiano per aver scritto due parole in rima, in cui leggere diventa sempre più un lusso e, oltretutto, un’attività sempre più rimandabile a favore di attività che costringano a non dover guardarsi dentro, ritengo che questa nostra scelta sia, oltre che coraggiosa, un riconoscimento a quei lettori sensibili, sempre più rari ma sempre più preziosi.

Con tutta la mia stima per voi lettori

Andrea Leonelli