Mala carusanza – versione free

Mala carusanza - versione free

L’adolescenza di Tina, una povera ma spensierata ragazza siciliana, diventa bruscamente una mala carusanza a quattordici anni, quando viene rapita e violentata da Salvatore, e successivamente costretta a un matrimonio riparatore.

Siamo nella Sicilia degli inizi del Novecento, e non c’è altra scelta, per una ragazza che “ha perduto l’onore”. Educata alla sottomissione all’uomo, ma dotata di un carattere forte, è in realtà lei ad avere le redini della famiglia e a lavorare duramente per sostentare i suoi figli.

Attraverso la storia delle varie fasi della vita di Tina, il romanzo mette in scena ben cinque generazioni, offrendo un interessante spaccato della Sicilia rurale dal Ventennio fascista fino alle soglie del Duemila e dei profondi cambiamenti culturali che coinvolgono i nipoti di Tina che risiedono al Nord, i cambiamenti di mentalità e le difficoltà di comprensione tra persone di età diverse, ma anche il perdurare di valori e di tradizioni della terra d’origine.

Il romanzo completo è su tutti i webstore.
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Buona lettura!

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Come leggere gli ebook

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Maria Scarlata presenta Mala carusanza

Sabato 24 ottobre, alle ore 16.00, presso la Sala Consiliare del Comune di Valperga (in provincia di Torino), Maria Scarlata presenta Mala carusanza.

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L’autrice, Cittadina Valperghese, traendo spunto dalle sue origini Siciliane, narra la vicenda di Tina, donna dal carattere forte che anche se colpita duramente in diversi momenti della sua vita, riesce a superare le difficoltà, tenendo salde nelle sue mani le redini della famiglia. Maria Scarlata, attraverso la vita di Tina, offre un interessante spaccato della Sicilia rurale dal ventennio fascista al primo dopoguerra, attraversando ben cinque generazioni.

Vi ricordiamo che l’intero ricavato dalla vendita del libro sarà devoluto in beneficenza

La trama:
L’adolescenza di Tina, una povera ma spensierata ragazza siciliana, diventa bruscamente una mala carusanza a quattordici anni, quando viene rapita e violentata da Salvatore, e successivamente costretta a un matrimonio riparatore. Siamo nella Sicilia degli inizi del Novecento, e non c’è altra scelta, per una ragazza che “ha perduto l’onore”. Educata alla sottomissione all’uomo, ma dotata di un carattere forte, è in realtà lei ad avere le redini della famiglia e a lavorare duramente per sostentare i suoi figli. Dolorosamente colpita dalla morte per difterite di un figlio piccolo, la giovane veste il lutto, come impone la tradizione, per manifestare la sua sofferenza agli altri, ma soprattutto a se stessa, ed è incapace di cogliere il senso della rassegnazione. Attraverso la storia delle varie fasi della vita di Tina, Mala carusanza mette in scena ben cinque generazioni, offrendo un interessante spaccato della Sicilia rurale dal Ventennio fascista, al secondo dopoguerra, fino alle soglie del Duemila e dei profondi cambiamenti culturali che coinvolgono i nipoti di Tina che risiedono al Nord, i cambiamenti di mentalità e le difficoltà di comprensione tra persone di età diverse, ma anche il perdurare di valori e di tradizioni della terra d’origine.

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Intervista a Maria Scarlata

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Ben cinque generazioni si susseguono nel libro di Maria Scarlata, Mala carusanza, portando alla ribalta le tradizioni e la cultura che si evolve negli anni, arrivando fino ai giorni nostri. Tuttavia, se da una parte la società ha subito profondi cambiamenti, spesso in modo negativo, dall’altra è rimasta ancorata alle proprie radici e origini. In questo libro, in cui è la Sicilia a essere protagonista, attraverso le vicende di Tina e della sua famiglia, molto resta di un’Italia passata attraverso importanti vicende storiche.

  • Mala carusanza è un’espressione tipicamente sicula, cosa significa e perché hai voluto intitolare il tuo libro in questo modo?

Mia nonna era solita inserire spesso questi due parole per me sconosciute, nei fervidi racconti della sua infanzia, che narrava con un colorito linguaggio misto di vocaboli dialettali. A noi bimbi, tali termini risuonavano incomprensibili, dal momento in cui in casa ci si esprimeva soltanto in italiano. Col passare degli anni, soprattutto queste due parole, si fissarono negli angoli della mia memoria, tornando prepotentemente a galla con il loro senso di incompletezza, in quanto mi era ancora oscuro il loro significato. Fino a quando un giorno, venuta a conoscenza che “caruso” significasse “ragazzo” e “mala”fosse la definizione di “cattiva”, feci di questa assonanza, il titolo del romanzo che desideravo scrivere per omaggiare la tormentata esistenza di una donna tenace e granitica rispetto agli ostacoli del suo esistere. 

  • Hai trattato dei temi difficili e, forse, incomprensibili per le giovani leve di oggi. Come spiegheresti, ad esempio a una sedicenne, il matrimonio forzato di Tina?

Bisogna tenere conto del momento storico di ogni situazione per giudicare le azioni delle persone, anche se spesso sono in antitesi con il nostro pensiero di esseri umani moderni ed evoluti. Certamente alle ragazze di oggi risulta incomprensibile immedesimarsi in una storia come quella narrata, anche perché il contesto attuale è, fortunatamente differente rispetto a quello di un tempo. In una società molto maschilista, come evidenziato dal racconto, simili comportamenti erano quasi usanze consolidate e, venivano tacitamente perpetrate fin dai secoli passati, spesso senza incontrare resistenza anche da parte della persona offesa. In questo caso la protagonista, con la sua ribellione da adolescente indomita, tenta di squarciare la fitta tela delle consuetudini, opponendosi ad un matrimonio riparatore, ma tale atto coraggioso avrebbe avuto ripercussioni sull’esistenza della famiglia intera. Penso sia molto difficile opporsi al ricatto dell’essere responsabili dell’infelicità delle persone che si amano. Credo che per valutare ogni situazione bisognerebbe fare appello a quell’umiltà che ci impedisce di giudicare usando solo il nostro metro di valutazione, ma tenere conto che, si dovrebbe vivere ogni esperienza personalmente, prima di analizzarla in modo superficiale e, guardare sempre alle cose da diverse angolazioni, anche quando si veste il ruolo di lettori.
Le nuove generazioni, possono imparare, attraverso questo tipo di lettura, che quanto di buono oggi può essere da noi goduto, spesso si fonda sui sacrifici e sulle sofferenze di chi ha anticipato i nostri percorsi di vita e, tenere saggiamente a mente che la nostra fortuna è anche dovuta al fatto che i cambiamenti positivi, nella società, avvengono soltanto affrontando le situazioni con coraggio e, perseguendo finalità di comprensione e rispetto reciproco.

  • Le condizioni femminili sono cambiate nel corso dei secoli, tuttavia, alcuni episodi di cronaca confermano che, per certi versi, tanto ancora si deve fare. Quanto senti tua la condizione di donna in questa era moderna?

Le cronache quotidiane ci confermano che molto ancora si debba fare per educare gli esseri umani al rispetto, con un costante impegno, soprattutto da parte delle donne, per arginare l’aggressività e tutte le altre cause che conducono ai fatti aberranti che purtroppo nelle cronache sono sempre più frequenti.
Ogni donna, nella sua funzione di madre educatrice, deve essere portatrice di bellezza e fermezza nel contrastare le fragilità maschili che spesso sfociano in atti violenti. Si tratta di un costante  lavoro che sicuramente darà buoni frutti a lungo termine, ma ciò non può prescindere dal fatto che non si debbano mai perdere di vista quei valori che oggi sembrano essere in disuso.
In quanto donna mi sento felicissima di poter rappresentare questa categoria nella pienezza e completezza del termine, a noi è stato affidato giustamente il compito arduo di generare vite.
Mi avvilisce molto pensare che purtroppo, ancora oggi siano presenti i retaggi di mentalità distorte e retrograde che vogliono vederci confinate in ruoli secondari e che, il dito accusatore sia sempre rivolto nella nostra direzione, mentre l’unica salvezza dell’umanità, a mio avviso, potrà concretizzarsi solo attraverso dolcezza e comprensione, che spesso si connotano nell’essere donna.

  • Dopo il femminismo, la rivoluzione sessuale e il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali, quali divorzio, aborto e altro, quanto pensi che siano realmente “forti” le donne di oggi?

Da secoli le donne sono l’emblema di forza e perseveranza. Le donne reggono prove quotidiane di coraggio non solo per le loro esistenze, ma per quelle di tutti gli esseri che sono stati a loro affidati, in primo luogo i figli, uniti da un legame viscerale. In questo consiste la vera forza femminile, connotata generalmente da un altruismo di fondo. Se riusciremo a tenere conto ed a sfruttare al meglio la nostra proverbiale solidarietà, magari in un futuro che mi auspico prossimo, si potrà beneficiare di una società dove tutti gli individui abbiano la stessa considerazione e gli stessi diritti a tutti gli effetti.

  • Oltre alla scrittura un’altra delle tue passioni è la pittura, qual è il tuo stile e cosa ami rappresentare nei tuoi quadri?

Non saprei definire con una connotazione precisa lo stile dei miei quadri. Alcuni li associano al naif, ma a mio avviso sono più dettagliati e più tendenti al realismo. L’uso plastico e materico del colore,  li rende quasi tridimensionali, questa valutazione è riferita a quanto fino ad ora mi hanno manifestato i miei estimatori.
Per quanto concerne il disegno, usando una tecnica paziente e ben dosata della grafite, il risultato è quasi fotografico.
Spazio in soggetti di varia natura ma, soprattutto la natura, in ogni sua manifestazione, è la fonte di ispirazione delle mie creazioni. Mi cimento anche nella ritrattistica, in quanto trovo molto affascinante, scoprire cosa celano i volti nell’istante in cui vengono catturati da una fotografia. Mi gratifica la possibilità di esternare sensazioni attraverso un dono ricevuto e coltivato con passione e dedizione pressoché trentennale.

  • Un libro è come un quadro, le giuste dosi compongono un’immagine perfetta, la mancanza di equilibrio fra i colori e le forme portano a un qualcosa di poco godibile, come vedi questo accostamento?

Direi, in tutta sincerità, che il paragone è perfetto. In qualsiasi forma artistica ci deve essere equilibrio fra i vari elementi perché il risultato sia godibile. Dosi eccessive di un ingrediente di qualsiasi piatto, ne pregiudicano il sapore equilibrato. Esiste comunque un margine soggettivo di tutti i componenti per far si che la fruibilità di un’opera sia sempre personale e mai massificata.
Nell’arte in genere, anche se gli strumenti di base sono gli stessi, il risultato finale non sarà mai identico per ciascun artista e, ciò ci rende speciali e mai imitabili nella nostra unicità.

  • Mala carusanza è il tuo primo libro pubblicato con EEE, editore prettamente digitale, come vivi il rapporto con la tecnologia?

Devo ammettere che con la tecnologia ho un rapporto distaccato e conflittuale. Se da un canto sono consapevole che sia necessario evolversi e far uso corretto di sistemi che ci migliorano l’esistenza, dall’altro rimpiango la poesia che era presente nei vecchi mezzi di comunicazione. Ho un ricordo nostalgico delle lettere, la trepidante attesa nel riceverle, il carattere della grafia, rivelatore di personalità e quant’altro scaturisce da un mezzo per nulla algido come uno schermo.
Conservo comunque l’abitudine di scrivere a mano le bozze dei miei lavori. A tal proposito ho ritrovato dopo un trentennio quella di “Mala Carusanza” che ha sortito in me ricordi sopiti dal tempo e rivelatori della mia giovinezza.
E’ evidente che nulla possa sostituire la praticità della tecnologia.

  • Recentemente sei stata presente al Salone del Libro di Torino, come hai vissuto questa tua esperienza e quali sono le riflessioni che senti di fare, anche se dettate da un approccio neofita?

E’ stata una giornata entusiasmante. Partecipare a questa manifestazione come autrice era quanto di meglio potessi augurarmi nel mio percorso di aspirante scrittrice. La soddisfazione di avervi preso parte è stata immensa, anche per le piacevoli conoscenze che si sono concretizzate nella giornata. Avere a che fare con chi condivide le tue passioni è sempre arricchente.
Erano inoltre presenti alcuni dei miei affetti più cari e sinceri e, la condivisione con chi mi vuole bene ed apprezza, ha reso speciale quel giorno atteso con trepidazione.
Vi ringrazio di tutto cuore per l’esperienza vissuta grazie alla vostra considerazione.

  • Quando Maria non scrive (oltre a dipingere), come occupa il proprio tempo?

Maria è una donna dalle semplici abitudini, fortunatamente incline verso forme artistiche di vario genere. Oltre ad occuparmi del mio lavoro, della casa e dei miei affetti, cucino con passione e, mi dedico al ballo. Canto sempre molto volentieri e, se non posso farlo per diletto altrui, mi esercito in solitudine con la radio, soprattutto con la musica leggera italiana, in quanto mi è più congeniale la comprensione dei testi, necessari per alimentare il mio spirito poetico.
Leggo con trasporto, ma vorrei avere più tempo per poterlo fare assiduamente. Purtroppo le giornate sono troppo corte …

  • Quali sono i tuoi progetti futuri?

A dire il vero sono diventata fatalista, per cui, evito di fare progetti a lungo termine, ma mi piacerebbe proseguire in ciò che faccio alimentando con costanza le mie passioni, tramite mostre di pittura, presentazioni dei miei scritti, che in parte sono già presenti in forma di bozze ed attendono di essere fruibili al prossimo, possibilmente non dovendo più attendere un trentennio per essere pubblicati. Ciò accadrà se persone come voi continueranno nel loro nobile ed apprezzabile intento.

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Come puoi abbandonare tanto amore?

Campagna sociale: Come puoi abbandonare tanto amore? Parte prima

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Ogni anno, purtroppo, il periodo estivo registra il più alto numero di abbandoni di cani, gatti e altri animali domestici. Nessuno di noi può restare insensibile di fronte a queste barbarie ed è per questo motivo che abbiamo pensato di unirci al coro di altre voci che, come la nostra, tentano di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito a questo atto incivile. Questa è la prima parte delle testimonianze rilasciate dagli autori EEE: Andrea Leonelli, Alessandro Cirillo, Arturo Zappa, Enea De Alberti, Maria Scarlata e Valerio Sericano.

Andrea Leonelli: Io non ho un animale, né grande né piccolo, ma trovo disumano utilizzare altri esseri viventi come oggetti da compagnia usa e getta. Un cane vi amerà sempre, a prescindere da tutto e darà anche la vita pur di avervi vicino e probabilmente vi darà più amore di quanto vi rendiate conto quotidianamente.
Un gatto si farà coccolare e spesso vi verrà intorno quando lui sente che voi ne avete bisogno, anche se voi ancora non lo sapete.
Abbandonare chi vi può donare così tanto amore è da bestie (senza offesa per le bestie).
E’ da irresponsabili per voi, e per gli altri umani che potrebbero subire danni per un incidente, è illegale e, sempre che abbiate un minimo di coscienza, dovrete farci i conti per il resto della vita. Vi sarete volontariamente privati di una fonte d’affetto che vi mancherà ogni giorno.

arturo zappaArturo Zappa: Pratica più che poco civile, direi barbara. Chi non ama gli animali che sono i nostri veri amici sinceri e leali, non ama neppure gli umani, e questa non è una frase fatta ma è la pura verità. Qualsiasi cosa io facessi al mio cane lui mi perdonerebbe sempre e comunque, e non mi tradirebbe mai, al contrario di noi umani, che molto spesso ci comportiamo (noi si) come bestie feroci. Non vado avanti perché rischio di passare il limite ed apparire più reazionario di quanto non sono.

Valerio Sericano: Quelli che abbandonano i propri animali non hanno il coraggio di guardarli negli occhi mentre li lasciano sulla piazzola di un’autostrada o in una sperduta stradina di campagna. Perché quello sguardo li costringerebbe a fare i conti con la propria coscienza. E ce l’hanno la coscienza, quelli, eccome se ce l’hanno. Chi è convinto del contrario provi a fare una riflessione. 写真 2Qualcuno può dire di aver mai conosciuto nella vita un abbandonatore volontario di animali? Forse ne avrete incrociato qualcuno per caso mentre sfrecciava via con la propria auto con il cane che disperatamente lo inseguiva. A me è capitato di vedere una scena simile. Ma un abbandonatore che ammetta candidamente di averlo fatto non esiste. Perché nessuno sarebbe mai capace di vantarsi di un gesto così vile.
Però posso dirvi di aver conosciuto persone ancor più spregevoli di coloro che lasciano vigliaccamente gli animali per strada. Volete sapere a chi mi riferisco?
Mi riferisco all’abbandonatore scientifico, a colui che visita un canile, fa scegliere un cane ai figli e se lo porta a casa, gli dà da mangiare, magari lo accarezza anche e gli gioca insieme, salvo poi accorgersi che abbaia di notte, o è troppo mordace e rischia di diventare un pericolo per i figli. E allora che fa? Lo carica in macchina, lo riporta al canile e lo cambia con un altro cane, come fosse un articolo difettoso, magari dopo un mese che già lo aveva in casa. Io lo conosco quel tipo lì. So che esiste. E questo di coscienza non he ha, perché dopo alcuni giorni ti racconta che il nuovo cane è meglio dell’altro, più affettuoso, più docile, più bello. Il miglior cane del mondo. Finché non gli farà la pipì sul divano. E allora la storia si ripeterà. Perché se ha portato indietro un articolo difettoso già una volta, si sentirà in diritto di farlo ancora. E neppure soffrirà nel sostenere lo sguardo del cane che ritorna nella gabbia e lo fissa, dicendogli con gli occhi: “Ma che fai? Perché mi lasci di nuovo qua? Perché non torniamo a casa?”. Perché l’abbandonatore scientifico la coscienza non sa neppure che cosa sia.

Enea De Alberti: Hai praticamente abbandonato i vecchi genitori per un mese in ospedale con la scusa di una malattia più che fasulla…
Hai praticamente abbandonato a casa moglie e figli con la scusa di un viaggio d’affari, dove l’affare è biondo con gli occhi azzurri…
Vorrai mica abbandonare anche il cane ???

Maria Scarlata: Nel corso della mia vita ho avuto più volte la fortuna di condividere la bellezza che può donarti la presenza di un essere a quattro zampe. maria scarlata e caneSoltanto chi non ha provato questo tipo di esperienza, o chi zittisce la parte più nobile del suo cuore, può macchiarsi con atti negativi nei loro confronti. Ti amano con abnegazione totale, rivolgono i loro sguardi imploranti saturi d’amore, camminano pazientemente al tuo fianco proteggendoti con affetto incondizionato, piangono silenziosamente alla tua partenza, vivendo per il momento del ritorno. Mi onora con estrema riconoscenza questo annientamento dell’amor proprio che va oltre le umane capacità, nessuno essere al mondo dotato di presuntuoso intelletto, come accade negli umani, sarebbe in grado di provare tali sentimenti.
Un giorno, quando ero fiorista, consegnai una composizione floreale alla mamma di un mio amico che aveva appena lasciato questo mondo. Sull’uscio, raggomitolato sul tappeto, quasi calpestai un piccolo cagnolino fulvo. Pareva assorbito da un torpore che lo rendeva inanimato. Provai a sollecitare una reazione, parlandogli dolcemente, ma riuscii solo a percepire il suo dolore, fitto e penetrante come una coltellata in peno petto. Lo lasciai alla sua tacita sofferenza, prendendo parte alla pena smisurata che quel povero essere mi aveva trasmesso, valutando che quel cuoricino, annientato dalla mancanza di una presenza umana, rappresentasse la parte più alta dei sentimenti puri e sinceri, inesistenti negli individui che hanno il coraggio di disprezzarli abbandonandoli a un destino incerto sul ciglio di una strada o, peggio, destinandoli a sofferenze inaudite riservandogli una morte atroce.
Mai più azioni così ripugnati in una società che osa definirsi “civile”.

Alessandro Cirillo: Anno 2015, Italia. Paese ricco di cultura, di storia, di bellezze naturali. Una Nazione tra le più progredite e civilizzate al mondo, eppure…
Eppure ci sono persone che trattano gli animali come giocattoli, oggetti con cui divertirsi e gettare via quando non servono più. Ogni anno ci sono centinaia di migliaia fra cani e gatti abbandonati. Senza contare i maltrattamenti che sono ancora un fenomeno frequente.
Da tanti anni si parla di questo triste fenomeno ma nonostante qualche timido progresso, anche in campo giuridico, ancora non ci siamo. Quindi anche per quest’anno il messaggio rimane NON ABBANDONATE NE MALTRATTATE GLI ANIMALI. SONO ESSERI COME VOI CHE MERITANO IL GIUSTO RISPETTO.

 

 

Tre nuovi titoli EEE

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Ami dagli occhi color del mare di Valerio Sericano

cover_amiEEEIn questo romanzo si intrecciano due storie, una contemporanea, il cui protagonista è Giaco, uno studente universitario sognatore e squattrinato che vive a Genova, e una ambientata nel passato, che si svolge prevalentemente nell’Argentina del primo Novecento, il cui protagonista si chiama Cesco, bisnonno di Giaco.
Il ragazzo riesce a dar vita ad una relazione virtuale con una coetanea giapponese, nata via internet di fronte allo schermo di un computer, iniziando un rapporto a distanza che si trasforma con il passar del tempo in qualcosa di concreto, tanto da convincere i due ragazzi ad incontrarsi sul serio.
Giaco vola in Giappone e ne nasce una vera storia d’amore che sembra reggere pur scontando il problema delle distanze. Tuttavia tutto finisce in seguito alle conseguenze dello sconvolgente tsunami abbattutosi sulla costa orientale giapponese l’11 marzo 2011, evento vissuto da Giaco in prima persona.
Tornato in Italia, il giovane riprende a vivere, faticando a cancellare dalla mente il ricordo traumatico dell’avventura giapponese, filtrando le nuove esperienze di vita attraverso il ricordo della tragedia vissuta e di quell’amore perduto, finché non scopre casualmente un plico di vecchie lettere sepolte in soffitta, grazie alla quali giunge a conoscenza delle esperienze del proprio bisnonno, narrate fino a quel momento all’interno del romanzo parallelamente alla storia contemporanea.
Le due vicende finiscono per intrecciarsi fra loro nel momento in cui le lettere rivelano a Giaco l’esistenza di un’intensa storia d’amore che Cesco aveva vissuto durante gli trascorsi in Argentina, una storia cui il giovane di oggi si appassiona molto.
Le analogie tra la storia del bisnipote contemporaneo e del bisnonno vissuto cent’anni fa non mancano, ma la grande differenza risiede proprio nei mezzi di comunicazione, che oggi forse ci rendono più superficiali, ma che ci permettono di mantenere vivi dei contatti in modo un tempo impensabile.

Il pescatore di Pietro Ludovico Prever

Pescatore_EEE-bandaSebenico, 24 marzo 1923: Martino Martinelli, in una lettera, descrive la sua condizione di italiano che abita le terre orientali istriane e dalmate.
Zara, 1981: un vecchio pescatore lancia solitario nella notte una lenza nel mare nero come la pece.
Tra queste due date, con cui si apre e si chiude il libro, vi è l’epopea di Marcella, figlia di Martino, costretta ad abbandonare Zara, la sua città assediata dalle bombe, e a tentare insieme al marito un viaggio della speranza che la porterà dopo innumerevoli impedimenti a rivedere l’Italia. Ma le difficoltà di Marcella e della sua famiglia non si concludono con l’arrivo nel Belpaese: c’è la guerra, prima di tutto, una guerra iniziata sul fronte jugoslavo e conclusa sul fronte interno. E poi ci sono gli italiani, che guardano con curiosità, e a volte con imbarazzo, queste strane figure che prendono il nome di “profughi”: né italiani né croati. Peggio: italiani per i croati e croati per gli italiani.
Con una scrittura chiara e limpida Pietro Prever ci accompagna in un viaggio che avrebbe dell’inverosimile se non fosse tutto documentato, un viaggio compiuto da uomini costretti a fuggire da altri uomini, come tante volte è avvenuto in passato, e come ancora oggi troppo spesso vediamo accadere davanti ai nostri occhi. Un dramma, quello dei profughi dalmati e istriani, sepolto per decenni e solo da poco emerso dal buco nero dell’indifferenza generale della politica e della cultura nostrane.
Il pescatore non è un saggio storico e non è un romanzo: è la testimonianza vera di una vita straordinaria, quella di una donna obbligata a lottare con tutte le sue forze per poter conquistare la propria libertà e legittimare giorno dopo giorno il suo cammino di conquista della felicità.
Fa da corredo al testo un’appendice in cui l’autore illustra schematicamente i più importanti (e terrificanti) genocidi della storia dell’umanità perpetrati negli ultimi cinque secoli, un lavoro di ricerca documentaria da cui partire per riflettere su cosa siamo stati capaci di fare e allo stesso tempo impegnarci a evitare di ripetere sempre, alla stregua di novelli Sisifo, gli stessi errori.

Mala carusanza di Maria Scarlata

Scarlata_carusanzaL’adolescenza di Tina, una povera ma spensierata ragazza siciliana, diventa bruscamente una mala carusanza a quattordici anni, quando viene rapita e violentata da Salvatore, e successivamente costretta a un matrimonio riparatore. Siamo nella Sicilia degli inizi del Novecento, e non c’è altra scelta, per una ragazza che “ha perduto l’onore”. Educata alla sottomissione all’uomo, ma dotata di un carattere forte, è in realtà lei ad avere le redini della famiglia e a lavorare duramente per sostentare i suoi figli. Dolorosamente colpita dalla morte per difterite di un figlio piccolo, la giovane veste il lutto, come impone la tradizione, per manifestare la sua sofferenza agli altri, ma soprattutto a se stessa, ed è incapace di cogliere il senso della rassegnazione. Attraverso la storia delle varie fasi della vita di Tina, Mala carusanza mette in scena ben cinque generazioni, offrendo un interessante spaccato della Sicilia rurale dal Ventennio fascista, al secondo dopoguerra, fino alle soglie del Duemila e dei profondi cambiamenti culturali che coinvolgono i nipoti di Tina che risiedono al Nord, i cambiamenti di mentalità e le difficoltà di comprensione tra persone di età diverse, ma anche il perdurare di valori e di tradizioni della terra d’origine.