Gioie e dolori dell’Ufficio Stampa

“Salve, buongiorno, sono il responsabile dell’Ufficio stampa di… “

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Da questa frase, spesso, nascono i dolori. L’essere la persona responsabile dello strumento che mette in comunicazione un piccolo editore con chiunque (un ente, privato o pubblico che sia, un altro ufficio stampa, un giornale, etc etc.) non è sempre così gratificante come si possa pensare. Molte volte alla presentazione segue dall’altra parte un “Ah…” con un sottofondo d’ironia che sembra voler dire “E adesso, questa cosa vuole?” e quando cerchi di spiegare al tuo interlocutore che non stai tentando di vendergli una enciclopedia o una batteria di pentole, il tono passa dal sarcasmo al disinteresse e questo a prescindere da quanto in realtà avresti da dirgli o da chiedergli.

Tutto questo nel migliore dei casi, perché talvolta, più spesso del dovuto, non ti rispondono nemmeno, né per telefono né per email. Le linee funzionano ma dall’altra parte pare ci sia il Deserto dei Tartari, al punto che l’eco arriva fino in casa tua, insieme ai granelli di sabbia.

La parte più sconfortante accade quando a non rispondere sono le istituzioni, uffici pubblici che dovrebbero, e sottolineo dovrebbero, essere al servizio del cittadino. Ed io, in qualità di ufficio stampa, non sono forse pur sempre un “cittadino”?

In ogni caso, a meno che i telefoni non siano dotati di strani aggeggi in grado di individuare la natura del chiamante, la realtà è che cercare di mettersi in contatto con taluni enti diventa un’impresa degna di Mission Impossible, con tanto di colonna sonora in sottofondo.

Il caso più eclatante, però, lo si ottiene quando, volendo assistere a un evento, in cui è specificatamente richiesto di inviare la domanda di partecipazione, la risposta alla email, spedita una settimana prima, arriva il giorno in cui l’evento stesso ha luogo, ovviamente in un orario in cui non è più possibile andare, a meno di non avere un teletrasporto a disposizione.

I miei autori, durante il Salone di Torino, mi hanno regalato un’aureola, l’immagine l’avete vista passare sui social per quasi tutta la durata della manifestazione, un atto di simpatica goliardia che voleva sottolineare il fatto che mi stessi attrezzando per compiere i miracoli (e questi atti fanno parte della sezione “gioie”) e forse, talvolta, i miracoli li faccio davvero, non chiedetemi come perché non so nemmeno io come mi riescano.

Tuttavia, sono proprio i miei autori a darmi l’energia per continuare a tentare, il loro spirito e il loro entusiasmo. Ed è la mia editora che riesce sempre a spronarmi per farmi cercare nuove strade e nuovi mezzi per dare maggiore risalto al nostro catalogo e ai nomi che lo compongono. Se non ci fossero i “miei” autori e la “mia” editora, forse non continuerei, caparbiamente, a telefonare nel Deserto e a sentire la musichetta di Mission Impossible.