Storia della pasta italiana

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla pasta italiana

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Nunzio Russo ha scritto due libri di indubbio valore, alla base dei quali esiste l’amore per la propria terra, la Sicilia, e la passione per quanto questa è stata in grado di offrire alla tradizione italiana e al mondo: la pasta italiana. Figlio di due importanti famiglie di pastai, Russo è ancora oggi uno dei maggiori rappresentanti della storia di uno degli alimenti più popolari dell’arte culinaria. Una storia che si snoda attraverso vicissitudine che in parte hanno coinvolto tutta la Penisola e in parte hanno solo sfiorato la coscienza collettiva, rendendo i romanzi dell’autore vive testimonianze di quanto accaduto.

Nunzio Russo ha pubblicato con EEELa voce del maestrale e Il Romanzo della Pasta Italiana

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di Nunzio Russo

Regno di Sicilia, 1140 d.C.

A Palermo, il re normanno Ruggero II era considerato il monarca più ricco e più potente del tempo. I confini del suo regno si estendevano da Napoli all’Africa settentrionale. Ruggero garantì la più ampia libertà a tutte le fedi, lingue e razze. Accolse nel palazzo reale le migliori intelligenze di ogni nazionalità, dall’inglese Thomas Burn al bizantino Giorgio di Antiochia, dallo storico Nilus Doxopatrius al geografo arabo Al-Idrisi. La città siciliana divenne la capitale del mondo conosciuto, dove la vita era davvero magnifica da spendere.
image017Al-Idrisi, in particolare, doveva la sua fama ai viaggi che lo avevano portato in tutta Europa e a scrivere dell’oceano atlantico. Ruggero II gli suggerì di realizzare una mappa del mondo noto, da accompagnare a un testo che ne descrivesse i dettagli e, in particolare, esaltasse la bellezza di una Sicilia conosciuta come la terra del sole. Così videro luce il planisfero inciso su una lastra d’argento detto “Tabula Rogeriana” e un libro di geografia dal titolo arabo “Il sollazzo di chi si diletta a girare il mondo”, poi chiamato “Il libro di Ruggero”. L’opera fu terminata intorno al 1154 e poi pubblicata fino ad oggi. Sono ben nove i tomi editi dall’Istituto Universitario Orientale di Napoli e dall’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma, tra il 1970 e il 1984. Una versione sintetica è stata stampata dall’editore siciliano Flaccovio nel 2008.
Il Libro di Ruggero è testimone della cultura e della scoperta della pasta: secondo l’autore dell’opera, la pasta è nata in Sicilia e il suo luogo d’origine è una zona compresa tra Termini Imerese e Trabia. I ricercatori ci comunicano notizie di questo prodotto unico fin dal 1154. Ciò avvenne cento anni prima della nascita di Marco Polo, considerato l’esploratore che – scoperta la prelibatezza in Cina – la fece poi conoscere in Occidente.

Ecco i primi spaghetti

Nella sua ricerca Idrisi scrive di Trabia, un casale arabo nel territorio di Termini Imerese e a circa 30 km da Palermo, affermando: «La Trabia ha una pianura e dei vasti poderi nei quali si fabbrica molta quantità di paste (Yttriyya) da esportarne in tutte le parti, specialmente nella Calabria e in altri paesi di musulmani e di cristiani». Quindi, l’autore continua: «A Trabia scorre il fiume di Termini, largo e copioso di acque (…) La Yttriyya (arabo), che poi i latini chiamarono Itria, di cui ci giungono notizie, era una merce rustica e nutriente. Questa era prodotta in quantità limitate dalle famiglie che poi ne facevano commercio. Era fatta a mano e poi, d’estate, lasciata asciugare al sole. image048Nei mesi invernali, invece, l’essiccazione avveniva accostando il prodotto ai bracieri usati per riscaldare la casa. La materia prima era ottenuta dalla macinazione di grano duro, cui era aggiunta acqua. Il resoconto di Idrisi narra di una pasta tirata a fili sottili: i primi spaghetti. I floridi commerci e, soprattutto, l’abbondante acqua sorgiva e fluviale del territorio ne svilupparono la produzione. I piani caricatori nati vicino ai principali porti commerciali siciliani di Termini Imerese e Catania ammassavano le granaglie provenienti dall’entroterra, garantendo la disponibilità di una materia prima autoctona e pregiata. Già nel 1182 si hanno documenti sull’attività di molini ad acqua per la macinazione del grano. Questi impianti ebbero fortuna fino al XVII e XVIII secolo. Nello stesso periodo, anche i pastai andarono a utilizzare l’energia idraulica. Spesso gli stessi mugnai abbinavano al molino il pastificio di proprietà. Aumentarono anche le produzioni di mangimi e prodotti da forno. Nacque un fiorente artigianato che traeva forza dal ciclo produttivo chiuso. Un esempio seguito nei secoli dai maggiori fabbricanti del continente. La pietra miliare della moderna agroindustria.
Di questo mito secolare oggi è rimasto poco nel posto d’origine. Agli inizi del Novecento a Termini Imerese c’erano ancora quarantacinque impianti che producevano pasta o macinavano grano. Uno di questi era nella vicina Trabia. Così scrivevano gli autori Bontempelli e Trevisani nel libro “La Sicilia Industriale Commerciale e Agricola”, edito dalla Società Tipografica Editrice Popolare e pubblicato a Milano nel 1903: «Non v’è chi non dica che le paste alimentari di Torre Annunziata e di Gragnano siano tra quelle di produzione italiana le super eccellenti; ed infatti non si può dire che tali prodotti siano da disprezzare; ma in omaggio alla giustizia ed alla verità, è doveroso riconoscere che il luogo di origine di questa industria è la Sicilia e specialmente Termini Imerese, ove si fabbrica la pasta di pura semola senza ricorrere alle materie eterogenee di cui non tutte le Case produttrici di altri siti sono aliene dal miscelare le semole per la pasta medesima».

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L’industria della pasta nasce nel Sud

E’ giusto ricordare che la pasta iniziò a essere prodotta industrialmente dal 1800, quando nella zona di Napoli furono montati i primi impianti atti allo scopo. Nei decenni a seguire questi furono perfezionati, soprattutto riguardo ai sistemi d’essiccazione che, all’origine, avveniva all’aperto, davanti allo stabilimento, stendendo il prodotto su canne ad asciugare. Nel 1870 comparvero i torchi idraulici e le impastatrici meccaniche, seguite nel 1875 dai primi essiccatoti statici. Già nel 1856, il “Sicilia”, prima nave in ferro e vapore del Regno delle Due Sicilie, inaugurava una tratta oceanica verso New York dedicata al trasporto passeggeri e delle più pregiate merci nazionali e, in particolare, dei maccheroni.
La scienza tecnologica, intanto, continua a progredire con il trascorrere del tempo. E sempre in Sicilia vengono realizzati impianti all’avanguardia. Pastifici che esportano i loro prodotti negli Stati Uniti, confezionati in pacchi di carta da 1 libbra inglese, pari a circa 453 grammi.

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La pasta di Termini Imerese

Il Pastificio Russo di Termini Imerese (produttori dal 1875), per citare un esempio riportato sui testi, è ultimato nel Dopoguerra, utilizzando le più moderne tecnologie dell’epoca – come annota il professor Renato Rovetta nel suo libro “Industria del pastificio o dei maccheroni” (ed.Hoelpi, 1951). Il Pastificio Russo è una costruzione di sette piani, di cui sei fuori terra. Sottoterra avviene il rinvenimento della pasta. Al piano terra, alto 8 metri, sono montate impastatrici, gramolatici e presse. Lì troviamo pure i motori, il reparto imballaggio e il magazzino. Al piano primo, secondo, terzo e quarto avvengono l’incartamento ed essiccazione definitiva della pasta lunga. Il quinto è dedicato all’asciugatura della pasta tagliata corta. Il sottotetto è una camera d’aria di compensazione, per le varie situazioni atmosferiche. I macchinari sono Bühler. Lo stabilimento, come in tutte le regioni dell’Italia meridionale, aveva il lato lungo a Settentrione e il corto a Mezzogiorno. L’essiccazione era a Nord, mentre la produzione guardava sempre a Mezzogiorno.

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L’incolpevole declino

Alla fine degli anni Cinquanta la situazione economica muta il destino dei pastifici siciliani. I nostri emigrati all’estero costruiscono i primi impianti nelle Americhe come in Oceania e così diminuiscono drasticamente le esportazioni. I costi di trasporto e l’assenza di una rete autostradale innalzano a dismisura i costi delle spedizioni verso l’Italia settentrionale e l’Europa. Di contro, i produttori italiani del Nord sono in pochi e più vicini ai mercati. Aziende come Barilla e Buitoni crescono, insieme con altri marchi. La produzione in Sicilia appare frazionata. Sono molti i pastifici, alcuni di questi sono celebri, ma hanno difficoltà a sviluppare le dimensioni in un mercato ristretto e senza infrastrutture. Ancora in quel periodo, però, la produzione di pasta siciliana si evince superiore rispetto a quella di ciascuna regione italiana. (vedi Giuseppe Portesi -“L’Industria della pasta alimentare” – ed. Molini d’Italia, 1957).

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Il grande sogno siciliano

Gli ultimi industriali della pasta di Termini Imerese si riuniscono nel 1960. Studia il progetto il giovanissimo avv. Lorenzo Pusateri, erede di una dinastia di produttori imeresi. Insieme con loro c’è l’unico pastaio della vicina Trabia, l’onorevole Salvatore Messineo. Il progetto è ambizioso. Bisogna realizzare un grande pastificio, e giusto dove la pasta è nata. E’ individuato il terreno presso la nascente zona industriale di Termini Imerese.
Si pensa anche di ripristinare il vecchio tracciato dell’adiacente aeroporto, costruito dagli Alleati durante l’occupazione dell’Isola nel 1943 per favorire i trasporti. Sono commissionati progetti a Braibanti di Milano, Bühler di Uzwil (Svizzera) e Pavan di Galliera Veneta (Pd) ancora oggi custoditi e disponibili. Tutto sembra pronto per cambiare il futuro dell’industria alimentare italiana. Sarà costituita una società per azioni, dove tutti acquisiranno titoli in rapporto al capitale versato. La pasta sarà prodotta utilizzando i rispettivi brand. Alla fine, però, l’accordo non è sottoscritto. Dopo anni d’oblio si sono raccolte le testimonianze dirette di chi ha promosso l’iniziativa; chi è stato favorevole; chi ha voluto il fallimento della stessa.
Il pastificio più grande del mondo doveva nascere a Termini Imerese. Così, purtroppo, non è stato. E quindi il sogno dei pastai di Sicilia, terra dove la pasta è nata, è stato portato via dall’inesorabile scorrere del tempo. In ogni caso, oggi ne è salva la memoria.
Il resto è storia dei nostri giorni. I grandi pastifici italiani portano all’estero buona merce, confezionano enormi quantità, utilizzando linee totalmente automatiche per produzioni continue di ventiquattro ore al giorno a costi contenuti. I migliori produttori artigianali, però, continuano ad avere un ruolo primario. Sono gli eredi eccellenti di questa tradizione italiana. Producono piccole partite, puntando sulla qualità fin dalla materia prima. La fase dell’impasto e del dosaggio dell’acqua è spesso fatta a mano, mentre l’essiccazione avviene in piccole celle a basse temperature, inferiori ai 40 °C. Questo garantisce paste alimentari dalle caratteristiche nutrizionali e di gusto pari a quelle delle origini.

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(Tutte le immagini sono tratte dal libro Il Romanzo della Pasta Italiana)

Bibliografia:

– Al-Idrisi, Il Libro di Ruggero, Flaccovio Editore, 2008.
– Bontempelli e Trevisani, La Sicilia Industriale Commerciale e Agricola, Soc. Tipografica Editrice Milanese, 1903.
– Renato Rovetta, L’Industria del Pastificio o dei Maccheroni, Hoelpi 1951.
– Giuseppe Portesi, L’Industria della pasta alimentare, Mulini d’Italia, 1957.
– Nunzio Russo, La Voce del Maestrale, romanzo, I ed. Robin Edizioni 2005, II e III ed. Edizioni Esordienti Ebook 2012, IV ed. Edizioni Esordienti Ebook 2014.

Il Romanzo Storico: siete pronti per diventare eroi?

Un romanzo storico non è un resoconto.

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di Nunzio Russo

Come i sinuosi meandri di un lungo fiume attraverso terre deserte, cui offre sostegno e prosperità, così appare agli occhi dello scrittore il romanzo storico. E’ questa, in genere, l’opera della vita per tanti autori. Almeno, quella che lascia nell’anima indelebili tracce.
Descrivere l’esperienza e il vissuto d’affrontare questo genere è difficile come portare a termine, vittoriosi, una battaglia in partenza perduta. Questo avviene per la nobiltà dell’intento nello scrivere. Un romanzo storico non è un resoconto o uno studio del passato fine a se stesso, ma un’analisi del presente e del possibile futuro, basato su retrospezione e manifestazione del pensiero popolare. Ma ancora è poca roba.
Bisogna partire da un’idea e quindi costruire come un bravo ingegnere. Pochi autori sono disponibili ad accettare questa verità. In tal caso, questo genere non è adatto alle caratteristiche intrinseche del soggetto. E quel modello, poi, si deve possedere come proprio. È parte dell’intimo di chi scrive. In sostanza, si deve amare quell’epoca ed essere pronti a viverla aldilà del bene o del male proposti. Così come per i personaggi, nella cui testa è obbligo entrare, imparando a osservare il mondo con quegli occhi e, finanche, ragionando con quelle intelligenze. Il fine ultimo è quello di sempre: mostrare la vita umana. Guai a decidere di narrare, sempre e a qualunque costo mostrare. E’ tutta compresa in questo ripetuto verbo, la bellezza come la grandezza di un’opera che resta come testimonianza e proposta per l’avvenire. Il risultato è l’immortalità dello scritto in tali felici circostanze.
Altro serve ed è bene chiarirlo fino in fondo. Bisogna alzare il sedere dalla scrivania e andare per strada. Diversamente dalle altre espressioni della letteratura, è obbligo non soffermarsi all’apparenza del presente. Quello è soltanto il traguardo. E’ necessario andare indietro con criterio. Se ascoltiamo un dialogo tra genitori in attesa dei figli davanti scuola, non possiamo acquisire quei dialoghi e poi elaborare. Troppo semplice, da romanzo rosa buono per una stagione. Nello sforzo di guardare con gli occhi di un’epoca della storia, si scopre subito che i genitori non si precipitavano a prendere la prole, forse perché, questa, è oggi ormai viziata dal benessere e pertanto rifiuta il bus per tornare a casa.
Altro argomento è la ricerca canonica delle fonti scritte. Queste sono importanti certo, ma non quanto la raccolta del verbo orale tramandato dalle generazioni. Nel caso del sottoscritto, mai avrei potuto fare vedere il parto di una donna appartenente alla nuova borghesia del primo novecento, senza la consulenza diretta di un’ostetrica novantenne, sopravvissuta per il mio romanzo. E’ vero, si potrebbe approfondire l’argomento. Questa, però, è soltanto una traccia.
Caratterizzazione dei personaggi, ambientazione, cronologia e coesione definiscono il progetto di questo stupendo edificio, così bello e completo da raggiungere il punto estremo e più alto come la sommità della Tour Eiffel. A questo punto si è pronti. Per che cosa? È semplice. Si è pronti per diventare eroi.

Nunzio Russo ha scritto, per la collana Romanzo StoricoLa voce del maestrale

Una storia di “pasta, amore e fantasia”

La voce del maestrale: una storia di “pasta, amore e fantasia”

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In occasione della mostra «Il Romanzo della Pasta Italiana», che verrà inaugurata venerdì 28 novembre alle ore 18.00, nei locali dell’Associazione Dictinne Bobok di Palermo, il libro dell’autore Nunzio Russo, La voce del maestrale, verrà presentato come filo conduttore di una grande tradizione italiana. Un romanzo, quindi, che si offre come testimone di una cultura che ha conquistato il mondo, non solo da un punto di vista letterario, ma anche culinario, fondendo in sé ciò che di meglio una Terra come la Sicilia è in grado di donare.

Di seguito vi proponiamo il comunicato stampa creato appositamente da Maria Grazia D’Agostino per presentare l’evento.

«Il Romanzo della Pasta Italiana», excursus storico e romantico su un prodotto tipicamente italiano nato in una Sicilia di altri tempi.

Inaugurazione il 28 Novembre 2014 – Associazione Dictinne Bobok – via E. Albanese n. 7 – Palermo

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 La pasta è nata in Sicilia. Un’affermazione che scaturisce dallo studio di antichi documenti, alcuni dei quali testimoniano la presenza del primo rudimentale pastificio in una zona compresa tra Termini Imerese e Trabia. Questa documentazione sarà oggetto della mostra «Il Romanzo della Pasta Italiana» che verrà inaugurata venerdì 28 novembre alle ore 18.00, nei locali dell’Associazione Dictinne Bobok di Palermo, in via Enrico Albanese n. 7. In esposizione ci saranno anche immagini, disegni, lettere e alcune tavole di vari progetti in originale. Tra questi, anche il progetto delle Officine Meccaniche Italiane-Reggiane relativo alla costruzione del molino Russo di Termini Imerese, datato 1940, la cui storia è molto particolare. Documenti contabili in originale, che attestano pagamenti dell’epoca, ma anche le prime scatole di cartone del peso di una libbra (453,6 grammi), con cui veniva confezionata la pasta in attesa di essere spedita oltreoceano, ed i sacchetti di cotone per il confezionamento delle pastine. La mostra è stata realizzata in collaborazione con Aliveris (società che detiene il brevetto di questa pasta il cui unico produttore al mondo è il Pastificio Filiberto Bianconi) e con l’Archivio Digitale Reggiane presso l’Unimore. Il brevetto internazionale è stato ottenuto grazie ai ricercatori Carlo Clerici e Kenneth DR Setchell. La mostra resterà aperta anche sabato 29 (dalle 10 alle 12 e dalle 17.30 alle 19.30) e a domenica 30 novembre (dalle 10 alle 13), con ingresso gratuito.

Venerdì 28 novembre, la cerimonia di apertura vedrà gli interventi di Marisa Russo, presidente dell’Associazione Dictinne Bobok, e della professoressa Maria Antonietta Spadaro, noto architetto e storico dell’Arte. A ripercorrere le origini della pasta italiana sarà Nunzio Russo attraverso la presentazione di un power point, prima del quale la professoressa Francesca Caronna parlerà del romanzo La Voce del maestrale dello stesso Russo. Si tratta della prima opera letteraria dello scrittore e imprenditore nato a Termini Imerese nel 1960 e discendente da una famiglia di produttori industriali di pasta siciliana. Nel suo romanzo, che lo scorso settembre ha vinto il Premio Elmo 2014 – Sezione Scrittori (Rizziconi RC), l’autore pluripremiato traccia un affascinante percorso storico della pasta alimentare che si srotola attraverso le vite dei personaggi. Una storia di “pasta, amore e fantasia” in una Sicilia immutabile e fuori dal tempo, dove il lavoro, la fatica e le tradizioni sono l’alimento fondamentale di una famiglia di pastai e di un territorio che ha assistito all’ascesa e anche al declino.

I ricercatori danno notizie di questo prodotto unico nella storia della scienza alimentare fin dal 1154 con gli scritti del geografo arabo Al Idrisi, ovvero cento anni prima della nascita di Marco Polo, da sempre considerato colui che ha scoperto questo alimento in Cina e l’ha poi diffuso in Occidente. Al Idrisi, scrivendo Il Libro di Ruggero, parla di una località in cui si fabbricava una grande quantità di paste (Yttriyya) da esportare persino in paesi musulmani e cristiani. La pasta di Termini Imerese non conobbe sosta, arrivò in America a metà dell’800 quando nella cittadina siciliana erano tanti i pastai e i mugnai. Uno spaccato di vita ben raccontato ne La Voce del Maestrale, che cerca di risolvere la storica disputa tra Trabia e Termini Imerese per la primogenitura dello spaghetto.

Maria Grazia D’Agostino

La potenza della voce del Maestrale

La voce del Maestrale si aggiudica il Premio Elmo.

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Spirando da nord ovest, il Maestrale è un vento foriero di quel cambiamento climatico che annuncia il freddo e la stagione invernale. Impetuosamente si abbatte sulle coste sarde e sicule, portando un mare in tempesta e violente mareggiate. Ed è attraverso questa descrizione che possiamo riassumere il libro di Nunzio Russo, La voce del Maestrale, con il quale ci riporta in terra di Sicilia e nelle atmosfere contrastanti che la caratterizzano. Terra di orgoglio mai sopito e di quella durezza, tipica di chi affronta un vento freddo e il mare in tempesta, che sfocia nella violenza e nei drammi che tutti noi conosciamo, anche solo marginalmente. Una trama che si dipana attraverso la storia, presentando una saga familiare dal tipico sapore nostrano. Imprenditori di lunga tradizione, i protagonisti vivono la realtà con dignità e tenacia, affrontando le avversità a testa alta e senza mai cedere agli elementi, ma solo alla voce del proprio cuore. Tuttavia, per poter comprendere a fondo le contraddizioni di questa magnifica Terra, è necessario viverla, immergersi nella cultura e nel quotidiano, nei colori e nello spirito che solo la Sicilia è in grado di offrire.

Domenica 7 settembre, Nunzio Russo ha ritirato il Premio Elmo (un ampio articolo è stato inserito QUI), conferitogli per il successo ottenuto con il suo libro. Un trionfo più che meritato, che premia la cultura italiana in ogni sua forma, garantendo quel passaggio ai posteri che tanto auspichiamo. Proprio per favorire la divulgazione degli aspetti culturali più tipici, presenti nella letteratura italiana, La voce del Maestrale è ora proposto in offerta su Amazon.

Nunzio Russo al Premio Elmo 2014

Nunzio Russo vince il Concorso Premio Elmo 2014 nella sezione Scrittori.

Piazza Municipio

Nella splendida cornice di Rizziconi (Rc), sabato 6 e domenica 7 settembre si terrà la premiazione dei vincitori del “Premio Elmo 2014”.

Giunto alla terza edizione, il prestigioso riconoscimento istituito ed organizzato dall’associazione “Piazza Dalì”, presieduta da Gianmarco Pulimeni, che vede il patrocinio della Regione Calabria, del Comune di Rizziconi e la collaborazione dell’associazione “Arte&Cultura a Taormina”, oltre che di “Auser”, “@thena” ed “Etnicamente”, non solo raddoppia le sue giornate e consolida, con ospiti e premiati, il “ponte” culturale costruito idealmente negli anni scorsi tra la Sicilia e la Calabria ma, allargando sempre più obiettivi e confini, da un lato risale lo Stivale coinvolgendo anche la Basilicata mentre dall’altro, con l’istituzione del “Premio Speciale Mediterraneo”, si spinge sino a lambire le coste del Nord-Africa. Nel nome di una mediterraneità comune, prolifica culla di ingegni e talenti, e di quel humus culturale condiviso dalle regioni del Sud Italia – figlie di una storia millenaria che ieri rifulgeva della luce della Magna Grecia ed oggi subisce il crepuscolo di mortificanti gap strutturali socio-economici – il “Premio Elmo” rivendica così la sua attenzione ad un territorio dove “fare cultura” costituisce già di per sé un atto ostentatamente “straordinario”.

locandina CON SPONSOR 2-page-001È un palmarés di spicco quello proposto, che vede fra i vincitori nella sezione “Artisti” due pittori entrambi calabresi. Francesco Bulzis e Tina Sgrò, definita dal critico e storico Rolando Bellini “espressione di punta, di primissima linea sulla scena artistica contemporanea”. Nella sezione “Associazioni e Fondazioni” vede vincitori del “Premio Elmo 2014” ben due realtà: una fondata da Rino Cardone, giornalista caposervizio TGR Rai, saggista, poeta, nonché appassionato critico d’arte; l’altra, la Scuola del Graffito Polistrato di Montemurro (PZ), iniziativa artistica unica e particolare fondata nel 2003 da Giuseppe Antonello Leone.  Per la sezione “Giornalisti” il “Premio Elmo 2014” rende onore a Manuela Iatì, giovane giornalista di Reggio Calabria fortemente impegnata nel sociale e nei problemi ambientali. Mentre il vincitore del “Premio Elmo 2014 Speciale Mediterraneo” è lo stilista marocchino trentenneHicham Ben’ Mbareck.

La sezione “Scrittori” omaggia il successo – un vero exploit – di un autore al suo esordio letterario: Nunzio Russo, scrittore palermitano, discendente da una antica famiglia di imprenditori che, coniugando l’amore per la sua terra ad una prosa elegante e raffinata, ha dato vita con “La Voce del Maestrale” ad un grande romanzo storico, una saga familiare che, dipanata tra lo splendore della campagna siciliana e le terre bruciate dal caldo sole africano, attraversa generazioni di produttori pastai legati dall’onore e dal rispetto di valori imprescindibili, di cui la violenza del potere mafioso non potrà, comunque, avere ragione.

E proprio la “La voce del Maestrale” sarà presentato al pubblico calabrese sabato 6 settembre, alle ore 21, nella piazza Vittorio Emanuele II, nel corso della serata “Chiacchierando di ordinaria cultura” condotta dalla giornalista MariaTeresa Papale, presidente dell’associazione “Arte & Cultura a Taormina”, cui parteciperanno oltre ai premiati, numerosi esponenti del mondo artistico, culturale e politico della regione, mentre la cerimonia ufficiale della consegna dei premi avverrà domenica 7 settembre, sempre alle ore 21, nella Sala Consiliare di palazzo San Teodoro, sede del Municipio di Rizziconi. Cittadina che, proprio grazie al prestigioso premio, sta divenendo sempre più un crocevia di scambi e incontri per dispiegare l’arte di fare cultura nella culla della Magna Grecia.

Ed è proprio con le parole di Nunzio Russo che chiudiamo questo articolo, facendo all’autore i nostri complimenti.


“Nell’andare alterno dell’esistenza, alle volte si presentano unici eventi. Il riconoscimento del Premio Elmo 2014 a La Voce del Maestrale e al sottoscritto ne è una delle testimonianze, perché giunge a nove anni dalla prima uscita del romanzo, oggi pubblicato da Edizioni Esordienti Ebook (II e III ed.). Bisogna sempre credere nel valore dell’onesto lavoro, in tutti i campi delle attività umane, come un tempo non lontano è stato patrimonio dei nostri nonni e dei nostri genitori. Un invito alla riscoperta dei valori. E’ questa la magia del Maestrale“.