Alessandro Cirillo: non solo uno scrittore, ma anche un Capotreno.
In questo spazio, tutto dedicato agli autori, vogliamo farvi conoscere alcuni degli scrittori che hanno pubblicato con EEE. Le loro principali attività influiscono sugli scritti, creando quell’impronta che diventa caratterizzante per ognuno di loro. Alessandro Cirillo non è solo uno scrittore di talento, ma è anche un Capotreno che viaggia attraverso la Penisola, trovando il tempo per costruire le sue trame e per trarre dalla realtà degli spunti decisamente interessanti.
Alessandro Cirillo ha pubblicato con EEE Attacco allo Stivale, Nessuna scelta e Trame oscure.
Per lavorare a contatto con le persone bisogna essere dotati di una grande pazienza. Non fa eccezione l’attività che svolgo per guadagnarmi da vivere, ovvero il capotreno. Fino a una ventina di anni fa era una figura rispettata più o meno da tutti, ma con il passare del tempo ha assunto sempre di più il ruolo di bersaglio con cui prendersela in caso di disservizi. Questo è uno dei segni di una società che cambia, purtroppo spesso in peggio. Come ricorda un annuncio diffuso sui treni regionali, il capotreno è un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Come gli altri miei colleghi, ho fatto un giuramento davanti a un altro pubblico ufficiale posando una mano sulla Costituzione.
Di cosa si occupa un capotreno?
L’attività che viene percepita dai viaggiatori è quella del controllo dei titoli di viaggio. Infatti, la maggior parte delle persone si riferisce a noi con l’appellativo di controllore o, peggio ancora, bigliettai. In un’occasione, un giapponese chiese a un mio collega “tu billietti plego?” A chi può interessare, io e molti altri capitreno (questo è il plurale corretto) non amiamo questi titoli, anche se ormai sono radicati nel linguaggio comune. Chiamateci con il nome giusto e ne saremo ben felici.
Biglietti a parte, possiamo dire che il capotreno è l’autorità massima a bordo di un treno, come del resto suggerisce il nome. È il punto di riferimento per tutto quello che succede a bordo, anche quando si presentano dei disservizi o situazioni d’emergenza, come ad esempio il malore di un viaggiatore. In caso di malfunzionamenti degli impianti, come ad esempio la climatizzazione o le porte di salita, è in grado di operare piccoli interventi di manutenzione. Mi immagino già la faccia diffidente di qualcuno che ha viaggiato su una carrozza con la temperatura a quaranta gradi in estate. Per piccoli interventi intendevo operazioni che, in base alla gravità del guasto, a volte possono funzionare mentre altre no.
Oltre a queste attività, il capotreno deve conoscere alla perfezione una serie molto corposa di regolamenti per la circolazione ferroviaria, da mettere in atto in caso di degrado. Il corso per ottenere la qualifica dura circa tre mesi e ogni anno ci sono almeno cinque giornate dedicate all’aggiornamento professionale. I regolamenti sono sempre in continua evoluzione.
Negli ultimi anni si è purtroppo registrato un incremento delle aggressioni a danno del personale di accompagnamento ai treni. Questo è dovuto in buona parte al fatto che gli autori di questi atti non sempre ricevono punizioni adeguate. In alcune regioni, come Toscana e Piemonte, siamo arrivati alla media di quasi un ferroviere aggredito ogni settimana. La scintilla nasce spesso dopo la richiesta di esibire il biglietto ma, a volte, basta anche solo chiedere di togliere i piedi dal sedile o di spegnere una sigaretta. Il fenomeno può interessare un singolo individuo o addirittura gruppi, addirittura di ragazzini minorenni. Le cosiddette baby gang stanno prendendo piede da anni anche in Italia.
Lo stress interessa più o meno tutti i lavori, alcuni più degli altri. Per il mestiere del capotreno è una problematica da non sottovalutare. Già il continuo contatto con le persone alimenta una buona dose di stress. A questo si aggiungono il gestire situazioni di anormalità, come ritardi o malfunzionamenti alle vetture. Chi viaggia spesso in treno sa che il servizio non è sempre impeccabile. Oltre a tutto questo, ci sono orari di lavoro che possono arrivare alle dieci ore giornaliere, impegni anche durante domeniche e festività (i treni non riposano mai), pasti consumati alla svelta in orari irregolari, riposi fuori residenza (chiamati in gergo dormite fuori casa) che allontanano dalla famiglia anche per più di 24 ore. C’è chi ritiene il lavoro del capotreno una passeggiata, ma io sfido chiunque a provarlo anche solo per un mese.
Lavorare a contatto con le persone non è solo fonte di stress ma anche un’occasione per vivere una moltitudine di esperienze, a volte, anche divertenti. Ogni capotreno potrebbe scrivere un libro raccontando tutte le situazioni che ha vissuto.
Un aneddoto, che racconto spesso, è successo alcuni anni fa con una ragazza, credo appena ventenne. Durante una fermata, questa ragazza si avvicina a una porta chiusa per salire. Ci sono due pulsanti: uno rosso e uno verde. Accanto ai pulsanti c’è un adesivo con il disegno di un dito su un disco verde. La scritta sull’adesivo è inequivocabile: “per aprire premere il pulsante.” Io mi trovo proprio dietro la ragazza. La vedo esitare per un istante, forse per leggere la scritta. Dopo un’attenta riflessione preme il disco verde disegnato sull’adesivo. Ovviamente non succede nulla. Riprova ancora una volta a schiacciare l’adesivo ma la porta non si apre. Una risatina mi compare sotto i baffi ma non intervengo, sono troppo curioso di vedere come va a finire. Cercando di seguire una logica, hai premuto due volte un adesivo senza successo e ci sono due pulsanti sotto il tuo naso. Vorrai provare uno dei due, anche quello rosso se vuoi? Niente da fare. Con caparbietà schiaccia ancora una volta l’adesivo. E no, adesso è troppo! Cercando di non scoppiare a ridere mi avvicino a lei e premo il pulsante corretto. La porta si apre come per magia. La ragazza mi guarda come se fossi appena sbarcato da Marte e mi ringrazia.
Un’altra storia da raccontare è invece un po’ più piccante ma è successa almeno una volta alla maggior parte dei miei colleghi. Una bella ragazza sudamericana vestita con una minigonna e canottiera attillata è seduta in una zona della carrozza dove non si trova nessun altro. Le chiedo il biglietto ma, dopo aver tergiversato un po’ dicendo che l’ha perso, ammette di non averlo. Di soldi non ne ha quindi le chiedo un documento per procedere con un verbale. Lei me lo consegna senza fare storie e io inizio a compilare. Non mi accorgo subito che la minigonna è iniziata ad alzarsi sempre di più fino a rivelare che la ragazza ha troppo caldo per indossare le mutandine. Anche se ho capito l’antifona le faccio notare la cosa. Lei risponde che va bene così. Ha iniziato un abbordaggio spudorato ma il verbale l’ho fatto lo stesso. Sono un professionista, oltre che sposato (tra l’altro mia moglie non ha apprezzato molto la storia). Quando ho consegnato il verbale da firmare alla ragazza, ha rinfoderato l’artiglieria pesante con una punta di delusione.
Potrei raccontarne molti altri di aneddoti ma poi dovrei scrivere davvero un libro. A proposito di scrittura, il mio lavoro spesso è fonte di ispirazione. Nel primo libro, Attacco allo Stivale, molti dei luoghi in cui si svolgono le vicende li ho visitati per servizio. Uno degli attentati descritti avviene proprio alla stazione di Milano Centrale. Nel mio prossimo libro Trame oscure, uno dei protagonisti è un capotreno (tra l’altro ispirato a un collega in carne ed ossa).
Concludo augurandomi di essere riuscito a darvi una panoramica sul mio lavoro utilizzando questo breve spazio. Se doveste trovarvi in una situazione di disagio, come un forte ritardo, mi raccomando di non prendervela con il capotreno. Capisco che quando uno è nervoso si deve sfogare, ma ricordate che lui o lei non ne può nulla. È una persona proprio come voi che, se presa con educazione, cercherà di aiutarvi come meglio potrà.
Alessandro Cirillo
accidenti, ho finito di leggere tutti i tre libri … e ora cosa leggo?
Angelus di sangue 🙂 http://www.edizioniesordienti.com/gialli-thriller-e-noir/313-angelus-di-sangue.html
E poi c’è anche Schiavi della vendetta.
Ciao Alessandro,
ho appena terminato di leggere “attacco allo stivale” e devo complimentarmi con te perchè l’ho letteralmente divorato !! Anche io appassionato “del maestro” Tom Clancy ho apprezzato un libro non solo per la gran parte ambientato in Italia, ma con personaggi italiani delle ns FF.OO.
Questa sera inizierò “Nessuna scelta” e sono sicuro mi appassionerà come il precedente.
Spero la passione della scrittura non ti abbandoni e ti auguro il successo che meriti !
Cordiali saluti
Massimo
La passione per la scrittura continuerà sicuramente ad accompagnarmi. Grazie per l’apprezzamento e scusa per il ritardo nella risposta. Continua a seguirmi.
ho letto attacco allo stivale in tre giorni, mi sono catapultata su amazzoni a cercare altri tuoi libri, sto leggendo il sequel di attacco allo stivale. Complimenti, sei bravissimo. Per quanto riguarda la tua professione, ho viaggiato spesso sui treni, a momenti ci nasco su un treno, per anni sono stata pendolare, per anni partivo da Milano diretta a Napoli per le vacanze, negli anni ottanta e novanta, gli aerei costavano, non che i treni fossero gratuiti, ma costavano la metá. Fai un lavoro complicato, di sicuro con milioni di storie da raccontare ma complicato. Grazie, continua però a scrivere, ti riesce davvero bene.
Grazie per l’apprezzamento e scusa se rispondo ora ma era diverso tempo che non controllavo questo articolo. Il lavoro che faccio è sicuramente complicato ma provo a farlo bene anche se è ogni giorno più difficile.Spero che continuerai a seguirmi.
Cara Marina, sono felice che tu abbia apprezzato l’articolo. Un pizzico di ironia è essenziale per fare il mio lavoro.
Gentile Piero, il mondo è piccolo, potrebbe anche capitare l’occasione per incontrarsi e scambiare qualche parola.
mi piace vedere questo aspetto umano degli scrittori. Il fatto che facciano un lavoro non proprio semplice, li rende ancora più umani. Spero di incontrarla su quale treno, Alessandro.
Ciao Alessandro, in parte ti comprendo. Non deve essere semplice lavorare sui treni, sempre in viaggio, sicuramente avrai la possibilità di vedere un sacco di gente strana! Mi è piaciuto molto il tuo articolo, aveva il sapore di una testimonianza vera e spontanea, molto carini anche gli aneddoti che hai raccontato, è stata una piacevole lettura. Buon proseguimento Alessandro e complimenti per l’ironia!
Non è cambiato molto da quando sei andato in pensione Mimmo. Almeno non in meglio. Dell’azienda non voglio parlare ma quello che succede sui treni si può leggere sui giornali.
Io sono solidale con te, Alessandro. Come potrei non esserlo? Mi tocca aggiungere però che io per aver fatto una difesa d’Ufficio dell'”Ufficio del capotreno”: il Compartimento a lui riservato, pubblicato su Specchio dei Tempi, sono stato richiamato dal responsabile delle Relazioni Esterne delle FS di allora. Per me un fatto scandaloso, soprattutto alla luce dei commenti positivi avuto sia dai pendolari, sia dai colleghi. Mi hanno detto che non competeva a me fare tale difesa, difesa che nessuno si azzardava a fare, e credo sia per questo che si è arrivati a questo punto di poco rispetto per la categoria. Però girava in questo modo e ho dovuto ingoiare. Oggi non saprei dire come gira, perché ne sono fuori (per una fortunata coincidenza l’ho fatto io il servizietto alla Fornero anziché aspettare che me lo facesse lei!), ma girando sui treni e osservando l’andazzo nel mondo ferroviario, non mi sembra sia cambiato granché, se non in peggio. In bocca al lupo per entrambi i ruoli: scrittore e ferroviere. Domenico Ippolito
Gentile collega, io sono arrivato quando il termine conduttore era stato già sostituito dall’acronimo cst. Molti colleghi non badano a come vengono chiamati. Altri gradiscono di più essere chiamati capotreno ma non per questo si offendono se qualcuno si rivolge a loro con il termine di controllore. In 36 anni ne avrai viste di tutti i colori, ne sono sicuro.
Cara Lia, usando l’appellativo “controllore” non hai sicuramente mai offeso nessuno. Una parte dei miei colleghi non ci fa nemmeno più caso. Il senso della mia affermazione è che molti di noi gradiscono essere chiamati con il termine giusto. Ciò non toglie che quando c’è rispetto va bene tutto o quasi. A volte gli anziani mi chiamano “giovanotto” ma se lo fanno con gentilezza non mi offendo di certo.
Cari Andrea e Nicole, il mio lavoro in certe occasioni diventa davvero antipatico. Per fortuna ci sono persone che riescono a capirlo. A volte in mezzo a tanti buzzurri (e ci metto in mezzo anche gli insospettabili colletti bianchi) bastano alcune parole gentili per tirare su il morale. Per quanto riguarda l’impunità di chi infrange le regole ormai ho perso le speranze. Se ne sentono troppe in giro.
devo proprio ringraziare i capitreno, fanno un lavoro antipatico e lo fanno con il sorriso.
Alessandro, immagino che il tuo lavoro sia un bel po’ stressante. Spero solo l’impunità di certi soggetti smetta di rimanere tale. In certi casi bisognerebbe che punizioni fossero esemplari ma soprattutto rese reali. Si devono perseguire i colpevoli di ogni vandalismo e non lasciarvi soli a sbrigarvela. Probabilmente se certi elementi si trovassero di fronte un muro di persone forse si ridurrebbero a più miti consigli. I vandalismi danneggiano chiunque debba usufruire di un servizio.
non voglio polemizzare, ma che differenza fa chiamarvi “controllore” o “capotreno”, se detto ugualmente con rispetto? Ci sono persone che chiamano altri “signore” usando un tono così irriverente da farlo sembrare un insulto. Poi ci mancherebbe, il ruolo ha una sua definizione ben precisa e va bene usarla, anzi, grazie per il chiarimento. Spero solo di non aver offeso nessuno nel corso dei miei spostamenti.
sono un collega un (bel) pò più anziano di Alessandro e di aneddoti ne avrei non per uno ma per molti libri (36 anni a contatto con la gente), nessuno di noi si è mai mostrato offeso a sentirsi chiamare bigliettaio ma vorrei precisare che la missione principale non è quella di andare a caccia di chi è senza biglietto ma garantire la sicurezza dei viaggiatori a prescindere , vorrei ricordare, anche ad Alessandro che è arrivato dopo , che la qualifica iniziale era “conduttore” termine che traeva in inganno parecchi, anche io quando feci il concorso ero convinto fosse per guidare i treni, ma aveva ben altro significato voleva dire “condurre” i viaggiatori in sicurezza alla loro meta ed era una figura molto rispettata proprio per la percezione dell’importanza del ruolo svolto
Caro Franco, che bello quando qualcuno spende delle belle parole per i capitreno. Indubbiamente con il lavoro che facciamo si sviluppano doti di pazienza che neanche si credeva di possedere. È vero anche che qualche mio collega non è portato per il tipo di lavoro ma in generale facciamo del nostro meglio per dare un buon servizio. Grazie.
Sarà che sono sempre stato fortunato (e forse perché ho sempre avuto il biglietto in tasca), ma non ho mai trovato un controllore scortese. Spesso ho invidiato la loro calma, in certe occasioni non so se sarei riuscito a non avere reazioni spropositate.