Due novità nel catalogo EEE

Novità nel catalogo EEE.

Due sono le novità presenti nel catalogo EEE e che sono poste all’attenzione dei lettori: Il sogno segreto di Zekharia BlumIl secondo eroe.

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Il sogno segreto di Zekharia Blum, di Claudio Oliva, è un libro per ragazzi che non vuole essere solo indirizzato a loro, ma trasmette un messaggio che ogni adulto dovrebbe poter cogliere.

cover_blumEEELa trama:

Zekharia Blum, nato nel 1930, di modestissime origini, riesce a costruire una discreta fortuna finanziaria, sempre operando con grande onestà e offrendo lavoro a persone bisognose. Intanto, si costruisce una famiglia e insegna ai suoi figli la serietà nel lavoro, l’altruismo e la generosità. Quando nasce il nipotino Mykhael, però, Zekharia muore d’infarto e il suo più grande desiderio, quello di trasmettere le sue conoscenze al nipotino, come suo nonno aveva fatto con lui, rimane inesaudito.
“Qualcuno”, però, non soltanto troverà il modo di esaudire Zek, che entrerà in modo molto singolare in contatto col nipote Mykhael ormai dodicenne, ma anche di portare aiuto a una coppia che soffre per la perdita di un figlio.
Questo romanzo, che piacerà ai ragazzi, ma di certo anche agli adulti, lascia ai lettori un insegnamento morale, insieme ad un messaggio di ottimismo e di speranza.

Il secondo eroe, di Alessandro Spocci, appartiene al genere GTN. Questo secondo libro, prosegue idealmente le vicissitudini del protagonista, Alessandro Vinci del primo romanzo dell’autore: Eroe.

copertinaEEELa trama:

Il protagonista di questo hard boiled è Alessandro Vinci, già protagonista del romanzo Eroe, dello stesso autore. Vinci è un ex poliziotto e scrittore dalla vita movimentata, profondamente innamorato della bella moglie Caterina, che tuttavia soffre per le scelte di vita del marito, incapace di adattarsi ad una tranquilla routine quotidiana, ma sempre bisognoso dell’adrenalina data dal rischio e dall’avventura.
Per aiutare un amico al quale una banda di criminali ha rapito la figlia per obbligarlo a ripagare dei debiti di gioco, Vinci partirà per l’Egitto, dove riuscirà con un piano audace a liberare la bambina, divenendo però a sua volta bersaglio dei malviventi che, per eliminarlo, non esiteranno a rapire la moglie Caterina. Come un antico cavaliere, Vinci parte alla ricerca della donna e riuscirà a liberarla, ma diventare l’eroe di lei avrà un prezzo altissimo.

Essere genitori

Essere genitori: figli, sesso e cattiva educazioneeli2

Elisabetta Bagli è una poetessa molto impegnata nel trasmettere ai propri lettori le sensazioni che derivano dalle ingiustizie umane. Sempre in prima linea per difendere i diritti delle donne, dei bambini e delle persone più deboli, tesse nella propria poetica i drammi quotidiani che spesso sfociano in tragedie. La sua sensibilità, tutta femminile, ne ha fatto il portavoce ideale, la Penna in grado di non far mai dimenticare quello che accade intorno a noi, anche quando i nostri occhi sono troppo stanchi per vedere. Nell’articolo che segue, espone un classico esempio di cattiva educazione, da parte delle istituzioni, nei confronti dei minori in età scolare.

Elisabetta Bagli ha pubblicato con EEE: Voce

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Il non facile compito di Educare

Di Elisabetta Bagli

Le polemiche che si sono innalzate in questi giorni, in Spagna, su un evento increscioso di cui sono stati protagonisti un ex Ministro del Governo catalano, Marina Geli, e il giornalista Eduardo García Serrano mi hanno fatto riflettere (e non poco) sul mondo in cui viviamo.

Marina Geli

Marina Geli

Non voglio assolutamente entrare nel merito politico della questione, che non è di mia competenza, ma sono stata fermata davanti alla Scuola, che frequentano i miei figli, da Intereconomia (testata giornalistica) che mi ha intervistato sull’argomento trattato in un video (per fortuna non più disponibile in rete NdR), proposto dal Ministro, in merito all’educazione sessuale per i minori nelle scuole. Mi è stato chiesto cosa ne pensassi e se ritenessi tale video idoneo per essere mostrato ai ragazzi in età scolare. Nel filmato si vede un ragazzo che fa ogni tipo di esperienza sessuale sia con i suoi coetanei e le sue coetanee sia con uomini più grandi. Alcune immagini istigano addirittura al bondage e al sadomasochismo. La seconda parte del video, invece, è incentrata su una ragazza che, per autodeterminazione, sceglie, “provando” i vari partners attraverso esperienze anche estreme, qual è l’uomo della sua vita. Non sono una bigotta, ma sono una madre di due bimbi di 9 e 12 anni e non credo che questo sia il modo adeguato per affrontare l’argomento “educazione sessuale” nelle scuole e sulle pagine istituzionali di siti governativi. Il video in questione era stato inserito nella pagina Sexo Joven de la Generalitat de Catalunya dall’allora Consigliere della regione Marina Geli, affinché fosse una sorta di manuale per i ragazzi.

Eduardo García Serrano

Eduardo García Serrano

Un giornalista, Eduardo García Serrano, ha denunciato questa pagina ritenendola offensiva e istigatrice per la nostra gioventù, insultando con parole dure il Ministro. Per questa sua rimostranza, lo Stato spagnolo l’ha condannato a dover pagare 22.000 Euro, mentre al Ministro è stato solo fatto ritirare il video dalla pagina.

Ripeto, non entro nel merito della condanna o della questione politica. Ma sono una mamma che tiene all’educazione dei suoi figli, come tante mamme in questo mondo e non credo che sia necessario proporre video di questo genere a dei bimbi o a degli adolescenti né nelle scuole né, tanto meno, sui siti istituzionali per impartire l’educazione sessuale ai nostri figli. È vero che la gioventù di oggi è diversa da quella di un tempo. È vero che a 12 anni io ancora giocavo con la Barbie e cercavo di fumare la prima sigaretta, come atto d’insubordinazione (ringrazio il cielo che mi ha stomacato appena messa in bocca, aiutandomi a stroncare il “vizio” sul nascere), mentre mia figlia, a poco meno di 12 anni, già sa molte cose della vita, del suo corpo, di ciò che le gira intorno e ha desideri diversi di quelli che avevo io alla sua età. È vero che i ragazzi di oggi sono più svegli e svelti a fare tutto, ma è anche vero che, pur credendo di avere il mondo in mano e di sapere tutto, pur pensando di essere i migliori e invincibili, non riescono, nel loro intimo, a essere sicuri di se stessi e sono molto più fragili di quel che mostrano. Hanno in mano molta informazione della quale spesso non sanno cosa farsene, come utilizzarla. Hanno voglia di sfidare il mondo, perché si credono invulnerabili, ma non pensano che spesso le prime vittime di questi loro atteggiamenti sono proprio. Gli atti di bullismo che ci sono per ogni dove, quelli di violenza ai propri simili, non solo fisica ma anche verbale, quegli atti di insubordinazione nei quali mancano di rispetto non solo ai genitori ma anche agli insegnanti e a tutto ciò che rappresenta la disciplina, sono ormai all’ordine del giorno.

Noi genitori ci siamo mai chiesti il perché di tutto questo? Mancano le linee guida, quei tre cardini fondamentali che sono stati il sostentamento delle generazioni da sempre: i genitori, la scuola, la società.

I genitori sono troppo occupati a cercare di fare bene i genitori moderni dalla mentalità aperta, dai sorrisi “smart”, senza comprendere che è necessario essere veramente genitori per educare i figli: non si deve essere fratelli, zii o amici, ma genitori!

Mom serie tv

Mom serie tv

Giorni fa mi sono imbattuta in una nuova serie televisiva che fanno vedere qui in Spagna da poco tempo, il titolo è “Mom”. Il limite minimo di età per vederla è di 12 anni! Sono rimasta allibita! Mia figlia e mio figlio avevano iniziato a vedere questa serie nella quale si parla di sesso, anche spinto, di alcool e di famiglie allargatissime. Ci sono delle donne che passano da un uomo a un altro in modo superficiale e che rimangono incinte di sconosciuti come se fosse la cosa più normale di questo mondo! Comprendo l’intento degli sceneggiatori di far ridere su argomenti che sono seri e che, quindi, molto dietro le righe, dovrebbero fare comunque riflettere, ma i bimbi di 12 anni non sono in grado di capirlo e il messaggio che passa è deleterio! Non hanno coscienza critica! Figuriamoci poi se hanno coscienza critica i bimbi di 9 come mio figlio! Ho proibito ai miei figli di vedere questa serie e loro, logicamente, si sono alterati, soprattutto mia figlia Francesca che mi ha detto: “Ma mamma, è proibito ai minori di 12 anni e io ne quasi 12! Dai!”

Chi decide il limite d’età? Che valori si prendono come termini di paragone per decidere questi limiti? Non comprendo… Ma poi penso al fatto che mia figlia tornerà a scuola, che i suoi compagni inizieranno a commentare “Mom” e che lei si sentirà esclusa, si sentirà una “mosca bianca” per non averlo visto, per non avere il cellulare, per non fare o dire o avere altre mille cose che i genitori “amici”, nella loro visione “moderna”, fanno, dicono o danno ai propri figli in un’età non consona. Non sono una mamma speciale, anzi sono normalissima, con i miei pregi e i miei difetti, come tutte le mamme che stanno imparando a crescere i propri figli, ma so che come me la pensano altre milioni di mamme e spesso, per quieto vivere, lasciano correre e lasciano che i figli facciano quel che credono, perché è più facile dire SÌ che dire NO.

Cos’altro manca a questi ragazzi? La scuola, intesa come docenti e non come struttura, perché badate bene che i mezzi e le strutture per fare bene ci sono, ma sono mal utilizzate. Ora, la maggior parte dei docenti sono votati a prendere lo stipendio a fine mese e basta. Sono realmente pochi coloro che si preoccupano di fare gli “educatori” nel vero senso della parola. E la scuola è formazione, è educazione, è trasmissione di messaggi giusti, di valori, al pari della famiglia. Ma oggi, è troppo spesso latitante.

L’ultimo punto cardine che manca ai ragazzi è la società. Nonostante ci siano strutture adeguate per sostenere i giovani, inadeguati sono spesso i modi con le quali vengono usate. Oggi la società è volta a insegnare il modello di vita del “tutto e subito”, perché solo ottenendo tutto e subito si può dire di aver vissuto davvero intensamente. Questo è il messaggio che viene dato ai ragazzi e non c’è nulla di più errato! Il modello del “tutto e subito” al giorno d’oggi viene applicato in ogni campo, anche nell’educazione sessuale proposta nel video, di cui vi ho parlato all’inizio, che prevede due giovani, un uomo e una donna, che per vivere in pieno la loro sessualità devono provare ogni tipo di esperienza, anche la più aberrante. Ma se ai ragazzi non vengono spiegate prima altre cose, quali l’amore, il desiderio, la vita, il piacere di condivisione con l’altro sesso, cosa potranno mai comprendere di quel che viene loro mostrato nel video? Nulla! Possono pensare solo che è quello il modo giusto di amare.

Julián Marías

Julian Marias

Ma bisogna ricordarsi che affinché ci possa essere una buona educazione sessuale ci deve essere un’ottima “educazione sentimentale”, così come ci diceva il filosofo Julián Marías nel suo famoso libro “La educación sentimental”.

Ma l’educazione sentimentale, a cui ogni società dovrebbe far riferimento, è ormai uno strumento educativo e formativo troppo obsoleto e lento per l’uomo di oggi. Si dovrebbe dedicare molto tempo a educare l’essere umano e l’uomo ormai non ha più tempo neanche per se stesso. Credo che si sia persa la bussola e che ciò che “normale non è” sia diventato la “normalità”, degradando il modello educativo personale e sociale, facendolo arrivare a uno tra i livelli più bassi della storia. Cosa fare, quindi?

Rimboccarsi le maniche. Ognuno di noi, nel suo piccolo, deve cercare di fermarsi e prendersi il tempo giusto per educare ed educarsi. Le esperienze vanno vissute e ogni persona è libera di scegliersi quelle che vuole provare e il modo in cui lo vuole fare, ma tutto deve avvenire a tempo debito, con coscienza e consapevolezza, cosa che i giovani di oggi credono di possedere e, purtroppo, non hanno.

È compito nostro, genitori, educatori e società, prendere in mano la situazione e cercare di capovolgerla perché non dobbiamo dimenticarci che l’oceano è formato da tante gocce e ogni piccola goccia può aiutare a ingrandire il mare.

La lettura, la corsa, la musica

La lettura, la corsa, la musica

Pino Benincasa è nato a Catanzaro nel 1972 e dal 1998 lavora e vive con la propria famiglia a Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano.
Appassionato lettore di storia e letteratura da qualche tempo è passato dall’altro lato della pagina, cominciando a scriverci sopra. Nonostante abbia iniziato di recente alcuni suoi racconti sono risultati finalisti in concorsi letterari e pubblicati in altrettante antologie, uno di questi è apparso sul sito web dedicato alla narrativa per smartphone storiebrevi.it.

Pino Benincasa ha pubblicato con EEEXII – Il segno dei giusti

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di Pino Benincasa

Cercherò di sforzarmi poiché scrivere di me mi riesce sempre un po’ complicato.
La scrittura, che continuo a considerare un bellissimo passatempo, ha una progenitrice ancora molto attiva e per nulla intenzionata a farsi da parte; mi riferisco ovviamente alla lettura, la quale continua a rosicchiare la sua parte nelle mie sempre più ridotte ore di sonno. In questo senso sono praticamente onnivoro: dai grandi classici agli esordienti, dalle biografie ai best-seller, dai quotidiani ai fumetti. Alcuni di questi ultimi, penso per esempio alla scuola argentina, li considero veri e propri capolavori artistici.
Immagine1Poi, come qualcuno aveva notato già un paio di millenni fa, una mente sana ha bisogno di un corpo sano. Ecco allora la mia altra irrinunciabile passione: la corsa. Anche questa, come la scrittura, la pratico da qualche anno (ora che ci penso le due cose sono nate praticamente insieme, strana combinazione), lasso di tempo sufficiente per essere risucchiato nel tunnel del podismo più integralista, fatto di cronometraggi, distanze, dilemmi irrisolvibili sulle scarpe, appoggio del piede e distanza della falcata. In questo periodo sto dando il massimo per riuscire a terminare la mia prima maratona, il 12 aprile a Milano, traguardo che anelo come tappa fondamentale della mia vita, non solo sportiva.
Nelle ore della corsa posso anche ascoltare musica, altra nobilissima arte, senza la quale sarebbe inimmaginabile l’incedere nel mondo. Mi piacciono (quasi) tutti i cantautori italiani, ma ascolto anche altri idoli della mia generazione: David Bowie, U2, Depeche Mode. 24685Poi devo ammettere una particolare predilezione per Caparezza; considero il rapper pugliese una delle penne più graffianti del nostro tempo, alcuni suoi testi offrono uno spaccato implacabile sulle storture della nostra società, costringono alla riflessione, importunano come un gessetto sfregato sulla lavagna. Insomma per certi versi una sorta di Jean-Paul Sartre alle cime di rapa.
In ossequio al principio evangelico, consapevole cioè di tenerli sempre al primo posto, lascio per ultimi i miei tre gioielli: Anna, Greta e Noemi. Non sono propriamente un hobby eppure la stragrande maggioranza del mio tempo libero lo dedico con immensa gioia alle mie tre bimbe.

Intervista a Maria Gabriella Olivi

Intervista a Maria Gabriella Olivi

copertina_ocho_EEEMaria Gabriella Olivi ha vinto il Concorso Teatrale Un Baule di idee, proponendo una pièce brillante, pur tenendo conto delle difficoltà rappresentate dai parametri proposti per il concorso: oggetti di scena e scenografie che dovevano categoricamente entrare all’interno di una valigia da viaggio e un massimo di quattro personaggi. Questa vittoria le ha permesso di pubblicare il testo con EEE e giungere, quindi, al pubblico anche attraverso la distribuzione del libro.

  • Come nasce l’idea per Ocho Cortado?

L’occasione è stata il bando del concorso “Un bagaglio di idee” indetto dalla Federazione Italiana Artisti. I requisiti per partecipare erano intriganti: il numero ristretto di personaggi e, soprattutto, la limitazione che riguardava gli oggetti di scena e le scenografie, che avrebbero dovuto entrare all’interno di una valigia da viaggio. Ho lasciato per un po’ che le idee mi si muovessero dentro, sbucando fuori all’improvviso, sistemandosi in modo da risuonare bene l’una con l’altra: pensavo a un’opera che anche a me sarebbe piaciuto leggere e vedere rappresentata. E se poi il tempo della scrittura è stato rapido, quello della correzione e ri-scrittura è stato invece tormentato. Volevo che il testo risultasse veloce come lo avevo in mente, e per questo ho avuto bisogno di procedere lentamente.

  • A parte la traduzione letterale (otto tagliato) e il riferimento a un noto passo di tango, che cosa rappresenta il titolo?

Nel testo, un uomo e una donna si incontrano, si scontrano, si avvicinano; e nessuno dei due è più importante dell’altro. L’espressione Ocho Cortado porta con sé la suggestione del tango, un ballo davvero di coppia, nel quale la donna ascolta la musica ma soprattutto il suo compagno; in cui lo segue ma non si fa trascinare. In cui nessuno, neanche il più bravo dei due, dà lezioni all’altro, ma danza insieme con lui. In cui ogni volta è diversa da tutte le altre, un piccolo capolavoro irripetibile mentre il codice dei passi è sempre uguale.
Non a caso Logan, uno dei due personaggi femminili del testo, dice: “Il tango non è maschio, è coppia: cinquanta per cento uomo e cinquanta donna”. Anche se, poco più in là, con maliziosa strafottenza rimarca che “il passo più importante, l’otto, lo fa la donna!”. Inoltre, il titolo completo dell’opera è “Ocho Cortado ovvero Un movimento appena iniziato e bruscamente interrotto”, proprio come capita a Jacopo e Maria Beatrice, i due coprotagonisti il cui incontro viene all’improvviso inaspettatamente interrotto.

  • I personaggi sono ispirati a persone reali oppure sono completamente inventati? 

Quando scrivo, assai raramente racconto qualcosa di me o delle persone che conosco. E quando capita, è solo uno spunto per parlare d’altro. Nello stesso tempo, come per tutti, anche se parlo d’altro, in realtà parlo di me: mi dichiaro, al di là delle storie che racconto e talora anche in contrasto con esse.

  • Il suo background letterario riporta a due precedenti pubblicazioni e conducono verso un passato vissuto con gli studenti, questo bagaglio ha influito sui successivi approcci letterari come autore? 

Maria Gabriella Olivi, premiazione (5) (1)Scrivo da sempre o meglio, da sempre leggo, leggo leggo. La scrittura è arrivata dopo, affiancandosi ai libri suggeriti dagli insegnanti; scovati nelle librerie e nelle biblioteche; scelti perché mi incuriosivano magari solo per il titolo o la copertina; e anche quelli lasciati a metà o addirittura dopo le prime pagine. Da ragazzina scrivevo storie e filastrocche che illustravo e rilegavo per mio conto. I lettori erano i miei genitori e mia sorella: produzione e distribuzione a chilometro zero! Al tempo della Scuola Media, arriva il primo testo “professionale”: un racconto pubblicato sul giornalino della chiesa del quartiere. Più tardi, ai testi narrativi si sono affiancati saggi e articoli su temi legati agli interessi professionali – ho insegnato a lungo Lingua e Letteratura Italiana e Latina nei Licei – insieme con la cura di una rubrica di divulgazione letteraria su un mensile e la presenza nel Comitato di Direzione di una rivista sulla Scuola.  E proprio da insegnante, in un bando del Salone del Libro di Torino ho trovato lo spunto per organizzare un laboratorio di scrittura con un gruppetto di allievi. Ne è uscito il testo di narrativa Studenti si nasce, prof si diventa: un testo fortunato per come si è svolto il lavoro di scrittura: gli studenti si sono fidati di me e io ho cercato di assumere il loro sguardo. Fortunato anche per l’interesse che ha suscitato: dopo la vittoria al Concorso, Orietta Fatucci (Edizioni EL) ha deciso di pubblicarlo  e fin dalla prima uscita è stato un susseguirsi di interviste sui giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche, di inviti a Convegni e Incontri con l’Autore, e di riconoscimenti. Da lì ha preso slancio la mia attività come scrittrice. L’Editore che investe su di te, i lettori sconosciuti – quelli che scaricano il tuo e-book o che escono dalla libreria col tuo libro tra le mani – e la fortuna ti danno la gioia e la responsabilità di (voler) essere uno scrittore.

  • Questo non è il suo primo approccio in ambito teatrale, come nasce la passione per il teatro?

Al teatro – alla scrittura di testi drammatici intendo – mi dedico solo da qualche anno. Ma, nei luoghi deputati (e non) e sui libri, l’ho sempre frequentato con curiosità e passione, anche da lontano grazie alle dirette live, nelle sale cinematografiche, di opere e balletti che vanno in scena in altri Paesi. Al cinema non è la stessa cosa che essere a teatro, ma nel buio la suggestione dell’Opéra o del Mariinskij rimane tutta. E poi, in qualunque posto tu sia seduto, le riprese ti permettono di assistere allo spettacolo in prima fila; e un giorno sei in Francia, un altro a San Pietroburgo!

  • Che emozione ha provato quando ha saputo di essere la vincitrice del concorso?

OliviUn anticipo della gioia che avrei provato alla proclamazione della vittoria è stata la lettura di un estratto dell’opera durante il XX Festival Internazionale del Teatro Urbano, organizzato da Abraxa Teatro. Con in mente una famosa pubblicità: sentir recitare quello che hai scritto, nella magnifica cornice del Giardino degli Aranci, con sullo sfondo la cupola di San Pietro, in mezzo a celebrati e amati (non solo da me) maestri e artisti drammatici, “non ha prezzo!”. Poi è arrivata la serata della premiazione – i risultati erano stati tenuti segreti fino a quel momento – che si è svolta lo scorso dicembre a Roma, nello storico Teatro dell’Orologio, in apertura della VII edizione della rassegna Exit. Sono felice che “Ocho Cortado” faccia parte del catalogo EEE e conto che la lungimiranza di Piera Rossotti Pogliano, “editore scopritore di talenti”, mi valga come buon augurio per il futuro:  dal momento che un testo drammatico è, per statuto direi, un testo da rappresentare, ora spero e sogno di vederlo messo in scena.

  • Quando Maria Gabriella non scrive, come occupa il proprio tempo?

Si occupa di Gustavo Modena! Mi spiego: non molto tempo fa ho cominciato a seguire le lezioni del corso di Teatro, Musica e Danza del Dams, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Ora, superati gli esami, sono al momento della compilazione della tesi proprio su questo grande attore dell’Ottocento. Solo che il “momento” sta diventando molto molto lungo. Catturata dalla scrittura di un testo narrativo che dovrebbe uscire tra poco nelle librerie e del testo drammatico pubblicato ora da EEE, mi ritrovo con l’imbarazzo di giustificarmi davanti al mio Relatore, quel professor Geraci che, nonostante la sua disponibilità gentile e… la mia superiorità anagrafica, mi intimidisce tanto è bravo. A parte i miei tormenti di studentessa ritardataria e questa ammissione che sembra un tentativo per sollecitare la comprensione del prof – e forse un po’ lo è – il periodo passato nel “mio” Dams, scoprendo mondi e persone, e lasciandomene sedurre, mi ha reso felice.

Ma quant’è difficile scrivere un romanzo storico?

L’importanza dei dialoghi nei romanzi storici

Libri

di Andrea Ravel

Quando, vincendo la naturale ritrosia degli scrittori esordienti, mi capita di raccontare che io e mio figlio abbiamo scritto un romanzo storico ambientato all’epoca di Carlo Magno, il primo immancabile commento è: Chissà quanto è stato difficile documentarsi!
In effetti sembrerebbe logico pensare che più il tempo di cui si scrive è remoto, maggiore sia la possibilità di commettere errori. Ma questo è vero solo in parte e comunque la documentazione non è affatto la maggiore difficoltà che si incontra nello scrivere un romanzo storico.
420_0Per evitare gli errori sono sufficienti alcune semplici regolette: leggersi un buon saggio sul periodo, (anche più di uno) saper lavorare bene con Internet ed effettuare qualche ricerca sul campo (ci aiuta a conoscere visivamente l’epoca che vogliamo descrivere). Nei casi disperati ricordare sempre la regola di Ken Follet: “Se hai anche il minimo dubbio non parlarne; nessuno si accorgerà mai di quel che hai omesso, ma tutti vedranno i tuoi errori!”
Con questo, beninteso, non intendo affermare che lo scrittore non deve documentarsi o che può farlo in modo approssimato, la documentazione è un po’ il pane e burro in una colazione al sacco. Tutti dovrebbero saper spalmare il burro sul pane, ma quello che gli cambia il sapore è la marmellata, quella famosa di zia Cesira, con la sua scelta dei frutti, la maturazione, i tempi di cottura: è quella a fare la differenza.
Cos’è la marmellata del romanzo storico? Sono i dialoghi. Nei dialoghi i personaggi ci rivelano il loro modo di pensare che è il naturale riflesso del loro modo di vivere, di rapportarsi l’un l’altro, in una parola del loro retroterra culturale.

Un bandito come Robin Hood può parlare come un teppista del Bronx? E come parla Robin Hood? mi domando, mentre apro le virgolette e mi preparo a scrivere il primo dialogo? Riuscirò, mi dico, a far capire ai miei lettori i suoi ragionamenti? Si sentiranno vicini a lui o si stancheranno e, orrore, chiuderanno il libro, il mio libro, smettendo di leggere?

Ascoltate questo dialogo tratto da “Il nome della rosa” di Umberto Eco, dove si assiste a una rissa tra persone volgari.
nome-rosaCi troviamo nella cucina del convento: il capo cuciniere e Salvatore, il frate cellario, stanno discutendo, perché quest’ultimo ha passato di nascosto del cibo a dei caprai.
“Cellario, cellario,” disse, “tu devi amministrare i beni dell’abbazia, non dissiparli!”
“Filii Dei, sono,” disse Salvatore, “Gesù ha detto che facite per lui quello che facite per uno di questi pueri.”
“Fraticello delle mie brache, scoreggione di un minorita!” gli gridò allora il cuciniere. “Non sei più tra i tuoi pitocchi di frati! A dare ai figli di Dio ci penserà la misericordia dell’Abate!”
Salvatore si oscurò in viso e si voltò adiratissimo: “Non sono un fraticello minorita! Sono un monaco Sancti Benedicti! Merdre a toy, bogomilo di merda!”
“Bogomila la baldracca che t’inculi la notte, con la tua verga eretica, maiale!” Gridò il cuciniere.
Salvatore fece uscire in fretta i caprai e passandoci vicino ci guardò con preoccupazione: “Frate,” disse a Guglielmo, “difendi tu il tuo ordine che non è il mio, digli che i filios Francisci non ereticos esse!” poi mi sussurrò in un orecchio: “Ille menteur, puah,” e sputò per terra.

Era così che parlavano i frati nel XIV secolo? Non lo sappiamo e non lo sa neppure Eco, ma questo non gli ha impedito di costruire un dialogo convincente e verosimile. Ci ha fatto assistere a una disputa condotta in ben tre lingue, ha utilizzato il termine bogomilo, di cui la maggior parte di noi non conosce il significato, ma è stato efficacissimo lo stesso. In altre parole ci ha portati nel Medioevo, invece di portare il Medioevo da noi. Un piccolo capolavoro di cui pochissimi altri scrittori al mondo sono capaci; perché richiede talento, che è innato e conoscenze che si acquisiscono in una vita di studio e di lavoro.
E a questo punto noi che ci sentiamo sì bravini, ma che non siamo Eco, come faremo? Faremo come Crichton o Follet e quasi tutti gli altri scrittori, grandi e piccoli, che utilizzano esattamente la tecnica opposta. Quella di attualizzare i personaggi, facendoli ragionare proprio come noi, allo scopo di renderli più vicini al lettore. Ritornando all’esempio iniziale, Robin Hood non parlerà come un teppista del Bronx, ma potrà ragionare come lui. Frate Tuck ci ricorderà il nostro vicino di casa e lady Marian assomiglierà alla zia Cesira. Se saremo stati abbastanza convincenti la magia è fatta!

Andrea Ravel ha scritto, per la collana Romanzo StoricoIl Longobardo

Il Romanzo Storico, un sottile equilibrio

Equilibrio tra dettagli, personaggi ed eventi

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di Paolo Fiorino

Spesso mi sono domandato cosa mi abbia spinto a scrivere un romanzo storico. La risposta non è delle più semplici e più ci rifletto più mi rendo conto che probabilmente di risposte non ce n’è solo una. Forse, la migliore che mi viene in mente è che scrivere uno storico è un modo unico per mettere insieme realtà e fantasia, per aprire una finestra su un mondo che non esiste più, per ricordare e, contemporaneamente, creare qualcosa.
Costruire i personaggi, farli vivere, immaginare le loro storie e le loro vite e poi farli muovere su uno sfondo di fatti reali, che hanno segnato un’epoca e hanno contribuito a costruire il mondo in cui viviamo, è la cosa più appagante che io riesca a immaginare per un autore.
Il romanzo storico mi ha concesso l’opportunità unica di raccogliere la memoria di uomini e donne che hanno vissuto un’epoca per noi distante, di guardare il mondo com’era allora per tentare di capire com’è ora.
Quando scrivo non pretendo di insegnare qualcosa, non credo che sia questo il compito dell’autore di romanzi storici ma, al contrario, mi ripropongo di imparare io stesso qualcosa attraverso lo studio.
E qui arriva la prima difficoltà. L’approfondimento è una componente fondamentale per un romanzo storico, non riesco a immaginare di scrivere una sola pagina senza essermi prima documentato a dovere, ma può facilmente sfuggire di mano e diventare un lavoro fine a se stesso. L’equilibrio tra la precisione dei dettagli, la caratterizzazione dei personaggi e degli eventi è fondamentale. Se da una parte la precisione è doverosa, una vera e propria forma di rispetto verso il lettore, dall’altra il suo eccesso rischia di fare l’effetto opposto, di trasformare un romanzo in un noioso trattato tecnico.
Chrysler-Thunderbolt-1941Per esempio, leggendo di un evento accaduto nel 1941, che implica l’uso di un tipo particolare di automobile, sicuramente ai lettori farà piacere sapere che il veicolo citato era effettivamente esistito in quell’anno ma, quasi altrettanto sicuramente, gli stessi lettori non saranno interessati a venti pagine di descrizione dell’automobile, dei suoi dati di funzionamento e dei suoi dettagli costruttivi, compresi il rapporto di compressione del motore e il passo della filettatura dei bulloni della scatola del cambio. I lettori troveranno probabilmente molto più interessante sapere come quell’automobile abbia contribuito a salvare la vita del protagonista, come abbia aiutato a portare a termine una missione o magari come si sia dimostrata fondamentale per un incontro fatale. Solo con una simile impostazione le vicende dei protagonisti risalteranno sullo sfondo della storia senza esserne oscurate e i lettori potranno immedesimarsi nei fatti raccontati. È questa, per me, la vera sfida che l’autore deve affrontare.
eroi nel nullaÈ la sfida diventa particolarmente difficile se si narrano fatti ambientati in epoche lontane, come potrebbe essere, per esempio, il periodo dell’impero romano. Tuttavia, lo è altrettanto anche se si pone la trama in epoche più vicine ma, comunque, profondamente diverse dal nostro quotidiano, come nel caso di “Eroi nel nulla”.
Per indurre qualcuno a immedesimarsi non ci si può esimere dall’immergersi in prima persona nella storia mentre la si sta scrivendo. E qui arriva la seconda difficoltà. Immedesimarsi è necessario ma l’eccesso è, ancora una volta, in agguato. Se, per esempio, è facile calarsi nella storia di Franco e Zelmira (personaggi presenti nel libro Eroi nel nulla), due persone che vivono gli eventi tragici della Seconda Guerra Mondiale, tentando sempre di mantenere viva la speranza, al contrario, un personaggio come Antonio, che crede profondamente nell’ideologia dell’eroe fascista e vive gli eventi del suo tempo con grande passione, può facilmente allontanare da sé il lettore. L’autore, in questi casi, non deve essere un giudice ma un semplice narratore, il giudizio lo daranno i lettori, ciascuno secondo la propria sensibilità. Il compito dell’autore è complesso, mantenere il distacco è la cosa più difficile, ma senza distacco si perde l’equilibrio, finisce la credibilità e si rischia di cadere nel ridicolo. Gli stereotipi sono sempre in agguato, a noi autori l’arduo compito di evitarli.

Paolo Fiorino ha scritto, per la collana Romanzo Storico, Eroi nel nulla

Nascita di un Romanzo Storico

Il lungo e tortuoso cammino verso la realizzazione.

Romanzo Storico

di Pino Benincasa

Come sarà venuto in mente a Umberto Eco di mettere sulla strada di Adso da Melk una ragazza senza nome? Quale sadismo nella testa di Victor Hugo per sguinzagliare alle calcagna di Jean Valjean un mastino come Javert? Quale genio si è impossessato di Italo Calvino suggerendogli di tagliare in due Medardo di Terralba per simboleggiare il bene e il male che convive in ogni uomo?

Victor Hugo

Victor Hugo

In altre parole, come nasce un romanzo?
Senza alcuna pretesa didattica e allontanandomi da paragoni irriverenti provo a raccontare come è nato il mio.
Potrei dire che come in un colpo di fulmine ci si innamora immediatamente di una persona, così la storia mi è apparsa davanti tutta all’improvviso, pronta per essere riportata sulla carta. Potrei dirlo ma non sarei sincero, niente amore a prima vista.
Se ad esempio in un racconto breve (a proposito, ne ho altri due in prossima uscita su altrettante antologie) quando comincio so già dove andrò a finire, alla prova del romanzo il discorso è cambiato completamente.
XII – Il segno dei giusti è frutto di un cammino lungo e tortuoso, che quasi ad ogni svolta mi ha messo nella situazione di dover scegliere quale direzione prendere. Questo, se da un lato mi ha permesso di calarmi nell’inebriante condizione di poter decidere, ad esempio, chi e come far vivere o morire, dall’altro è stato spesso motivo di ansia e notti insonni, nel tentativo di trovare la soluzione giusta per tutti: per l’intreccio narrativo certamente, ma anche per il povero scrittore, che si affeziona a certi personaggi come un papà si affeziona ai propri figli e non sopporta di farli tacere per sempre, con una fucilata o sotto le macerie di un terremoto. Il bello del Creatore, però, è che così come la toglie, la vita la può anche dare. Ecco che alcuni personaggi, inizialmente non previsti, sono nati durante questi dilemmi, per diventare tanto importanti da farmi sentire idiota per non averli pensati fin dal principio.
XII il segno dei giustiÈ evidente che, per sommi capi, la storia era già delineata nella mia mente: volevo fondere i periodi storici che più mi piacciono e meglio ho studiato, Roma antica e Novecento; volevo mettere di fronte, in un confronto impietoso, il glorioso Impero Romano con la sua improbabile replica tentata dal fascismo; volevo portare in scena la vita di un piccolo paese di provincia negli anni trenta, i suoi abitanti con le loro miserie, virtù, i loro sentimenti. Se ci sono riuscito lo giudicherà chi ha avuto o avrà la voglia di leggere il mio libro (spero ovviamente tanti).
Dal canto mio posso solo dire di aver realizzato un sogno, volevo scrivere un romanzo.
Aver trovato un editore che ha creduto in me e nel mio lavoro, vedere questo romanzo pubblicato, diffuso su tutti gli e-store accanto a quelli dei giganti della scrittura, è stata una gioia che ha valicato qualsiasi mia possibile immaginazione.
Poiché, come si dice, l’appetito vien mangiando, è una gioia che mi auguro possibilmente di replicare.

Pino Benincasa ha scritto, per la collana Romanzo StoricoXII – Il segno dei giusti

Il fascino del Romanzo Storico

Il romanzo storico, il suo fascino e le difficoltà per la scrittura di questo genere letterario.

Romanzo Storico

di Chiara Curione

Il romanzo storico ha un fascino particolare, ci porta indietro nel tempo e ci fa immergere in vite passate. Affrontando la scrittura di un testo così complesso, dove si fondono parti storiche e parti inventate, si affrontano numerosi ostacoli come la ricerca storica, la credibilità dei personaggi e la realizzazione di una struttura che regga i vari elementi del testo.

sir Walter Scott

sir Walter Scott

I personaggi possono essere reali o inventati, eroi o antieroi, ma il quadro storico in cui si muovono è reale. I protagonisti possono essere persone semplici come nei Promessi Sposi di Manzoni, o cavalieri eroici come nei romanzi di Walter Scott, bisogna tener presente che le loro scelte e le azioni sono influenzate da un contesto sociopolitico diverso dal nostro.
Un uomo vissuto nel Medioevo o nell’epoca Classica doveva necessariamente adattarsi a una vita molto diversa da quella attuale e agire di conseguenza. Se da un punto di vista umano l’uomo non è cambiato nei secoli con i suoi sentimenti positivi e negativi, da un punto di vista pratico subisce i condizionamenti della mentalità dell’epoca, e incidono sulla sua vita eventi come guerre, dittature, invasioni, dinastie che cambiano e diversa tecnologia. I mezzi di comunicazione in epoche passate erano altri come piccioni viaggiatori, missive inviate con messaggeri, gli spostamenti erano più lenti, a cavallo, con carrozze, con velieri. Tutto questo, rispetto alla tempestività con cui giungono le notizie oggi e la rapidità con cui viaggiamo, fa la differenza nello svolgimento di una trama.
Se il romanzo di per sé è un’opera complessa che richiede tempo e una particolare organizzazione del lavoro, il romanzo storico, a monte della stesura, necessita di una scrupolosa ricerca di documentazione e numerosi approfondimenti dei dettagli di un’epoca passata. Grande importanza ha l’ambientazione, si studiano com’erano i costumi del tempo, gli arredi, gli ambienti e gli oggetti di uso domestico, il tipo di alimentazione, per illustrare anche la quotidianità e rendere le azioni reali. Per rappresentare scene di battaglia è necessario apprendere com’erano le armi e le armature, oltre che le tattiche militari usate. In questo genere letterario è l’ambiente che rende vero il personaggio, gli permette di essere se stesso e di sentirsi tale per tutta la durata della storia.

Manfredi di Svevia

Manfredi di Svevia

Tuttavia quando il romanzo storico ruota intorno a un personaggio realmente esistito, come nel mio libro, “Il tramonto delle aquile”, che ha come protagonista l’eroico Manfredi di Svevia, gli ostacoli sono quelli creati dalla sua stessa biografia. Manfredi è sempre costretto a lottare, così bisogna analizzare a fondo la sua personalità e mostrare sotto tanti aspetti le motivazioni delle sue azioni, come ad esempio: perché sopporta la gelosia del fratello continuando a combattere al suo fianco? Perché accetta di combattere una battaglia difficile, quando può trarsi in salvo?
Quando nel romanzo storico i personaggi sono inventati, e calati in un’epoca precedente, si può creare un diverso sviluppo delle vicende personali, purché il contesto storico sia reale.
Altro punto è come affrontare la narrazione se in prima persona o in terza persona. Nel caso del mio romanzo sul brigantaggio post-unitario, scritto tra presente e passato, che ha come protagonista il Sergente Romano, famoso capobanda pugliese, la narrazione del tempo passato avviene in terza persona onnisciente e si ha la possibilità di un raggio più ampio di punti di vista, vedendo cosa accade quando lui non c’è, cosa pensano gli altri personaggi in sua assenza.
11845309223_5c00f47de1_nI personaggi minori hanno il loro peso e devono essere credibili, anche se inventati, spesso con loro si creano delle mini trame che incuriosiscono il lettore. Anche le leggende sono importanti nel romanzo storico e contribuiscono allo sviluppo della trama in modo più fantasioso e più accattivante.
In tutto questo ha un ruolo fondamentale la struttura del testo che crea un’efficace rete di relazioni fra i vari gli elementi della storia. Per quanto mi riguarda, nel romanzo sul Sergente Romano ho creato una sorta di quadro cornice per raccontare i fatti tra presente e passato, dove nel presente un ragazzino tredicenne ascolta dalla nonna le vicende del Sergente Romano. Invece, il romanzo “Il tramonto delle aquile” l’ho strutturato come una saga medievale. Manfredi di Svevia racconta la sua vita da quando era adolescente alla fantastica corte paterna, dove c’era una forte competizione tra i fratelli. Sono tante le leggende intorno a questo personaggio bellissimo e dotato come il padre, amato e odiato anche dai fratelli, che cercava di dare stabilità e ricchezza al regno, proseguendo il cammino di Federico II.
il tramonto delle aquileWalter Scott è stato un mio punto di riferimento per il romanzo storico con i suoi eroi leali e coraggiosi, disposti a non arrendersi mai. Per me il romanzo storico ha anche un valore educativo e scrivendo anche per i ragazzi ho scelto un modo più semplice per avvicinarli alla storia e trasmettere degli insegnamenti di coraggio, di lealtà, di amore per la propria terra e le proprie tradizioni. La conoscenza del nostro passato è fondamentale per il nostro presente sotto tutti i punti di vista, capire la differenza di com’eravamo e di come siamo, andare alla ricerca delle nostre radici dà una consapevolezza diversa del nostro presente e ci permette di fare scelte migliori. Un uomo che non conosce la sua storia è un uomo senza radici.
Ho sempre amato la lettura dei romanzi storici e nel momento in cui ho deciso di scrivere questo genere, approfondendo la storia delle particolari epoche di cambiamento, mi sono appassionata alle vite dei personaggi reali e ho creato quelli immaginari e ho fuso le loro storie. Tutto accadeva in maniera naturale in un crescendo di emozioni che scaturivano dalla scrittura e non m’importava di quanto tempo occorreva per un nuovo approfondimento e una successiva ricerca, ero felice di poter immaginare e creare, scrivendo per trasmettere le stesse emozioni.
Il romanzo storico richiede tempo e perseveranza, attenta revisione sotto tutti i punti di vista, nonostante tutto la possibilità di sviluppare questo processo fantastico con la scrittura dà felicità. Come diceva Thomas Mann la felicità di chi scrive è il pensiero che riesce a diventare sentimento, è il sentimento che riesce a diventare pensiero.

Chiara Curione ha scritto, per la collana Romanzo StoricoIl tramonto delle aquile

Opportunità e difficoltà

La Storia la scrivono i vincitori: il Romanzo Storico, opportunità e difficoltà.

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di Enea De Alberti

A mio avviso, i primi esempi di romanzo storico vanno cercati tra i versi dell’Iliade e dell’Odissea.
Omero riuscì a raccontare storie incredibili di uomini-eroi, donne fatali ma anche fragilmente vittime di umani sentimenti, guerre, viaggi, tradimenti, vendette, passioni… insomma, tutto il corollario a cui ancora adesso si attinge per scrivere un romanzo. Ma nello scrivere l’Iliade, l’antico autore si appropriò di una storia reale, di una guerra vera da usarsi come intelaiatura sulla quale creare il racconto spesso fantastico, tratto poi molto più sviluppato nella successiva Odissea. E se la storia ha il compito di raccontare in bianco e nero gli avvenimenti, cercando il più possibile di restare aderente alla realtà e rinunciando a mitizzare il vincitore di turno, il romanzo, che della storia è figlio, ha la possibilità di colorare quei resoconti spesso illeggibili perché zeppi solo di date, nomi di sconfitti e vincitori, luoghi delle battaglie, ecc.
29_06_1958_anterioreEcco allora nascere, non nella rigorosità scientifica dello storico ma nella fantasia dello scrittore, un racconto parallelo in cui gli eterni motivi economici, che portano a una  guerra, sono deviati e sublimati in inverosimili amori, egoismi, slanci di eroismo. Ma se da un lato attingere dalla storia, magari con l’aiuto di persone che l’hanno vissuta in prima persona, è facile e allettante, bisogna fare attenzione a non cadere in almeno un paio di errori.
Il primo più comune errore è quello di prendere per oro colato tutte le informazioni raccolte. È noto che la storia la scrivono i vincitori, un po’ meno noto è che prevalentemente la raccontano i reduci. E nei racconti dei reduci non c’è mai, né mai ci sarà, quella serenità di giudizio che ci permette di essere a nostra volta obbiettivi.
Un ricordo personale mi riporta a tanti anni fa quando il 4 Novembre era festeggiato con inni cortei e celebrazioni varie, a cui seguiva un pantagruelico banchetto. Ebbene, dopo le abbondanti libagioni, nessuno di quei cari vecchietti raccontava la vita grama della trincea o la prigionia, ma tutti parlavano del Piave o del Monte Grappa, anche, e soprattutto, quelli che non ci erano stati.
11nov17Il secondo errore, credo comune a tanti scrittori, è quello di farsi prendere la mano dal racconto di fantasia e perdere il filo logico degli avvenimenti, confondendo date e luoghi. E il reduce, semi addormentato, o lo storico intento ad armeggiare sul telefonino, mentre scorre la presentazione del libro, improvvisamente balzeranno in piedi come due cobra urlando a tutti che la tale battaglia è avvenuta prima e non dopo della presa della tal’altra città o viceversa. Per cui bisogna sempre tenere sotto mano una documentazione a cui attingere; un consiglio è quello di procurarsi un foglio matricolare militare di un personaggio, che ha attraversato più aree in tempi diversi e su quello scatenare la fantasia.
Naturalmente fin qui ho collegato il romanzo storico a guerre e rivoluzioni perché, in quei frangenti, si sviluppano tutte quelle aberrazioni, che spesso sono alla base di racconti, che più si discostano dalla vita di tutti i giorni e, pertanto, diventano più interessanti, prima da scrivere e poi da leggere. Ma nulla toglie che contesti storici meno drammatici possano essere usati e altrettanto felicemente sviluppati.
Che aggiungere? Visto che il romanzo storico, come tutti i romanzi, alla fine è ricco di sangue e sesso e visto che di sangue l’umanità ne ha già fatto scorrere fin troppo, speriamo che le ultime vicissitudini storiche a cui attingere restino veramente le “ultime”.
Con buona pace di noi scrittori!

Enea De Alberti ha scritto, per la collana Romanzo StoricoRitorno a El Alamein

È difficile scrivere un Romanzo Storico?

Il contorno storico è d’obbligo, niente è inventato.

Romanzo Storico

di Mario Nejrotti

Mi è stato domandato quali difficoltà abbia incontrato a scrivere un romanzo storico.
Quesito difficile.
Definirei il mio romanzo come storico-fantastico. Non mi si fraintenda, il “fantastico” di questa storia è solo nei personaggi, anzi particolarmente in un personaggio, il contorno storico è rigoroso e rintracciabile: niente è inventato.
Se ripenso alla nascita della storia che mi veniva da raccontare, mi rendo conto che l’ambientazione storica non è stata decisa a priori. È scaturita dagli occhi dei miei personaggi. Il “tempo della storia” non ha accolto i protagonisti, sono stati loro che lentamente, con fatica si sono resi conto del periodo in cui vivevano. Il personaggio di Tonio, poi, è assolutamente estraneo alla Storia, con l’esse maiuscola, che gli scorre davanti agli occhi. Solo l’emozione dell’incontro con il bambino Santino, lo porta a considerare con partecipazione il tempo e i fatti che hanno segnato l’esistenza di quell’essere umano di cui per la prima volta gli importa veramente qualcosa. Gli occhi degli attori del mio libro guardano il loro tempo e ne subiscono i contraccolpi. Credo che il periodo storico de “Il piede sopra il cuore” sia nato insieme alle passioni e all’angoscia dei suoi personaggi.
il piede sopra il cuoreMentre descrivevo i primi palpiti di sentimento di Tonio e l’angoscia terribile di Santino, che non poteva ricordare un orrore insopportabile, mi sono reso conto che mi veniva naturale collocarli in uno dei momenti più disperati della nostra storia recente. Un periodo non estraneo a me bambino, vivo come era ancora negli anni cinquanta nei racconti che ascoltavo da chi gli orrori dell’ultima guerra aveva vissuto e subito.
Una volta svelato il luogo, scaturito dalla prima descrizione dell’arida landa montagnosa in cui viveva il misterioso Tonio, i monti dietro la città di Palermo, e compreso il significato dei suoni che gli facevo udire e che io stesso ascoltavo dentro di me, non mi restava che inserire il dramma di Santino in quel momento di disastro sociale e morale conseguente al crollo di un sistema politico, nei giorni della sconfitta definitiva ed irreversibile dell’Italia nella seconda guerra mondiale: lo sbarco degli alleati, inglesi e americani, sul suolo del nostro Paese. A questo punto l’ordito storico scaturiva da una serie di domande che mi facevo per collocare personaggi, avvenimenti, dettagli nel loro giusto contesto. Direi che il periodo storico mi ha scelto!
Non ho mai pensato di scrivere un romanzo sullo sbarco degli anglo-americani in Sicilia o sui risvolti militari e politico-sociali della caduta del fascismo in Sicilia. E neppure ho pensato a una denuncia delle infiltrazioni mafiose nel nostro Paese a partire dal 1942. Ciò non toglie che la difficoltà più grossa che ho affrontato è stata senz’altro la cronologia della disperata fuga di Tonio, di Santino, del tenente Soriani, del professor di Salvo e di tutti gli altri, rispetto ai grandi avvenimenti che stavano accadendo. Uno spaccato di storia della durata di circa una settimana del luglio 1943, la più importante per l’Italia, dallo sbarco al giorno successivo alla seduta del Gran Consiglio che destituì Benito Mussolini e determinò la caduta del regime.
Da questo tempo presente della vicenda, attraverso le immagini e i ricordi, spesso racchiusi nelle menti dei protagonisti e che cercavo di esplorare e descrivere, uscivano flash del recente passato dall’inizio della guerra.
The_British_Army_in_Sicily_1943_NA5335La guida principale nello scegliere di che cosa e come scrivere molte pagine di questo libro sono state le domande che mi ponevo. Esse nascevano dalla quotidianità dei personaggi che prendevano forma. Che cosa cucinavano? Come erano le automobili? Quando ha giocato l’ultima partita il Palermo Juventus e con chi? Come era il pane? La borsa nera era tutta malavita o era anche uno strumento per sopravvivere? Come riusciva la mafia a cavalcare questo momento disperato e che cosa si preparava a fare? Gli italiani chi odiavano di più come nemici in quegli anni? Gli americani o i tedeschi? E gli alleati come ci vedevano tra il 1941 e il ’43? Erano davvero dei liberatori o la nostra impressione storica non era completa? Gli ebrei, in fondo, nonostante le leggi razziali, soffrivano davvero una violenta discriminazione o era vero il detto comune “Italiani brava gente”?
Per ognuna di queste domande si rendevano necessarie una ricerca e un’analisi critica. Certo, è impossibile scrivere un romanzo di carattere storico senza studio e approfondimento: lavoro che ho fatto, perché era parte del piacere di costruire la vita dei protagonisti. Un lavoro che, però, ha dovuto quasi scomparire dalla vicenda e guai se fosse trapelato di più. Altrimenti il romanzo sarebbe rimasto sospeso in un limbo tra trattato storico e narrazione e non sarebbe mai sbocciato.
Molte situazioni minime sono legate alle esperienze di un bambino: il pane già da due anni senza il sesamo, la “mafalda”, che non si poteva sbocconcellare, pena punizioni terribili da parte del papà; la penicillina che arriva alla borsa nera portata dagli americani e più preziosa dell’oro; le caramelle delle suore; le macerie degli spaventosi bombardamenti di primavera a Palermo, ma che diventano un mondo fatato per i bambini che giocano a nascondersi con il più grande, Giuseppe. Sullo sfondo dei giochi di quel ragazzo cresciuto in fretta, si vede in tralice la tragedia della campagna di Russia.
capa-pal22sLa vera difficoltà per me non è stata approfondire gli argomenti, ma sfumarli e amalgamarli con la vita e l’animo dei personaggi.
Anna che piange il marito scomparso in Albania e che rifiuta la retorica di una medaglia al valore, fa intravedere le motivazioni politiche della campagna di conquista Italiana, ma esse restano sullo sfondo come il carboncino del pittore, che sfumando mette in evidenza i contorni delle figure, e nel libro fanno risaltare i sentimenti della donna che odia quella guerra e la violenza verso altri “poveracci” come loro. Nessun particolare è stato scelto a caso e tutti hanno avuto bisogno di approfondimento. In questo modo i miei personaggi hanno vissuto la loro storia in un tempo che non poteva essere che quello, perché loro sono frutto di quel tempo.
Ecco un’altra difficoltà legata alla storia minima dei personaggi e al loro comportamento sulla “scena”: devono essere uomini, donne e bambini di quel tempo e non possono avere tratti moderni nella loro descrizione e nel loro modo di esprimersi, di sentire. Per esempio non deve vedersi, come in certi vecchi film sull’antica Roma, un orologio al polso di un centurione. E questo, se si riesce, è tanto più difficile e meritorio per lo scrittore quanto più il tempo della narrazione è lontano dal suo.
Io non so se scriverò ancora un romanzo storico, ma certo ammiro chi riesce ad ambientare personaggi veri in tempi molto, molto remoti. Il mio personaggio “chiave” Tonio, mi permette di cavalcare il tempo e di narrare la Storia, senza uscire dalla trama.
Se dovessi descrivere con un’immagine il tempo del mio romanzo, potrei dire che contiene tutto quello dell’umanità e ancor di più, ma è come se si osservasse sullo schermo di un cinema un film in cui le immagini prima scorrono velocissime in un turbinio di colori da un passato inimmaginabile. Poi rallentano su un breve periodo, in una sempre più lenta carrellata, un po’ sfocata. Giungono finalmente a mettere a fuoco sette giorni per permettere all’osservatore-lettore di guardare, curioso e meravigliato, una vicenda tragica, misteriosa e fantastica allo stesso tempo.
Quando giunge alla sua conclusione, che conclusione non è, come nella vita vera, le immagini riprendono a scorrere velocissime verso un futuro di cui lo spettatore non riesce più ad intravvedere la fine.

Mario Nejrotti ha scritto, per la collana Romanzo Storico, Il Piede sopra il cuore