Roberta Andres e La sua Postazione

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Roberta Andres e La sua Postazione

Ogni autore possiede una propria postazione in cui le idee prendono forma e le parole scorrono velocemente sul monitor. Per i più conservatori esistono ancora gli scrittoi, carta, penna, talvolta calamaio. Tuttavia, a prescindere dal mezzo con cui si esprimono i pensieri, la magia che scaturisce è quella insita in ogni forma d’arte e noi vogliamo farvi vedere come se la cavano i nostri autori.

La mia postazione

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Qui scrivo, mi estraneo dallo scorrere vorticoso della vita quotidiana e mi immergo in me stessa cercando il filo che colleghi gli elementi dei miei racconti e dei miei romanzi.
Qui ho scritto “Le foto di Tiffany”, qui sto scrivendo altri romanzi che sono ancora in bozza; qui ho scritto anche moltissimi dei miei racconti usciti in varie antologie, tra cui “Io tornerò farfalla”, pubblicato dalla EEE in “Amore e morte”: un racconto che segna per me un momento importante sia per l’incontro con questa Casa Editrice e un bel gruppo di colleghi e collaboratori; sia per la delicatezza della tematica di questa Antologia.
Ricordando quel che la grande Virginia Woolf chiama “la stanza tutta per sé” ne ho curato e ne curo i particolari per sentirmi completamente a mio agio in questo angolo della mia casa, per proteggerlo dal flusso della vita che mi sta intorno senza farlo però inaridire.
Qui di solito lavoro di sera o di notte, quando è più facile star tranquilla e non essere disturbata. Spesso è in disordine, ma come dicono molte persone disordinate, è un disordine del tutto apparente, in realtà è un equilibrio preciso che rispecchia l’ordine dei miei pensieri e della mia “memoria di lavoro”, per cui solo sedendomi e guardandomi attorno io riesco a ritrovare all’istante il filo del discorso mentale che ho lasciato interrotto la sera prima.
Di solito, mentre scrivo, i miei gatti riescono comunque a intrufolarsi nella stanza e spesso si stendono sulla tastiera del computer chiedendomi attenzione e coccole. Cerco inutilmente di continuare a scrivere facendo finta di niente , scostandoli un po’ ma senza cacciarli perché mi fanno molta tenerezza, specialmente uno dei due, quello nero, con cui ho un rapporto speciale avendolo allevato.
I miei figli, invece, sono più discreti: sono cresciuti vedendomi alla tastiera e hanno imparato che quella parentesi è importantissima per la serenità della madre.

Piera Rossotti Pogliano e Il Gioco di Libri

Piera Rossotti Pogliano e Il Gioco di Libri

Talvolta è capitato di passare qualche ora in buona compagnia con gli amici, cercando di indovinare quale fosse il soggetto estratto e ponendo domande del tipo: “Se fosse una città, quale sarebbe?”

Ebbene, abbiamo chiesto ai nostri autori di abbinare il titolo del loro libro a una città, un personaggio, un piatto tipico e una canzone. Ed ecco uno dei risultati.

Il diario intimo di Filippina de Sales, marchesa di Cavour

Sinossi

 il diario intimo di Filippina Il punto di partenza di Diario Intimo è stato la ricerca storica, ed in particolare la ricerca della risposta alla domanda: si può parlare di un Piemonte giacobino e napoleonico? In fondo, si tratta di un periodo talmente breve, soltanto un quindicennio, che forse è esagerato considerare tanto importante.
A mano a mano che approfondivo l’argomento, che mi perdevo tra ricerche d’archivio e contributi di studiosi di grande rilievo, mi rendevo conto che non sarei mai riuscita a trovare una risposta assoluta. L’unica possibilità era dare una risposta “parziale”, cioè guardare quel periodo attraverso gli occhi di un personaggio che me lo potesse far comprendere meglio.
Leggendo l’opera fondamentale che Rosario Romeo ha scritto su Cavour, e poi la corrispondenza degli anni giovanili dello statista, ho trovato a più riprese allusioni alla nonna paterna, Filippina de Sales, una Savoiarda venuta sposa giovanissima a Torino, nel 1781, deceduta nel 1849. Di quanta grande Storia è stata testimone questa donna, da un osservatorio privilegiato come quello che le poteva offrire una famiglia così in vista!
Dalla Rivoluzione francese, al periodo del Consolato e dell’Impero napoleonico, quando il Piemonte è diventato parte integrante della Francia, alla Restaurazione, fino all’inizio delle guerre per l’Indipendenza.
Allora, ho provato a guardare attraverso i suoi occhi.
Ma non c’era soltanto la grande Storia, c’erano anche tutte le minuzie della quotidianità. Così, mi sono inventata il suo Diario, per raccontare.
In fondo, troverete una bibliografia, ma questo è un ROMANZO, scusate se lo “scrivo a voce alta” utilizzando il carattere maiuscolo. È documentato con attenzione, ma NON è un documento storico.
Marguerite Yourcenar ha scritto, nei suoi Carnets allegati ai Mémoires d’Hadrien: “ In un modo o nell’altro, ricostruiamo sempre il passato a modo nostro. È già molto utilizzare solo pietre autentiche”.
Questo ho tentato di fare, ma posso anche dire, imitando Flaubert, che, almeno un pochino, “Philippine, c’est moi”. Non so se lei sarebbe d’accordo, io sono una proletaria miscredente, lei era una dama di antica nobiltà, pronipote di San Francesco di Sales. Ma ho cercato di entrare nella sua mente e nel suo cuore.
Se ci sono riuscita, potrà dirlo il lettore.

Se “Il diario intimo di Filippina de Sales, marchesa di Cavour ” fosse

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Una città: Torino

Sicuramente Torino, una Torino parruccona di fine Settecento, ancora chiusa dalle mura, dove Filippina arriva diciannovenne, sposa di Filippo di Cavour, che ha il doppio dei suoi anni. Abituata ai paesaggi aperti e all’aria pura della Savoia, la prima cosa che la colpisce è la puzza della città, degli escrementi dei cavalli, dei rigagnoli al centro delle strade per lo scolo di liquami ed immondizie. Filippina apprezza però anche le prospettive della città, le vie larghe e dritte, i bei palazzi, tra cui Palazzo Madama, che unisce una maestosa parte medievale a una parte settecentesca, dovuta all’architetto Juvarra (la foto di Torino è appunto scattata dal fastigio di Palazzo Madama: a sinistra, la cupola di S. Lorenzo del Guarini, al centro la torre campanaria del Duomo, un pezzo di Palazzo Reale e la cupola della Sindone, sempre del Guarini).

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Un piatto: Biscottini alle nocciole

I biscottini alle nocciole, molto apprezzati dagli ospiti di Filippina. Ecco la ricetta originale:

Pelare le nocciole appena tostate e ben pestare in un mortajo con un pugillo di zuccaro, affinché non facciano olio; sbatterle per lo spazio di un quarto d’ora con un’oncia di farina, tre rossi d’uova e quattr’once di zuccaro fino, aggiugnendovi poi quattro bianchi d’uova sbattuti; mettete la pasta nelle forme di carta fatte in forma di cassa, della larghezza e altezza di due dita, unte al di dentro con butirro, coprendo poscia i biscottini con zuccaro e facendoli cuocere lentamente nel forno; quando saranno ben coloriti, levateli dalla carta che siano ancor caldi. (Anonimo, Il cuoco piemontese, Milano, Silvestri, 1832).

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Un personaggio: Camillo di Cavour

Il giovane Camillo di Cavour, che amava moltissimo la nonna Filippina. Quando, nel 1848 viene proclamato lo Statuto albertino, Camillo, appena entrato in politica, è molto contento, mentre la nobiltà torinese è assai preoccupata. Filippina, invece, è serena. “Ci intendiamo a meraviglia, voi ed, io, cara nonna” le dice il nipote, fregandosi le mani. “Ci intendiamo perché anche voi siete sempre stata un po’ giacobina!” Giacobina una gran dama come Filippina di Cavour! Solo il giovane Camillo poteva dirle impunemente una cosa simile

Una canzone: Cavatina dal Barbiere di Siviglia di Paisiello

Piuttosto una musica, magari la bella Cavatina dal Barbiere di Siviglia di Paisiello (1782). Paisiello era molto amato nella Torino settecentesca.

Dettagli del libro

  • Formato: Formato ebook – cartaceo
  • Dimensioni file: 443 KB
  • Lunghezza stampa: 280
  • Editore: EEE-book (7 aprile 2012)
  • Venduto da: Amazon – Kobo
  • Lingua: Italiano
  • ISBN: 978-88-6690-025-2
  • Formato: Formato Cartaceo
  • ISBN: 978-88-6690-040-5
  • Numero pagine:245

Andrea Tavernati e Il suo Libro da Gustare

libri-da-gustareAndrea Tavernati e Il suo Libro da Gustare

Lo spazio Libri da Gustare vuole stimolare la fantasia dei lettori e non solo quella. Dal momento che il vecchio detto recita che “il cibo nutre lo stomaco e i libri saziano la mente“, abbiamo pensato di stuzzicare i nostri autori proponendo loro di abbinare i titoli delle loro opere a una ricetta, un qualcosa che possa identificare e dare soddisfazione anche al palato.

L’Intima Essenza

Tagliere di formaggi

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Tagliere di formaggi

Abbinate alla lettura dell’Intima Essenza – La Via degli haiku – un tagliere di formaggi. Vi aspettavate un piatto sushi, oggi tanto alla moda? Troppo facile. E poi io apprezzo molte cose della cultura giapponese, ma la cucina… proprio no. E poi i miei haiku hanno a che fare con la tradizione zen, ma anche con la letteratura occidentale. Insomma un bel melting pot. Perché proprio un tagliere di formaggi? Perché è come una silloge di poesie, nella quale ogni singolo testo ha un suo sapore, ma tutti insieme creano un’atmosfera che è unica e inimitabile. Perché, come una silloge di poesie, è un’arte di abbinamenti, basata su consonanze e contrasti, sorprese e piccole rivelazioni. Perché, come l’haiku, ha le sue regole da rispettare e ha a che fare con il tempo, una successione che è un viaggio e una escalation, che si può fare solo in una direzione. Tornare indietro è impossibile. Infine, perché quando hai finito rimane lo stesso senso di vuoto che, stranamente, non è un’assenza, ma una pienezza senza sostanza e senza un centro. Quella cosa tanto simile a un’anima

Ingredienti

Formaggi q.b. uno morbido, due semiduri e due duri

Preparazione

Bisogna partire da un presupposto: ogni prodotto deve essere accompagnato da un altro alimento semplice o lavorato. Frutta, verdura, pane sono le prime cose che vengono in mente.
Ma questo è, fortunatamente, un campo dove si può essere creativi, anche in modo personale, fino ad arrivare all’eccentricità.
Tanto per capirci, tutto quello che nasce accanto ai formaggi, nei campi, nei prati, sugli alberi e sotto terra potrà essere accostato, non solo al naturale, ma anche nelle sue ulteriori lavorazioni.
Indispensabile comporlo con formaggi di varie regioni, in modo da far assaggiare più prodotti diversi tra loro.

  1. Il senso del tagliere (di legno o di ceramica) deve essere a “orologio”, cioè deve partire dai formaggi a pasta molle per continuare con i semistagionati e per finire con quelli a pasta dura stagionati. Per incontrare il gusto di tutti, disponetene almeno 5: uno morbido, due semiduri e due duri. Suggerite il primo da cui partire.
  2. Servite i formaggi a temperatura ambiente, tirateli fuori dal frigo da una a due ore prima di servirli.
  3. Elaborate un piccolo menù con una breve descrizione dei formaggi presenti e il loro miglior abbinamento con miele, confetture o altro (e, se presente, con il vino).
  4. Accompagnate il tagliere con confetture e mieli in piccole ciotole.Il formaggio è un alimento praticamente privo di zuccheri. Gli zuccheri apportati dal miele o dalle marmellate trovano così il loro naturale alimento complementare, creando un equilibrio di gusto. In linea di massima, miele e marmellate si abbinano a formaggi di elevata aromaticità. Il miele di acacia può andar bene anche per formaggi di media aromaticità. Da tener presente che i formaggi freschi, invece, vengono “coperti” dall’aroma del miele.
  5. Ogni formaggio preferisce un tipo di taglio diverso, per conservare il sapore, ma anche la forma e la presenza. Ad esempio: i formaggi tipo Fontina vanno tagliati in pezzi triangolari; il Parmigiano Reggiano si taglia a scaglie; il formaggio di pecora e il formaggio di capra si affettano.
  6. Fornite coltelli diversi: per i formaggi a pasta molle, per i semiduri, per i duri.

Cosa bere con un tagliere così articolato? Ecco uno schemino utile.
Formaggi di bassa intensità aromatica: vini bianchi secchi.
Formaggi di medio bassa a media intensità aromatica: vini rossi d’annata.
Formaggi di media o medio elevata intensità: vini rosso invecchiati.
Formaggi di elevata intensità aromatica: vini liquorosi, passiti

Preparazione tratta da: www.formaggio.it

L’Intima Essenza

Se togli tutto il superfluo, l’inutile e il secondario che occupa la tua vita. Se togli quello che hai, quello che fai e che devi fare, ciò che è legato alle abitudini e alle necessità sociali, ciò che ubbidisce alle leggi, ciò che hai ereditato dai padri, ciò che ti impone il gruppo, ciò in cui hai scelto di credere, ciò che dipende dagli affetti, ciò che ti fa piacere e che hai imparato ad amare o ad odiare, ciò che rifiuti e ciò che accetti. Se togli tutto questo, rimane qualcosa? Questo qualcosa si può esprimere in parole?
L’Intima Essenza è la disciplina e l’esito di questa ricerca. Non è un semplice agglomerato di haiku, ma un percorso conoscitivo attraverso la forma poetica più precisa: recuperare l’essenza della parola attraverso una scelta di asciuttezza e concentrazione. È stata una sfida e una battaglia. Alla fine il libro si è imposto sull’autore. La scoperta dell’intima essenza interiore l’ha sorpreso quanto lo sperimentare quella della parola.

Dettagli del libro

  • Formato: Formato ebook
  • Dimensioni file: 196 KB
  • Lunghezza stampa: 189
  • Editore: EEE-book (2 settembre 2013)
  • Venduto da: Amazon – Kobo
  • Lingua: Italiano
  • ISBN: 978-88-6690-144-0

Manuela Leonessa e Il Gioco di Libri

gioco-di-libriManuela Leonessa e Il Gioco di Libri

Talvolta è capitato di passare qualche ora in buona compagnia con gli amici, cercando di indovinare quale fosse il soggetto estratto e ponendo domande del tipo: “Se fosse una città, quale sarebbe?”

Ebbene, abbiamo chiesto ai nostri autori di abbinare il titolo del loro libro a una città, un personaggio, un piatto tipico e una canzone. Ed ecco uno dei risultati.

Sarà mica per Sempre

Sinossi

 Leonessa_EST Alice è morta annegata, ma l’assassino l’ha poi rinchiusa nella sua auto e ha collegato il tubo di scarico all’abitacolo per simulare un suicidio. Perché? Non certo per depistare le indagini alle quali è bastata l’autopsia per svelare la messinscena. Sembra, piuttosto, il rispetto di un rituale, di un sacrificio umano. La polizia archivia il caso, ma Emma, la migliore amica di Alice, esige delle risposte e convince l’ispettore Moreno a proseguire le indagini, almeno in via ufficiosa. Al loro fianco anche Barbara, psicologa radiata dall’albo per un errore letale, che si mantiene come domestica presso la famiglia di Alice.Forse Alice è morta al posto di qualcun altro?E chi è la misteriosa Savana? La sua storia si intreccia a quella di Emma e Alice in quello spazio ignoto che è la follia umana, e la soluzione di questo thriller psicologico ambientato a Torino sarà sconcertante e terribile.

Se “Sarà mica per Sempre” fosse

 torino

Una città: Tutte ma non lei

Se chiedessi a voi con quale città abbinereste il mio romanzo cosa rispondereste? Con un margine di errore che reputo bassissimo, direi, Torino, perché è la città in cui è ambientato il romanzo e anche quella in cui vivo. Ma quello dei thriller è un genere che si nutre di imprevisti, colpi di scena, e suspense. Proponendovi la città sabauda, non stupirei nessuno e non avrei centrato l’obiettivo. Ma se la città fosse Senigallia, oppure Forlimpopoli vi chiedereste incuriositi il perché, e continuereste a leggermi per scoprire la risposta

 zeppole

Un piatto: Le zeppole

Perché vicino a casa mia c’è un posto dove le fanno buonissime. Pertanto, per me che amo la dolcezza in tutte le sue forme, e credo nel valore terapeutico dello zucchero, abbinare il mio romanzo a un dolcetto ben fatto suona come un augurio.

Se dopo averlo letto avrete la sensazione che la vita vada un po’ meglio, ditemelo. Mi verrà il diabete e sarò felice.

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Un personaggio: Charlie Chaplin

Perché ha saputo essere un personaggio, allo stesso tempo, ironico e toccante, e non mi dispiacerebbe scoprire come ha fatto

Una canzone: Ederlezi di Goran Bregovich

Perché ascoltarla a tutto volume è ogni volta un’emozione forte. Una di quelle che mi serra la gola. Non importa se l’ho già ascoltata centinaia di volte, scopro sempre qualcosa di nuovo, un accordo nascosto, un violino di cui non mi ero mai accorta, un’emozione diversa. E penso che un buon libro debba essere come lei, capace di avere sempre qualcosa di nuovo da dire

Dettagli del libro

  • Formato: Formato ebook
  • Dimensioni file: 2240 KB
  • Lunghezza stampa: 273
  • Editore: EEE-book (13 aprile 2016)
  • Venduto da: Amazon – Kobo
  • Lingua: Italiano
  • ISBN: 978-88-6690-306-2

Danae Lorne e La sua Postazione

la-mia-postazioneDanae Lorne e La sua Postazione

Ogni autore possiede una propria postazione in cui le idee prendono forma e le parole scorrono velocemente sul monitor. Per i più conservatori esistono ancora gli scrittoi, carta, penna, talvolta calamaio. Tuttavia, a prescindere dal mezzo con cui si esprimono i pensieri, la magia che scaturisce è quella insita in ogni forma d’arte e noi vogliamo farvi vedere come se la cavano i nostri autori.

La mia postazione

 

postazione

Ecco la mia postazione, il mio angolino di mondo dove creo e comunico. Con la finestra accanto che mi ricorda di allungare ogni tanto lo sguardo oltre i recinti della mia immaginazione, i fiori che mettono allegria e le foto, i ricordi… i miei disegni, i ninnolini comprati in giro. Qui raccolgo le idee e le fermo su carta… elettronica, qui mi lascio ispirare dalla musica e dalle immagini che mi regala la mia terra, splendida ricca terra: la Toscana. È il suo mare con i suoi suggestivi tramonti che mi ridà ossigeno e vigore e che ha ispirato la mia trilogia. È qui che i miei personaggi hanno preso vita. Nelle sue spiagge assolate e odorose di pino, tra le mura dei suoi borghi eterni e per le vie delle sue città più belle che, ancora oggi, dopo venti anni mi incantano e mi ispirano continuamente.

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La foto che vi allego è una delle colonie più pittoresche di Calambrone, una zona di mare posta tra marina di Pisa e Livorno, il luogo dove idealmente sorge la casa dall’ampia terrazza sulla spiaggia di Giulia, la mia protagonista. È un posto che ho amato e frequentato per molto tempo. Ebbene, c’è stato un momento, dopo la pubblicazione del mio primo romanzo Il canto delle cicale, e anche dopo, mentre scrivevo il secondo volume della trilogia (secondo Sottopelle, terzo Cuore mancino), in cui l’immaginazione si confondeva a tratti con la realtà, e i mie personaggi erano diventati così vivi e presenti che ogni volta che mi capitava di passare da lì mi sembrava quasi di poterli scorgere, magari affacciati ad un balcone o in spiaggia a passeggiare mano nella mano, gustandosi quel cielo che anch’io stavo guardando qualche km più in là. Era una sensazione confortante ed estremamente esaltante. “Gli scrittori sono fortunati” diceva Virginia Woolf “vivono più vite, la loro e quella dei loro personaggi”.

Daniela Vasarri e Il suo Libro da Gustare

libri-da-gustareDaniela Vasarri e Il suo Libro da Gustare

Lo spazio Libri da Gustare vuole stimolare la fantasia dei lettori e non solo quella. Dal momento che il vecchio detto recita che “il cibo nutre lo stomaco e i libri saziano la mente“, abbiamo pensato di stuzzicare i nostri autori proponendo loro di abbinare i titoli delle loro opere a una ricetta, un qualcosa che possa identificare e dare soddisfazione anche al palato.

Maeva, la benvenuta

Som Tum

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Som Tum

Il Som Tum è una tipica insalata preparata con papaia, arachidi e gamberetti. Si può scegliere una variante piccante e si mangia accompagnata con lo sticky rise, un riso cotto al vapore utilizzato in Thailandia come sostituto del pane.

Ingredienti

1 papaya verde sbucciata e sminuzzata (circa 4 tazze) – 6 spicchi d’aglio – 1 peperoncino essiccato immerso in acqua – 7 grani di pepe – 1 cucchiaio di succo di tamarindo – 3 cucchiai di salsa di pesce – 3 cucchiai di zucchero di palma – 2 cucchiai di succo di lime – 1⁄4 tazza di pasta di gamberetti essiccati – 1⁄4 tazza di lime tagliato a cubetti – ortaggi vari affettati a piacere

Preparazione

Schiacciate dolcemente nel mortaio la papaya sminuzzata; rimuovetela e mettetela da parte.
Nel mortaio frantumate separatamente l’aglio, il peperoncino essiccato, i grani di pepe, e miscelate tutti gli aromi.
In una casseruola bollite il succo di tamarindo, la salsa di pesce e lo zucchero fino ad ottenere un’amalgama.
Togliete la casseruola dal fuoco, lasciate raffreddare, aggiungete li succo di limone e incorporatevi la miscela di aromi.
Aggiungete la papaya schiacciata, la pasta di gamberetti essiccati, i cubetti di lime e miscelate il tutto.
Servite l’insalata guarnita con lattuga e altri ortaggi.

Fonte: Taccuini storici

Maeva, la benvenuta

Matilde è una donna moderna e coraggiosa, oltre che dannatamente ostinata. Non più sposata, decide di inseguire il proprio sogno di maternità, negatole nel precedente matrimonio e di affrontare da sola le fatiche e i dubbi di un’adozione. La nuova condizione è  un’operazione delicata e affascinante, di certo anche coinvolgente ma spesso difficoltosa, proprio perché vissuta come unico genitore. Negli incontri dei personaggi che vivono indirettamente con lei questa esperienza, Matilde sa ben destreggiarsi perché possiede una guida interiore e un affetto giovanile ricorrente nella memoria, che le daranno la forza anche di migliorarsi.

Parte quindi in direzione Thailandia e, dopo aver superato la burocrazia e la diffidenza del personale dell’orfanotrofio, incontra così Maeva, che diviene finalmente sua figlia adottiva. Maeva è una piccola bimba, scampata miracolosamente al terribile tsunami del duemila e quattro. Bangkok è la cornice della prima parte di quest’ adozione.

Ritornata in Svizzera, dove ha la sua residenza, Matilde muove, passo dopo passo, la propria vita materna scoprendo di possedere una saggezza istintiva che le permette di fare grandi progressi nel rapporto madre figlia.

Ma un problema di salute della bambina, derivante dalla fragilità del clima thailandese, disorienta e spaventa la vita di Matilde inducendola a desiderare una stabilità condivisa, accanto ad un uomo.  Quando tuttavia sta per cedere al corteggiamento del dottor Martella, ricompare Franci, migliore amico d’infanzia di Matilde e guida interiore.

Dettagli del libro

  • Formato: Formato Kindle
  • Dimensioni file: 653 KB
  • Lunghezza stampa: 107
  • Editore: Edizioni Esordienti E-book (27 maggio 2015)
  • Venduto da: Amazon – Kobo
  • Lingua: Italiano
  • ISBN: 978-88-6690-255-3

Claudia Lo Blundo e La sua Postazione

la-mia-postazione

Claudia Lo Blundo e La sua Postazione

Ogni autore possiede una propria postazione in cui le idee prendono forma e le parole scorrono velocemente sul monitor. Per i più conservatori esistono ancora gli scrittoi, carta, penna, talvolta calamaio. Tuttavia, a prescindere dal mezzo con cui si esprimono i pensieri, la magia che scaturisce è quella insita in ogni forma d’arte e noi vogliamo farvi vedere come se la cavano i nostri autori.

La mia postazione

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Lo  capisco, è risibile, criticabile: ma come? Lavori in cucina?

Sì, in cucina, anche se al di là della parete c’è lo studio con la sua brava scrivania, la scrivania più piccola per il pc portatile, etc etc.

Ma lì mi sento isolata dal mondo!

Invece, qui, dalla cucina, guardo in terrazza e vedo i gatti che arrivano, gli uccellini che vengono a smangiucchiare quello che butto loro, le nuvole in cielo e, in lontananza, i mondi che cambiano colore col variare delle stagioni.

Da anni, per la precisione sette, ormai la mia postazione è questa. Qui sono nati i miei ultimi lavori pubblicati, tutti i racconti di Riflessi allo specchio (il gruppo Facebook che ospita i testi di 7 giorni di follie) e qui continuerò a scrivere.

Perché qui? Beh è chiaro da quello che si vede e che ho a portata di mano: sul tavolo da cucina c’è posto per tanta roba mangereccia, come dire: il cervello ha bisogno di essere nutrito mentre partorisce pensieri.

Cinzia Morea e Il suo Libro da Gustare

libri-da-gustareCinzia Morea e Il suo Libro da Gustare

Lo spazio Libri da Gustare vuole stimolare la fantasia dei lettori e non solo quella. Dal momento che il vecchio detto recita che “il cibo nutre lo stomaco e i libri saziano la mente“, abbiamo pensato di stuzzicare i nostri autori proponendo loro di abbinare i titoli delle loro opere a una ricetta, un qualcosa che possa identificare e dare soddisfazione anche al palato.

Costantino e Rosa Scompiglio

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Cartellate

La ricetta che più mi ricorda Costantino e Rosa Scompiglio è quella di un dolce che mia mamma, emiliana, imparò a fare dalla mia nonna paterna: le cartellate, rose di sottilissima sfoglia croccante intinte in un bagno di miele caldo.
Dolci di Natale che, passato S. Ambrogio sarebbe sicuramente possibile trovare anche sulla tavola imbandita della Teiera di Bisù, la caffetteria prediletta da Rosa nei bui pomeriggi autunnali, hanno un sapore inimitabile.
Ricordo di averli visti per la prima volta accatastati a formare una piramide dorata, nell’aprire gli sportelli della dispensa, nel corso una delle vacanze invernali trascorse in Puglia. Non potei mangiarli subito –mancavano ancora un paio di giorni a Natale- ma è ricordando quel momento che risento il sapore dolce e friabile della sfoglia sulla lingua, e inizia il mio viaggio nei Natali passati.
È un sapore struggente, magico e un po’ misterioso, come la fantasia che ho messo nel mio libro, che fa sì che, come per il pan di via degli elfi, consumato da Frodo e dagli amici della compagnia dell’Anello nelle loro peregrinazioni verso est, sia difficilissimo non mangiare un’altra cartellata e poi un’altra, una volta che se ne abbia gustato il primo pezzetto.
La ricetta è ancora quella tramandata da mia nonna, Anna Francesca di Paola Sportelli, che non sapeva leggere, ma aveva dita inimitabili nel tirare la sottilissima sfoglia e nell’arrotolarla a formare le delicate rose da friggere: possiate anche voi condividere un po’ della sua pazienza e maestria, il risultato vi ripagherà.

Ingredienti

½ kg di farina, 100 g di olio extravergine d’oliva + quello per friggere, ¼ panetto di lievito di birra, 2 arance e 1 limone, acqua q.b.

Preparazione

Scaldare in 100 g di olio extravergine d’oliva le scorze di un limone e di un’arancia private della parte bianca amara. Successivamente togliere le scorze e impastare la farina con l’olio caldo e acqua calda, quanta la farina ne richieda per ottenere una pasta elastica e asciutta.
Tirare la pasta così ottenuta in una sfoglia molto sottile, ricavarne con il tagliapasta delle striscioline di circa 1 cm di larghezza, piegarle delicatamente a metà per il senso della lunghezza e unire i due lembi ogni 2 cm circa. Arrotolare poi le strisce così ripiegate, facendo aderire la sfoglia del cerchio più interno con quella del cerchio più esterno là dove i lembi non siano già uniti, in modo da ottenere delle rose.
Friggere le cartellate in olio extravergine di oliva nel quale sia stata aggiunta la scorza di un’arancia. Metterle a scolare su un vassoio, con il fondo piatto rivolto verso l’alto. Lasciarle raffreddare.
Una volta raffreddate passarle ad una ad una in una pentola di miele caldo (se il miele arriva a bollore aggiungere pochissima acqua), quindi disporle a piramide su un vassoio.

Costantino e Rosa Scompiglio

È ora di tornare a scuola, e Costantino si trova a doversi misurare con numerosi impegni, il liceo, le lezioni di magia, e con difficili promesse da mantenere: liberare Priscilla, la ragazza del suo amico Maurizio, dalla strega Garulfa, che ne tiene in ostaggio tre quarti di vita, e riempire il mondo di alberi, ma soprattutto si dibatte nelle difficoltà che richiede vivere insieme alla sua nuova amica a quattro zampe, la cucciola Nube. Un educatore cinofilo, Ernesto, lo potrebbe aiutare, ma sta trascurando un po’ il lavoro perché la sua fidanzata, Rosa Scompiglio, lo ha lasciato e lui non sa più dove sia. Costantino gli propone un accordo, lui la rintraccerà in cambio dell’aiuto con Nube. Costantino trascura così il problema di Priscilla e Maurizio, furibondo, cerca aiuto altrove, cacciandosi in mani ancora peggiori di quelle di Garulfa. Per aiutarlo Costantino dovrà far ricorso, suo malgrado, alla magia, una magia, forse, troppo potente per lui…

Dettagli del libro

  • Formato: Formato ebook
  • Dimensioni file: 1841 KB
  • Lunghezza stampa: 159
  • Editore: EEE-book (26 ottobre 2015)
  • Venduto da: Amazon – Kobo
  • Lingua: Italiano
  • ISBN: 978-88-6690-272-0

Emanuele Gagliardi e il Gioco di Libri

gioco-di-libriEmanuele Gagliardi e il Gioco di Libri

Talvolta è capitato di passare qualche ora in buona compagnia con gli amici, cercando di indovinare quale fosse il soggetto estratto e ponendo domande del tipo: “Se fosse una città, quale sarebbe?”

Ebbene, abbiamo chiesto ai nostri autori di abbinare il titolo del loro libro a una città, un personaggio, un piatto tipico e una canzone. Ed ecco uno dei risultati.

Nero pesto

Sinossi

 nero-pesto Roma, 1979. Sono gli anni in cui eversione nera e terrorismo rosso insanguinano la Capitale aggiungendosi agli attacchi diretti allo Stato culminati nel rapimento e uccisione di Aldo Moro. Omicidi, sequestri, rapine, violenze hanno spesso connotazione ideologica e così, quando un portinaio di 60 anni iscritto al MSI, Alfredo Mancini, viene trovato morto, orrendamente mutilato, il commissario capo della Squadra Mobile Umberto Soccodato si indirizza senza esitare sulla pista politica, benché le caratteristiche del delitto lascino ipotizzare un movente passionale forse omosessuale. Qualche giorno dopo, nello stesso stabile, avviene un secondo omicidio. A parte il teatro dei delitti e le simpatie destrorse delle vittime, non parrebbe esserci un comune denominatore tra i due casi. Ma è davvero così? Soccodato e i suoi collaboratori si muovono non senza grossi rischi e affanni nel sottobosco del terrorismo neofascista che per le sue aderenze con gli ambienti istituzionali e con la grande criminalità capitolina si rivela un nemico quanto e forse più insidioso delle temibili e meglio organizzate formazioni eversive di sinistra.

Se “Nero pesto” fosse

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Una città: Roma

Non potrebbe essere che Roma. Non tanto perché è la città dove ho ambientato il romanzo, sarebbe ovvio, ma perché un intrigo tra grande criminalità e terrorismo, tra potere e alta società corrotta, giustizia ossequiente, polizia impotente non potrebbe avere altro teatro

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Un piatto: Pasta alla gricia

Considerata l’antenata della pasta all’amatriciana, la Gricia è uno dei piatti più famosi della cucina laziale.

In comune l’Amatriciana ha guanciale, pecorino romano e pepe, manca invece il pomodoro perché le origini della pietanza sarebbero addirittura precedenti alla sua importazione in Europa. I formati di pasta più adatti per la Gricia sono bucatini e tonnarelli oppure, andando sul corto, rigatoni.

fonte: Giallo Zafferano

Lo scorcio degli Anni ’70 (la vicenda di Nero Pesto si svolge nel 1979) segna l’acme di un’escalation di violenza innescata più o meno direttamente dalla rivoluzione culturale del Sessantotto che aveva tra le sue istanze anche una generale (molto spesso solo teorica) proletarizzazione dei costumi. Così anche piatti “proletari” come la Gricia (la sua ricetta è attribuita ai pastori della campagna romana) compaiono nei menù della borghesia tendente al radical-chic che muove i primi passi in questo periodo

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Un personaggio: Mario Amato 

(magistrato – 1937-1980)

Il giudice Mario Amato (che compare nel mio romanzo) è l’incarnazione della drammatica congiuntura su cui si innesta la storia narrata in Nero Pesto. Erede unico del giudice Vittorio Occorsio, ucciso dal leader di Ordine Nuovo Pierluigi Concutelli nel 1976, Amato si ritrova sulle spalle tutta la responsabilità delle inchieste sul terrorismo nero. In vano chiede più volte ai suoi superiori di essere coadiuvato per portare avanti il duro lavoro. Inviso, oltre che dai neofascisti, anche da molti colleghi simpatizzanti di destra (soprattutto da Antonio Alibrandi, padre di Alessandro, terrorista dei Nuclei Armati Rivoluzionari legato a Giusva Fioravanti), continua le sue inchieste in desolante solitudine fino al mattino del 23 giugno 1980 quando, mentre attende l’autobus (gli era stata negata anche l’auto blindata) poco lontano da casa, viene raggiunto alle spalle da Gilberto Cavallini (pure lui esponente dei NAR) che gli spara alla nuca.

Una canzone: Il mio canto libero (Mogol-Battisti)

Un successo di Lucio Battisti di qualche anno prima (1972-73) che però connota egregiamente un decennio senza assumerne temi dichiaratamente (a volte forzatamente) “impegnati” (all’epoca sinonimo quasi esclusivo di “di sinistra”) propri della produzione di altri cantautori coevi. Battisti attraversa gli anni Settanta senza lasciarsi catturare dai trend, dalle tematiche dominanti, dalle atmosfere plumbee della cronaca e mantenendo una solare speranza… proprio come il commissario Soccodato del mio romanzo.

Dettagli del libro

  • Formato: Formato Kindle
  • Dimensioni file: 1576 KB
  • Lunghezza stampa: 363
  • Editore: Edizioni Esordienti E-book (26 ottobre 2016)
  • Venduto da: Amazon – Kobo
  • Lingua: Italiano
  • ISBN: 978-88-6690-332-1

Andrea Tavernati e La sua Postazione

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Andrea Tavernati e La sua Postazione

Ogni autore possiede una propria postazione in cui le idee prendono forma e le parole scorrono velocemente sul monitor. Per i più conservatori esistono ancora gli scrittoi, carta, penna, talvolta calamaio. Tuttavia, a prescindere dal mezzo con cui si esprimono i pensieri, la magia che scaturisce è quella insita in ogni forma d’arte e noi vogliamo farvi vedere come se la cavano i nostri autori.

La mia prima postazione

 

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La mia prima postazione è, ahimè, questa. Come vedete non è un granché. Nessuna elevata tecnologia, nessun antro delle meraviglie, nessuna lampada da sfregare e nessuna boccia magica da consultare. Soprattutto nessuna musa ispiratrice. Anzi, la situazione che vedete è falsa. In realtà, per poter scattare questa foto ho dovuto aspettare che le persone che occupavano quelle poltroncine davanti a me – dei perfetti sconosciuti – si alzassero.

I treni delle Ferrovie Nord Milano – FNM, per gli amici – che frequento ogni giorno per andare e tornare dal lavoro, rigorosamente riempiti e finanziati da pendolari come me, sono la mia prima e quotidiana postazione di lavoro. Non l’unica, per fortuna, poi c’è un lungo lavoro di riflessione e ripensamento che avviene in postazioni più tranquille ed adeguate al pensiero razionale – e irrazionale -. Ma questa è la postazione delle prime stesure, a mano e mediante penna Bic – lo so, potrei munirmi di un portatile, ma i pensieri sono miei e preferisco che anche la prima scrittura sia la mia, personale e diversa da quella di chiunque altro – e anche delle prime correzioni, come quella che vedete nella foto, anche queste a mano, sul dattiloscritto.

Cap. XIII del romanzo (romanzo?) che sto scrivendo ormai da anni. Per la parola fine (fine?) ci rivediamo tra un altro paio di anni, credo. Così tra scioperi, rigorosamente il venerdì, treni soppressi – ma come si fa a “sopprimere” un treno? – guasti e ritardi di 45 minuti su un percorso di 40 – quindi non è partito? – la scrittura procede sui suoi binari, in questo caso gli stessi delle FNM, letteralmente. È una postazione cui sono particolarmente affezionato, nonostante tutto. Siccome i pendolari che prendono lo stesso treno ogni giorno alla stessa ora e alla stessa stazione sono più o meno sempre gli stessi, che cosa penseranno di questo stakanovista musone che lavora sempre anche in treno, evita accuratamente gli attacca-bottone delle fermate obbligatorie e cambia perfino posto se accanto a lui si siede qualche coppia particolarmente loquace?

Bisogna dire che da quando si è diffusa la moda degli smartphone la gente in treno parla molto meno. Ciascuno immerso nella sua virtualità, dialoga, magari con qualcuno dall’altra parte del mondo, ma molto più silenziosamente di prima.

Grazie Facebook, grazie Whatsapp! Tutti gli scrittori da treno vi sono immensamente grati. Certo, così la gente non legge, almeno nel senso tradizionale del termine, ma tanto già non lo faceva anche prima degli smartphone.