Le donne guerriere più famose della Storia

Le donne guerriere più famose della Storia

 

I reparti regolari femminili al fronte apparvero solo nel ‘900. Ma nei secoli precedenti non sono mancati esempi di guerriere e condottiere molto valorose.  Ecco le più famose.

di GIULIANA ROTONDI

I primi reparti militari formati da sole donne, in Europa, sono nati nel Novecento. Uno dei primi fu istituito in Russia durante la prima guerra mondiale (1917): erano i battaglioni femminili della morte – nella foto – ed erano composti da donne che si offrivano volontarie per combattere in prima linea. Però nei secoli precedenti non sono mancati casi di condottiere scese sui campi di battaglia per difendere il loro popolo. E se quello delle donne amazzoni è un mito, alimentato probabilmente da alcune guerriere scite che combattevano a cavallo, sono tutt’altro che leggendarie le storie di donne e regine che hanno davvero impugnato le armi in nome di un’ideale o per difendere i confini del proprio territorio. Ecco alcune delle guerriere più famose della Storia.

L’AMICA DEI PERSIANI

Artemisia (VI-V secolo a.C.) fu sovrana di Alicarnasso, un piccolo centro in Asia Minore. Durante la seconda guerra persiana si schierò contro i Greci al fianco dell’Impero persiano. Secondo Erodoto (484-430 a.C.), anche lui di Alicarnasso, la regina partecipò alla battaglia di Salamina (480 a.C.) e, quando la situazione volse a sfavore dei Persiani, capendo che non c’era più margine di vittoria, si mise in salvo grazie a un originale stratagemma: ordinò ai marinai di sostituire le insegne con altri contrassegni che riproducevano i colori e i simboli della flotta greca. A battaglia conclusa, continuò a interessarsi alle sorti della guerra. Il re dei re Serse la consultò più volte e la ricompensò anche con una armatura greca.
Nella foto Eva Green interpreta Artemisia nel film “300 L’alba di un impero”.

LA VENDICATRICE

Tomiri (VI secolo a.C.), regina dei Massageti, è diventata famosa per aver sconfitto e ucciso l’imperatore persiano Ciro il Grande (530 a.C.) quando questi invase il suo paese per conquistarlo. Il suo spirito truce è diventato leggendario: per vendicare la morte del figlio ucciso da Ciro in un combattimento, prima assassinò l’imperatore persiano, poi gli immerse la testa in un otre di sangue. Infine lo decapitò e lo oltraggiò. Secondo alcuni resoconti tenne la testa del sovrano con sé tutta la vita, usandola come coppa per bere il vino.

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La Contessa Di Castiglione

La Contessa di Castiglione: la misteriosa donna, ossessionata dalla fotografia, che si fece fare più di 400 ritratti

di Claudia Melucci

La storia è ricca di personaggi enigmatici, oscuri che hanno giocato un ruolo più o meno importante nello svolgimento dei fatti storici. Pochi di voi conosceranno la vita della Contessa di Castiglione, Virginia Oldoini il nome di battesimo: una donna misteriosa, nota per essere stata l’amante di Napoleone III e cugina di Camillo Cavour, meno per essere stata una pioniera nel campo fotografico, non come fotografa, ma come modella. La sua passione per l’obiettivo si confondeva con una vera e propria ossessione di vedersi si ritratta su un pezzo di carta: è la donna di cui si possiede il maggior numero di ritratti dell’epoca: circa 400, un numero incredibile in termini economici e di lavoro.

Virginia Oldoini aveva solo 17 anni quando entrò nella nobiltà locale, sposando il Conte di Castiglione, Francesco Verasis.

immagine: Wikimedia

Della loro relazione si sa che tra i due non correva buon sangue, al punto che lei usava spesso definirlo “il povero becco”.

La donna tuttavia usufruiva degli agi che l’aver come marito un nobile le permetteva: vestiti, gioielli e una schiera di artisti pronti a ritrarla in diversi modi.

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La storia dei puzzle – IlPost

La storia dei puzzle

Foto Claudio Furlan /Lapresse

In questi giorni sono molto richiesti per passare il tempo in casa, come già era successo durante la crisi degli anni Trenta

In questi giorni c’è grande richiesta di puzzle. La settimana scorsa negli Stati Uniti erano il settimo tipo di prodotto più cercato su Amazon.com, dopo una serie di oggetti per pulire e disinfettare e la carta igienica, ma poi Amazon ha smesso di ordinarne di nuovi per i suoi magazzini – come ha fatto con i libri in Italia nelle scorse settimane – per poter dare la precedenza a prodotti considerati beni di prima necessità.

Nella seconda metà di marzo Ravensburger, l’azienda tedesca che è la più grande produttrice di puzzle del mondo, è passata da fare i conti con un aumento delle vendite del 370 per cento rispetto all’anno precedente, con numeri simili a quelli del periodo natalizio, a incontrare grossi problemi nel consegnare i puzzle. A un certo punto ha interrotto le vendite dirette dal suo sito americano, per poter rifornire i negozi online delle grandi catene. Alcuni piccoli negozi di giocattoli, costretti a chiudere al pubblico per le restrizioni dovute al coronavirus (SARS-CoV-2), si sono messi a consegnare puzzle a domicilio, ma una volta esaurite le scorte non è detto che possano rifornirsi a loro volta.

Dovendo passare molto tempo in casa, i puzzle sono in effetti una forma di intrattenimento efficace per i bambini ma anche per gli adulti, soprattutto se sono grandi e complessi come quelli da 1.000 pezzi in su. Anche in passato i puzzle erano stati un passatempo molto popolare in un periodo di difficoltà, sempre negli Stati Uniti: si diffusero durante la cosiddetta Grande depressione, la crisi economica degli anni Trenta, quando erano fatti soprattutto di legno invece che di cartone. Esistono però da molto più tempo: dalla fine del Settecento.

Chi inventò i puzzle

Non si sa con certezza, anche se ci sono un paio di ipotesi. Quello che è certo è che i primi puzzle furono realizzati e venduti nel Regno Unito, che erano fatti di legno e che le figure che mostravano una volta ricomposti erano carte geografiche: per questo venivano chiamati “mappe sezionate”. Erano pensati come strumenti didattico per imparare la geografia per i bambini delle famiglie abbienti, che per la prima volta in quel periodo storico cominciavano a preoccuparsi dell’istruzione dei ragazzi. Uno di questi puzzle geografici è citato anche in un romanzo di Jane Austen, Mansfield Park.

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Breve storia del segnalibro

Breve storia del segnalibro

Un estratto da un libro appena uscito che la racconta: si parla di Perugina, don Abbondio e delle foglie infilate tra le pagine da D’Annunzio

di Redazione Il Post

Breve storia del segnalibro è un libretto scritto da Massimo Gatta, bibliotecario dell’Università degli studi del Molise e studioso di editoria, e appena pubblicato dalla casa editrice Graphe.it. Racconta, in una cinquantina di pagine, le origini medievali del segnalibro e com’è cambiato fino a oggi.

Il testo è accompagnato da una vasta bibliografia e da riproduzioni di quadri cinquecenteschi dove spuntano libri e segnalibri realizzati nel Novecento da aziende come Cinzano, Chianciano, marche di sigarette e case editrici.

È pieno di aneddoti curiosi: l’usanza medievale di disegnare delle manine per tenere il segno, simili ai bookmark degli ebook; l’abitudine del bibliofilo ed erudito Antonio Magliabechi di infilare fette di salame tra le pagine, lasciandole bisunte e dimenticandone qualcuna; la nascita dei post-it, pensati per non sostituire i segnalibri che si perdevano.

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Clive Cussler: l’autore di best seller è morto all’età di 88 anni

Clive Cussler: l’autore di best seller è morto all’età di 88 anni

Il grande autore è morto nella sua casa.

L’autore di best seller e avventuriero Clive Cussler è morto all’età di 88 anni. La notizia è stata data dalla moglie

Clive Cussler ha scritto, in carriera ottantacinque libri e ha venduto circa cento milioni di copie nel mondo. Inoltre, come esploratore, trovò decine di relitti di navi naufragate e affondate. La sua vita, come i suoi libri, hanno affascinato le persone per anni.

L’autore ha condotto decine di spedizioni per trovare relitti storici e tesori perduti nelle profondità oceaniche. Ci ha lasciati lunedì. Si trovava nella sua casa di Scottsdale, Ariz, e aveva 88 anni.

La notizia della sua scomparsa è stata confermata da una portavoce del suo editore, Penguin Random House. Non è stata fornita alcuna causa specifica della morte.

Giungle Maya, regni sottomarini, navi fantasma, forze del male che vogliono distruggere il mondo, belle donne, eroi modellati su sé stesso: le vivide fantasie letterarie del signor Cussler e le sue imprese più grandi della vita turbinarono insieme per quattro decenni, facendo nascere ben 85 libri e localizzando quasi altrettanti relitti.

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10 cose che (forse) non sai su Frankenstein – Focus.it

10 cose che (forse) non sai su Frankenstein

Il primo romanzo di fantascienza fu scritto da una 18enne due secoli fa, dopo aver visitato Napoli e la Germania: il suo famoso mostro è molto diverso da come ce l’ha raccontato il cinema…

di EUGENIO SPAGNUOLO

Il romanzo di una teenager.

Nel 1815, Lord Byron propose una sfida ad alcuni scrittori, ospiti nella sua casa sul Lago di Ginevra: chi sarebbe stato in grado di scrivere la storia di fantasmi più agghiacciante? Mary Shelley, allora 18enne, raccolse la sfida e, nei mesi successivi, scrisse il suo “Frankenstein”, pubblicato poi nel 1818, esattamente due secoli fa. Naturalmente vinse lei.

Incubi prolifici.

L’idea non le venne subito, finché un giorno non fece uno strano sogno: «Ho visto l’orribile fantasma di un uomo disteso, che all’avvio di un potente motore, mostrava segni di vita…

Ciò che mi terrorizza, terrorizzerà gli altri», raccontò in seguito la scrittrice, che negli anni si era trovata più volte al cospetto della morte per una serie di tragedie personali e familiari.

Come si chiama il mostro?

Spesso identifichiamo il protagonista come Frankenstein, ma è un errore: nel romanzo, Victor Frankenstein è lo scienziato. Il mostro rimane senza nome e viene definito di volta in volta “mostro”, “creatura”, “demone” e “it” (esso).

Napoli.

Il libro inizia con la nascita del dottor Frankenstein, il creatore del mostro, a Napoli: un omaggio alla città che la Shelley aveva visitato qualche anno prima, e anche un escamotage per dare al libro un pizzico di realismo. Napoli nell’800 pullulava di inglesi, dopo che l’ammiraglio Nelson aveva contribuito a sconfiggere la Repubblica Napoletana del 1799 e cacciare i francesi dalla città. Il riferimento esotico sarebbe stato ben accolto in patria.

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Usare il titolo di un libro già pubblicato

Usare il titolo di un libro già pubblicato

Ovvero: pubblicare più libri con lo stesso titolo

di per Penna Blu

Qualche anno fa comprai un romanzo dell’orrore di Jeff Long intitolato Discesa all’inferno. Tempo dopo comprai un altro romanzo, di Doris Lessing, intitolato anch’esso Discesa all’inferno. La cosa mi fece sorridere e andai a verificare i titoli originali, un po’ diversi dalla traduzione italiana.

Oggi ho scoperto che in tutto i libri in italiano intitolati Discesa all’inferno sono 6 (5 romanzi e un fumetto):

  1. Discesa all’inferno di Charles Williams, Castelvecchi, 2014 (Descent to Hell, Faber and Faber, 1937)
  2. Discesa all’inferno di Doris Lessing, Fanucci, 2009 (Briefing for a Descent Into Hell, Jonathan Cape Ltd, 1971)
  3. Discesa all’inferno di Jeff Long, Newton & Compton, 2000 (The Descent, Crown Publishers, 1999)
  4. Discesa all’inferno di Alessandro Russi, autopubblicazione, 2012
  5. Discesa all’inferno (The Tube 2) di Scilla Bonfiglioli e Michela Pierpaoli, Delos Digital, 2015
  6. Discesa all’inferno di Garth Ennis e Goran Sudžuka, SaldaPress, 2019 (A Walk Through Hell, Aftershock, 2018)

Anche la prima cantica della Commedia di Dante avrebbe potuto intitolarsi Discesa all’inferno, in fondo, ma il Sommo è stato più sintetico, anche perché poi avrebbe dovuto intitolare “Ascesa in Paradiso” l’ultima cantica e per il Purgatorio chissà.

Titoli uguali: un fenomeno frequente

Perfino Stephen King ha scritto un libro, nel 2013, il cui titolo, Joyland, era stato già usato da Emily Schultz nel 2005. In quel caso la Schultz ha avuto un’impennata nelle vendite di quel suo primo romanzo (e fra gli acquirenti ci fu anche il Re).

Secondo le leggi degli Stati Uniti, i titoli non possono essere protetti da copyright, è quindi probabile che due o più autori usino lo stesso titolo. A quanto pare anche nel Regno Unito è così, perché “un titolo non è abbastanza lungo da costituire un’opera letteraria”.

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fascette

Come sarebbero le fascette dei libri se dicessero la verità

Come sarebbero le fascette dei libri se dicessero la verità

“La nostra imitazione sfigata di quell’altro libro che è andato fortissimo”, “Si abbina bene a ogni tazza”, eccetera

Il Post

Un comune divertimento di chi lavora nel mondo dei libri o ne legge molti è commentare le fascette, cioè le strisce di carta che nelle librerie avvolgono gran parte dei volumi pubblicati più di recente e su cui vengono riportate presunte buone ragioni per cui si dovrebbe acquistare un certo libro.

Alcune dicono quante copie di quel libro sono già state vendute o quante ristampe sono state fatte, altre citano il giudizio di un altro scrittore sul libro o un premio letterario che ha vinto. Come molti altri tipi di pubblicità, spesso esagerano.

Per prendere in giro le fascette (e tutta l’editoria) domenica l’editore di Sur Marco Cassini ha proposto su Twitter un gioco con l’hashtag #FascettaOnesta: provare a scriverne una che dica qualcosa di vero su tanti libri non così speciali che vengono pubblicati e «rivelare i segreti del mondo editoriale».

 

 

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“Soffoca la concorrenza”: gli editori Usa contro la posizione dominante di Amazon

“Soffoca la concorrenza”: gli editori Usa contro la posizione dominante di Amazon

di Redazione Il Libraio

Mentre il Congresso Usa è pronto ad avviare una campagna antitrust nei confronti dei giganti di internet, prende posizione l’Association of American Publishers. Nel frattempo Amazon è sotto accusa anche perché in vendita si trovano anche libri contraffatti… – I particolari

Monitorare più da vicino, e più attentamente, la posizione dominante assunta dalle piattaforme online, che ormai pervadono ogni aspetto e ogni ambito dell’economia (e il riferimento è in particolare a Google, Facebook e, in particolare, Amazon).

LA CAMPAGNA ANTITRUST DEL CONGRESSO USA

Proprio mentre il Congresso Usa è pronto ad avviare una campagna antitrust nei confronti dei giganti di internet (con tanto di audizioni, documenti alla mano), prende posizione anche l’Associazione degli editori americani (AAP). Per Maria A. Pallante, presidente e Ceo di The Association of American Publishers, “sfortunatamente, il mercato delle idee rischia danni gravi, se non irreparabili“. La causa? “Il predominio senza precedenti di un numero molto limitato di piattaforme tecnologiche”.

AMAZON “SOFFOCA LA CONCORRENZA”

L’Associazione si rivolge così alla Federal Trade Commission (qui il documento integrale, ndr), invitandola a intervenire, in quanto tali piattaforme “soffocano la concorrenza”. Come si legge nel documento di 12 pagine inviato dall’Association of American Publishers, “nessun editore può evitare di distribuire attraverso Amazon. Che, a sua volta, detta i termini economici”. Così, “ogni anno gli editori pagano sempre di più per i servizi di Amazon”.

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