Coinvolgimento dei lettori e promozione della lettura: come si muovono le fiere europee?

Coinvolgimento dei lettori e promozione della lettura: come si muovono le fiere europee?

di Camilla Pelizzoli

Sappiamo quanto la promozione della lettura sia una parte imprescindibile del settore editoriale. Per questo Aldus, il network delle fiere europee dell’editoria, ha pubblicato da pochi giorni un report che raccoglie esperienze e iniziative, delle vere e proprie case history, che sono state avviate dalle maggiori fiere del continente e che spesso hanno portato a ottimi risultati e a reiterazioni nel corso delle varie edizioni annuali.

Le fiere che hanno risposto si svolgono in tutta Europa: Anversa, Bologna, Bucarest, Francoforte, Göteborg, Lisbona, Londra, Milano, Roma, Riga, Salonicco, Sofia, Vienna e Vilnius. Questo ha permesso di avere una panoramica quanto mai vasta e variegata tanto sullo sviluppo dei rispettivi settori editoriali, quanto sulle abitudini di lettura del proprio Paese (che è, oggi più che mai, un argomento complicato). E chissà che, con i giusti adattamenti, alcune di queste idee non possano essere ampliate e adattate ad altre realtà.

Un punto comune a tutte è che le numerose attività spesso sono create grazie a partnership con altri soggetti legati al mondo del libro e non solo. Oltre ad alcune collaborazioni con festival letterari, le fiere interpellate dichiarano di lavorare con rassegne letterarie, altre fiere e associazioni culturali di varia natura.

Un buon esempio proviene dalla fiera «per eccellenza», Francoforte: con la sua organizzazione senza fini di lucro LitCam, infatti, la fiera tedesca promuove la parità e l’integrazione educativa dal 2010, e con il progetto Books say welcome ha dato vita, insieme all’Associazione Editori e Librai tedeschi Börsenverein e la Fiera di Francoforte, un’iniziativa che organizza degli angoli per la lettura e l’apprendimento presso oltre trenta campi di rifugiati in Germania. Inoltre sempre attraverso LitCam è stato sviluppato Football meets culture, un progetto che assiste bambini provenienti da famiglie svantaggiate per sviluppare le loro abilità linguistiche e sociali, abbinando corsi di calcio a eventi culturali.

Tante altre iniziative sono approfondite sia in uno degli articoli del prossimo numero del Giornale della libreria (4/2017, luglio-agosto, disponibile qui dalla prossima settimana) e sul report, disponibile sul sito di Aldus. Un’occasione per scoprire, imparare e (perché no) dare vita a molte buone pratiche.

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Parchi Letterari: alla scoperta dei luoghi della storia letteraria italiana

Parchi Letterari: alla scoperta dei luoghi della storia letteraria italiana

I Parchi Letterari sono territori con elementi naturali e umani diventati famosi grazie alla penna di alcuni dei più grandi scrittori italiani.

di Federica Crisci

I testi letterari sono ricchi di ambientazioni che fanno parte del nostro immaginario culturale. La curiosità verso quei luoghi in cui poeti e scrittori hanno vissuto e che hanno provocato suggestioni tali da portare alla nascita di opere d’arte è del tutto legittima. Grazie all’associazione Paesaggio Culturale italiano e al suo progetto Parchi Letterari ora è possibile passeggiare in quegli stessi posti e cercare di comprendere (e magari anche rivivere) le sensazioni provate dagli autori in quell’ambiente.

I Parchi Letterari sono costituiti da territori diversi che includono elementi naturali e umani. Sono gli sfondi di alcune vicende biografiche dei padri della nostra letteratura, oppure i paesaggi descritti in un romanzo o una poesia. Se ne possono trovare in tutta la penisola: in Lombardia abbiamo il Parco Alessandro Manzoni e Parco Adda Nord in cui è possibile visitare alcune delle ambientazioni dei Promessi Sposi; in Veneto c’è il Parco Letterario Francesco Petrarca e dei Colli Euganei dove, oltre all’ultima dimora ad Arquà del poeta, sarà possibile vedere antiche abbazie e castelli, scenari tipici delle poesie dell’amor cortese e romantiche. Le Terre di Dante porteranno i viaggiatori a muoversi tra la Toscana e la Romagna, mentre i visitatori del Parco Eugenio Montale si recheranno alle Cinque Terre e nei luoghi cari al premio Nobel. Il Parco Pier Paolo Pasolini si trova a Ostia, mentre in Abruzzo si possono ammirare i luoghi del D’Annunzio. Andando verso sud, ci sono ad Avellino il Parco Francesco De Santis, ad Aliano il Carlo Levi e in Sardegna quello dedicato ai luoghi alla scrittrice Grazia Deledda.

Nel corso dell’anno, in questi parchi, sono organizzati diversi tipi di eventi che permettono ai partecipanti di fare esperienza di quegli stessi luoghi attraverso attività ricreative e culturali. Si può prendere parte a uno spettacolo itinerante per le vie del centro storico di Castegneto, fare un giro in bicicletta a Ravenna nei luoghi che hanno ispirato il Paradiso dantesco, assistere alle prove dell’Aida del maestro Muti o partecipare a salotti letterari con scrittori di narrativa e saggistica.

I Parchi Letterari sono iniziative che, oltre a dare risalto al mondo letterario, vogliono avvicinare le persone a luoghi poco conosciuti e creare un tipo di turismo culturale ed eco sostenibile. Infatti, alcuni dei parchi collaborano con organizzazioni quali il WWF e Lipu; inoltre, durante gli itinerari, sono spesso proposti soggiorni in hotel bio o agriturismi biologici. La valorizzazione e la salvaguardia del territorio avvengono grazie alla letteratura e, allo stesso tempo, un’occasione di vicinanza con i testi letterari è offerta dal territorio stesso. Di certo, rappresentano una meta interessante per appassionati lettori, una possibilità per chi volesse organizzare una vacanza diversa dal solito.

Sorgente: Parchi Letterari: alla scoperta dei luoghi della storia letteraria italiana., Cultora

La storia del gatto che firmava progetti di ricerca di fisica

La storia del gatto che firmava progetti di ricerca di fisica

Non era uno scherzo: F. D. C. Willard, il gatto, risultò co-autore di almeno due studi. Il motivo? Aggirare alcune regole editoriali molto restrittive e assurde

Nel mondo dei fisici, il nome di F. D. C. Willard ispira rispetto e, al tempo stesso, risate. La ragione è semplice: il soggetto in questione, nel 1975, ha co-firmato un importante paper di ricerca sulla fisica a basse temperature, pubblicato sulla prestigiosa rivista Physical Review Letters. Questo spiega il rispetto. Il problema, però, è che F. D. C. Willard era un gatto. E questo spiega le risate.

Come è possibile? In tanti sono convinti che i felini siano più intelligenti degli esseri umani. E a volte è vero. Non sono ancora riusciti, però, a scrivere un paper accademico. E se F. D. C. Willard lo ha fatto è stato solo per una questione semi-burocratica. Lo racconta bene, in un libro, Jack H. Hetherington, l’altro autore dello studio.

“Prima che inviassi l’articolo, chiesi a un collega di dargli un’occhiata. “È un buon articolo, ma lo rifiuteranno”. La rivista aveva regole editoriali molto severe, tra cui quella della parola “noi”, che non poteva essere utilizzata per un articolo scritto da una persona sola”.

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A quel punto però riscrivere l’articolo, cambiando ogni volta il soggetto, avrebbe richiesto troppo tempo (e la scadenza era vicina). Lo scienziato ebbe allora una trovata geniale: inventarsi un co-autore, nella persona del suo gatto Chester. Un siamese pacioso, figlio di un certo Willard, del Colorado. Era fatta: Hetherington aggiunse F. D. (Felix Domesticus) all’iniziale del nome, C. e poi Willard come cognome. Inviò l’articolo e se lo trovò pubblicato.

Il gioco durò per un po’. Poi un giorno Hetherington ricevette una visita proprio in un giorno in cui era assente. Lo sfortunato visitatore, allora, non potendo incontrare lo studioso, chiese di conoscere Willard. E quando gli fu mostrato il gatto, capì tutto.

Willard divenne una piccola celebrità nel dipartimento. Partecipò a diverse riunioni e dibattiti e si guadagnò la simpatia di tutti. Fu giudicato molto “utile”, anche solo con la sua presenza. Addirittura, riuscì a firmare (stavolta da solo) un altro studio. Quando morì, a 14 anni, fu un lutto per tutta l’università. E in un certo senso, per tutto il mondo della ricerca.

Sorgente: La storia del gatto che firmava progetti di ricerca di fisica – Linkiesta.it

Una nuova generazione di scrittori consapevoli

Una nuova generazione di scrittori consapevoli

Le nuove generazioni di autori cominciano a usare linguaggi, stili e generi che colgono i gusti dei lettori (italiani e non solo). Ne abbiamo parlato con Giuseppe Strazzeri, direttore di Longanesi.

di Camilla Pelizzoli

La narrativa italiana sta vivendo negli ultimi anni un momento che potremmo definire di riscoperta, tanto dai lettori quanto, di conseguenza, dal mercato. I dati Nielsen lo confermano: ormai la fiction scritta da autori e autrici italiani vale per il 41%, a valore e a volume, di tutta la fiction venduta in Italia. Quali sono i motivi che hanno portato a questa ritrovata popolarità? In che modo sono cambiate le storie e gli autori, e il modo in cui gli editori li propongono ai lettori?

Ne abbiamo parlato con Giuseppe Strazzeri, alla direzione della casa editrice Longanesi, che ha sottolineato due elementi principali: i nuovi linguaggi autoriali e, nel suo caso, la linea della casa editrice «fedele al percorso tracciato da Leo Longanesi e Mario Spagnol, che ne hanno definito la fisionomia dichiaratamente un po’ anticonvenzionale», e che ha spinto verso una ricerca di progetti narrativi valevoli e variegati all’interno della narrativa di genere e popolare (come quando, invece di dedicarsi al filone del noir all’italiana, si sono cercati autori con storie più thriller e si è portato in libreria Donato Carrisi).

Cominciamo partendo dal mercato: la ritrovata importanza della narrativa italiana è stata recepita anche a livello di selezione dei manoscritti e quindi di costruzione del catalogo in fieri?

Senz’altro, almeno in parte, sì. Nel senso che, per quanto riguarda Longanesi, tradizionalmente ancora oggi la maggioranza di titoli è di narrativa straniera; ma confermo che – grossomodo nel corso dell’ultimo decennio – la quota di autori italiani ha cominciato decisamente a crescere. Io, in particolare per quanto riguarda lo specifico di Longanesi, rilevo due fattori all’origine dell’aumento: da un parte il fatto che, per quel che riguarda i generi della narrativa in cui Longanesi si è sempre distinta (dalla crime fiction, al thriller, all’avventura), è successo qualcosa che non era ovvio fino a una dozzina di anni fa, ovvero la crescita in quantità e soprattutto in qualità di una stagione di scrittori italiani in qualche modo interessati alla scrittura (diciamo così) di genere, che producono testi interessanti. Dall’altra c’è un fatto molto oggettivo e legato al mercato, ossia il fatto che la crisi degli ultimi anni ha colpito anche l’acquisto dei diritti esteri. Si è verificata quindi una congiuntura favorevole all’acquisto di letteratura nazionale, banalmente anche per il fatto che solitamente sono titoli meno cari da acquistare, perché subiscono meno fasi di intermediazione; senza contare l’innegabile vantaggio dato dalla presenza dell’autore sul territorio, che è una risorsa importantissima in sede di promozione e comunicazione del titolo.

La narrativa di genere è effettivamente una parte importante di questa ripresa del mercato da parte della narrativa italiana. Sembrerebbe che gli autori siano riusciti a cogliere il desiderio dei lettori per queste varie tipologie di storie.

Certo: io credo che oggi più che mai l’autore italiano che si affaccia sulla scena editoriale, prima ancora che letteraria, deve avere in mente un suo pubblico di riferimento, e da quel punto di vista ora c’è una più istintiva e facile comunanza di intenti tra editore e autore. Inoltre, da questo punto di vista la narrativa di genere offre più meccanismi entro i quali depositare una storia, e per questo ci sono più possibilità di individuare il pubblico giusto.

Mi piacerebbe approfondire questa nuova consapevolezza dell’autore del proprio pubblico, che viene anche da una nuova formazione, un nuovo modo di porsi e di scrivere. Tutto questo come influenza la loro attività, e di conseguenza la vostra?

Prima di tutto c’è un fatto che tocca tanto la fruizione quanto la produzione dei contenuti, che è la moltiplicazione di fonti creative rispetto a un tempo. È ovvio che chi legge libri oggi ha moltissime altre occasioni di fruizione di un contenuto narrativo, scritto e non scritto (meglio, scritto in prima battuta per poi essere veicolato con un altro medium); tutto un mondo che fa parte delle nuove consuetudini di chi legge, ma anche di scrive.
Oggi a noi arrivano, molto più di un tempo, scritti che tengono conto di tutto questo, di una koinè linguisticaormai «digerita», un certo stile, che chiaramente sono mutuati da mondi che non sono genericamente quelli letterari; e poi inevitabilmente entra in gioco l’ineludibile elemento del talento. Comunque si presentano da subito come testi che traggono ispirazione da molte esperienze estetiche che testuali non sono, pur essendo vicine alla narrativa tradizionalmente intesa.

A livello più prettamente redazionale, si nota come gli autori siano sempre più scaltriti dal punto di vista dei meccanismi narrativi, della costruzione strutturale di una storia, ma che magari invece rispetto al proprio analogo di qualche decennio fa dimostrano di avere talvolta una minore padronanza stilistica, uno stile meno personale, proprio perché abituati a quella koinè comunicativa di cui parlavamo che è molto più veloce che stilistica, molto più efficace che pensata. Per questo talvolta c’è un lavoro di «ristilizzazione», da fare insieme all’autore, e anche questo è interessante, un portato dei tempi.

Questo non è l’unico modo in cui influenza il nostro lavoro a livello editoriale. Si presuppongono, ad esempio, sempre più forme di competenza aggiornate da parte dell’editor. Nel senso che un tempo il buon editor era la persona di ampie letture e di conoscenza verticale dello specifico settore editoriale che ricopriva nella casa editrice; oggi si presuppone che anche l’editor sia estremamente onnivoro, che sia in grado di comprendere, intuire, prevenire, se occorre anche di smascherare un po’ tutti i codici a cui l’autore ha messo mano nel momento in cui si apprestava a scrivere. Questo per quanto riguarda la costruzione del testo. Invece per quanto riguarda il lato promozionale, entra inevitabilmente in gioco l’elemento internet: la maggiore o minore consuetudine dell’autore può entrare a fare parte integrante anche del momento di comunicazione e promozione. Oltretutto, ci sono sempre più autori che nascono ad esempio come blogger prima di essere autori su carta stampata, e quindi magari il loro libro è, da un certo punto di vista, già una seconda esperienza; non si può non tenerne conto nel momento in cui un contenuto che viene da un blog, o da un altro tipo di piattaforma digitale, si deposita sulla pagina. Tanto nella produzione del contenuto, quanto nella sua promozione, sono mondi che devono rispecchiarsi virtuosamente.

Tornando a guardare più in generale il mercato, abbiamo potuto osservare anche un aumento delle vendite di diritti di libri italiani all’estero, sicuramente anche grazie alla sua ritrovata importanza sulla scena nazionale. Per quella che è la vostra esperienza, cosa chiedono le case editrici estere, e come reagiscono a quello che voi proponete?

Si torna in un certo senso alla prima domanda; è il risvolto di quanto si diceva prima. L’avvenuta maturazione da parte di una generazione di scrittori, ormai adulta e operante, di moduli narrativi internazionali, dei meccanismi interni che trascendono le nazionalità, ha portato non a caso a un aumento delle possibilità di vendere i diritti all’estero. È una produzione che inevitabilmente suona meno locale, meno interna dal punto di vista dei codici messi in atto. Dopo di che ovviamente l’italianità, se giocata nel modo giusto, può essere un punto a favore. L’enorme successo internazionale della Ferrante, ad esempio, corrobora questa impressione. Abbiamo da una parte una capacità narrativa di imbastire una storia ad ampio respiro, una vera e propria saga, assolutamente all’altezza di palati internazionali vari, uniti a quell’inevitabile pittoresco napoletano: è una tipizzazione col segno positivo dal punto di vista della vendibilità del prodotto. Stessa cosa si potrebbe dire per Camilleri, che da questo punto di vista funziona benissimo; ancora una volta forse felicemente differente è Donato Carrisi, che si caratterizza per il fatto di essere molto internazionale nei temi e nei toni. Di recente, dato che gli ultimi romanzi erano ambientati a Roma, si è aggiunto quel più che è sempre gradito sul mercato estero, quel tocco di caratterizzazione e colore locale.

Abbiamo ormai a che fare con autori le cui frequentazioni creative – non solo letterarie – li mettono quotidianamente di fronte alla possibilità di giocare con storie e strutture narrative che sono, in partenza, globali; unendo questa consapevolezza a una rappresentazione dell’italianità che sappia giocare con questi meccanismi, si possono creare libri in grado di esercitare una fantastica attrazione sui lettori di tutto il mondo.

Sorgente: Una nuova generazione di scrittori consapevoli

10 libri oggetto incredibili che riaccendono la passione nel lettore

10 libri oggetto incredibili che riaccendono la passione nel lettore

Dal libro commestibile a quello combustibile, da quello che ti giudica a quello in cui devi risolvere gli enigmi, tutti qui

di Cecilia Papa

Come tutte le coppie legate da un vincolo indissolubile di amore e fedeltà, anche libri e lettori di tanto in tanto affrontano le difficoltà e i patimenti di un’unione datata, e devono correre ai ripari per superare la crisi, scongiurare la noia e risvegliare la passione.

Il vecchio libro, quel familiare blocco di carta che conosciamo da sempre, sembra non ci basti più. I segnali che qualcosa nella relazione si è rotto sono sempre ineludibili: compriamo il libro ma poi neanche lo apriamo. Lo arrotoliamo in borsa, ché tanto è un tascabile economico. Lo abbandoniamo impietosi in un angolo dopo averlo letto. “C’è un altro?”, sembra chiederci il libro, guardingo. “Sì, certo che c’è, si chiama ebook, è più giovane e dinamico di te”. Ma non è lui il vero problema. “Non sei tu, sono io. Sono io lettore che voglio di più”.

Perché mai riserviamo questo immeritato trattamento al libro, nostro inseparabile compagno di vita? Per la stessa ragione per cui non ci curiamo di conservare un Kleenex usato: non è un oggetto bello, da contemplare e custodire. Una volta fatto il suo dovere, via. Ma il libro è un romanticone, e non ne vuole sapere di separarsi da noi lettori. Che fare allora per riconquistarci? Deve pure inventarsi qualcosa: rimettersi a nuovo, e stupirci.

Questi 10 straordinari oggetti d’arte giocano sulla forma e la materia del libro, la smantellano e la ricreano in modo coraggioso e intelligente, esplorando nuove insospettabili vie creative. Il gioco e la novità, si sa, sono alla base di ogni felice relazione.

 

1) Il libro che si può mangiare in caso di emergenza

 paddockspares

Sì, è proprio un libro commestibile. Land Rover ha pubblicato negli Emirati Arabi Uniti una guida di sopravvivenza con suggerimenti utili per chi vuole rimanere in vita nel deserto. Il titolo dice tutto. In case of emergency: Eat this book: come ultima risorsa, la guida si può anche mangiare, perché è stampata su carta a base di amido di patata e inchiostro alimentare. Non è tutto: il packaging del libro riflette il sole per essere usato all’occorrenza per inviare segnali di SOS, e la rilegatura a spirale metallica può diventare uno spiedo di cottura! Non si presenta esattamente come una ghiottoneria invitante, ma quando si sta morendo di fame nel deserto 372 calorie (più o meno l’equivalente di un hamburger) fanno comodo. E in più è senza glutine.

 

2) Il libro-sandwich (che non si può mangiare)

 Pawel Piotrowski

L’idea per questo libro da acquolina in bocca è venuta una mattina al fotografo polacco Pawel Piotrowski, a colazione con la sua ragazza. The Sandwich Book ripropone pagina dopo pagina gli ingredienti di un panino, stampati su carta di peso e grana differenti, che danno la suggestiva illusione di essere di fronte a un succulento sandwich. Pomodori, cipolle, fette di formaggio, tutti gli strati sono di un realismo incredibile. Le foglie di lattuga, per esempio, sono state realizzate con una carta fibrosa accartocciata, l’uovo fritto con pezzi di carta strapazzati.

 

3) Il libro che si può leggere solo se fa freddo

 Niewidzialni

Si intitola Invisibile, proprio come sono invisibili agli occhi della società i clochard che l’hanno scritto. È il progetto della Fondazione Kapucynska di Varsavia, impegnata a dare voce a un’umanità ai margini. A un primo sguardo il libro appare bianco, immacolato. Potrebbe passare per uno di quei cartoni da imballaggio che i senzatetto usano per trovare riparo. Uno scherzo di cattivo gusto? Niente affatto. Infilatevi il cappotto più pesante che avete e andate fuori, al gelo. Aspettate un paio di minuti. Riaprite di nuovo il libro. L’inchiostro comincia a diventare visibile sulle pagine, perché il libro può essere letto solo nelle stesse condizioni in cui è stato scritto: al freddo. Il libro rivela così, solo a chi se lo è meritato, le sue poesie e memorie, tutte stampate con un particolare inchiostro termosensibile che si attiva solo se la temperatura scende sotto lo zero.

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Storie dei detective del Waldorf Astoria

Storie dei detective del Waldorf Astoria

Quelli che a inizio Novecento vigilavano sugli ospiti del prestigioso hotel di New York, sventando truffe e ritrovando costosi oggetti smarriti

Il Waldorf Astoria è uno degli hotel più famosi e antichi di New York e uno di quelli per cui si può davvero usare l’aggettivo leggendario, visto il prestigio e la quantità di storie affascinanti e più o meno veritiere sul suo conto: celebre per le feste sfarzose e gli ospiti importanti – Fidel Castro, Cary Grant, Muhammad Ali, Katharine Hepburn – è il posto dove Frank Sinatra diventò famoso e Louis Armstrong si esibì per l’ultima volta, ha ospitato tutti i presidenti americani, ha una stazione ferrovia sotterranea e segreta, ha inventato piatti poi mangiati in tutto il mondo, come l’insalata Waldorf e i cupcake red-velvet, ed è stato il primo hotel della città con l’elettricità e i bagni privati nelle camere.

Tra questi aneddoti curiosi c’è anche quello, raccontato da Slate, dei detective ingaggiati dall’hotel per far sentire gli ospiti al sicuro, sventare crimini e truffe, e più frequentemente ritrovare oggetti smarriti. I loro atti, più ordinari che eroici, finivano spesso sulle pagine di cronaca del New York Times dell’epoca e venivano via via annotati in un registro, il cosiddetto Black Book. Il registro venne compilato dal 1902 al 1929, anno in cui il Waldorf, cioè la prima versione dell’hotel costruito dall’omonima famiglia, venne chiuso per far spazio all’Empire State Building e ricostruito tra Park Avenue e Lexington con il nuovo nome di Waldorf-Astoria Hotel ma le stesse lussuose caratteristiche. Il libro venne allora portato nella sezione Waldorf della New York Public Library di New York, dov’è tuttora conservato e dove chiunque può sfogliarlo dopo che per anni non era stato accessibile al pubblico per proteggere la privacy dei primi ospiti del Waldorf, spesso personaggi noti e conosciuti.

Nei primi anni del Novecento, quando non esistevano gli aerei e gli spostamenti richiedevano molto più tempo, era abituale per i viaggiatori fermarsi più a lungo negli hotel, che erano abituati ad avere anche ospiti fissi e oltre alle camere gestivano anche ristoranti e molti negozi. Tra i servizi offerti c’era anche un gruppo di detective che sorvegliava costantemente l’hotel e la sua lobby. In realtà si occupavano soprattutto di rimediare alla sbadatezza degli ospiti che dimenticavano o perdevano nella hall e nella sala da pranzo sciarpe, gioielli e borse varie. Considerata la loro ricchezza si trattava spesso di perdite ingenti, che però venivano quasi sempre recuperate. Un articolo del 1912 del New York Times racconta per esempio di quando la moglie di Hiram Johnson, allora candidato alla vice-presidenza degli Stati Uniti con il partito Progressista, perse una spilla di diamanti in ascensore: venne ritrovata e riconsegnata tre ore dopo.

Gli ospiti del Waldorf attiravano costantemente ladri e truffatori, che gravitavano all’ingresso o si intrufolavano nella hall: i detective dovevano riconoscere al volo i recidivi e cacciarli, e prendere nota delle facce nuove, dovessero mai fare qualcosa di sospetto. A volte però le truffe erano molto più puerili, come il caso di un uomo che si era seduto “nella sala rossa”, si legge nel registro, e stava utilizzando la carta da lettera del Waldorf per rispondere agli annunci di lavoro, nella speranza di spacciarsi per un residente dell’hotel e ottenerlo più facilmente grazie al suo rassicurante prestigio. Un detective ovviamente lo scoprì, glielo impedì e lo cacciò. Tra le altre missioni non esattamente valorose registrate nel Black Book ci sono anche cose così: “Trovato un grosso cane al quinto piano”.

I detective non avevano solo il compito di garantire la sicurezza degli ospiti ma ne proteggevano anche la morale, allontanando quelli che facevano cose contrarie al buon costume dell’epoca come “portarsi una donna in camera”. Il registro riporta anche il caso di una donna sposata che era arrivata in anticipo in hotel e aveva sorpreso il marito in stanza con il figlio adolescente di un altro ospite. Anche se adesso il loro lavoro è dimenticato, all’epoca i detective del Waldorf erano popolari: uno di loro, Joe Smith, che aveva iniziato lavorando come poliziotto a Londra, divenne una specie di celebrità e nel 1929 uscì un libro con lui protagonista, Crooks of the Waldorf.

Sorgente: Storie dei detective del Waldorf Astoria – Il Post

In Germania, un monumento costruito con migliaia di libri censurati

In Germania, un monumento costruito con migliaia di libri censurati

In Germania è stato realizzato un monumento dalla forma di un partenone con oltre centomila libri, un tempo considerati “proibiti”

La Germania è uno dei paesi culturalmente ed artisticamente più evoluti del mondo e in ogni occasione dimostra la sua lungimiranza; ne è un esempio lo splendido monumento realizzato con migliaia di libri, un tempo vittime di censura. Nella Friedrichsplatz di Kassel è stato costruito un monumento, la cui forma riprende quella del Partenone, con oltre centomila libri, un tempo considerati “proibiti”. La scelta del luogo è  stata tutt’altro che casuale: questa piazza infatti è molto conosciuta nella storia della Germania, perché proprio lì, nel 1933, Hitler ordinò il rogo di numerosissimi libri finiti nella lista nera dei nazisti.

Questo interessantissimo progetto, frutto di una splendida sinergia tra arte e storia, è nato dalla famosa artista contemporanea argentina Marta Minujín, in occasione dell’esposizione Documenta14, tutt’ora in corso. Chiamato“Partenón de libros prohibidos”, questo monumento imita molto le forme dell’acropoli di Atene, e la struttura è stata completamente ricoperta da libri sigillati in buste di plastica, così che restino protetti in caso di pioggia e di vento. La raccolta dei volumi è nata attraverso una riuscitissima campagna di crowdfounding, coinvolgendo tutto il mondo: migliaia di persone infatti hanno inviato un libro che sia stato proibito in passato, o che sia proibito tutt’ora in specifici Paesi. Un progetto analogo era già stato realizzato dall’artista in Argentina, suo paese natale, per celebrare il ritorno della democrazia, dopo anni di silenzio e di soprusi.

Grazie all’aiuto di un gruppo di studenti e un lavoro durato alcuni mesi, questa volta Marta Minujín ha ricostruito un tempio sul modello del Partenone, rispettandone le proporzioni, e infine posizionandolo al centro della Friedrichsplatz di Kassel. Il Partenone dei libri può essere considerata a tutti gli effetti un’opera epocale: politica, ma non ideologica, questa installazione racconta la storia passata e recente, evocando il dramma della distruzione dei libri non ariani voluta da Hitler e l’attuale crisi degli Stati occidentali. Molto apprezzato dagli abitanti del posto e dai numerosi turisti in visita in questi giorni, il lavoro realizzato dall’artista argentina è un segno importante per la costruzione di un messaggio democratico e aperto: ancora una volta la Germania si è dimostrata un paese lungimirante ed illuminato.

Sorgente: In Germania, un monumento costruito con migliaia di libri censurati | SiViaggia

Notitiae quae non erant

Notitiae quae non erant

I romani non sparsero del sale su Cartagine, Archimede non salvò Siracusa con un sistema di specchi, e altre storie del mondo antico che citiamo a sproposito

Anche se a volte non lo sappiamo, diverse espressioni e modi di dire che usiamo oggi sono legate a episodi della storia romana o greca. Ma molti di questi in origine avevano un significato diverso, oppure sono legati a fatti di dubbia storicità: “mettere la mano sul fuoco”, ad esempio, non si riferisce a un episodio in cui qualcuno si dice sicuro di qualcosa. Non possiamo dare per certo nemmeno il famoso “tu quoque” (anzi), mentre siamo piuttosto sicuri del fatto che i romani non abbiano sparso del sale su Cartagine dopo averla distrutta, e che Archimede non salvò Siracusa da un assedio con l’aiuto di alcuni specchi.

Le statue greche e romane non erano bianche
Nonostante ora le vediamo così, in origine erano pitturate con colori anche piuttosto sgargianti: alcuni esemplari, come le sculture di un tempio dell’isola greca di Egina, hanno anche conservato delle tracce di colore ben visibili ai raggi ultravioletti. L’equivoco nasce dal fatto che le statue sono state ritrovate centinaia di anni dopo la loro produzione, quando la pittura era ormai svanita: i lavori degli scultori rinascimentali e neoclassici – non pitturati, così come le statue romane che avevano davanti a loro – hanno contribuito a rafforzare la falsa convinzione che anche gli originali fossero bianchi.

Archimede e gli specchi ustori
Film, aneddoti e storielle sull’antichità hanno raccontato più volte che nel 212 a.C. il matematico Archimede riuscì a difendere la città siciliana di Siracusa bruciando le navi romane con un elaborato sistema di specchi. Da secoli circola grande scetticismo su questa storia, sia perché con le conoscenze e i materiali dell’epoca sarebbe stato molto complicato, sia perché viene riportata solo da fonti tarde. Come avvenuto per altri aneddoti di questo tipo, la storia potrebbe essere nata dall’unione di racconti diversi: da fonti attendibili come gli storici Polibio e Tito Livio sappiamo che Archimede contribuì alla difesa della città costruendo delle macchine da guerra, mentre lo scrittore latino Apuleio nella sua Apologia racconta che Archimede aveva scritto degli specchi ustori «in un libro importante» sullo studio degli specchi (che però non possediamo).

Tu quoque, Brute, fili mi!
Sono le parole che comunemente vengono attribuite a Giulio Cesare mentre veniva ucciso da un gruppo di ribelli – fra cui il nobile romano Bruto – il 15 marzo del 44 a.C.. La frase probabilmente non fu mai pronunciata in questa forma. Il primo a parlare di una cosa simile fu Svetonio, uno storico latino con uno spiccato gusto per gli aneddoti, che scrivendo 150 anni dopo riportò che Cesare disse a Bruto, in greco: «καὶ σύ, τέκνον» (“anche tu, figlio”). Nessun’altra fonte più affidabile o antica di Svetonio ne parla. Inoltre, ci sono diverse cose che non quadrano: il fatto che Cesare avesse parlato in greco, e che avesse chiamato Bruto “figlio” (dato che secondo le fonti aveva un buon rapporto con lui, ma non era suo figlio naturale né lo aveva adottato). È ancora meno probabile che dopo l’omicidio di Cesare Bruto abbia detto “sic semper tyrannis” (“è così che succede sempre, ai tiranni”). E se anche prendessimo per buono tutto quanto, vorrebbe dire che Cesare non ha mai pronunciato le parole tu quoque.

Il sale su Cartagine
Secondo questa voce, i Romani cosparsero di sale il territorio della città africana di Cartagine dopo averla distrutta alla fine della Terza guerra punica, nel 146 a.C., per rendere infertile il terreno. La storia è quasi certamente falsa: non ne parla nessuna fonte antica – e ne abbiamo molte, sulla distruzione di Cartagine – ed è iniziata a circolare solo in età moderna. Nella storiografia romana non esistono altri casi di città rase al suolo e poi cosparse di sale.

La strage di Erode
È un episodio raccontato solamente nel Vangelo di Matteo, e in nessun’altra fonte storica o evangelica. Secondo Matteo poco dopo la nascita di Gesù Cristo l’allora re dei Giudei Erode il Grande ordinò di uccidere tutti i neonati di Betlemme perché aveva sentito che secondo una profezia in quella città era appena nato il nuovo re. Lo scetticismo degli studiosi su questo episodio è legato soprattutto al fatto che non se ne trova traccia in Flavio Giuseppe, uno storico romano di poco posteriore a Gesù Cristo che si occupò estesamente della storia della Giudea. La Chiesa Cattolica dà invece per certo l’episodio e ricorda i bambini morti nella presunta strage il 28 dicembre di ogni anno.

Muzio Scevola
In italiano, l’espressione “mettere la mano sul fuoco” significa essere certi di una cosa: è tratta da un episodio raccontato da Tito Livio, ma che in origine non era legato a quel significato. Il protagonista è Gaio Muzio Cordo, un giovane nobile romano che nel corso dell’assedio di Roma da parte degli Etruschi nel 508 a.C. propose al Senato romano di uccidere il comandante etrusco Porsenna con una missione segreta. L’incarico fu dato allo stesso Muzio, che però per errore uccise uno scriba etrusco. Catturato e portato davanti a Porsenna, Muzio minacciò Porsenna dicendogli che i Romani lo odiavano e che presto sarebbe stato ucciso da uno di loro. A quel punto, sempre secondo Livio, Scevola disse: «questo è il valore che dà al corpo chi aspira a una grande gloria». E si fece bruciare la sua mano destra in un braciere. Porsenna, impressionato dal coraggio e forse convinto che Muzio volesse punirsi, lo lasciò andare. Scevola fu il nome con cui venne chiamato dopo, da scaevus (mancino). L’episodio quindi è più legato all’autoflagellazione e al fanatismo che alla certezza.

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Gli autori italiani ci salveranno. Lo dicono i dati

Gli autori italiani ci salveranno. Lo dicono i dati

di Giovanni Peresson

Ormai da anni il dato strutturale del settore colloca le traduzione di libri stranieri (tutti i libri) – tra il 23 e il 24% fino a tutti gli anni Novanta – a un più modesto 17-18%. Detto altrimenti: si pubblicano oggi più libri di autori italiani e si compra meno dall’estero. Significa che, passo passo, anche la dimensione autoriale – dalla saggistica al libro per bambini, dall’illustrato al fantasy – si è rinnovata. Autori più giovani, che hanno viaggiato di più, sono stati spesso e per più tempo all’estero, hanno attraversato e sono stati attraversati dai nuovi linguaggi del graphic novel, dei videogiochi, del cinema seriale,  sono arrivati alla scrittura – a qualunque tipo di scrittura – da percorsi professionali non più necessariamente umanistico-letterari e molto più internazionali di quelli fatti dai loro colleghi negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Si sono «innovati» anche loro, all’interno della più generale innovazione del settore. E forse hanno incontrato sul loro cammino scuole di scrittura, editor e scout che, più o meno, hanno percorso le loro stesse esperienze.

All’interno di questo processo, la narrativa di autore italiano rappresenta una delle due punte emergenti dell’iceberg. Le vendite della narrativa di autore italiano nel 2011 (escluso Amazon, gli e-book e i testi di autori «indie») rappresentavano il 36% del valore  delle vendite nei canali trade. Nel 2016 sono salite al 41% (e senza considerare la narrativa YA che nell’editoria italiana è attribuita alla categoria della fiction generale). Anche a copie assistiamo a una crescita analoga: dal 37% al 41%. La domanda di storie, di personaggi, di linguaggi, di mondi narrativi da parte del pubblico, si è spostata. I lettori continuano a essere incuriositi da plot narrativi stranieri (non a caso abbiamo parlato in questi anni di cataloghi geo-editoriali: sud est asiatico, aree di letterature slave, nordeuropee, anche statunitensi di «riscoperta»), ma cresce l’interesse per il mondo e le realtà che abbiamo sotto casa. Che si fa probabilmente fatica a capire solo con le più usuali chiavi interpretative della saggistica e del giornalismo d’inchiesta.


Così la narrativa di autore italiano è tra i settori che hanno mostrato in questi anni andamenti migliori rispetto alla media del mercato, e migliori lungo tutto il periodo (con la sola eccezione del 2016). Ha attutito i segno «meno» e ha rafforzato (2015) i segni «più».

Le ragioni sono diverse, e ancora si differenziano per i tanti segmenti che la compongono: come mostrano alcune slide dell’indagine sul tema che ha presentato Nielsen a Tempo di libri. Alcune componenti sono trasversali. Il formarsi di una generazione di autori che lavora molto di più su una letteratura e una scrittura di genere: a cominciare dal giallo e dal fantasy o dalla letteratura YA e dal graphic novel. Autori che provengono da settori diversi da quelli tradizionali del lavoro umanistico o editoriale. Frutto anche di un’attività di scouting che ha saputo muoversi su territori assai meno esplorati, come quello dei social, e che – assieme all’editor – ha trasformato questi materiali in testi narrativi. Ma anche editori: il caso maggiormente emblematico è Sellerio (ma lo stesso discorso vale anche per E/O) che sotto l’ombrello di Camilleri è stato capace di scoprire e far crescere nuovi autori. Si è trattato, cioè, di un ampio e diffuso processo di innovazione e di investimento sugli autori: dall’editing ai tour di lettura.

In un articolo uscito qualche tempo fa sul «Venerdì di Repubblica» (Dal Nord al Sud, piccoli Montalbano crescono di Alberto Riva, 17 maggio 2017) si metteva bene in evidenza questo aspetto: la forte dimensione regionale che è venuta assumendo, ad esempio, la crescita del giallo di autore italiano. Esprimendo un bisogno del lettore di identificarsi in elementi geografici, paesaggistici, culinari, in modi di dire, costumi e abitudini. Senza per questo cadere nello stereotipo.

Tradotto, significa che la narrativa italiana – non necessariamente di genere – sa oggi rispondere assai meglio rispetto al passato a bisogni di riconoscimento in mondi narrativi che sono più congeniali e vicini al lettore italiano. E anche le distanze tra qui e al di là dell’Atlantico, o delle Alpi o della Manica si sono fatte più brevi. Perché anche l’editore e il lettore straniero si riconosce in quelle narrazioni.

Tutto ciò ha poi un impatto non secondario sulla vendita di diritti all’estero. Non è un caso se la narrativa di autore italiano sia uno dei generi con il maggior tasso di crescita nell’export di diritti, con le oltre 1.600 opere vedute nel 2016 a editori stranieri.

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Scrivere mi piace: INTERVISTA alla Casa Editrice EEE Ed.Esordienti Ebook

Scrivere mi piace: INTERVISTA alla Casa Editrice EEE Ed.Esordienti Ebook

Dal Blog Scrivere mi piace, un’intervista a Piera Rossotti Pogliano, Direttore Editoriale di EEE

Eccomi tornata con le interviste alle Case Editrici.

Quando sono stata al Salone Internazionale del libro di Torino, ho collezionato molti contatti degli Editori che hanno attirato la mia attenzione, quindi in questi giorni vi presenterò alcuni di loro, che hanno gentilmente risposto alle mie domande.

Oggi ho il piacere di presentarvi EEE Edizioni Esordienti Ebook

1. QUANDO E COME E’ NATA LA CASA EDITRICE, E QUAL ERA LA VOSTRA IDEA DI PARTENZA? PERCHE’ HA QUESTO NOME?

La CE è nata nel settembre 2011; l’idea di partenza era quella di pubblicare autori esordienti, e per “esordienti” intendiamo autori “non ancora famosi, ma meritevoli di diventarlo”, e di farlo puntando soprattutto sull’e-book, una scelta che allora è stata quasi una scommessa, ma che si è rivelata vincente, anche se molti titoli li pubblichiamo anche in formato cartaceo.

2. COME SI STRUTTURA LA PRODUZIONE EDITORIALE?

Pubblichiamo e-book e cartacei, precisamente romanzi (mainstream e romanzi di tutti i generi, dalla collana “L’amore ai tempi del web” che parla d’amore nel mondo contemporaneo, a “Adrenalina”, per i romanzi thriller e horror, “Grande e piccola storia” per gli storici, “Luci rosse” per il genere erotico… ecc. ), poesia, collana “Poësis” , teatro, collana “Fuoridallequinte”. Abbiamo anche qualche titolo che documenta esperienze specifiche e che riteniamo interessanti, in una collana che si chiama “Esperienze e testimonianze”.

3. QUAL E’ IL FILO COMUNE CHE LEGA LE VS. PUBBLICAZIONI?

La qualità dei testi, che sono selezionati. Secondo noi, il valore aggiunto di una pubblicazione attraverso una CE, oggi che in realtà è facilissimo pubblicare in self, è proprio la selezione. Mettiamo il marchio solo su quello che ci piace e che, a nostro giudizio, vale la pena di promuovere e il criterio che ci guida è il rispetto per il lettore.

4. QUANTI TITOLI PUBBLICATE L’ANNO?

Una settantina di pubblicazioni all’anno, tenendo conto che i due terzi sono sia e-book, sia cartaceo, gli altri solo e-book… diciamo una media di 50 nuovi titoli.

5. COME SCEGLIETE GLI AUTORI E/O GLI ILLUSTRATORI DA PUBBLICARE?

Gli autori ci mandano i loro manoscritti, li leggiamo e, se ci piacciono e sono in linea con il nostro catalogo, pubblichiamo. Semplice semplice.

6. QUALI SONO I TITOLI CHE HANNO RICEVUTO UNA MIGLIORE ACCOGLIENZA DA PARTE DEL PUBBLICO IN TERMINI DI VENDITA?

Il nostro primo best-seller (quindicimila copie in e-book) è stato Io dormo da sola, di Salvatore Paci e Emanuela Baldo, poi ripubblicato da Newton&Compton sotto lo pseudonimo autoriale di Asia Stella; tra i nostri autori, il best-seller è Alessandro Cirillo, che scrive thriller d’azione, abbiamo appena pubblicato il suo sesto romanzo, poi ci sono Giancarlo Ibba, Andrea Ravel, Mario Nejrotti, Sabrina Grementieri (che oggi pubblica con Rizzoli e Sperling&Kupfer, ma di cui abbiamo ancora due titoli in catalogo) e Emanuele Gagliardi. Quindi, vendono soprattutto thriller, giallo e rosa, i romanzi di genere, insomma.

7. QUANTO SONO DIFFUSI E CONOSCIUTI I VOSTRI LIBRI IN ITALIA? SIETE SODDISFATTI DELLA DISTRIBUZIONE E DELLA VISIBILITA’ A VOI RISERVATA IN LIBRERIE, BIBLIOTECHE, ECC.?

Nel mare magnum dell’editoria medio-piccola è dura emergere, e la nostra CE è giovane, anche se la sottoscritta non lo è più… Cerchiamo di farci conoscere per la serietà dell’impegno e la validità delle opere che proponiamo. Dire che siamo soddisfatti della visibilità non sarebbe veritiero, ma continuiamo a lavorarci e soprattutto, essendo una CE a vocazione in prima battuta digitale, cerchiamo di essere molto presenti nel web e con una presenza di qualità, sia attraverso il bloghttp://edizioniesordientiebook.altervista.org/, sia attraverso il canale Youtube, anche con lezioni di scrittura e lettura creativa:https://www.youtube.com/channel/UCbrNKDSs9eEtNQnFYKATozA
Intanto, sponsorizziamo il premio di poesia Parasio – Città di Imperia, il premio “Un bagaglio di Idee” della Fed.It.Art e siamo alla quinta edizione di un concorso tutto nostro, gratuito, questa volta dedicato al giallo-thriller-noir, che premia davvero chi merita. E poi, moltissimi dei nostri autori vincono premi, anche significativi, a livello nazionale, e questa è una bella pubblicità (sono segnalati nel blog).

8. QUAL E’ L’ASPETTO PIU’ COMPLICATO DEL VOSTRO MESTIERE?

Nell’editoria non c’è nulla di complicato, è soltanto un grande impegno, ma è anche molto interessante, è un lavoro bellissimo.

9. QUALI PROGETTI E AMBIZIONI COLTIVATE PER IL FUTURO?

Il progetto e il sogno è quello di diventare un vero punto di riferimento per gli autori non ancora conosciuti ma che hanno delle qualità e di farli conoscere. Nello stesso tempo, vogliamo continuare a considerarli amici e non soltanto numeri, come accade per la maggior parte degli autori che pubblicano con grandi CE.

E’ stato veramente bellissimo conoscere una realtà come questa, con tutti i pro e i contro, le gioie e i dolori… Cosa aspettate?
Visitate il loro SITO e leggete i loro romanzi.
E se siete autori esordienti, perché non proporvi?

Sorgente: Scrivere mi piace: INTERVISTA alla Casa Editrice EEE Ed.Esordienti Ebook