La doppia vita di una copertina

Storia della copertina di “La sartoria di Matilde

la sartoria di Matilda

La copertina del libro “La sartoria di Matilde” ha una storia unica. Osservando la donna che fila la lana davanti al camino in un ambiente rustico, si ha l’impressione di tornare in un mondo antico che non c’è più. Una copertina insolita e originale che non avevo scelto io e fu per me una sorpresa. In realtà quel libro mi riservò numerose sorprese perché era il mio primo romanzo.

Scrissi il testo di nascosto, su una vecchia macchina da scrivere, quasi vivendo le storie delle due protagoniste così diverse d’età e di temperamento: una cicciona e depressa, l’altra vecchia e arzilla che stava perdendo la vista. Volevo mettere due generazioni a confronto e anche due modi diversi di pensare e vivere. Avevo realizzato un piccolo progetto con il quale proseguire con il lavoro, ma quando mi lanciai nell’impresa non sapevo se sarei giunta fino alla fine. Lavoravo alla stesura di notte o quando ero sola in casa, poi coprivo tutti i fogli che lasciavo sul tavolo della sala da pranzo. Né amici né parenti dovevano conoscere il mio segreto, temevo che i loro giudizi mi bloccassero in qualche modo ed io prima volevo mettermi alla prova senza condizionamenti. Tuttavia quando giunsi alla fine dell’opera, mantenni il segreto, prima desideravo conoscere il parere di qualche esperto, e decisi di partecipare a un premio letterario, trovando il bando di un concorso di una casa editrice fiorentina.
Quando ricevetti la proposta di pubblicazione dell’opera, superando la prova del concorso, ero così emozionata che mi decisi a svelare il segreto in famiglia, notando lo stupore di tutti. Non sembrava vero neanche a me di aver raggiunto quel traguardo e amici e parenti appresero la notizia con gioia.

Mio cognato Roberto, solitamente riflessivo, prima di esprimersi mi chiese di cosa si trattasse. Ascoltò la storia delle due protagoniste e continuò a non dare giudizi. Non si sbilanciava mai, lo sapevo benissimo. Infatti, mi chiese solo di leggere il manoscritto. Gli affidai quel lavoro scritto sulla vecchia Olivetti degli anni trenta. Era la macchina da scrivere appartenuta a mia zia, prima che cominciasse a lavorare all’ufficio postale.
Quella macchina era come lei, datata ma efficiente, ci avevo giocato quando ero bambina, trovandola tra gli oggetti messi da parte in soffitta, e ora che ero una donna sposata, con un bambino, mi veniva in aiuto per raccontare una storia che viveva nella mia mente e dovevo mettere alla luce su dei fogli di carta.
Roberto continuò a leggere in disparte e quando andò via, mi chiese di portare il manoscritto con sé per terminare la lettura. Non ebbi il coraggio di chiedere nulla, né lui disse qualcosa. Era un uomo di poche parole, difficilmente si sbilanciava, lasciando trapelare i suoi pensieri. Lui che era discreto e sensibile ma rigoroso in tutto, riguardo alla scrittura era il giudice più severo.
Roberto, che era Ufficiale Pilota dell’aeronautica, con sua moglie aveva una vita piuttosto movimentata, oltre a vivere in una città diversa dalla mia. Quando mi riportò il manoscritto, mi disse che era interessante. Non andò oltre, ma il suo sorriso sincero indicava che gli era piaciuto, avevo superato l’esame.

In estate, quando Roberto e famiglia ritornarono, ebbi in dono un pacco molto particolare, aprii e mi ritrovai tra le mani dieci libri che lui aveva fatto stampare con questa copertina così originale. Si trattava della riproduzione dell’opera “Quanne Bert Felàve” (Quando Berta Filava) dell’autore pugliese Michele Colacicco.
In quel momento non posso descrive l’emozione di avere tra le mani il mio primo libro fatto stampare da mio cognato. Fu un dono prezioso, quella era la prima stampa del libro che a mio cognato era piaciuto moltissimo, dimostrandolo con quel gesto affettuoso.
Quando uscì il libro nell’inverno del 2000, la casa editrice Firenze Libri scelse una copertina diversa, bella, ma non insolita come la prima.
Questo libro poi fu ammesso nel catalogo Danae che vende online e dove ho avuto la fortuna di conoscere Piera Rossotti.
Piera, che oggi è l’editore della EEEEdizioni Esordienti Ebook, nel 2012 mi propose una nuova pubblicazione del mio primo romanzo.
Allora ho potuto chiedere di inserire la copertina scelta da Roberto non solo perché la trovo bella e originale per rappresentare in maniera egregia il libro. È stato un modo per ricordare Roberto ora che non c’è più, lui che, scherzando, chiamavo il mio primo editore.

Chiara Curione

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Quattro chiacchiere con Andrea Leonelli

INTERVISTA di Marina Atzori

Crepuscoli di luce

OPERE LETTE:

“La selezione colpevole”, “Consumando i giorni con sguardi diversi” e “Crepuscoli di luce”

  1.  Buon giorno Andrea, dalle tue opere emerge sofferenza e un chiaro invito a essere scrutato dentro da parte del lettore, dove hai trovato il coraggio di metterti sotto torchio in modo così nudo ed esaustivo?

Tutto è nato dall’infarto a cui sono scampato. Mi ha fatto capire quanto poco ci voglia a passare dall’avere “tutto il tempo del mondo” al “non farò più…”, quindi ho deciso che se volevo lasciare qualcosa a questo mondo, dovevo cominciare a muovermi. Ho pensato che scrivere avrebbe potuto essere un modo per incidere una traccia tangibile del mio passaggio in questa vita. Si vive nei ricordi degli altri, dicono, nei pensieri di chi ti ha voluto bene. Anche se, dopo che uno se n’è andato, quello che resta diventa molto effimero. Non so quale sia il motivo che, ancora, mi spinge a volere imprimere una testimonianza di me stesso, ma sento che lo devo fare. Ho sempre amato i libri e credo che la mia sia stata la scelta migliore che potevo fare, vista la situazione. Siamo tutti nudi di fronte a noi stessi, il coraggio di esserlo davanti agli altri serve solo a far capire che tipo di persone siamo. Altrimenti siamo solo attori su un palco.

  1. Cosa ha fatto scaturire la tua passione per la scrittura?

Probabilmente la mia passione per la lettura. Chi legge molto inevitabilmente, prima o poi, sente il desiderio di cimentarsi nell’arduo compito dello scrivere. Che poi realizzi o meno il desiderio e fino a che punto, questo è un altro paio di maniche. Ci sono scritti che restano per sempre sepolti nei cassetti, senza mai uscirne, e scrittori che lo sono solo a livello potenziale, dato che nessuno saprà mai che hanno scritto qualcosa.

  1. Perché hai scelto una strada complessa come quella della silloge poetica?

Perché la poesia è la forma espressiva in cui mi trovo più a mio agio. Questa soluzione alla fine è stata quasi obbligata. Mi piace il modo in cui si può giocare con le parole e i simboli, all’interno degli scarni spazi della poesia. Scarni inteso per come io intendo l’arte poetica. L’armonia della poesia è nelle sensazioni che può suscitare e non tanto nel dipingere le emozioni. Nella poesia bisogna “far sentire”, nella prosa descrivere.

  1. Parliamo dei titoli, anche loro ti rappresentano in maniera esaustiva: “La selezione colpevole”, “Consumare i giorni con sguardi diversi” e “Crepuscoli di luce”. Sembra quasi che, tra un’ Opera e l’altra, ti sia trovato a un bivio. Se è effettivamente così, raccontaci la tua “evoluzione emotiva”.

la selezione colpevoleLa mia evoluzione emotiva ha seguito il sentiero tracciato dalla mia evoluzione personale, o viceversa, oppure sono andate di pari passo assieme. Sta di fatto che, ha un certo punto della mia vita, ho deciso di dare una svolta. Ho imboccato una delle strade del bivio che mi si è presentato davanti. Sono uscito da una situazione in cui non stavo vivendo, ma solo sopravvivendo, e ho riaperto gli orizzonti della mia vita con una nuova consapevolezza di me e di cosa potevo fare. Ho incontrato persone positive in questo percorso e le ringrazio di essersi trovate al posto giusto nel momento giusto.

  1. Ti prestiamo la lampada di Aladino per un giorno. Quale desiderio vorresti realizzare con tutto te stesso?

Uno solo? Non tre? Delusione… Se è uno solo allora, con tutto me stesso, vorrei un po’ di serenità da vivere vicino alle persone che amo, ogni giorno.

  1. Quale accezione ha il dolore per Andrea Leonelli uomo?

Il dolore non ha una sola accezione. Esistono troppi dolori diversi. E ogni dolore è un evento unico, anche se si protrae per tempi diversi. Il dolore ha la capacità di far dilatare il tempo: puoi stare così male da vivere vite intere in brevissimi istanti. L’unica verità che si può dire sul dolore che esso è personale e ognuno lo vive a modo proprio, in base alla propria sensibilità. Per quanto possa una pena essere condivisa, nessuno la proverà mai nello stesso modo in cui la sente qualcun altro.

  1. Hai a disposizione un’intervista su un giornale importante, pochissime righe per descrivere il tuo carattere.

Il mio carattere? Pessimo! Sono capace di andare da un estremo a un altro, non sto mai fermo. Sono permaloso, anche se cerco di controllarmi, rancoroso e pigro. Però so anche essere dolce, premuroso e generoso. Cerco di lasciare agli altri i loro spazi e so anche essere umile, ma senza essere troppo sottomesso.

  1. Esiste qualcosa che potrebbe farti rinunciare a scrivere?

Forse l’amputazione delle mani… Ma più probabilmente dovrebbero anche lobotomizzarmi per farmi smettere di pensare. Poi, mai dire mai. Chissà che un giorno non decida di appendere le idee al chiodo e la pianti di imbrattare carte e monitor.

  1. Quali colori sceglieresti per dipingere il quadro della tua vita?

consumando i giorniDirei bianco, nero, rosso. Sono abbastanza per gli estremi, ma siccome sono anche una persona contraddittoria, direi che potrei usare anche i chiaroscuri, mantenendomi solo sul grigio.

  1. È previsto che ti possa cimentare in altri generi, o la poesia è diventata una compagna irrinunciabile per i tuoi scritti?

È previsto e in effetti ho già in corso uno scritto non poetico. Inoltre, ho scritto diversi racconti che sono stati pubblicati. Però, ho una certa difficoltà a realizzare scritti di una certa lunghezza. Mi esprimo bene nel breve, ma sulla “lunga distanza” ho la tendenza a perdermi in discorsi circonvoluti e, come dice la mia crudelissima editor, parecchio arzigogolati, usando gli incisi come fossero i versi di una poesia. Per fortuna ho una editor severissima che mi bacchetta tutte le volte che serve.

  1. Se dovessi convincere un esordiente a credere in se stesso e in quello che scrive, quali parole useresti?

Dato che immagino di parlare ad altri colleghi esordienti, direi che la cosa più importante è essere consapevoli delle proprie capacità e dei propri limiti e “lavorare” soprattutto su quelli. Mai prendersi troppo sul serio, secondo me c’è anche bisogno di “ridersi addosso”, di mantenere le giuste prospettive. Poi aiuta molto avere dei beta reader estremamente critici. Essere aperti al nuovo e avere il coraggio di rischiare senza diventare incoscienti. Se avete dei dubbi, chiedete! Sempre! Quando avete finito il vostro libro, fatelo leggere ad altri, non riuscireste a vedere i vostri errori. Mai farsi abbattere dai momenti di sconforto, ma usateli per scrivere in modo diverso. Soprattutto essere sempre sorridenti, tanto anche se ve la prendete non cambierà di una virgola ciò che è già successo.

  1. Ti chiediamo una classifica breve e concisa di almeno tre cose che un esordiente non dovrebbe mai fare.

Primo: mai smettere di scrivere.
Secondo: mai evitare i confronti costruttivi e mai smettere di ascoltare le opinioni altrui.
Terzo: mai credersi “arrivato”.
Poi ce ne sarebbero molte altre di cose da NON fare, ma diventerebbe una lista troppo lunga…

Melodramma nostrano

Il melodramma ai tempi dei leggings

il melodramma

Può ancora esistere il melodramma? La ricerca del “veramente vero amore”, l’amore romantico, idealizzato e l’impossibile passione irrisolta hanno ancora senso ai giorni nostri, “ai tempi dei leggings”? Il nuovo soggetto del melodramma odierno potrebbe forse essere l’amore gay? Tutto sommato, però, non c’è differenza tra l’amore gay (o, per maggiore completezza, LGBT) e l’amore etero: in entrambi i casi, l’amore è sempre il frutto di svariate ginocchiate sulle gengive che taluni poeti sogliono chiamare esperienze.
Questa, almeno, è la convinzione di Alessandra, una ragazza under 30 che vive a Ragusa, nella Sicilia profonda, “magico mondo fatato in cui tutti e tutto possono diventare quello che vogliono non grazie, ma nonostante le proprie caratteristiche e quindi un cane può diventare un attore, un atleta può diventare un invalido al 100%, un analfabeta diventare giornalista, un criminale politico, un’area archeologica area edificabile”.
Alessandra ha la fortuna di aver trovato lavoro come commessa in una libreria, anche se non la entusiasma vendere i libri di Fabio Volo e di altri autori di similare, notevole livello culturale, ma è alla disperata ricerca di un’anima gemella, del “veramente vero amore”, di una ragazza che possa diventare la sua compagna. L’amore della sua vita, però, quello eterno e irrinunciabile, è soprattutto l’amore per la sua dignità.
Per questo, nonostante l’iniziale scetticismo, accetta di far parte della lista di donne Indignate per Ragusa, che si presenta alle elezioni amministrative della città, pensando di poter in qualche modo incidere sulla vita della comunità. Intanto, si innamora di Fiorenza. E impara che la vita è un percorso a ostacoli fatto di lacerazioni, ma anche di equilibri conquistati giorno per giorno, di sofferenze evitabili e di altre inevitabili.
Romanzo satirico, dalla scrittura brillante e graffiante, questo secondo romanzo di Ester Nobile mette in scena un vivido spaccato di vita dei giovani nella realtà siciliana di oggi, la voglia di non accettare una realtà che li sta schiacciando, uno sguardo critico prima di tutto su di sé, la rivendicazione a voce alta del proprio diritto a vivere e ad amare.

Biografia dell’Autore:

Ester Nobile nasce a Brescia il 5 marzo del 1985. Le piacerebbe dire che è nata lo stesso giorno di Pier Paolo Pasolini, ma i suoi avvocati glielo sconsigliano perché rischia la denuncia per diffamazione e calunnia da parte degli eredi.
A tre anni si è trasferita da Brescia a Catania; a sei da Catania a Ragusa, luogo dove ebbe a crescere e a deprimere fino ai diciotto. Raggiunta la maggiore età ha deciso che era ora di vivere esattamente come i suoi miti letterari e si è messa a vivere in quanti più posti possibili: Roma, Bologna, il Belgio, gli Stati Uniti. Poi quando ha finito i soldi è tornata a Ragusa, perché tutto sommato tra i luoghi in cui è stata è quello dove deprimersi le costa esponenzialmente di meno.
Prima di Cafonal natalizio, che idealmente precede Il melodramma ai tempi dei leggings, non ha mai pubblicato nulla, né ha mai vinto una beneamata ceppa. Difatti si è sempre scocciata di partecipare ai vari concorsi letterari, dato che non ha ancora capito come cavolo si fa a raccontare qualcosa in 4000 battiture spazi compresi. Soprattutto non ha capito come diavolo si fa a realizzare un bel racconto avendo come tema la parola orologio o balaustra.
Le piacerebbe anche tantissimo dire che il suo stile è fortemente influenzato dal contributo di importanti scrittori come Nadine Gordimer, Doris Lessing, Ernest Hemingway, George Orwell. Invece sarà onesta e dirà la verità. Se ha finalmente imparato a scrivere qualcosa che non facesse più venire solo la voglia di gettare una secchiata di acido muriatico in faccia al vicino di casa, è grazie ad una misconosciuta quanto geniale fumettista americana, Miriam Engelberg.

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L’alba della poesia

Crepuscoli di luce, il nuovo libro di Andrea Leonelli in promozione

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Questa settimana vogliamo proporvi la nuova silloge di Andrea Leonelli: Crepuscoli di luce. Per l’autore questa opera rappresenta l’alba della poesia, il momento in cui sorge a nuova vita dissipando le tenebre. Tuttavia, il suo percorso è ancora lungo. La meta, per quanto possa apparire vicina, non fa ancora parte del suo quotidiano. L’arte poetica non deve essere solo appannaggio di pochi, non quando racconta ed esprime emozioni che possono permeare le pagine esistenziali di molti. Leggendo i versi di Andrea Leonelli diventa impossibile non restare coinvolti da quanto scrive. Ed è proprio l’empatia trasmette che offre al lettore lo spunto per trovare la propria “alba”.

La trama:

Crepuscoli di luce è la nuova silloge poetica di Andrea Leonelli, un passaggio attraverso il quale si ricongiunge un passato doloroso e catartico con un presente in cui, cadute le maschere, il poeta ritrova lentamente se stesso e la propria identità. L’espressione del linguaggio accentua lo stile tagliente e mai scontato, utilizzando parole in cui il significato viene stravolto a favore di una nuova intensità emotiva. E sono proprio le emozioni a creare la poesia stessa, trasformando la negatività in quella lirica che si eleva al di sopra degli animi, portando i versi verso un’eternità costituita da sprazzi di luce oltre la tenebra. “La notte non può durare per sempre” (cit) ed è da questo punto fondamentale che l’uomo ricomincia a vivere, cedendo all’esistere con la stessa voluttà con cui si potrebbe cedere a un’amante. Lo spirito si rinnova calpestando le schegge del proprio passato, mentre l’anima si avvia verso una guarigione cercata e voluta. Crepuscoli di luce offre ai lettori sia l’uomo che il poeta, sia la lirica che la realtà, senza compromessi né sotterfugi che potrebbero creare false illusioni. Questo è reale, questo è vivere. Al di là della concezione materiale dell’esistere quotidiano e delle false icone che l’ambiente propina. Messo a nudo, resta solo l’Essere, con i propri dubbi e le proprie speranze, un uomo che non accetta la sconfitta emotiva come un fattore prestabilito o come un retaggio dato dall’essere umano. Esiste, sempre e in ogni caso, l’alba che porta a nuova luce e a nuovi respiri. Così come esisterà sempre un crepuscolo nel quale rilassare le membra e trovare, all’interno del proprio intimo, la ragione di esistere.
Andrea Leonelli non delude mai e la sua lirica arriva a corteggiare direttamente l’anima. Tuttavia, diversamente dalle precedenti sillogi, Crepuscoli di luce apre le porte a una speranza inaspettata, senza mai rinunciare allo stile inusuale con cui il poeta ha sempre espresso i propri versi. Ed è da questa nuova combinazione che la poetica trae il massimo vantaggio, diventando emozione pura.

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Haiku tra Oriente e Occidente

Il senso dell’Haiku tra Oriente e Occidente

di Andrea Tavernati

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L’haiku è una brevissima composizione poetica nata in Giappone nel XVII secolo e tradizionalmente resa nella cultura occidentale, che l’ha scoperta nel XIX secolo, in una sequenza di soli tre versi di 5, 7 e 5 sillabe, senza esigenza di rima. Nella sua versione più classica l’haiku deve contenere un riferimento stagionale, parlare della natura ed escludere l’io del poeta.

Una struttura, quindi, che costringe l’autore ad una estrema concentrazione. Ma sarebbe un errore considerarlo solo come un gioco di abilità cui l’aspirante haijin (scrittore di haiku) si sottopone volontariamente. L’immagine, a cui si può avvicinare il lavoro compositivo, è quella caratteristica dell’ultima scultura michelangiolesca, nella quale il soggetto rappresentato viene estratto da una materia riottosa e ancora magmatica, mai completamente dominata. I colpi di scalpello, che definiscono la figura, equivalgono allo sforzo di recuperare, nell’haiku, la parola unica, perfetta, che in brevissimo parlare si stacchi dal diluvio del ciarlare quotidiano e, legandosi a pochi altri elementi altrettanto indispensabili, colga l’essenza delle cose. Si crea così una tensione fra la parola, con il suo impegno a circoscrivere un concetto, e il limbo indifferenziato di una “langue” – la materia prima – originaria, in cui tutto è ancora nella dimensione del potenziale. L’opera dell’autore si concentra nella necessità di recuperare il proprio dire ad una autenticità che l’uso e l’abuso della lingua ha soffocato con milioni di manipolazioni, travisamenti ed incastri sintattici, morfologici, semantici, disperdendone infine il nocciolo interiore ed emotivo.

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In questa prospettiva il dialogo fra l’io scrivente e il suo oggetto di riflessione rimane al centro dell’atto poetico. Interpretare la realtà attraverso le parole vuol dire ingaggiare una “collutazione” rituale con i segni per renderli davvero “parlanti”. L’obiettivo che si profila è una oggettività del rappresentato tuttavia illusoria, perché ancora confinata nella sua dipendenza dall’io. E’ un approccio tradizionalmente occidentale che risale fino alla caratteristica dicotomia platonica fra idea, perfetta e intangibile, e le sue incarnazioni nel quotidiano, pallide ombre di una realtà superiore.

L’originaria matrice orientale, che attinge pienamente alla sensibilità zen, così radicalmente connaturata all’anima giapponese, prende le mosse, invece, dall’esercizio di una disciplina comune declinata in numerose manifestazioni, attraverso le quali pervenire all’oggettività mediante il superamento dell’io, la sua estraniazione dal processo poetico, sicché, a compimento di tale percorso ideale, parola e cosa coincidono.

Questo il senso della brevitas esasperata dell’haiku, arte di levare non per giungere all’espressione brillante, al motto fulmineo o all’immagine sorprendente, ma all’essenza dell’attimo, che è già cosa diversa dalla ricerca dell’essenzialità, la quale presuppone un attore umano e quindi l’inganno dell’io che tutto relativizza e rende opinabile.

Questo il senso dello sforzo di eliminare dall’haiku la voce stessa dell’haijin e questo è il senso della sua ambizione alla pura descrittività. Come già notava Roland Barthes nell’Impero dei Segni, il valore connotativo della parola, così invasivo nella mentalità occidentale, con il suo inveterato corteo di metafore, analogie, allegorie, riferimenti culturali e letterari, viene qui negato alla radice stessa del componimento, che si propone come un atto spontaneo e quasi istintivo, identità di una percezione. Un istante colto al volo, come una fotografia scattata per sbaglio, o senza inquadrare volontariamente nel mirino un dato soggetto. E più l’atto poetico è istintivo, più è autentico.

haiku

Da questi presupposti deriva la sconcertante semplicità di tanti haiku, che per un lettore occidentale può sconfinare nella banalità. Questione di gap culturale? Senz’altro, ma non nel senso che ci sfuggono le stratificazioni semantiche delle parole di una lingua così lontana da noi; quello che ci disorienta è una letteratura che non si propone entro il paradigma della letterarietà, ma che si definisce come “una via”, una delle tante, parallela alla cerimonia del tè, alla calligrafia, alla pittura, al teatro giapponese e alla spada del samurai, manifestazioni che sono prima di tutto riconoscimento di altrettante modalità per attingere a valori superiori, condensati in uno stile di vita.

Nel Libro dei Cinque Anelli Miyamoto Musashi, uno dei maggiori samurai storici, vissuto a cavallo tra XVI e XVII secolo, impiega i primi quattro capitoli per descrivere la propria arte della spada, le virtù necessarie al perfetto guerriero e al comandante militare, le tendenze delle altre scuole. Poi, nel quinto ed ultimo libro, brevissimo, parla del vuoto. Il vuoto è la mente, se la mente non è essa stessa il vuoto, non può accogliere l’essenza dell’essere. S’intenda bene: non le sue rappresentazioni o descrizioni, non il racconto dell’essere, ma l’essere in se stesso: ciò che nel momento in cui è, è. Quando ciò avviene non esiste più alcuna separazione tra il pensiero dell’azione e l’azione, tra la volontà di compiere un gesto (colpire in un certo modo con la spada) e il gesto stesso, tra la rappresentazione e il reale: l’essere fluisce naturalmente nel tempo e quindi si trasforma in divenire, in moto inafferrabile e in eterno presente.

Così la via dell’haiku aspira ad annullare la separazione tra significante e significato: l’espressione perfetta si raggiunge se tra parola e cosa c’è completa identità, se l’una e l’altra non si possono più distinguere. Ma la parola è per definizione segno, scrittura o suono che sia, e quindi un ente che nasce come rappresentazione di “qualcosa che sta dietro”, a cui è irriducibile (“Questa non è una pipa” è il titolo di un famoso quadro di Magritte che rappresenta, appunto, una pipa) e il ricongiungimento con l’essere può avvenire solo attraversando il silenzio. Il silenzio è per l’haiku come il vuoto nella mente del samurai. Dietro ogni haiku si spalanca un baratro senza fondo. Se l’haijin non ci cade non potrà mai essere illuminato e cogliere dal silenzio la scintilla di un verbo rinnovato.

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Si crea quindi un altro paradosso: la parola nasce per dire, ma solo dal silenzio può trarre la propria autenticità. Esattamente come la vita perde di significato senza la morte, che ne è la negazione: tensione fra opposti che si risolve in dialettica (come lo Yin e lo Yang sono complementari e in continua relazione dinamica; l’uno non potrebbe esistere senza l’altro).

Così dietro un misero 5-7-5 c’è ben altro che la fulminea percezione di un attimo fuggente. E’ in gioco addirittura una possibilità di captare l’essenza dell’universo.

Ciò che rimane indubbio, al di là delle diverse tradizioni e culture, è la straordinaria vitalità del genere, che nella sua storia plurisecolare non ha solo incarnato una delle manifestazioni più autentiche dello spirito giapponese, ma, riscoperto in occidente, è diventato veicolo di concezioni poetiche diverse, dando comunque vita ad esiti molto alti. Segno che lo strumento si presta ad una flessibilità espressiva incredibile a dispetto del suo minimalismo e dello scorrere del tempo.

Buone Feste dal blog EEE

Il blog EEE vi augura Buon Natale e un felice Anno Nuovo.

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Ho passato con voi sei mesi meravigliosi, condividendo i vostri libri, le vostre interviste, i vostri eventi, i sogni e le speranze. Ho avuto modo di conoscervi meglio scoprendo, dietro a degli autori talentuosi, anche delle persone in gamba, capaci di trasmettere umanità e calore. Per questo motivo non finirò mai di ringraziare Piera Rossotti per questa opportunità, per avermi aperto le porte dei vostri cuori, donandomi la possibilità di farvi conoscere meglio al pubblico e a tutti coloro che ci seguono. Sarò felice di portarvi nel nuovo anno, aiutandovi a realizzare i progetti che già fanno capolino dalle scrivanie e dalle memorie dei vostri computer, scoprendo, insieme a voi, nuovi titoli, nuove cover e nuove trame. Sono già ansiosa di leggere i manoscritti che so essere in preparazione e di poter gustare nuove storie, scritte con la perizia che vi caratterizza tutti.

Vi ringrazio autori EEE.

Vi ringrazio per avermi affiancata in questa avventura e di avermi aiutata a far crescere questo spazio, fornendomi tutte le notizie e il materiale che, di volta in volta, vi ho richiesto. Lo so di essere stata un tormento per voi, di avervi chiesto di tutto e di più ma spero di essere riuscita a ripagarvi, offrendovi un aiuto valido per potervi promuovere al meglio. Ringrazio ancora Piera, splendido e lungimirante Editore, che ha permesso la realizzazione di tutto questo e di tante altre mie fantasie. In fine, ringrazio tutti coloro che, pur non facendo parte di questa realtà, l’hanno sostenuta e hanno contribuito a farla crescere.

Detto questo, prima della fine dell’anno, avremo ancora una sorpresa da presentare al pubblico. Dunque, restate con noi. Il blog va in ferie, ma resta aperto per ogni vostra esigenza.

Buon Natale

e

Felice Anno Nuovo!

Nessuna scelta

Con “Nessuna scelta” torna la spy story doc.

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Non è così semplice scrivere una spy story all’italiana, senza cadere nei classici stereotipi imposti dalla narrazione anglosassone o, peggio ancora, da quella americana. Gli eroi nostrani parlano con cadenze dialettali, hanno modi di fare tipici e un percorso mentale logico che molti di noi comprenderanno bene. Tuttavia, spesso, si rischia di inciampare nei luoghi comuni e nell’intreccio scontato che portano una trama, basata sull’avventura, a seguire schemi da “spaghetti-western”. Ebbene, Nessuna scelta di Alessandro Cirillo propone un mix estremamente realistico di quanto il panorama italiano possa offrire a livello di azione, spionaggio e terrorismo. Fatti, opportunamente romanzati, che non si discostano troppo da quella che è una realtà effettiva, degna delle nostre pagine di cronaca. Certe verità sono sotto gli occhi di tutti e nella nostra quotidianità, certi intrecci internazionali non sono sicuramente così fantascientifici. Tutt’altro. Questo libro, virtualmente erede del precedente Attacco allo Stivale, prosegue l’azione oltre confine, restando comunque ancorato alla capacità dell’autore di coinvolgere il lettore in fatti di “casa propria”. Alessandro Cirillo scrive per riviste di stampo militare e le sue conoscenze sono piuttosto approfondite. Quindi, per gli amanti dell’azione e delle trame complesse, che si sviluppano a livello internazionale, Nessuna scelta, in promozione questa settimana,  è il libro più adatto.

La trama:

Un aeroplano si schianta su una nave da crociera americana al largo delle coste francesi.
Un sanguinoso attentato viene compiuto contro la nazionale di calcio statunitense in un lussuoso albergo di Roma.
Ancora una volta il terrorismo di matrice islamica torna a mietere vittime per mezzo dell’organizzazione più pericolosa al mondo, Justice of Allah (JOA).
I servizi segreti di mezzo mondo sono alla ricerca del suo leader, l’inafferrabile Omar Abdallah Hassan. L’agente dei servizi segreti italiani Nicholas Caruso si unirà alla ricerca, che lo porterà fino al lontano Pakistan.
Tra inseguimenti e sparatorie, Caruso si accorgerà presto che Hassan non è l’unico nemico da dover affrontare.
Dopo Attacco allo Stivale, Alessandro Cirillo torna con un nuovo emozionante thriller d’azione.

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L’Intima Essenza

Questa settimana in promozione L’Intima Essenza di Andrea Tavernati.

l'intima essenza

L’Intima Essenza di Andrea Tavernati non è solo una silloge, ma una vero percorso fra la propria intimità e la natura del verbo. Le parole prendono il contorno dei valori essenziali, precludendo quegli addobbi che infestano il nostro stile di vita. I versi si fanno concreti, racchiusi nel rigole stilistico dato da un’arte orientale che non transige e non lascia spazio agli inutili fronzoli. Gli Haiku diventano il mezzo con cui il poeta esprime la concretezza del proprio essere e trova l’espressione ideale per dipingere una tela grezza, ma pregna dei valori basilari. L’Intima Essenza, libro pluripremiato, accompagna il lettore verso quell’avventura che riporta alla ribalta l’uomo, reale e vitale, su quel palcoscenico che è la vita stessa.

La trama:

Se togli tutto il superfluo, l’inutile e il secondario che occupa la tua vita. Se togli quello che hai, quello che fai e che devi fare, ciò che è legato alle abitudini e alle necessità sociali, ciò che ubbidisce alle leggi, ciò che hai ereditato dai padri, ciò che ti impone il gruppo, ciò in cui hai scelto di credere, ciò che dipende dagli affetti, ciò che ti fa piacere e che hai imparato ad amare o ad odiare, ciò che rifiuti e ciò che accetti. Se togli tutto questo, rimane qualcosa? Questo qualcosa si può esprimere in parole?
L’Intima Essenza è la disciplina e l’esito di questa ricerca. Non è un semplice agglomerato di haiku, ma un percorso conoscitivo attraverso la forma poetica più precisa: recuperare l’essenza della parola attraverso una scelta di asciuttezza e concentrazione. È stata una sfida e una battaglia. Alla fine il libro si è imposto sull’autore. La scoperta dell’intima essenza interiore l’ha sorpreso quanto lo sperimentare quella della parola.

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Il maltempo dell’amore

Il maltempo dell’amore: Ore 10 calma piatta… ma non in questo libro.

il maltempo dell'amore

Mentre nel famoso film, Ore 10: calma piatta, la trama prendeva corpo solo dopo determinati avvenimenti, in Il maltempo dell’amore il succedersi delle situazioni crea nel lettore un’immediata empatia verso la storia. E quando tutto pare risolto e il mistero svelato, l’autore con saggezza e maestria capovolge le realtà, portando a gonfie vele la trama verso intrecci decisamente inaspettati. Caratteristici i personaggi, estremamente vivi nei ruoli definiti, suscitano amore oppure odio, antipatia o simpatia, ma sicuramente non indifferenza. Franco Pulcini, scrittore dotato di una certa esperienza, non tralascia niente e la sua ironia traspare attraverso i dialoghi e il modo con cui dipinge i fatti, arrivando al pulp senza comunque eccedere. Un bel thriller da leggere non solo sotto l’ombrellone, ma in qualsiasi periodo dell’anno.

La trama: 

Due velisti spericolati, Ede e René, conducono da maestri la loro meravigliosa barca a vela – Skyla, in carbonio, tutta nera e blu cobalto – tra Liguria, Costa Azzurra e Sardegna, in un mare spesso burrascoso come il loro discontinuo rapporto sentimentale, in quella che dovrebbe essere la loro ultima traversata, una sorta di resa dei conti, prima che la ragazza vada sposa a un ricco libanese.
Impulsiva, passionale e anche un po’ viziata, la bella Ede si è però cacciata in un grosso guaio per debiti di gioco, e finisce nelle mani di un gruppo di criminali russi che si occupano, senza troppi scrupoli, di recupero crediti, coinvolgendo nella rocambolesca avventura anche René.
Tra passioni, gelosie, scelte estreme, questo noir poetico e psicologico trascina il lettore nell’ingorgo affettivo dei protagonisti, a zonzo su un mare calmo e azzurro sotto il sole o tra le onde incattivite e le raffiche di vento di una tempesta improvvisa, offrendo colpi di scena, ritmi veloci e una scrittura ironica e leggera.

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Il romanzo storico

La nuova collana EEE dedicata al romanzo storico.

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Quali sono gli elementi che contraddistinguono un romanzo storico e quali i parametri che permettono al lettore di comprendere la validità di un testo? Ebbene, due sono gli elementi fondamentali che portano a definire un libro come storico: il periodo in cui si svolge la vicenda e l’accurata ricerca che l’autore affronta per creare un’ambientazione realistica e veritiera. Questi due fattori sono alla base del genere e sono imprescindibili da qualsiasi altra considerazione, dal momento che mancando verrebbe a cadere il presunto storico su cui intessere una trama. Un approccio più moderno si riscontra in quelle che sono le nuove produzioni per il mercato visivo, le quali, in barba al rigore con cui s’intende la storia, propongono un nuovo genere già battezzato come storico-fantasy. Un esempio tipico è costituito da Da Vinci’s demons, fortunata serie televisiva, che ha accostato una realtà storica con elementi anacronistici e del tutto improbabili per l’epoca in cui i fatti si svolgono. Tuttavia, il Manzoni stesso, in risposta alla ferrea precisione di Walter Scott (il primo ad aver enunciato le regole fondamentali su cui basare un romanzo storico), precisò che l’elemento fantasioso, all’interno di un intreccio d’epoca, poteva portare solo del beneficio sia allo scrittore che al lettore, lasciando proprio all’autore l’onore di miscelare sapientemente realtà e fantasia.

Il concorso indetto da EEE in merito al Romanzo Storico ha dato i suoi frutti ed ecco tutta la sezione dedicata al genere, aggiornata con le nuove proposte.

Al primo posto si è classificato:

Il piede sopra il cuore

Al secondo posto:

Il Longobardo 

Al terzo posto ex aequo:

Il tramonto delle aquile 

L’eredità di Amos

La collana comprende anche:

Eroi nel nulla

La voce del maestrale

Odore di agnello arrosto al rosmarino

Ritorno a El Alamein

Dal nero al bianco

Il diario intimo di Filippina de Sales

Filippina va in città

La sposa del sud

XII il segno dei giusti