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Forma e sostanza di un manoscritto

Come “confezionare” un manoscritto che sia leggibile per un editore.

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Lavoro da tempo con gli autori esordienti, e ormai ho imparato a conoscerne pregi e difetti. È vero che ogni esordiente è esordiente a modo suo, però ci sono parecchi errori, anche formali, che sono molto comuni.

Facciamo l’esempio di un romanzo: ciò che più conta è sicuramente la sostanza, l’ambientazione, la costruzione dei personaggi, la logica interna degli eventi raccontati e così via. Poi è importante la capacità di scrittura, il dominio delle sequenze, delle scene, in una parola la capacità di strutturare correttamente la narrazione, un buon incipit (ne parlo nel video di questa settimana). Non ultimo, è fondamentale l’interesse del soggetto trattato (qui entrano in gioco i gusti personali… anche la storia scritta nel modo più perfetto ma che metta in scene le Forze del Bene contro quelle del Male o che mi presenti il Predestinato che salverà il mondo mi farà venire l’orticaria e dovrò abbandonare la lettura per grattarmi furiosamente, non posso farci niente…).

Tributato il dovuto onore alla sostanza, vorrei però dire che anche la forma ha la sua importanza. Che cosa vuol dire “forma”? Prima di tutto, la correttezza linguistica. Sono d’accordo che qualche refuso si possa insinuare in qualunque momento, basta un attimo di distrazione e poi uno scrittore non lo “vede” più, letteralmente, anche rileggendo più volte. Ma qualcuno è proprio convinto che scrivere “un’angelo” o “qualcun’altro” sia giusto, che congiuntivo e condizionale siano intercambiabili, altri confondono “c’entra” e “centra”, scrivono “é” e “perchè” (accento acuto e grave!) e tante altre piacevolezze.

Ricordate inoltre che le virgole non sono parmigiano grattugiato da spolverare sulla pasta, ma che esistono alcune regole d’uso.

I puntini di sospensione sono sempre e soltanto 3, seguiti, ma non preceduti, da uno spazio (e, in ogni caso, fatene un uso MODERATISSIMO).

Le virgolette “caporali” non si fanno <<così>>, ma «così», utilizzando l’inserimento di simboli tenendo schiacciato il tasto ALT e digitando 174 e 175 sul tastierino numerico.

Per questo e altri dubbi, perché non consultare un buon manuale di stile?

Ma – domanderà qualcuno – non ci sono i correttori di bozze, per ovviare a piccoli e grandi errori? Sì, è vero, è il loro mestiere. Però, quando prenderemo in esame il vostro manoscritto, non fate sì che il nostro primo pensiero sia mettere in dubbio che conosciate l’italiano: se volete scrivere, la materia fondamentale da utilizzare è la lingua. Uno scrittore che vuole scrivere e non conosce la lingua è come un musicista che vuole suonare senza conoscere la musica, un muratore che vuole costruire un muro senza saper preparare il cemento, una sarta che pretende di fare un vestito senza saper cucire… Credo di aver reso l’idea.

Ovviamente, un editore si aspetta che gli mandiate un manoscritto decente (se cartaceo, mi raccomando, NUOVO, non “vissuto” e pieno di orecchie, annotazioni, ditate di Nutella), magari rilegato con una di quelle spirali di plastica che vi mettono in cartoleria, e comunque, se accetterà di pubblicare, vorrà poi un file leggibile e modificabile. Io voglio solamente il file, possibilmente .doc oppure .odt, non .pdf. E scritto con un carattere semplice, il mio preferito è Times New Roman. È vero che i file si possono trasformare, riformattare ecc., ma perché volete renderci le cose più difficili? Ebbene, ho appena ricevuto un file tutto in Lucida Handwriting, avete presente?

Non sarebbe neanche male se poteste accompagnare l’invio con una breve sinossi (10-20 righe, non 20 pagine!) e una sintetica presentazione di voi stessi… sembra una banalità, ma sovente mi arrivano delle mail vuote, con un romanzo in allegato. Sì, la sintesi è una dote, ma non esagerate!

Concludendo: avete certo lavorato molto per produrre il vostro manoscritto e desiderate che venga preso in attenta considerazione. È ciò che facciamo abitualmente, ma se inviate in casa editrice un prodotto che porti anche i segni della vostra amorevole cura, credetemi, sapremo apprezzarlo!

Di Piera Rossotti Pogliano

 

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