L'intervista1

Intervista ad Andrea Tavernati

Intervista ad Andrea Tavernati.

l'intima essenzaUna forma d’arte antica, l’Haiku, che racchiude il cuore e l’anima di ogni istante, descrivendolo in poche sillabe. Un genere che potrebbe sembrare adatto ai nostri tempi moderni ma che, al contrario, incarna un invito alla riflessione e a considerare delle tempistiche che si discostano molto dalla frenesia odierna. Andrea Tavernati, autore del libro pluripremiato “L’intima Essenza”, espone in questa intervista i suoi punti di vista, in più parole di quelle che caratterizzano la stringente metrica dei suoi haiku, su argomenti che riguardano non solo la poesia.

  • Coma nasce la tua passione per questo tipo di composizioni?

In realtà molto lentamente. Mi sono imbattuto in questo genere poetico già durante l’adolescenza e mi ha incuriosito per la sua peculiarità. A quell’epoca risalgono i primi esperimenti. Poi mi sono progressivamente ritrovato a comporne in modo via via più sistematico, ma ancora oggi alterno momenti più “ispirati” a lunghi periodi durante i quali non scrivo neanche un haiku, o meglio non sono attraversato dal vento degli haiku, perché sono sempre più convinto che la volontà individuale in questo caso non conti davvero molto.

  • Quanto tempo ti richiede la stesura di uno dei tuoi haiku?

E’ molto variabile. Parto da un’intuizione, un’immagine, una sensazione o una sola parola. L’haiku si condensa intorno a questo nucleo iniziale. Talvolta in modo fulmineo. Altre volte l’idea mi naviga in testa per settimane o mesi senza prendere una direzione precisa; talvolta me ne dimentico e poi riaffiora da sola, senza una ragione precisa. Poi, quando la struttura dell’haiku è abbastanza ben definita, entra in gioco un lavorio più formale per ottenere il suono più adatto, i significati più precisi e l’andamento più consono all’emozione che cerco di esprimere. Ma in genere quest’ultima fase si sviluppa abbastanza rapidamente.

  • Che intervallo di tempo copre l’Intima Essenza, quanti anni di vita ci sono dentro?

Potrei dire tranquillamente che c’è dentro tutta la mia vita, anche perché non è una biografia esteriore, ma interiore. I fatti dell’animo hanno un tempo loro, campiture lente e improvvise accelerazioni che, in superficie, nella vita esteriore, a volte si rifrangono all’improvviso in avvenimenti irrazionali, che, agli occhi altrui, rimangono incomprensibili. Mentre nel sottosuolo dell’interiore vivono una realtà autonoma di cui la manifestazione poetica è una piccola spia, una presa di coscienza che chi scrive attua su se stesso con intento maieutico. Scrivere è, prima di tutto, un modo per interrogarsi e provare a capirsi.

  • Sei appassionato dell’oriente in genere o solo di questo tipo di forma espressiva?

Non sono un esperto di cultura orientale e non sono arrivato all’haiku per questo motivo. Al contrario, approfondendo le ragioni espressive e storiche dell’haiku ho scoperto un universo culturale diverso dal nostro e molto stimolante, che sto ancora imparando a conoscere, confrontandolo con le mie radici europee.

  • Fra le tue altre passioni c’è senz’altro l’arte, cosa ti affascina e ti spinge a cercare di capirla?

Provo da sempre uno straordinario interesse per tutte le forme di comunicazione che non hanno una finalità pratica, ma che si pongono come un tentativo di comprendere ed esprimere l’uomo e il suo rapporto con il mondo. Le arti figurative nel loro insieme e la musica sono esperienze complesse, al pari con le opere letterarie, e nelle loro manifestazioni più alte costituiscono la sintesi di un modo di essere e vivere. Mi interessano i grandi progetti, le visioni e le rivoluzioni che hanno cambiato e cambiano per sempre il modo in cui l’uomo pensa se stesso. Il Rinascimento artistico inventato da un manipolo di geniali artefici a Firenze, l’immenso edificio armonico di Bach, l’instancabile indagine sul percepire/sentire di Monet, la rivoluzione del vedere di Caravaggio, per esempio…

  • Tu che sei un pubblicitario, come vedi la possibilità, per un esordiente, di farsi conoscere a un pubblico abbastanza vasto?

La strada è tutta in salita! L’offerta di autori, anche di qualità, eccede notevolmente la domanda di un pubblico che legge sempre meno e sempre peggio. Quello da affrontare è un lavoro lento e continuo che l’autore non può più pensare di demandare completamente al ruolo dell’editore. Ogni occasione per incrementare la propria awareness, la propria notorietà, come dicono i pubblicitari, deve essere sfruttata. In questo senso il mondo digitale offre una costellazione quasi illimitata di opportunità a costo zero, o bassissimo, che l’autore può affrontare anche autonomamente. Non ci si deve aspettare però risultati fulminei o eclatanti. Anche il digitale è affollatissimo di voci e discernere la qualità vera non è facile. Occorre non perdere la pazienza e insistere essendo ben coscienti che non c’è nulla di scontato né di dovuto.

  • Qual è la tua opinione sul mondo editoriale attuale?

Prima di tutto, riallacciandomi alla domanda precedente, ritengo che il ruolo dell’editore sia ancora fondamentale, in quanto talent scout e promotore della conoscenza di un autore. Se può nascere qualcosa di buono, è dalla collaborazione tra autore ed editore. L’editore deve credere in quello che pubblica e l’autore non deve pretendere che il compito di promuoverlo sia solo affare dell’editore. Personalmente penso anche che l’editore debba svolgere un ruolo fondamentale come selettore all’ingresso: insomma deve poter dire di no su basi puramente qualitative, per quanto soggettive. Di conseguenza non credo nell’editoria a pagamento e nemmeno nel cosiddetto self publishing: una scorciatoia che ignora il vero problema, il quale non è come ritrovarsi tra le mani un prodotto stampato o stampabile on demand, bensì: cosa farne?
Quanto poi all’altra novità dei tempi, penso che la cosiddetta rivoluzione digitale sia inarrestabile, anche nel mondo dell’editoria. Il che non vuol dire che l’ebook sostituirà completamente il libro cartaceo, ma che le due forme convivranno, così come usiamo quotidianamente il computer, il tablet e la buona vecchia penna a sfera. Tuttavia i vantaggi pratici del digitale sono così evidenti che è ora che i legislatori e i grandi player nel mercato dell’editoria cavalchino il nuovo invece di contrastarlo.

  • Hai partecipato a diversi concorsi letterari sempre con ottimi risultati, cosa pensi del mondo dei concorsi e qual è, secondo te, la loro utilità per un poeta?

Per uno scrittore esordiente è un modo come un altro per farsi leggere e per capire se qualcuno nota del buono in quello che scrivi. Come è noto l’Italia è il paese dei concorsi e ce n’è veramente per tutti i gusti (letterari). Quelli davvero prestigiosi sono però pochissimi e in questi il ruolo delle grandi case editrici è importante. Il resto è un universo vario e a tratti pittoresco. Purtroppo i concorsi completamente gratuiti sono sempre meno, ma il contributo richiesto è per lo più minimo. Quanto agli esiti che si ottengono, penso che l’atteggiamento giusto sia quello di rallegrarsi per le vittorie e non farsi troppe domande per le sconfitte: i criteri decisionali delle giurie sono imponderabili ed imperscrutabili, oltre che inevitabilmente soggettivi.
Concludo che non bisogna neanche aspettarsi ricadute significative quando si vince: nessuno mi ha mai contattato per dar seguito al riconoscimento con qualche ulteriore iniziativa, fosse anche scrivere un articolo. Insomma, i concorsi possono far bene al morale e fanno curriculum.
Punto e a capo.

  • Cosa fa Andrea Tavernati quando non scrive?

Sarebbe più giusto chiedere quando riesco a trovare il tempo anche di scrivere! Come hai detto, di mestiere faccio il creativo pubblicitario e quindi passo buona parte della mia settimana sul posto di lavoro. Essendo copywriter per fortuna il mio lavoro ha sempre a che fare con la scrittura e la comunicazione: un ottimo esercizio quotidiano. Poi ho una famiglia, collaboro con la Casa della Poesia di Como e con altre due associazioni culturali locali. Infine, leggo. Occupazione non secondaria per chi ama scrivere.

  • Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Il cantiere è sempre aperto: attualmente ho nel cassetto una raccolta di racconti inediti, che mi sono convinto, dopo lunghi ripensamenti, essere pronta per una eventuale pubblicazione. Poi sto mettendo a punto una raccolta di poesie più “classiche”, che mi pare a buon punto e nel 2015 vorrei continuare il progetto di un romanzo mainstream di ampio respiro rimasto a livello di abbozzo negli anni ’90 e che ho ripreso in mano solo l’anno scorso.

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