L'intervista1

Intervista a Eugenia Guerrieri

Eugenia Guerrieri, autrice di Deathdoc.Intervista a Eugenia Guerrieri, autrice di Deathdoc.

Deathdoc è un libro diverso, così diverso che difficilmente una trama come questa vi verrà riproposta con la stessa dose di humor, sarcasmo e incredibile realismo. Molto si cela dietro a un cadavere e non stiamo parlando del classico omicidio in cui il filo s’interrompe con la scoperta del colpevole, bensì di quello che accade “dopo”. Dopo che un corpo passa dallo stato di “vivo” a quello di “morto”, piombando nel caos burocratico e cinico che ruota intorno a qualsiasi salma. Ed è esattamente su questo che si basa il libro scritto da Eugenia Guerrieri, giovane scrittrice emergente, che ha fatto del macabro il suo punto di forza.

  • Innanzi tutto, questo non è il tuo primo libro, Eugenia, e Deathdoc non è un nuovo personaggio inventato appositamente per questa storia, vuoi raccontarci come nasce e da dove prende il suo soprannome?

È un personaggio già presente nella mia saga “La Bella Gioventù“, ambientata a Velletri, una cittadina della provincia di Roma, situata nella famosa zona dei Castelli. In origine era semplicemente il custode del cimitero, l’uomo stravagante che a dispetto del suo carattere scontroso, fa amicizia con uno dei protagonisti della saga, un ragazzo geniale (e per questo, solitario per natura) che, appena trasferito con la famiglia, prende a frequentare il cimitero “per avere un posto dove rifugiarsi quando ne ha abbastanza”. Nella bozza de “La Bella Gioventù” il custode del cimitero aveva un ruolo piuttosto marginale, solo in seguito – dietro pressione di un appassionato della mia storia – ho sviluppato la sua storia, finendo per scrivere un romanzo su di lui. Il perché di quel soprannome, che è anche il titolo del romanzo? Lo dirà la storia stessa.

  • Paolo Grandi, il nome fittizio dietro il quale si cela il tuo protagonista, è un uomo molto particolare, fuori da qualsiasi schema che lo possa identificare come eroe, che cosa ha ispirato questa tua scelta, perché proprio un uomo con questi determinati tratti caratteriali?

Paolo Grandi, il cui vero nome è Giovanni Di Micco, infatti, non è un eroe. Anzi, possiamo dire che i suoi guai se li è anche andati a cercare. Laureato con il massimo dei voti in Medicina e Chirurgia, appassionato di Medicina Legale, ha rinunciato alla sua vera passione apparentemente perché “allettato” dalla promessa fattagli dal suocero Piergiorgio Mazzone di un posto di elite nel suo reparto, quello di Rianimazione e Terapia Intensiva, in uno dei più importanti poli ospedalieri della capitale.
Giovanni, atterrito dall’idea dell’infermità permanente, dalla vita-non vita a cui vanno incontro le persone con malattie incurabili o gravemente invalidanti, era un giovane medico tendenzialmente favorevole all’eutanasia. Un’ideologia che il suocero, un uomo totalmente privo di qualsiasi scrupolo, andava cercando come requisito fondamentale nella scelta del personale medico che entra a far parte della sua squadra allettato dalle promesse di lauti guadagni. Diversamente, Giovanni non sarebbe mai stato preso in considerazione dall’avido primario.
Una cosa che mi ha fatto molto piacere è stato sentirmi dire, da chi ha già letto DEATHDOC, che è impossibile odiare il protagonista nonostante la sua cattiva fama e il suo carattere un po’ asociale, sarcastico e spigoloso. Magari le lettrici sono anche positivamente influenzate dal fatto che sia un bell’uomo?

Il perché di questa scelta, cosa me l’ha ispirata? Più che altro mi è stata suggerita per filo e per segno dallo stesso, appassionato lettore che ha tanto insistito affinché sviluppassi il personaggio di Paolo/Giovanni. «Rendiamolo interessante», ha detto. Ovviamente lui mi ha dato le linee guida, il resto ce l’ho messo io. Ascolto sempre volentieri i suggerimenti dei miei lettori, poi sta a me decidere se siano fattibili o no.

  • Ambientare una storia in un cimitero non è esattamente una scelta usuale, perché una giovane donna ha scelto proprio questo genere per comunicare con il pubblico?

Perché non avrei dovuto sceglierlo? Non mi piacciono le storie romantiche e/o sdolcinate, inoltre negli ultimi tempi sul mercato letterario c’è un’inflazione di fantasy (non che non mi piaccia il genere, ma personalmente sono un po’ stufa di vampiri, demoni, eccetera); e poi Patricia Cornwell e Kathy Reichs sono donne, eppure hanno scritto romanzi su un medico legale e su un’antropologa forense.

  • Oltre ad aver caratterizzato fino all’esasperazione i vari personaggi, di cui parleremo dopo, hai anche reso perfettamente l’idea del mondo che gira intorno a una qualsiasi morte, aspetti che non tutti sanno e che spesso, proprio a causa del momento emotivo, le persone non comprendono. Quante ricerche hai svolto per ottenere tante informazioni e quali ostacoli hai trovato nello svolgimento di tale ricerche?

Colui che ha tanto insistito affinché sviluppassi e approfondissi quel personaggio, è un giovane medico legale che lavora al cimitero. È stato lui a darmi un valido aiuto, presentandomi i suoi colleghi, permettendomi di fare tutte le domande che volevo e di vedere tutto ciò che era necessario vedere affinché potessi rendere la storia credibile. Oltre a quello, mi ha suggerito un sito internet su cui trovare gli approfondimenti delle normative che regolamentano quel mestiere che in molti nemmeno considerano, o sottovalutano. Perciò di ostacoli non ce ne sono stati; posso però affermare con sicurezza che se anche non avessi avuto il suo supporto, avrei ugualmente sviluppato una storia ambientata in un cimitero, ma senza entrare nel tecnico. Anzi, l’ho già fatto e il risultato mi soddisfa: è un romanzetto intitolato “OGGI RICORRONO I MORTI (SPERIAMO VINCA MIO NONNO)“, incentrato interamente sulla giornata del 2 novembre. Lo consiglio sempre a chi è curioso di leggere una delle mie storie particolari ma si impressiona per certi dettagli.

  • Come dicevamo, i personaggi, che ruotano intorno al cimitero, hanno tutti in comune la caratteristica di divenire grotteschi ed esaltano quegli aspetti che, per assurdo, li rendono ancora più umani. Hai tratto spunto da persone reali?

Per incontrare personaggi grotteschi basta andare in giro e osservare la gente nella vita di tutti i giorni. In ogni caso, quando qualcuno mi fa particolarmente innervosire, lo “uccido” e lo faccio diventare un ospite del cimitero del protagonista. È anche un’ottima valvola di sfogo! Queste persone non immaginano che se sorrido invece di mandarle al diavolo come meriterebbero è solo perché nella mia infinita fantasia scribacchina le ho già collocate orizzontalmente in una graziosa tomba…

  • Nel tuo libro vi sono menzionati diversi episodi in cui il filo conduttore è alla fine qualcuno su cui piangere, quanti di questi episodi sono reali e quanti inventati?

La storia personale del personaggio è tutta inventata. Gli episodi al cimitero, invece, mi sono stati raccontati oppure vi ho assistito personalmente.

  • La vena di humour macabro è una parte insita del tuo carattere oppure insorge nel momento stesso in cui, calandoti nella storia, emerge improvvisamene lo scrittore che è in te?

Lo ammetto: la vena macabra è insita nel mio carattere. E non mi importa cosa gli altri pensino di me. In ogni caso, cerco sempre di buttarla un po’ sul ridere.

  • La cultura occidentale identifica il cimitero come un luogo di morte e sofferenza, mentre la cultura orientale tende a renderlo un luogo in cui la pace dello spirito influisce anche sull’animo delle persone. Due concezioni diametralmente opposte, tu come vivi questo luogo?

Direi che abbraccio pienamente la cultura orientale, al cimitero mi sento veramente in pace.

  • Per offrire un’alternativa diversa al lettore, non avresti voglia di scrivere un libro scritto dal punto di vista del morto?

Chi ti dice che io non l’abbia già fatto? Aspetta di leggere il seguito di DEATHDOC! Certo, per scrivere ciò ho usato molto la fantasia, dando anche alla storia delle mie personali libere interpretazioni, perché ovviamente nessuno è mai tornato indietro a raccontarmi come sia il punto di vista di un morto. Anche se, dovendo scegliere, preferirei mi desse i numeri vincenti del Super Enalotto…

  • Quando Eugenia non scrive, come occupa il proprio tempo?

Se intendi il mio tempo in generale, faccio quello che fanno tutte le persone che vorrebbero essere nate ricche, ma che invece non lo sono e “devono campà”. Se invece ti riferisci al tempo libero: ultimamente ne ho molto poco, quindi scrivo soltanto. Guai a propormi qualcosa di diverso! Non è cattiveria, ma ultimamente il mio motto è: LASCIATEMI scrivere IN PACE e non rompete.

  • Sappiamo che per Deathdoc è previsto un seguito, puoi anticiparci qualcosa in merito al tuo nuovo libro?

Il seguito di DEATHDOC si intitola IL SIGNORE DEI CIMITERI. L’ho già inviato all’editrice per la valutazione.
Nelle sue pagine si ritrova Paolo/Giovanni in periodi differenti della sua vita. Lo vedremo ragazzo, giovane uomo, studente e specializzando in Medicina Legale – e in alcuni capitoli anche nel ruolo che già ricopre nel romanzo DEATHDOC, vari episodi che nel precedente libro non ho raccontato perché poco inerenti –, sempre con la smodata passione per i cimiteri. Non si è mai lasciato sfuggire l’occasione di visitarne uno, magari rinunciando a una gita o a una giornata di mare.

Di cosa parla IL SIGNORE DEI CIMITERI? Qui ci riallacciamo alla domanda sullo scrivere un libro dal punto di vista di un morto. Si scoprirà infatti che Giovanni Di Micco è un “medium“, in grado di vedere i trapassati e di interagire con loro. Un dono che scopre gradualmente, ma di cui non sa proprio cosa fare. Sulle prime crederà di essere pazzo.
Questo lato della storia è raccontato secondo una mia personale e molto fantasiosa interpretazione dell’after-life: i fantasmi della mia storia non fluttuano e non sono trasparenti, ma ai suoi occhi appaiono in tutto e per tutto con l’aspetto di persone normalissime. Inoltre sono impossibilitate ad allontanarsi dal luogo dove dimora il loro corpo; il che, per il nostro amato protagonista, è un sollievo: gli è già difficile riuscire a distinguerli dai vivi all’interno del cimitero, figuriamoci se li incontrasse per strada.
Ovviamente sull’argomento c’è dell’altro, ma lo scoprirai leggendo il libro.

  • Per rimanere in tema e per concludere degnamente questa simpatica chiacchierata, cosa scriveresti come epitaffio per questa intervista?

Uhm… va bene che la morte piace alla gente che giace?

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