Io, Bruco di Macaone

Io, Bruco di Macaone

Di L’Angelino

Ebbene sì, seppur con vergogna devo confessarlo. Gli arresti domiciliari ai quali tutti abbiamo dovuto sottoporci sono stati, per quanto mi riguarda, una piacevolissima parentesi esistenziale. Per la prima volta, dopo cinquant’anni di lavoro, il mio incolpevole mancato rispetto degli impegni e delle odiose scadenze non ha avuto necessità di giustificazioni, di conseguenza non ho neppure dovuto sopportare quell’inevitabile senso di colpa che sempre mi accompagna quando mi assento dal lavoro.

Occorre dire, a ulteriore vergogna, che rispetto alla maggior parte dei miei simili, la mia è stata una carcerazione di riguardo, perché ho la fortuna di abitare in campagna e in totale indipendenza, con un giardino piantumato che mi ha permesso di occupare parte del tempo nell’osservazione della natura, indagando in particolare il micromondo di quegli invertebrati che conoscevo soltanto di sfioro, come i bruchi dalla doppia vita. E così ho lavorato di fantasia, immedesimandomi nella figura di un coloratissimo bruco di Macaone, la splendida e variopinta farfalla a venire che in estate frequenta i nostri prati.  Naturalmente scrivere di quell’immaginata esperienza è stato il passo successivo.

Io, Bruco di Macaone

Fame. Incontrollabile e irriducibile fame.

È questa la peculiarità che contraddistingue il mio essere un bruco di Macaone.

Volendo potrei calcolare con assoluta precisione il tempo occorrente a spogliare completamente un finocchio o una carota e ingurgitarne il loro verde prima della mia ultima mutazione, e in seconda battuta, penserei che una tale dimestichezza con i numeri sia da imputare ad una cellula eucariote ereditata da una mia qualche precedente vita da ragioniere.

È strano che io abbia conoscenza e nessuna memoria. Riconosco il mondo che mi circonda ma non la ragione per la quale non ne sono stupito. Forse perché nelle mie precedenti esistenze non è mai venuta meno la convinzione che la morte interessa l’involucro e non l’energia del suo nucleo, e che questa abbia la facoltà di trasmigrare in una qualche altra forma di vita in modo del tutto casuale, portando con sé tutto il sapere accumulato nelle passate esperienze.

Comunque, al di là del mio formidabile appetito, l’essere un bruco mi incuriosisce, e la consapevolezza di aver ormai raggiunto la maturità e la prossimità al gran salto mi elettrizza. Diventerò farfalla! E non un lepidottero qualunque, ma una farfalla Macaone, quella con le ali maestose e i suoi bellissimi colori, e poi potrò contare su due grandi occhi che mi permetteranno una nitida panoramica visione del creato, e non soltanto quei colori spenti e gli sfocati contorni da miope che attualmente mi appaiono.

Ora però devo preoccuparmi di quel giovane merlo che mi osserva incuriosito per via degli splendidi gialli e neri che il mio ultimo abito inamidato con funzioni di esoscheletro esibisce, e che, con ogni probabilità, si interrogherà sulla mia commestibilità. Provaci pure, giovane scriteriato, ti inonderò di nauseabondo acido butirrico!

Certo che la vita dei bruchi è ben strana. Bruchini appena fuori dall’uovo e costretti poi all’inevitabile cambio d’abito con la crescita. Il mio attuale vestito è l’ultimo della serie, e devo dire che è proprio un vestito elegante e alla moda: bianco, striato di nero e impreziosito da impunture rosse a guarnire.  Insomma, sono un gran bel bruco, non c’è che dire, niente a che vedere con quello spelacchiato bruco dei gerani o quell’orrendo pelosone del bruco americano.

In ogni caso la mia vita da bruco è quasi giunta al termine, presto dovrò iniziare la ricerca di un posto adatto per ancorarmi in sicurezza e dare inizio alla mia trasformazione in crisalide. E questa è un’altra stranezza che mi dà da pensare. Avrò una nuova vita, ma non sarà una reincarnazione, sarà invece una continuazione dell’attuale ma con abito e struttura completamente diversi, come diversa sarà la mia collocazione di riferimento nella grande famiglia degli insetti. A ben vedere si tratta di un’opportunità riservata a pochi appartenenti al mondo animale, e godere di un tal privilegio è decisamente una grossa fortuna. Avrò le ali, e sfido chiunque a sostenere di non aver mai desiderato di volare.

Un mese è trascorso dalla mia trasformazione in crisalide, e adesso il mio corpo si è quasi sciolto del tutto, presto le molecole di questo mio brodo primordiale inizieranno la costruzione di un nuovo modello, e sarà un modello perfetto, magistralmente rifinito e con tutte le competenze che il mio nuovo ruolo nel regno della natura richiederà.

Il lavoro è completato, ora non mi resta che liberarmi della crisalide e affacciarmi al mondo. Certo che la sensazione è ben strana. Sono una farfalla già adulta e completamente sviluppata, nessun tirocinio infantile, nessun apprendistato comportamentale e una totale consapevolezza delle mie capacità e dei miei limiti.

Ho ancora le ali stropicciate, ora le distendo per asciugarle. Intanto prendo confidenza con questo mio nuovo corpo e scopro di avere due lunghe antenne e quattro zampe altrettanto lunghe, due occhioni sporgenti e, dulcis in fundo, una curiosa spirotromba al posto della bocca che posso arrotolare e svolgere alla bisogna. Meraviglioso! Adesso non devo più triturare il cibo con le mandibole, gesto la cui volgarità si accompagnava ad un’involontaria ingordigia, ora posso alimentarmi con la discrezione che si conviene succhiando con delicatezza il nettare dei fiori.

Le ali si sono finalmente asciugate, posso distenderle ed accingermi al mio primo volo. Ecco, sto volando, contrasto la gravità con leggeri colpi d’ala per sostenermi e lo faccio in sicurezza, con aristocratica leggiadria, poi mi poso delicatamente sulla corolla di un fiore la cui beltà, suo malgrado, è immediatamente offuscata dalla mia presenza.

Un prato verde di trifoglio e un trionfo di fiori colorati mi appare come una tavola imbandita, un assaggio qui e un assaggio là è un piacere al quale non posso rinunciare, ma son presto distratto dalla presenza di una femmina della mia specie in cerca di attenzione, ed io non mi faccio certo pregare. La corteggio per un po’, poi la superlativa bellezza di quel meraviglioso esemplare mi rende audace, il seguito lo lascio immaginare.

Ho ripreso il mio svolazzare, e, con evidente vena narcisistica, non perdo occasione per esibirmi e suscitare l’invidia delle altre farfalle, quelle poverine e meno fortunate intendo, quelle con le ali piccole e dai colori spenti.

Ebbene sì, sono stato fortunato, sto vivendo questa seconda parte della mia esistenza nel miglior modo possibile. Non so per quanto durerà, anche perché il concetto tempo è per me alquanto relativo, sono certo però, che nonostante tutto, questa parentesi temporale me la godrò fino in fondo.

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