La ricerca della verità

La ricerca della verità

La ricerca della verità

In un mondo in cui imperversano falsi profeti, bufale online e volponi della pseudoscienza, la razionalità è la nostra arma di difesa dalla miriade di informazioni da cui siamo bombardati.

di Silvana Zanon

Sono un medico, è vero. O per lo meno, ne ho la formazione.
Ho il poster di Galileo attaccato in ufficio, mi diverto a svelare i trucchi di maghi che, nelle catene di Whatsapp, dicono di essere in grado di leggere nella mente, e stimo chi, onestamente (e soprattutto in maniera disinteressata), va alla ricerca della verità.

In un interessante convegno a cui ho partecipato lo scorso mese si è parlato di come smascherare le truffe pseudoscientifiche e le ciarlatanerie nel web: in quell’occasione, un relatore ci ha ricordato che noi scienziati dobbiamo essere come San Tommaso nel quadro di Caravaggio, che deve mettere il dito nella piaga del costato di Cristo prima di  credere a ciò che gli viene raccontato. Deve verificare.

Sacrosanto.

In un mondo in cui imperversano falsi profeti, bufale online e volponi della pseudoscienza (rigorosamente a fini di lucro), la razionalità è la nostra arma di difesa dalla miriade di informazioni da cui siamo bombardati.
Ma la domanda è: oltre a tutto ciò che si può vedere e toccare… C’è altro?
Continuo ancora a chiedermi quale sia il confine tra mente e anima.

E soprattutto, se esiste.
Se non siamo semplicemente una combinazione di processi biochimici a livello cerebrale e di neurotrasmettitori, che si traducono in quelle che noi chiamiamo emozioni, sentimenti, pulsioni. O se c’è davvero qualcos’altro. Qualcosa che sopravvivrà alla carne, alle ossa, alla cenere e alla polvere. E al resto del mondo visibile.

Un paio d’anni fa, un’infermiera mi prestò un libro di Padre Gabriele Amorth, il noto esorcista venuto a mancare nel settembre dello scorso anno. Poi ne ho letto un secondo, un terzo e un quarto.

E mi si è aperto un mondo. Lo ammetto, sono rimasta affascinata dai racconti del prete modenese: magia nera, magia bianca. Sensitivi. Maghi in grado di nuocere a distanza alle persone, in genere su commissione. Sette sataniche. Persone che hanno venduto l’anima al demonio in cambio di successo e beni nella vita terrene. Il Nemico che, subdolamente e sotto sintomi fisici o psichici, è in grado di nuocere alle persone. E gli esorcisti che, in virtù del loro investimento, possono liberarli.

Assurdo, mi grida la mente razionale.

Però… c’è un però: quella parte atavica e istintiva di noi che crede alle favole, il bambino di un tempo rimasto avvinghiato al nostro inconscio, quello che restava per ore, con gli occhi sgranati ad ascoltare le fiabe di streghe, principesse e cavalieri oscuri sussurrati da chi ce le leggeva quando ancora non conoscevamo l’alfabeto.

Quel bambino ha preso brandelli di racconti dell’esorcista come se fossero pezzi di Lego, e li ha mescolati con la realtà: col mio amore incondizionato per i gatti, con i ricordi che ho dell’Ecuador, terra delle mie origini. E anche con ciò che non esiste, che è solo frutto della mia mente. È venuto fuori l’abbozzo di una trama. Con quell’immenso dono che è la nostra fantasia, che ci dà la capacità di creare.

Detto ciò, lasciando da parte i giochi del bambino, e rivolgendomi alla mia parte adulta… Credo che sia possibile ciò che ho letto in quelle pagine?

Mah. Non lo so.

Ci vorrebbe il paziente lavoro dello scienziato, gli studi in triplo cieco: prendo tre gruppi di persone con possibili sintomi da possessione. A un gruppo somministro il farmaco che il medico ritiene appropriato, sul secondo gruppo agisco con l’esorcismo, mentre col terzo gruppo non faccio nulla.

E alla fine conto: quanti guariti nel gruppo A? Quanti nel B? Quanti nel C?
Qual è il gruppo in cui i pazienti hanno avuto maggior beneficio?
Poi, con strumenti statistici, valuto se la differenza tra i gruppi può essere dovuta al caso o no. Se l’esorcismo ha avuto efficacia nulla, oppure semplicemente paragonabile all’effetto placebo.

Però devo riconoscere una cosa, anzi due: innanzitutto, Padre Amorth, prima di ricevere una persona e prenderla in carico, la invitava a sottoporsi a visite mediche e psichiatriche. E riteneva che nella maggior parte dei casi, la risposta si trovasse in quell’ambito.

Seconda cosa, e forse ancora più importante: la gratuità dei suoi interventi.
Chi lo aveva intervistato nella sua casa, parlava di una dimora umile e spartana. Dubito che il sacerdote si sia arricchito con un lavoro che, a detta sua, lo teneva occupato per tante, troppe ore al giorno per uno della sua età. La sua fonte di guadagno potevano essere i diritti d’autore sulla vendita dei suoi libri, d’accordo. Ma il suo tenore di vita, stando a quanto ho letto in alcune testimonianze, non lo rifletteva.

E una cosa di cui ho rispetto, personalmente, è l’onestà intellettuale. E la buona fede.
Cosa che il sacerdote modenese aveva.
Poi è vero: “La scienza vede, e quindi crede. La religione crede, e quindi vede”. Ma la fede, in fondo, è proprio questo.

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