Storia della pasta italiana

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla pasta italiana

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Nunzio Russo ha scritto due libri di indubbio valore, alla base dei quali esiste l’amore per la propria terra, la Sicilia, e la passione per quanto questa è stata in grado di offrire alla tradizione italiana e al mondo: la pasta italiana. Figlio di due importanti famiglie di pastai, Russo è ancora oggi uno dei maggiori rappresentanti della storia di uno degli alimenti più popolari dell’arte culinaria. Una storia che si snoda attraverso vicissitudine che in parte hanno coinvolto tutta la Penisola e in parte hanno solo sfiorato la coscienza collettiva, rendendo i romanzi dell’autore vive testimonianze di quanto accaduto.

Nunzio Russo ha pubblicato con EEELa voce del maestrale e Il Romanzo della Pasta Italiana

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di Nunzio Russo

Regno di Sicilia, 1140 d.C.

A Palermo, il re normanno Ruggero II era considerato il monarca più ricco e più potente del tempo. I confini del suo regno si estendevano da Napoli all’Africa settentrionale. Ruggero garantì la più ampia libertà a tutte le fedi, lingue e razze. Accolse nel palazzo reale le migliori intelligenze di ogni nazionalità, dall’inglese Thomas Burn al bizantino Giorgio di Antiochia, dallo storico Nilus Doxopatrius al geografo arabo Al-Idrisi. La città siciliana divenne la capitale del mondo conosciuto, dove la vita era davvero magnifica da spendere.
image017Al-Idrisi, in particolare, doveva la sua fama ai viaggi che lo avevano portato in tutta Europa e a scrivere dell’oceano atlantico. Ruggero II gli suggerì di realizzare una mappa del mondo noto, da accompagnare a un testo che ne descrivesse i dettagli e, in particolare, esaltasse la bellezza di una Sicilia conosciuta come la terra del sole. Così videro luce il planisfero inciso su una lastra d’argento detto “Tabula Rogeriana” e un libro di geografia dal titolo arabo “Il sollazzo di chi si diletta a girare il mondo”, poi chiamato “Il libro di Ruggero”. L’opera fu terminata intorno al 1154 e poi pubblicata fino ad oggi. Sono ben nove i tomi editi dall’Istituto Universitario Orientale di Napoli e dall’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma, tra il 1970 e il 1984. Una versione sintetica è stata stampata dall’editore siciliano Flaccovio nel 2008.
Il Libro di Ruggero è testimone della cultura e della scoperta della pasta: secondo l’autore dell’opera, la pasta è nata in Sicilia e il suo luogo d’origine è una zona compresa tra Termini Imerese e Trabia. I ricercatori ci comunicano notizie di questo prodotto unico fin dal 1154. Ciò avvenne cento anni prima della nascita di Marco Polo, considerato l’esploratore che – scoperta la prelibatezza in Cina – la fece poi conoscere in Occidente.

Ecco i primi spaghetti

Nella sua ricerca Idrisi scrive di Trabia, un casale arabo nel territorio di Termini Imerese e a circa 30 km da Palermo, affermando: «La Trabia ha una pianura e dei vasti poderi nei quali si fabbrica molta quantità di paste (Yttriyya) da esportarne in tutte le parti, specialmente nella Calabria e in altri paesi di musulmani e di cristiani». Quindi, l’autore continua: «A Trabia scorre il fiume di Termini, largo e copioso di acque (…) La Yttriyya (arabo), che poi i latini chiamarono Itria, di cui ci giungono notizie, era una merce rustica e nutriente. Questa era prodotta in quantità limitate dalle famiglie che poi ne facevano commercio. Era fatta a mano e poi, d’estate, lasciata asciugare al sole. image048Nei mesi invernali, invece, l’essiccazione avveniva accostando il prodotto ai bracieri usati per riscaldare la casa. La materia prima era ottenuta dalla macinazione di grano duro, cui era aggiunta acqua. Il resoconto di Idrisi narra di una pasta tirata a fili sottili: i primi spaghetti. I floridi commerci e, soprattutto, l’abbondante acqua sorgiva e fluviale del territorio ne svilupparono la produzione. I piani caricatori nati vicino ai principali porti commerciali siciliani di Termini Imerese e Catania ammassavano le granaglie provenienti dall’entroterra, garantendo la disponibilità di una materia prima autoctona e pregiata. Già nel 1182 si hanno documenti sull’attività di molini ad acqua per la macinazione del grano. Questi impianti ebbero fortuna fino al XVII e XVIII secolo. Nello stesso periodo, anche i pastai andarono a utilizzare l’energia idraulica. Spesso gli stessi mugnai abbinavano al molino il pastificio di proprietà. Aumentarono anche le produzioni di mangimi e prodotti da forno. Nacque un fiorente artigianato che traeva forza dal ciclo produttivo chiuso. Un esempio seguito nei secoli dai maggiori fabbricanti del continente. La pietra miliare della moderna agroindustria.
Di questo mito secolare oggi è rimasto poco nel posto d’origine. Agli inizi del Novecento a Termini Imerese c’erano ancora quarantacinque impianti che producevano pasta o macinavano grano. Uno di questi era nella vicina Trabia. Così scrivevano gli autori Bontempelli e Trevisani nel libro “La Sicilia Industriale Commerciale e Agricola”, edito dalla Società Tipografica Editrice Popolare e pubblicato a Milano nel 1903: «Non v’è chi non dica che le paste alimentari di Torre Annunziata e di Gragnano siano tra quelle di produzione italiana le super eccellenti; ed infatti non si può dire che tali prodotti siano da disprezzare; ma in omaggio alla giustizia ed alla verità, è doveroso riconoscere che il luogo di origine di questa industria è la Sicilia e specialmente Termini Imerese, ove si fabbrica la pasta di pura semola senza ricorrere alle materie eterogenee di cui non tutte le Case produttrici di altri siti sono aliene dal miscelare le semole per la pasta medesima».

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L’industria della pasta nasce nel Sud

E’ giusto ricordare che la pasta iniziò a essere prodotta industrialmente dal 1800, quando nella zona di Napoli furono montati i primi impianti atti allo scopo. Nei decenni a seguire questi furono perfezionati, soprattutto riguardo ai sistemi d’essiccazione che, all’origine, avveniva all’aperto, davanti allo stabilimento, stendendo il prodotto su canne ad asciugare. Nel 1870 comparvero i torchi idraulici e le impastatrici meccaniche, seguite nel 1875 dai primi essiccatoti statici. Già nel 1856, il “Sicilia”, prima nave in ferro e vapore del Regno delle Due Sicilie, inaugurava una tratta oceanica verso New York dedicata al trasporto passeggeri e delle più pregiate merci nazionali e, in particolare, dei maccheroni.
La scienza tecnologica, intanto, continua a progredire con il trascorrere del tempo. E sempre in Sicilia vengono realizzati impianti all’avanguardia. Pastifici che esportano i loro prodotti negli Stati Uniti, confezionati in pacchi di carta da 1 libbra inglese, pari a circa 453 grammi.

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La pasta di Termini Imerese

Il Pastificio Russo di Termini Imerese (produttori dal 1875), per citare un esempio riportato sui testi, è ultimato nel Dopoguerra, utilizzando le più moderne tecnologie dell’epoca – come annota il professor Renato Rovetta nel suo libro “Industria del pastificio o dei maccheroni” (ed.Hoelpi, 1951). Il Pastificio Russo è una costruzione di sette piani, di cui sei fuori terra. Sottoterra avviene il rinvenimento della pasta. Al piano terra, alto 8 metri, sono montate impastatrici, gramolatici e presse. Lì troviamo pure i motori, il reparto imballaggio e il magazzino. Al piano primo, secondo, terzo e quarto avvengono l’incartamento ed essiccazione definitiva della pasta lunga. Il quinto è dedicato all’asciugatura della pasta tagliata corta. Il sottotetto è una camera d’aria di compensazione, per le varie situazioni atmosferiche. I macchinari sono Bühler. Lo stabilimento, come in tutte le regioni dell’Italia meridionale, aveva il lato lungo a Settentrione e il corto a Mezzogiorno. L’essiccazione era a Nord, mentre la produzione guardava sempre a Mezzogiorno.

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L’incolpevole declino

Alla fine degli anni Cinquanta la situazione economica muta il destino dei pastifici siciliani. I nostri emigrati all’estero costruiscono i primi impianti nelle Americhe come in Oceania e così diminuiscono drasticamente le esportazioni. I costi di trasporto e l’assenza di una rete autostradale innalzano a dismisura i costi delle spedizioni verso l’Italia settentrionale e l’Europa. Di contro, i produttori italiani del Nord sono in pochi e più vicini ai mercati. Aziende come Barilla e Buitoni crescono, insieme con altri marchi. La produzione in Sicilia appare frazionata. Sono molti i pastifici, alcuni di questi sono celebri, ma hanno difficoltà a sviluppare le dimensioni in un mercato ristretto e senza infrastrutture. Ancora in quel periodo, però, la produzione di pasta siciliana si evince superiore rispetto a quella di ciascuna regione italiana. (vedi Giuseppe Portesi -“L’Industria della pasta alimentare” – ed. Molini d’Italia, 1957).

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Il grande sogno siciliano

Gli ultimi industriali della pasta di Termini Imerese si riuniscono nel 1960. Studia il progetto il giovanissimo avv. Lorenzo Pusateri, erede di una dinastia di produttori imeresi. Insieme con loro c’è l’unico pastaio della vicina Trabia, l’onorevole Salvatore Messineo. Il progetto è ambizioso. Bisogna realizzare un grande pastificio, e giusto dove la pasta è nata. E’ individuato il terreno presso la nascente zona industriale di Termini Imerese.
Si pensa anche di ripristinare il vecchio tracciato dell’adiacente aeroporto, costruito dagli Alleati durante l’occupazione dell’Isola nel 1943 per favorire i trasporti. Sono commissionati progetti a Braibanti di Milano, Bühler di Uzwil (Svizzera) e Pavan di Galliera Veneta (Pd) ancora oggi custoditi e disponibili. Tutto sembra pronto per cambiare il futuro dell’industria alimentare italiana. Sarà costituita una società per azioni, dove tutti acquisiranno titoli in rapporto al capitale versato. La pasta sarà prodotta utilizzando i rispettivi brand. Alla fine, però, l’accordo non è sottoscritto. Dopo anni d’oblio si sono raccolte le testimonianze dirette di chi ha promosso l’iniziativa; chi è stato favorevole; chi ha voluto il fallimento della stessa.
Il pastificio più grande del mondo doveva nascere a Termini Imerese. Così, purtroppo, non è stato. E quindi il sogno dei pastai di Sicilia, terra dove la pasta è nata, è stato portato via dall’inesorabile scorrere del tempo. In ogni caso, oggi ne è salva la memoria.
Il resto è storia dei nostri giorni. I grandi pastifici italiani portano all’estero buona merce, confezionano enormi quantità, utilizzando linee totalmente automatiche per produzioni continue di ventiquattro ore al giorno a costi contenuti. I migliori produttori artigianali, però, continuano ad avere un ruolo primario. Sono gli eredi eccellenti di questa tradizione italiana. Producono piccole partite, puntando sulla qualità fin dalla materia prima. La fase dell’impasto e del dosaggio dell’acqua è spesso fatta a mano, mentre l’essiccazione avviene in piccole celle a basse temperature, inferiori ai 40 °C. Questo garantisce paste alimentari dalle caratteristiche nutrizionali e di gusto pari a quelle delle origini.

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(Tutte le immagini sono tratte dal libro Il Romanzo della Pasta Italiana)

Bibliografia:

– Al-Idrisi, Il Libro di Ruggero, Flaccovio Editore, 2008.
– Bontempelli e Trevisani, La Sicilia Industriale Commerciale e Agricola, Soc. Tipografica Editrice Milanese, 1903.
– Renato Rovetta, L’Industria del Pastificio o dei Maccheroni, Hoelpi 1951.
– Giuseppe Portesi, L’Industria della pasta alimentare, Mulini d’Italia, 1957.
– Nunzio Russo, La Voce del Maestrale, romanzo, I ed. Robin Edizioni 2005, II e III ed. Edizioni Esordienti Ebook 2012, IV ed. Edizioni Esordienti Ebook 2014.