Arrivano novità sugli sconti dei libri?

Arrivano novità sugli sconti dei libri?

Una proposta di legge vuole ridurre dal 15 al 5 per cento lo sconto massimo sul prezzo di copertina: editori e librai sono favorevoli, ammesso che serva

Molti editori – praticamente tutti: naturalmente i piccoli, ma anche i medi e i grandi, con l’eccezione del Gruppo GeMs e una posizione più articolata di Mondadori – sono favorevoli a una revisione della legge Levi sul prezzo dei libri, approvata dal Parlamento nel 2011, che fissava al 15 per cento lo sconto massimo sul prezzo di copertina. La nuova proposta di legge – la prima firmataria è Sandra Zampa del PD – si intitola “Disposizioni per la promozione della lettura, il sostegno delle librerie di qualità, dei traduttori nonché delle piccole e medie imprese editoriali” e fissa lo sconto massimo al 5 per cento, come avviene in Francia, Olanda, Spagna, Svizzera, mentre in Germania gli sconti sono vietati e nel Regno Unito il prezzo è libero.

La misura si applicherebbe – ovviamente, visto che l’obiettivo implicito è colpire Amazon – anche alle «vendite per corrispondenza e su piattaforma digitale via internet, con una possibilità massima del 10 per cento di sconto in occasione di fiere ed iniziative di settore espressamente indicate e del 20 per cento in caso di vendita a biblioteche, pubbliche e private». È una misura protezionistica, concepita per difendere le piccole librerie e i piccoli editori da chi può offrire prezzi più bassi grazie a volumi maggiori di vendita. I critici – al momento pochi – sostengono che questa difesa verrebbe pagata dai lettori. Il fatto che a sei anni dall’approvazione della legge Levi lo schieramento dei favorevoli si sia allargato anche a Giunti, Feltrinelli e in parte anche Mondadori, cioè editori che controllano grandi catene, dimostra che tutti gli editori e i librai, anche quelli di catena, sentono il bisogno di essere difesi dallo Stato dalla crescita della vendita online. Gli sconti di Amazon – che al suo arrivo in Italia vendeva anche al 40 per cento di sconto – costringono in pratica le grandi catene di librerie a vendere al 15 per cento in meno rispetto al prezzo di copertina. Se si scendesse per legge al 5, per farla breve, recupererebbero il 10 per cento di margine.

I tempi per approvare la legge in Parlamento sono stretti, quindi gli editori spingono per un decreto del governo o per inserire il provvedimento nella prossima legge di stabilità. A questo scopo nei prossimi giorni le parti coinvolte – editori, librai e associazioni di categoria – dovrebbero mandare al ministro della Cultura, Dario Franceschini, una lettera esprimendo una posizione unitaria. È il passaggio più difficile, perché se contro Amazon sono tutti d’accordo – perfino Ricardo Levi, il promotore della legge in vigore, era presente all’incontro sul tema al Bookpride di Milano – e tutti in astratto sono favorevoli a sostenere librerie e piccoli editori, poi nel concreto le posizioni si differenziano.

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I manoscritti vanno inviati su carta

Nell’era del digitale, è ancora così ovvio dover inviare manoscritti su carta?

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«I manoscritti vanno inviati esclusivamente su carta». Chissà quante volte un aspirante scrittore ha letto una frase come questa sul sito internet di un casa editrice.

di Giorgio Bianco

Mi ha sempre dato fastidio, non lo nego. Talora anche a causa del tono di rimprovero che contiene: «Per favore, astenetevi dall’invio di e-mail: saranno tutte cestinate». Come dire: «Non mancateci di rispetto, datevi almeno la pena di stampare il manoscritto».
Ma perché? Perché ancora molti (non tutti, per fortuna) pretendono la carta? Non me lo spiego, mi pare un’assurdità. Eppure un motivo deve esserci.
2pvz25pCominciamo il ragionamento mettendoci nei panni di un editore, non importa se di piccole, medie o grandi dimensioni. È facile immaginare che sia quotidianamente travolto da decine o centinaia di proposte editoriali. Fra l’altro, quasi tutte destinate a finire nel cestino. Dunque, ve lo immaginate l’ufficio preposto al ricevimento della posta? Montagne di buste mezze strappate, lettere di accompagnamento che svolazzano sul pavimento, tavoli ingombri di stampati rilegati con i dorsi di plastica a spirale… Ci vuole una stanza dedicata a tutta questa mercanzia. Un lavoro enorme, kafkiano, per non parlare della polvere e delle probabili allergie. Terribile. E i rifiuti? Non dimentichiamoceli: siccome «i manoscritti non verranno restituiti», è inverosimile che l’editore se li tenga tutti per ricordo. Dovrà separare i dorsi di plastica dalla carta e avviare il tutto alla raccolta differenziata. Quindi avrà chiesto di avere in cortile un cassonetto apposito, più grande degli altri, simbolicamente evidenziato da una scritta: “EDIZIONI PINCO PALLO”. Come dire: ecco i nostri rifiuti, ammirate la sconfitta delle ambizioni artistiche giunte da tutta Italia. Che tristezza. Povero ambiente, poveri alberi e quanto lavoro sprecato.
Spendiamo una parola anche per gli autori, indipendentemente dal fatto che siano bravi o meno: sono chiamati a spendere soldi per stampare, acquistare grandi buste e spedire, senza contare la fila in Posta. Ricordo che, quando inviavo i miei romanzi in formato cartaceo, approfittavo della visita a qualche parente in un paesino sperduto, dove nell’ufficio postale si fa meno coda.
blog-frustration1Poi mi sono stufato, o ribellato, al sistema. E ho iniziato a farla io la selezione: non prendo in considerazione editori che rifiutano l’invio del manoscritto tramite e-mail. Li respingo, mi prendo questa libertà.
Perché con la e-mail la procedura è più agile, pulita, ordinata, rispettosa degli spazi e della natura. Si scarica l’allegato, lo si inserisce in una cartella e si comincia a leggere. Inoltre gli schermi dei computer moderni sono molto meno nocivi di quelli di un tempo, quando i fosfori verdi lampeggiavano su sfondo nero. Io stesso lavoro a terminale per almeno 10 ore al giorno, senza gravi danni alla vista. Inoltre nei documenti ci sono i margini, quindi è possibile prendere appunti. Si può ingrandire il carattere, salvare la posizione. Insomma, a che cosa serve tutta quella carta?
Secondo me è l’emblema di una grossa contraddizione di certi ambienti culturali del nostro Paese. E’ un tema che affronto spesso, ammetto di esserne un po’ ossessionato. Credo che l’accesso all’arte talora non sia aperto a tutti, se non in apparenza. Fa sorridere dirlo, ma la cultura vissuta come bene comune è un fatto… culturale! Da noi, purtroppo, non è tanto bene comune quanto casta, circolo chiuso, “noi sì che ci capiamo”.
Ecco dunque che la carta, rispetto alla volgare mail, aiuta a fare la selezione. E’ più elegante, solidamente aggrappata alla tradizione (altra contraddizione: progressismo e conservatorismo insieme), perfino ossequiosa: sì, perché per mandare una mail bastano due secondi, è troppo facile, mentre spedire la carta significa rispettare il rituale, la gerarchia, la presunzione di statura di chi ti sta di fronte. Posso dirlo? E’ una forma di “nonnismo”.
81482_editorletter_mdMa la vera parola chiave forse è un’altra: presunzione. In altri Paesi il successo avvicina alla gente, cioè rende disponibili e amichevoli. In Italia, invece, rende distaccati. Avete visto il film “La grande bellezza”? Al di là del fatto che non mi è piaciuto, faccio notare che il protagonista è prima di tutto antipatico, ciò che lo rende perfetto per il successo all’italiana. Un successo colmo di arroganza, perfino di classismo. Parliamo di gente che si autoproclama importante, colta, sensibile e immensamente elegante. Gente a cui perfino i santi chiedono di ricominciare a scrivere romanzi. Ebbene, gente così spedisce le buste, mica manda le e-mail!