Tempo di ebook, di ebook senza tempo

L’editoria digitale vista dai giovani autori

EEE old

San Salvario, Torino, Italia.

Un giorno di Novembre, piovoso, grigio. Uno di quelli che l’umido ti entra dentro e ti bagna i pensieri e te li appiccica al cervello.
Non so neanche perché sono entrato in quel pub, di solito non mi piacciono. È uno di quelli molto caratteristici, con il dehors, dove oggi non vedi neanche i gatti. Locali adatti ai giovani e io proprio giovane non sono. Mi sono seduto in disparte, quasi mi vergogno. Meno male che di luce in quei locali ce n’è sempre poca. Lo faranno per l’atmosfera o per risparmiare?
“Sì, mi porti una rossa… Come?… ah! Certo: cruda!”
Cacchio non so che cosa vuole dire “cruda”. Ma per questa volta me la sono cavata. Insegnare ai ragazzi e fargli gli esami qualche cosa mi è servito. Un’esclamazione per prendere tempo e ripetere la parte finale della domanda … così sembri preparato.
Ne è passato del tempo da quando ho incominciato a scrivere… e che cosa ho ottenuto? Un po’ di divertimento, un po’ di manoscritti mandati in giro sulla carta o sulla rete e qualche premio, con relativo trafiletto sul giornale locale. Anni e non so ancora se sono capace a scrivere o se sono uno delle centinaia di migliaia di illusi che popolano il mondo e contribuiscono, se va bene, al reddito di pseudo editori e tipografie, strappando a mala pena un sorriso e un complimento a parenti stretti e amici amorevoli o interessati.
Questo umido e la poca luce di queste giornate, quasi sere dal mattino, ti spengono dentro l’entusiasmo, sempre che ne resti ancora un po’ nella notte che avanza troppo presto.
Brucia questa cruda. Artigianale non è sempre sinonimo di ben fatta. Il sapore della birra, però, risveglia il ricordo automatico, perso in un cervello dipendente per natura: “ Dio, come vorrei una sigaretta!”
Non mi vergogno neanche a pensarlo, ormai ha il gusto delle estati al mare, della maturità e del giorno della laurea. Tanto lo so che non ci ricasco. Non per eroismo. Ma alzarmi per andare ad accendermi una bionda sulla strada, come un povero disgraziato: non se ne parla neanche.
Fumare ha il suo lato estetico e sentirmi un tossico sono anni che non mi va più. E poi tutto sommato invece che fumare posso scrivere: anche quella è una dipendenza.
“Vorrei scrivere un bestseller”
Mi volto colpito dal suono della frase che sembra uscita dal mio cervello. Sono due ragazzi al tavolo vicino al mio. Hanno tutti gli ingredienti del personaggio del giovane scrittore: viso affilato, tanti capelli arruffati, quasi offensivi se li paragono ai miei, vestiti flosci e trasandati, ma sorriso pieno di vita, occhi intelligenti e brillanti.
“Eccone un altro!” Penso.
E come quando hai le emorroidi: appena ne parli scopri che ce le hanno tutti.
“Io mi accontento di un long seller!” Dice l’altro.
“E già, bravo. Con la concorrenza che c’è, se hai fortuna e ti pubblicano, e al giorno d’oggi o sei un calciatore, un cantante, un cuoco o non ti pubblica più nessuno, se vendi subito, bene, altrimenti ciccia. I soldi finiscono, la gente si dimentica, la carta costa e i tuoi resi se ne tornano mogi, mogi dall’editore. Lui dopo un po’ li manda al macero e a te non resta che scrivere un altro libro, sperando che prenda l’onda giusta.”
Nella mia mente compaiono, sbiaditi dal tempo, i ricordi delle casse di resi delle mie pubblicazioni scientifiche, che proprio bestseller non direi che siano stati.
“È proprio per quello che dico che per noi giovani scrittori il futuro sono i long seller…”
Tutti entusiasti i giovani, le difficoltà non le vedono proprio… Continuo a dialogare in silenzio con i miei ignari colleghi.
Il pubblico che intercetta la campagna pubblicitaria di un libro ­-­­­ gli dico senza intromettermi – è sempre troppo poco e si stufa in fretta. Per continuare a tenere viva l’attenzione ci vogliono soldi e siamo da capo a dodici… Poi arriva sul mercato un nuovo romanzo, una nuova campagna che travolge il tuo mancato bestseller e tu torni nella polvere.
“Macché, tu non capisci niente e sei un snob…”
Parla con me o con il suo amico? Lo guardo stupito.
“La strada per noi giovani scrittori è l’editoria digitale. E se tu non fossi appiccicato ai tuoi concetti romantici e un po’ megalomani, mi capiresti al volo.”
Mi sento quasi offeso. Speriamo che l’altro gliene canti quattro: dove lo metti il fascino della carta?
“La carta è sempre la carta, gli editori veri sono quelli di carta.”
Bravo: così si risponde! Mi entusiasmo nella discussione.
“Luigi, è ora che la smettiamo di sentirci frustrati se questi pseudo imprenditori degli editori ci ignorano come fossimo trasparenti, a meno che non tiriamo fuori un bel po’ di soldi per pubblicare.
“Il mio ultimo romanzo sono mesi che è sugli store on line e, sai, vende, poco, ma vende: ho messo insieme quasi 1000 copie!”
“E capirai!”
“E capirai!” penso quasi nello stesso istante. Sarò io che suggerisco a Luigi?
“Capirai una ciufola! Pensa un momento. Il tuo romanzo è bello, l’ho letto e riletto …”
“Anche il tuo è appassionante e hai uno stile”
Solo i giovani sanno essere così generosi!
Se penso agli sguardi dei colleghi all’ultimo premio letterario, dove il più giovane della giuria era Cavaliere di Vittorio Veneto e l’età degli scrittori era adeguata e anche il loro rancore…
“Lascia perdere… – riprende l’altro – Dicevo che vale molto di più di tanti che stanno imperversando in televisione e alla radio. Eppure … Hai vinto il tuo bel premio letterario, hai venduto le tue 2500 copie, me lo hai detto tu, e poi? E poi tutto è finito lì. La gente non ti vede più, nascosto sugli scaffali, pieni di polvere, delle librerie che espongono l’ultimo successo del solito noto. Sai che cosa è successo a me invece? Nel primo anno ho venduto 300 copie. Poche dirai tu…”
Niente, penso sconsolato.
“… ma negli ultimi sei mesi le altre 700. E adesso sono due mesi che sono in classifica, vado e vengo, ma resto a galla. E l’editore mi ha telefonato per dirmi che ci siamo… Mai sentito parlare di effetto massa ed effetto virale della rete?
Due bocche restano aperte, quella di Luigi e la mia. Chissà se si sente anche lui un po’ stupido come me? Penso comprensivo.
“Sai che non ci avevo mai voluto pensare, mi sembrava un ripiego, una sconfitta…”
“E invece è il futuro, per noi è il futuro. Il rapporto negli store è principalmente con il pubblico. Se piaci se lo dicono fra loro e piano, piano il gioco è fatto”
Non sarà così semplice giovane amico, ma cacchio è un’idea!
Mi alzo lentamente, giro intorno al tavolo e mi avvio alla cassa. I due stanno parlando fitto e si vede che il loro entusiasmo è bello e genuino.
Buona fortuna, ragazzi!
Penso e, mentre pago, dico forte al padrone, indicando il loro tavolo:
“Il prossimo giro di crude a quel tavolo lo pago io.”
Esco seguito dallo sguardo stupefatto dei due scrittori, ma io già non li vedo più. Fuori ha smesso di piovere e la luce gialla dei lampioni sembra molto più limpida:
“Come cacchio era l’indirizzo mail di quella editrice on line che ho incrociato ieri notte su internet?”

Mario Nejrotti