La lettura, la corsa, la musica

La lettura, la corsa, la musica

Pino Benincasa è nato a Catanzaro nel 1972 e dal 1998 lavora e vive con la propria famiglia a Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano.
Appassionato lettore di storia e letteratura da qualche tempo è passato dall’altro lato della pagina, cominciando a scriverci sopra. Nonostante abbia iniziato di recente alcuni suoi racconti sono risultati finalisti in concorsi letterari e pubblicati in altrettante antologie, uno di questi è apparso sul sito web dedicato alla narrativa per smartphone storiebrevi.it.

Pino Benincasa ha pubblicato con EEEXII – Il segno dei giusti

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di Pino Benincasa

Cercherò di sforzarmi poiché scrivere di me mi riesce sempre un po’ complicato.
La scrittura, che continuo a considerare un bellissimo passatempo, ha una progenitrice ancora molto attiva e per nulla intenzionata a farsi da parte; mi riferisco ovviamente alla lettura, la quale continua a rosicchiare la sua parte nelle mie sempre più ridotte ore di sonno. In questo senso sono praticamente onnivoro: dai grandi classici agli esordienti, dalle biografie ai best-seller, dai quotidiani ai fumetti. Alcuni di questi ultimi, penso per esempio alla scuola argentina, li considero veri e propri capolavori artistici.
Immagine1Poi, come qualcuno aveva notato già un paio di millenni fa, una mente sana ha bisogno di un corpo sano. Ecco allora la mia altra irrinunciabile passione: la corsa. Anche questa, come la scrittura, la pratico da qualche anno (ora che ci penso le due cose sono nate praticamente insieme, strana combinazione), lasso di tempo sufficiente per essere risucchiato nel tunnel del podismo più integralista, fatto di cronometraggi, distanze, dilemmi irrisolvibili sulle scarpe, appoggio del piede e distanza della falcata. In questo periodo sto dando il massimo per riuscire a terminare la mia prima maratona, il 12 aprile a Milano, traguardo che anelo come tappa fondamentale della mia vita, non solo sportiva.
Nelle ore della corsa posso anche ascoltare musica, altra nobilissima arte, senza la quale sarebbe inimmaginabile l’incedere nel mondo. Mi piacciono (quasi) tutti i cantautori italiani, ma ascolto anche altri idoli della mia generazione: David Bowie, U2, Depeche Mode. 24685Poi devo ammettere una particolare predilezione per Caparezza; considero il rapper pugliese una delle penne più graffianti del nostro tempo, alcuni suoi testi offrono uno spaccato implacabile sulle storture della nostra società, costringono alla riflessione, importunano come un gessetto sfregato sulla lavagna. Insomma per certi versi una sorta di Jean-Paul Sartre alle cime di rapa.
In ossequio al principio evangelico, consapevole cioè di tenerli sempre al primo posto, lascio per ultimi i miei tre gioielli: Anna, Greta e Noemi. Non sono propriamente un hobby eppure la stragrande maggioranza del mio tempo libero lo dedico con immensa gioia alle mie tre bimbe.

Bugie e verità, nuovo Concorso MDS

II Concorso Letterario indetto da MDS: Bugie e Verità

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Anche quest’anno Edizioni Esordienti Ebook promuove il II Concorso MDS a tema, dedicato al genere GTN (Giallo, Thriller e Noir), in collaborazione con il network Il Mondo dello Scrittore. Abbiamo scelto il genere GTN perché, secondo i nostri più recenti sondaggi, è quello preferito sia dai lettori che dagli autori e la tematica può essere sviluppata in molti modi diversi, prendendo anche in considerazioni eventuali altre contaminazioni con generi diversi. Come sempre, la partecipazione è gratuita e la pubblicazione dei racconti, che verranno scelti, sarà altrettanto gratuita, senza alcun obbligo di acquisto da parte degli autori. A partire da oggi, 15 marzo 2015, fino al 15 luglio sarà possibile inviare il proprio testo, corredato dalla scheda di partecipazione, reperibile QUI, all’indirizzo email mdsnetwork@email.it.

Bando di Concorso:

“Il Mondo dello Scrittore Network” in collaborazione con Edizioni Esordienti Ebook indice la seconda edizione del concorso per racconti a tema. Il nostro intento è quello di poter premiare e dare visibilità a tutti coloro che, meritatamente, pongono il proprio ingegno e la propria creatività in un campo sempre più difficile da approcciare. Questo concorso è, dunque, aperto a chiunque abbia voglia di cimentarsi e abbia desiderio di intraprendere una propria sfida personale, nell’intento di raggiungere un obiettivo.

  • Il tema assegnato è “Bugie e Verità”. Il racconto deve appartenere alla categoria Gialli, Thriller e Noir.
  • La partecipazione è gratuita.
  • Le opere, in formato .doc o .odt (no pdf), con carattere Times New Roman grandezza 12, interlinea 1, dovranno pervenire entro e non oltre il 15 07 2015, in allegato a una mail con l’indicazione in oggetto: “Seconda Edizione Concorso MDSNetwork” indirizzata a mdsnetwork@email.it.
  • Alla email andrà, inoltre, allegata la scheda di adesione reperibile sul blog Il Mondo dello Scrittore nella sezione riservata alla modulistica (QUI), nella quale andranno inseriti i propri dati personali, come nome, cognome, indirizzo, data di nascita dell’Autore, nonché la dichiarazione che l’opera inviata è frutto del suo ingegno e assolutamente inedita (anche su internet sia a livello parziale che integrale).
  • L’opera presentata sarà di lunghezza minima di 15 e massima di 20 cartelle editoriali (una cartella=1800/2000 battute, spazi compresi, per un totale compreso fra i 27000 e i 40000 caratteri, spazi inclusi) Se avete perplessità in merito alla cartella editoriale regolatevi leggendo le istruzioni dettagliate QUI
  • La Giuria è composta dalla Redazione de “Il Mondo dello Scrittore Network” e da una Giuria di lettori; il giudizio è inappellabile e non prevede schede di valutazione.
  • La proclamazione avverrà entro il 15 settembre 2015, tramite comunicato sul sito Il Mondo dello Scrittore, la pagina Facebook de Il Mondo dello Scrittore e la pagina Facebook dedicata a MDSNetwork; i selezionati saranno inoltre avvertiti via email.
  • Il premio consiste nell’inserimento in un’antologia che sarà pubblicata gratuitamente con Edizioni Esordienti Ebook. Tale opera sarà pubblicata in formato digitale, non sarà chiesto alcun contributo agli autori, nemmeno sotto forma di acquisto obbligato dell’opera. Gli e-book saranno distribuiti su tutti i maggiori webstore raggiunti dalla piattaforma Stealth, http://blog.sbfstealth.com/gli-store-collegati-a-stealth/.
  • I racconti finalisti verranno inseriti nella raccolta “Bugie e Verità”. La proprietà letteraria dei testi resta degli autori, i quali autorizzano la pubblicazione dell’opera, in caso di valutazione positiva da parte della commissione interna, per i soli fini relativi al concorso, rinunciando a qualsiasi pretesa economica per alcun titolo o ragione o causa attinenti all’utilizzo del materiale.
  • Si fa inoltre presente che una volta avvenuta la pubblicazione, gli autori saranno comunque liberi di ripubblicare le proprie opere in altro modo, ma senza che questo entri in conflitto con l’antologia stessa. In nessun modo, una volta pubblicata, l’antologia subirà ulteriori correzioni o variazioni.

Tutto quanto non specificato nel presente Regolamento è a discrezione della Giuria.

Alessandro Cirillo: non solo uno scrittore

Alessandro Cirillo: non solo uno scrittore, ma anche un Capotreno.

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In questo spazio, tutto dedicato agli autori, vogliamo farvi conoscere alcuni degli scrittori che hanno pubblicato con EEE. Le loro principali attività influiscono sugli scritti, creando quell’impronta che diventa caratterizzante per ognuno di loro. Alessandro Cirillo non è solo uno scrittore di talento, ma è anche un Capotreno che viaggia attraverso la Penisola, trovando il tempo per costruire le sue trame e per trarre dalla realtà degli spunti decisamente interessanti.

Alessandro Cirillo ha pubblicato con EEE Attacco allo Stivale, Nessuna scelta e Trame oscure.

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Per lavorare a contatto con le persone bisogna essere dotati di una grande pazienza. Non fa eccezione l’attività che svolgo per guadagnarmi da vivere, ovvero il capotreno. Fino a una ventina di anni fa era una figura rispettata più o meno da tutti, ma con il passare del tempo ha assunto sempre di più il ruolo di bersaglio con cui prendersela in caso di disservizi. Questo è uno dei segni di una società che cambia, purtroppo spesso in peggio. Come ricorda un annuncio diffuso sui treni regionali, il capotreno è un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Come gli altri miei colleghi, ho fatto un giuramento davanti a un altro pubblico ufficiale posando una mano sulla Costituzione.
Di cosa si occupa un capotreno?
L’attività che viene percepita dai viaggiatori è quella del controllo dei titoli di viaggio. Infatti, la maggior parte delle persone si riferisce a noi con l’appellativo di controllore o, peggio ancora, bigliettai. In un’occasione, un giapponese chiese a un mio collega “tu billietti plego?” A chi può interessare, io e molti altri capitreno (questo è il plurale corretto) non amiamo questi titoli, anche se ormai sono radicati nel linguaggio comune. Chiamateci con il nome giusto e ne saremo ben felici.controllore1
Biglietti a parte, possiamo dire che il capotreno è l’autorità massima a bordo di un treno, come del resto suggerisce il nome. È il punto di riferimento per tutto quello che succede a bordo, anche quando si presentano dei disservizi o situazioni d’emergenza, come ad esempio il malore di un viaggiatore. In caso di malfunzionamenti degli impianti, come ad esempio la climatizzazione o le porte di salita, è in grado di operare piccoli interventi di manutenzione. Mi immagino già la faccia diffidente di qualcuno che ha viaggiato su una carrozza con la temperatura a quaranta gradi in estate. Per piccoli interventi intendevo operazioni che, in base alla gravità del guasto, a volte possono funzionare mentre altre no.
Oltre a queste attività, il capotreno deve conoscere alla perfezione una serie molto corposa di regolamenti per la circolazione ferroviaria, da mettere in atto in caso di degrado. Il corso per ottenere la qualifica dura circa tre mesi e ogni anno ci sono almeno cinque giornate dedicate all’aggiornamento professionale. I regolamenti sono sempre in continua evoluzione.
Negli ultimi anni si è purtroppo registrato un incremento delle aggressioni a danno del personale di accompagnamento ai treni. Questo è dovuto in buona parte al fatto che gli autori di questi atti non sempre ricevono punizioni adeguate. In alcune regioni, come Toscana e Piemonte, siamo arrivati alla media di quasi un ferroviere aggredito ogni settimana. La scintilla nasce spesso dopo la richiesta di esibire il biglietto ma, a volte, basta anche solo chiedere di togliere i piedi dal sedile o di spegnere una sigaretta. Il fenomeno può interessare un singolo individuo o addirittura gruppi, addirittura di ragazzini minorenni. Le cosiddette baby gang stanno prendendo piede da anni anche in Italia.20100820_capotreno
Lo stress interessa più o meno tutti i lavori, alcuni più degli altri. Per il mestiere del capotreno è una problematica da non sottovalutare. Già il continuo contatto con le persone alimenta una buona dose di stress. A questo si aggiungono il gestire situazioni di anormalità, come ritardi o malfunzionamenti alle vetture. Chi viaggia spesso in treno sa che il servizio non è sempre impeccabile. Oltre a tutto questo, ci sono orari di lavoro che possono arrivare alle dieci ore giornaliere, impegni anche durante domeniche e festività (i treni non riposano mai), pasti consumati alla svelta in orari irregolari, riposi fuori residenza (chiamati in gergo dormite fuori casa) che allontanano dalla famiglia anche per più di 24 ore. C’è chi ritiene il lavoro del capotreno una passeggiata, ma io sfido chiunque a provarlo anche solo per un mese.
Lavorare a contatto con le persone non è solo fonte di stress ma anche un’occasione per vivere una moltitudine di esperienze, a volte, anche divertenti. Ogni capotreno potrebbe scrivere un libro raccontando tutte le situazioni che ha vissuto.
Un aneddoto, che racconto spesso, è successo alcuni anni fa con una ragazza, credo appena ventenne. Durante una fermata, questa ragazza si avvicina a una porta chiusa per salire. Ci sono due pulsanti: uno rosso e uno verde. Accanto ai pulsanti c’è un adesivo con il disegno di un dito su un disco verde. La scritta sull’adesivo è inequivocabile: “per aprire premere il pulsante.” Io mi trovo proprio dietro la ragazza. La vedo esitare per un istante, forse per leggere la scritta. Dopo un’attenta riflessione preme il disco verde disegnato sull’adesivo. Ovviamente non succede nulla. Riprova ancora una volta a schiacciare l’adesivo ma la porta non si apre. Una risatina mi compare sotto i baffi ma non intervengo, sono troppo curioso di vedere come va a finire. Cercando di seguire una logica, hai premuto due volte un adesivo senza successo e ci sono due pulsanti sotto il tuo naso. Vorrai provare uno dei due, anche quello rosso se vuoi? Niente da fare. Con caparbietà schiaccia ancora una volta l’adesivo. E no, adesso è troppo! Cercando di non scoppiare a ridere mi avvicino a lei e premo il pulsante corretto. La porta si apre come per magia. La ragazza mi guarda come se fossi appena sbarcato da Marte e mi ringrazia.capotreno
Un’altra storia da raccontare è invece un po’ più piccante ma è successa almeno una volta alla maggior parte dei miei colleghi. Una bella ragazza sudamericana vestita con una minigonna e canottiera attillata è seduta in una zona della carrozza dove non si trova nessun altro. Le chiedo il biglietto ma, dopo aver tergiversato un po’ dicendo che l’ha perso, ammette di non averlo. Di soldi non ne ha quindi le chiedo un documento per procedere con un verbale. Lei me lo consegna senza fare storie e io inizio a compilare. Non mi accorgo subito che la minigonna è iniziata ad alzarsi sempre di più fino a rivelare che la ragazza ha troppo caldo per indossare le mutandine. Anche se ho capito l’antifona le faccio notare la cosa. Lei risponde che va bene così. Ha iniziato un abbordaggio spudorato ma il verbale l’ho fatto lo stesso. Sono un professionista, oltre che sposato (tra l’altro mia moglie non ha apprezzato molto la storia). Quando ho consegnato il verbale da firmare alla ragazza, ha rinfoderato l’artiglieria pesante con una punta di delusione.
Potrei raccontarne molti altri di aneddoti ma poi dovrei scrivere davvero un libro. A proposito di scrittura, il mio lavoro spesso è fonte di ispirazione. Nel primo libro, Attacco allo Stivale, molti dei luoghi in cui si svolgono le vicende li ho visitati per servizio. Uno degli attentati descritti avviene proprio alla stazione di Milano Centrale. Nel mio prossimo libro Trame oscure, uno dei protagonisti è un capotreno (tra l’altro ispirato a un collega in carne ed ossa).
Concludo augurandomi di essere riuscito a darvi una panoramica sul mio lavoro utilizzando questo breve spazio. Se doveste trovarvi in una situazione di disagio, come un forte ritardo, mi raccomando di non prendervela con il capotreno. Capisco che quando uno è nervoso si deve sfogare, ma ricordate che lui o lei non ne può nulla. È una persona proprio come voi che, se presa con educazione, cercherà di aiutarvi come meglio potrà.
Alessandro Cirillo

La centunesima infelice si presenta

Presentato a Caorle il libro di Nicoletta Parigini, La centunesima infelice.

di Nicoletta Parigini

Sabato 28 febbraio 2015 si è svolta a Caorle, il mio paese natale e il luogo in cui vivo, la prima presentazione de La Centunesima Infelice. Il piccolo evento, a cui ha partecipato un nutrito pubblico, mi ha dato l’opportunità di parlare del mio romanzo e della mia attività di scrittura, e ha fornito l’occasione per un breve momento culturale e conviviale.
La discussione, la lettura ad alta voce e la musica di Alessandro e Luca, sono stati gli ingredienti fondamentali di un riuscito e piacevole incontro tra amici da cui è emersa la passione comune per la lettura e l’interesse per “le storie”, sostanza e nutrimento primo della narrativa.
Ecco di seguito le domande e le risposte che, durante la presentazione, si sono alternate alle letture dei brani e ai pezzi musicali.

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Milena Fernandez: Per fortuna dei lettori, un giorno Nicoletta Parigini decide di mollare il lavoro di restauratrice di opere d’arte per tuffarsi nella scrittura. Oggi le sue mani non sono impegnate a rammendare una tela del Rinascimento o del Settecento, ma trasmettono l’arte e l’ammirazione per la bellezza attraverso i libri.
I bravi scrittori e scrittrici imparano il mestiere nel miglior modo di sempre: leggendo. Fin da bambina, Nicoletta è stata una gran lettrice. Poi, per lei, è arrivato il momento di confrontarsi con il lampeggiare del cursore del computer e con la voglia di scrivere storie tutte sue.
Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo Agata, ripubblicato come ebook insieme al suo seguito Agata e il manoscritto di Melchiorre con Edizioni Esordienti Ebook nel 2012. Entrambi sono romanzi per ragazzi.
Nel 2014 ha vinto il Premio Streghe Vampiri e co. –concorso indetto dalla Giovane Holden Editore– con il fantasy Nina Tempesta e il signor Schmitt che sarà pubblicato a breve dalla citata casa editrice.
Il suo ultimo romanzo, La Centunesima infelice, è stato pubblicato a gennaio 2015 da Edizioni Esordienti Ebook.

Tutto l’articolo e l’intervista che segue sono presenti nel blog dell’autrice: QUI

centunesima_cover.EEELa trama:

Quante persone vivono, o sono vissute, a Venezia? Quanti, che vi hanno abitato in passato, sono ancora lì, camminatori instancabili, presenze in genere silenziose e ignote… a meno che non incontrino qualcuno che riesca a percepirli o a cui possano apparire in sogno.
Nell’attesa di transitare definitivamente nell’aldilà, le anime di coloro che hanno amato troppo la vita, che hanno lasciato qualcosa di incompiuto, o che hanno timore di ciò che li attende, vagano per le calli e, talvolta, interferiscono con il mondo dei viventi.
Marino Sanudo, uomo politico ed attento cronista della Serenissima, vissuto a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento, che non ha nessuna voglia di abbandonare la sua città e non è certo ansioso di sottoporsi al Giudizio, trova nella quattordicenne Angelina il legame perfetto con il mondo visibile. Legame strano e curioso, quello tra un fantasma che ama vestirsi secondo la moda di epoche successive alla propria (predilige la marsina), e che addirittura prova a scrivere dei testi rap, e un’adolescente con una famiglia normalmente infelice: una sorella di poco maggiore che le ha “soffiato” il ragazzo, una madre depressa, un padre disorientato, un delizioso fratellino in età di asilo nido, una nonna bisbetica e una badante polacca.
Per una ragazzina che ha già le normali difficoltà legate alla sua età, per di più innamorata anche di Dario, un giovane rapper che sembra avere qualche problema di cui nessuno vuole parlarle, non è certo facile venire anche in contatto con la sofferenza che sente nelle voci dei trapassati, che le comunicano il loro dolore, l’attesa, l’impazienza, la paura. Ma se Marino Sanudo comunica con Angy, una ragione c’è, e quando la ragazza comprenderà, si potrà finalmente chiudere il cerchio della vicenda.
Una bella storia, questa della Centunesima infelice, perché parte come un racconto di fantasmi ma diventa un romanzo di formazione, fresco e immediato, che passa attraverso gli occhi e il linguaggio di una ragazzina di oggi, quella che potreste trovarvi vicina su un vaporetto veneziano, mentre va a scuola al mattino e magari stupirvi se, passando in un certo tratto del Canal Grande, si mette le mani sulle orecchie e comincia a canticchiare un brano di rap.

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Che fine ha fatto Ettore Majorana?

La bomba di Majorana

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La fine del grande scienziato che lavorò con Enrico Fermi e “i ragazzi di via Panisperna” alle prime ricerche sull’atomo torna di attualità. Misteriosamente scomparso nel 1938, secondo la Procura di Roma era vivo e vegeto in Venezuela dal 1955 al 1959. Ma chi era Majorana? E che cosa sappiamo della sua scomparsa?

Questi sono gli interrogativi proposti da Focus in un articolo di Matteo Liberti. Tuttavia, non solo lui ha trattato l’argomento. Nino Raffa ne ha scritto un libro (La bomba di Majorana), in cui ripercorre idealmente le vicissitudini del giovane fisico mischiandole a una storia ben struttura, dal sapore odierno, in cui nulla è così come sembra. Dunque il mistero nel mistero, un concatenarsi di situazioni che portano la realtà a mischiarsi alla fantasia e in cui la trama narrativa perde l’invenzione per divenire concreta e attuale.

Dove sta la verità? In che modo la scomparsa di Majorana potrebbe influire su degli avvenimenti odierni? Come avrebbero potuto le sue intuizioni influenzare la vita di persone che, oggi, non potrebbero essere venute a contatto con lui. La vicenda reale assume i toni di un vero e proprio giallo, il libro di Raffa ne ricalca le orme, offrendo al lettore altri spunti di riflessione e un altro punto di vista.

la bomba di MajoranaLa trama:

Cosa successe a Ettore Majorana nel 1938? Morì veramente o sparì portando con sé pericolosi segreti? Con una possibile risposta a queste domande, Nino Raffa dà inizio a un’intrigante spy-story, ricca di avventura e colpi di scena.
Importanti scoperte nel campo della fisica rischiano di trascinare nel baratro l’intera umanità. Per evitare questo, Ettore Majorana fa perdere le proprie tracce portando con sé il taccuino nero di Riemann: una risposta a molte domande ancora irrisolte e un pericoloso strumento in mani sbagliate. Nonostante questa precauzione scoppia la Seconda Guerra Mondiale e gli americani realizzano l’arma più temuta: la bomba atomica.
Passano gli anni e ormai tutto sembra dimenticato, fino a quando Enrico Saccheri, uno sfortunato professore, si ritrova tra le mani il famoso taccuino. Il maldestro matematico informa della scoperta le persone sbagliate e dopo qualche tempo viene trovato morto ai piedi del campanile del collegio di Noto. Toccherà a Marco Neri, giovane matematico sciupafemmine di Taormina, con il quale Saccheri si teneva in contatto, risolvere il mistero.
Da questo momento in poi, la vita del bel professore non avrà pace. Tampinato da due pericolose pupattole mandate dalla mafia russa e minacciato, insieme alla nipote di Saccheri, da un agente dei servizi segreti; si ritroverà coinvolto in inseguimenti, sparatorie e in una spericolata caccia al tesoro.
Se la mafia russa trovasse il taccuino, nonché i preziosi appunti di Majorana, le conseguenze sarebbero terribili. Per non parlare del fatto che se il vincitore dovesse essere Porfirio, l’agente segreto, nessuna garanzia proteggerebbe il nostro eroe.
Storia e immaginazione si mescolano per creare un racconto coinvolgente, scritto con uno stile fresco e vivace che non appesantisce una trama ricca di avvenimenti. Il lettore sarà portato a guardare la fisica con occhi nuovi: non più come una noiosa materia insegnata sui banchi di scuola, ma come portatrice di scoperte sensazionali quanto temibili, a seconda di chi le utilizzi.
Tema del libro è l’amore per i numeri e la matematica, di cui tre personaggi sono i degni rappresentanti: Majorana, Saccheri e Marco Neri. Tutti e tre rischiano la vita in nome della fisica e per le fantastiche opportunità a cui essa può portare. Il desiderio di fama e gloria li tenterà, ma non avrà la meglio…

Le immagini sono tratte dall’articolo apparso su Focus, il cui contenuto è visionabile QUI

La bomba di Majorana è acquistabile su Amazon, Kobo e altri webstore.

La storia vista dai personaggi

Il Romanzo Storico: La storia vista dai personaggi

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di Piera Rossotti Pogliano

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Marguerite Yourcenar

Ne La luna e i falò, Cesare Pavese scrive che noi abbiamo bisogno del passato per non essere dei “bastardi”, per sapere da dove veniamo. Ma il nostro passato non lo possiamo trovare nei libri di storia o negli archivi. O, meglio, possiamo trovare la registrazione di avvenimenti, documenti, nomi, date… magari molto precisa, ma che vale? Ciò di cui abbiamo bisogno è un passato di cui riappropriarci, perché non sia tempo perduto, imbalsamato, affidato alle scartoffie, ma substrato ricco di humus in cui affondare le nostre radici.
Da soli, però, non siamo in grado di trasformare il tempo perduto in un proustiano “temps retrouvé”: abbiamo bisogno di un filtro che, a mio modo di vedere il romanzo storico, è quello dei personaggi: attraverso i loro occhi cogliamo la loro visione del mondo, la loro scala di valori, le loro angosce, ne comprendiamo affetti e risentimenti, gioie e sofferenze, in una parola possiamo recuperare qualcosa del passato ed arricchire il nostro presente.
Per quanto si faccia, scrive Marguerite Yourcenar nei suoi Carnets annessi alle Memorie di Adriano, si ricostruisce sempre il passato a modo proprio. L’importante, però, è farlo con pietre autentiche.
Scrivere un romanzo storico è impegnativo, anche perché richiede ricerche rigorose e non sempre facili, soprattutto se ci appoggiamo a documenti d’archivio sovente difficili da raggiungere (la preoccupazione degli archivisti e dei bibliotecari è quella di “conservare”, non di rendere disponibile agli studiosi!) o problematici da decifrare, ma anche perché poi questi documenti vanno interpretati, il periodo storico ricostruito nella sua verità sostanziale, in modo che il lettore vi si possa immergere, lo possa sentire, annusare, ci sia quel necessario “dépaysement” spazio-temporale.
Soprattutto, credo che sia essenziale comprendere e far comprendere, scrivendo del passato, le distanze che separano noi, gente del Terzo Millennio, da chi è vissuto in epoche magari molto lontane dalla nostra ma, al contempo, essere solidamente convinti che, senza quel passato che cerchiamo di visualizzare, noi non saremmo quello che siamo.
A me piace raccontare storie del passato, far vivere personaggi di epoche lontane, soprattutto raccontare la loro storia. Perché la vita umana è una storia, con un inizio, uno sviluppo, una conclusione, ed è uno straordinario soggetto narrativo. Forse il più perfetto, magari l’unico.

Piera Rossotti Pogliano ha scritto, per la collana Romanzo Storico, Il diario intimo di Filippina de SalesFilippina va in città

Il Romanzo Storico: siete pronti per diventare eroi?

Un romanzo storico non è un resoconto.

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di Nunzio Russo

Come i sinuosi meandri di un lungo fiume attraverso terre deserte, cui offre sostegno e prosperità, così appare agli occhi dello scrittore il romanzo storico. E’ questa, in genere, l’opera della vita per tanti autori. Almeno, quella che lascia nell’anima indelebili tracce.
Descrivere l’esperienza e il vissuto d’affrontare questo genere è difficile come portare a termine, vittoriosi, una battaglia in partenza perduta. Questo avviene per la nobiltà dell’intento nello scrivere. Un romanzo storico non è un resoconto o uno studio del passato fine a se stesso, ma un’analisi del presente e del possibile futuro, basato su retrospezione e manifestazione del pensiero popolare. Ma ancora è poca roba.
Bisogna partire da un’idea e quindi costruire come un bravo ingegnere. Pochi autori sono disponibili ad accettare questa verità. In tal caso, questo genere non è adatto alle caratteristiche intrinseche del soggetto. E quel modello, poi, si deve possedere come proprio. È parte dell’intimo di chi scrive. In sostanza, si deve amare quell’epoca ed essere pronti a viverla aldilà del bene o del male proposti. Così come per i personaggi, nella cui testa è obbligo entrare, imparando a osservare il mondo con quegli occhi e, finanche, ragionando con quelle intelligenze. Il fine ultimo è quello di sempre: mostrare la vita umana. Guai a decidere di narrare, sempre e a qualunque costo mostrare. E’ tutta compresa in questo ripetuto verbo, la bellezza come la grandezza di un’opera che resta come testimonianza e proposta per l’avvenire. Il risultato è l’immortalità dello scritto in tali felici circostanze.
Altro serve ed è bene chiarirlo fino in fondo. Bisogna alzare il sedere dalla scrivania e andare per strada. Diversamente dalle altre espressioni della letteratura, è obbligo non soffermarsi all’apparenza del presente. Quello è soltanto il traguardo. E’ necessario andare indietro con criterio. Se ascoltiamo un dialogo tra genitori in attesa dei figli davanti scuola, non possiamo acquisire quei dialoghi e poi elaborare. Troppo semplice, da romanzo rosa buono per una stagione. Nello sforzo di guardare con gli occhi di un’epoca della storia, si scopre subito che i genitori non si precipitavano a prendere la prole, forse perché, questa, è oggi ormai viziata dal benessere e pertanto rifiuta il bus per tornare a casa.
Altro argomento è la ricerca canonica delle fonti scritte. Queste sono importanti certo, ma non quanto la raccolta del verbo orale tramandato dalle generazioni. Nel caso del sottoscritto, mai avrei potuto fare vedere il parto di una donna appartenente alla nuova borghesia del primo novecento, senza la consulenza diretta di un’ostetrica novantenne, sopravvissuta per il mio romanzo. E’ vero, si potrebbe approfondire l’argomento. Questa, però, è soltanto una traccia.
Caratterizzazione dei personaggi, ambientazione, cronologia e coesione definiscono il progetto di questo stupendo edificio, così bello e completo da raggiungere il punto estremo e più alto come la sommità della Tour Eiffel. A questo punto si è pronti. Per che cosa? È semplice. Si è pronti per diventare eroi.

Nunzio Russo ha scritto, per la collana Romanzo StoricoLa voce del maestrale

Intervista a Marina Atzori

Intervista a Marina Atzori

Il mare non serve, ho scelto una margherita, il libro di Marina Atzori, offre un nuovo modo di “vedere” la vita e l’ambiente che ci circonda. L’autrice abbandona qualsiasi schema comune e si inoltra in un territorio, quasi magico, in cui è la natura stessa a suggerire le similitudini, con le quali descrivere le persone e i sentimenti ad esse legati. Qualsiasi tipo di approccio, con cui è possibile affrontare uno scritto, in questo libro viene stravolto e reinventato a favore di quell’intimo percorso che ognuno compie nei confronti di qualcun altro, portando a “sentire” la vera essenza di chi ci sta intorno. Marina, con molto coraggio, ha affrontato la propria realtà e ha deciso di mettere, nero su bianco, il proprio desiderio di comunicare.

  • Cosa ti ha spinto a decidere proprio per un titolo così particolare?

Innanzitutto buongiorno a tutti!
Eccomi pronta ad essere messa sotto torchio!
Bella domanda… Diciamo che ho voluto comunicare il messaggio contenuto nel mio libro in maniera molto diretta, scegliendo due elementi naturali a me molto cari; desideravo infatti tramutarli in due concetti semplici e dall’intento ben preciso. Il mare nei suoi abissi infiniti, con la sua vastità e profondità, rappresentava bene ciò di cui volevo liberarmi: il passato. Mentre la margherita, con la sua semplicità e i suoi colori, voleva essere l’immagine di una scelta, maturata nel tempo: vivere la magia del presente. Il titolo quindi determina un viaggio introspettivo caratterizzato da un’importante rinuncia e da una scelta fondamentale: fare pulizia dei pensieri e rinascere attraverso la passione per la scrittura.

  • Parlaci della copertina? C’è una storia speciale dietro?

Semplice: dietro la copertina ci sono io e la mia passione sfrenata per i colori e il disegno. Creando questa semplice immagine, ho potuto dare finalmente libero sfogo alla creatività e all’ambizione di comunicare che mi contraddistingue. La storia speciale c’è: io credo che ognuno di noi ne abbia una tutta sua da raccontare. In questa copertina, tra i petali e il sorriso di Margherita è racchiusa la mia. Il desiderio più forte era quello di dare vita ad un fiore, perché dai fiori ho imparato anche a conoscermi, sapete? La Natura è in grado di mettermi in pace con il mondo, mi ha insegnato forza ed energia. Le figure per la nostra mente sono fondamentali, possono aiutarci a superare momenti difficili. Questa Margherita è stata per me una compagna spirituale, la protagonista della Favola di Marina Atzori autrice. Potrà farvi sorridere ma vi assicuro che per me è stato così!

  • Ogni personaggio del tuo libro è caratterizzato con un peculiare aspetto della natura, sia floreale che animale, e rappresenta il tuo modo di interpretare le persone. Come mai questa scelta?

Adoro la Natura e gli animali da sempre. Sin da piccola osservandoli ne restavo affascinata. Tutto quanto li riguarda cattura il mio interesse. I fiori rappresentano la spontaneità, la rara bellezza di cui non sono consapevoli. Quando li osservo rimango attratta dal loro mondo. La Natura nel suo ecosistema racchiude l’armonia che vorrei raggiungere. Le persone in qualche modo hanno qualcosa che rimanda ad essa: aspetti caratteriali, anche fisici; sono questi i fattori che hanno fatto scaturire la scelta di accomunarli all’essere umano, perciò ho deciso di utilizzare la miscela Uomo – Natura nel mio racconto. La scelta di scrivere la storia in questo modo, rappresenta in pieno l’attaccamento a determinati stati d’animo. Essa è infatti correlata all’affezione per alcuni speciali esseri viventi che mi hanno ispirata e su cui ho voluto soffermarmi. Le emozioni spesso rivelano contraddizioni dalle quali è difficile fuggire e con le quali non si riesce a convivere.

  • Uno specifico episodio della tua vita ha cambiato le prospettive, come percepisci il mondo con questo tuo nuovo modo di “vedere”?

È vero, purtroppo un episodio specifico è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, o meglio ciò che mi ha permesso di rompere gli argini. Non sono stata coinvolta personalmente nell’episodio, ma la cosa mi ha riguardata da molto vicino. Un’esperienza dolorosa improvvisa e soprattutto inaspettata ha segnato il mio cambio di rotta. La sofferenza è tremenda, è come una malattia, anche quando di malattie non si tratta. Suscita il sentimento dell’impotenza e in qualche modo ho dovuto rassegnarmi ad essa. Ho cercato di farmi forza, mi sono tirata su le maniche e ho iniziato a guardarmi dentro e a scrivere. Il mio nuovo modo di “vedere” è nato così. Ho imparato ad affrontare i demoni interiori sguazzandoci dentro, abbandonandomi ad essi. Scrivere è stato risolutivo, liberatorio, ho scoperto di avere un sacco di cose da raccontare ma soprattutto che è possibile ricominciare ad amare la vita anche dopo che ti ha voltato le spalle, gettandoti tra le braccia di un insolito ed  inspiegabile destino. Ebbene, come avrete compreso, ho perso il senso dell’orientamento, ecco è stato lì, proprio in quel momento che mi sono ritrovata a scoprire l’alchimia dell’equilibrio.

  • Non esiste una trama vera e propria nel tuo libro. Tuttavia, esiste un filo conduttore che lega ogni capitolo all’altro. Un percorso che ti ha condotta verso una nuova consapevolezza. Puoi parlarci di questo filo conduttore?

Il filo conduttore è la storia della rinascita di Margherita, una vita piena di ostacoli la sua, che si avvicina alla mia per molti aspetti. Parto infatti dall’eterno vagare che ha condotto la sua famiglia di origini sarde qui al Nord; racconto quanto è stata importante la figura di sua madre, entro nella profondità degli stati d’animo più importanti trattandoli come veri e propri fratelli di sangue, mettendo in discussione scelte di vita importanti, fino ad arrivare a lui: il presente, dove la scrittura diventa il mio punto d’arrivo. I personaggi mi aiutano a creare una sorta di costellazione. Avete presente uno di quei giochi scacciapensieri che trovate sulle pagine delle parole crociate? Quello dove scopri una figura, seguendo una precisa sequenza numerata. La Quercia, Il Castagno, L’Ape e altri sono i compagni di questo viaggio, che scoprirete man mano all’interno dei miei “Capitoli Fiore”. Il senso di vertigine che pervade nel passato lascia spazio ai punti fermi del presente.

  • Da un punto di vista puramente botanico, quale fiore ama più di ogni altro Marina Atzori? Per quale motivo?

Qua casca l’asino! Sicuramente la Margherita! La mia risposta non vuol risultare “gigiona” passatemi il termine! Nel senso che, io amo questo fiore anche nella vita quotidiana, per chi non lo avesse ancora capito… Nutro una forte passione per la fotografia, devo dire che diversi dei miei scatti hanno lei come protagonista. Adoro i suoi colori e il suo essere presente ovunque. Non è infatti un fiore raro, lo trovo nell’aiuola sotto casa, al parco andando  a correre, sui prati in montagna. Nasce in gruppo, più ce ne sono più mettono allegria. Voi direte: “e quando è da sola?”, eh! Quando è sola, cari miei lettori, per la sottoscritta diventa Poesia!

  • La tua esperienza come scrittrice è piuttosto nuova, come vivi il mondo editoriale, ora che ne fai parte?

La vivo come un’esperienza positiva. Il mio è un libro un po’ folle, fuori dagli schemi, rimanda a un’introspezione psicologica molto intima che può però appartenere a chiunque di voi. Non era facile crearsi una piccola nicchia nel mare magnum dell’editoria. Ho trovato chi ha compreso il mio progetto, questo mi rende molto soddisfatta a prescindere da cosa mi riserverà il futuro. Sicuramente il fatto che la pubblicazione sia avvenuta su piattaforma digitale ha contribuito all’uscita allo scoperto del mio libro. Certo nel guardarmi attorno, ho scoperto che non tutti possono raccontare come me un’esperienza positiva in tal senso, quindi devo dire che sono stata fortunata nel trovare una CE come Edizioni Esordienti E-book insieme al mio editore Piera Rossotti, di cui condivido in pieno la scelta precisa di promuovere e contare sull’editoria digitale: finalmente un modo nuovo di vedere la svolta nel futuro degli autori esordienti.

  • Oltre a possedere un notevole talento per la scrittura, sei una lettrice molto vorace, ma quali sono le tue letture preferite e gli autori che più hanno stuzzicato la tua fantasia?

Touché! È verissimo, leggo parecchio e di tutto un po’. Spazio dal romanzo storico al romanzo d’amore, mi piacciono anche i thriller e ultimamente mi sono lanciata in qualche horror noir. Ma devo dire che non rinuncio mai a farmi toccare il cuore dalla Poesia. Emily Dickinson è senz’altro la poetessa che preferisco, forse è quella che più ha influenzato il mio modo di scrivere. Ho frequentato una scuola ad indirizzo umanistico quindi ho imparato ad amare buona parte della letteratura italiana; ho un debole però, devo ammetterlo, anche per quella francese: Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud sono tra i miei preferiti. Dulcis in fundo, divoro tutto quello che ruota attorno alla psicologia e alla PNL.

  • Quando Marina non scrive, come occupa il suo tempo?

Adoro cucinare, mi piace ascoltare la musica. Di solito ritaglio gli spazi di tempo libero per andare in montagna a godermi solitudine, silenzio e i paesaggi meravigliosi delle Valli Cuneesi. Spero tuttavia un giorno di tornare nella mia adorata Sardegna.

  • Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Ho finito di scrivere un romanzo in questi giorni. Sono nella fase conclusiva della revisione. Ho provato a mettermi in gioco, divincolandomi dai “tentacoli” della Poesia. Non è stato semplice, perché adoro tutto quello che la riguarda, tuttavia è giusto sperimentare spazi e argomenti nuovi. Incrociate le dita per me! Questo sicuramente mi aiuterà a crescere e ad ampliare i miei orizzonti. Per ora scrivo e nelle pause continuo ad approfondire il vasto e complesso mondo della comunicazione attraverso lo studio della PNL.

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Ma quant’è difficile scrivere un romanzo storico?

L’importanza dei dialoghi nei romanzi storici

Libri

di Andrea Ravel

Quando, vincendo la naturale ritrosia degli scrittori esordienti, mi capita di raccontare che io e mio figlio abbiamo scritto un romanzo storico ambientato all’epoca di Carlo Magno, il primo immancabile commento è: Chissà quanto è stato difficile documentarsi!
In effetti sembrerebbe logico pensare che più il tempo di cui si scrive è remoto, maggiore sia la possibilità di commettere errori. Ma questo è vero solo in parte e comunque la documentazione non è affatto la maggiore difficoltà che si incontra nello scrivere un romanzo storico.
420_0Per evitare gli errori sono sufficienti alcune semplici regolette: leggersi un buon saggio sul periodo, (anche più di uno) saper lavorare bene con Internet ed effettuare qualche ricerca sul campo (ci aiuta a conoscere visivamente l’epoca che vogliamo descrivere). Nei casi disperati ricordare sempre la regola di Ken Follet: “Se hai anche il minimo dubbio non parlarne; nessuno si accorgerà mai di quel che hai omesso, ma tutti vedranno i tuoi errori!”
Con questo, beninteso, non intendo affermare che lo scrittore non deve documentarsi o che può farlo in modo approssimato, la documentazione è un po’ il pane e burro in una colazione al sacco. Tutti dovrebbero saper spalmare il burro sul pane, ma quello che gli cambia il sapore è la marmellata, quella famosa di zia Cesira, con la sua scelta dei frutti, la maturazione, i tempi di cottura: è quella a fare la differenza.
Cos’è la marmellata del romanzo storico? Sono i dialoghi. Nei dialoghi i personaggi ci rivelano il loro modo di pensare che è il naturale riflesso del loro modo di vivere, di rapportarsi l’un l’altro, in una parola del loro retroterra culturale.

Un bandito come Robin Hood può parlare come un teppista del Bronx? E come parla Robin Hood? mi domando, mentre apro le virgolette e mi preparo a scrivere il primo dialogo? Riuscirò, mi dico, a far capire ai miei lettori i suoi ragionamenti? Si sentiranno vicini a lui o si stancheranno e, orrore, chiuderanno il libro, il mio libro, smettendo di leggere?

Ascoltate questo dialogo tratto da “Il nome della rosa” di Umberto Eco, dove si assiste a una rissa tra persone volgari.
nome-rosaCi troviamo nella cucina del convento: il capo cuciniere e Salvatore, il frate cellario, stanno discutendo, perché quest’ultimo ha passato di nascosto del cibo a dei caprai.
“Cellario, cellario,” disse, “tu devi amministrare i beni dell’abbazia, non dissiparli!”
“Filii Dei, sono,” disse Salvatore, “Gesù ha detto che facite per lui quello che facite per uno di questi pueri.”
“Fraticello delle mie brache, scoreggione di un minorita!” gli gridò allora il cuciniere. “Non sei più tra i tuoi pitocchi di frati! A dare ai figli di Dio ci penserà la misericordia dell’Abate!”
Salvatore si oscurò in viso e si voltò adiratissimo: “Non sono un fraticello minorita! Sono un monaco Sancti Benedicti! Merdre a toy, bogomilo di merda!”
“Bogomila la baldracca che t’inculi la notte, con la tua verga eretica, maiale!” Gridò il cuciniere.
Salvatore fece uscire in fretta i caprai e passandoci vicino ci guardò con preoccupazione: “Frate,” disse a Guglielmo, “difendi tu il tuo ordine che non è il mio, digli che i filios Francisci non ereticos esse!” poi mi sussurrò in un orecchio: “Ille menteur, puah,” e sputò per terra.

Era così che parlavano i frati nel XIV secolo? Non lo sappiamo e non lo sa neppure Eco, ma questo non gli ha impedito di costruire un dialogo convincente e verosimile. Ci ha fatto assistere a una disputa condotta in ben tre lingue, ha utilizzato il termine bogomilo, di cui la maggior parte di noi non conosce il significato, ma è stato efficacissimo lo stesso. In altre parole ci ha portati nel Medioevo, invece di portare il Medioevo da noi. Un piccolo capolavoro di cui pochissimi altri scrittori al mondo sono capaci; perché richiede talento, che è innato e conoscenze che si acquisiscono in una vita di studio e di lavoro.
E a questo punto noi che ci sentiamo sì bravini, ma che non siamo Eco, come faremo? Faremo come Crichton o Follet e quasi tutti gli altri scrittori, grandi e piccoli, che utilizzano esattamente la tecnica opposta. Quella di attualizzare i personaggi, facendoli ragionare proprio come noi, allo scopo di renderli più vicini al lettore. Ritornando all’esempio iniziale, Robin Hood non parlerà come un teppista del Bronx, ma potrà ragionare come lui. Frate Tuck ci ricorderà il nostro vicino di casa e lady Marian assomiglierà alla zia Cesira. Se saremo stati abbastanza convincenti la magia è fatta!

Andrea Ravel ha scritto, per la collana Romanzo StoricoIl Longobardo

Il Romanzo Storico, un sottile equilibrio

Equilibrio tra dettagli, personaggi ed eventi

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di Paolo Fiorino

Spesso mi sono domandato cosa mi abbia spinto a scrivere un romanzo storico. La risposta non è delle più semplici e più ci rifletto più mi rendo conto che probabilmente di risposte non ce n’è solo una. Forse, la migliore che mi viene in mente è che scrivere uno storico è un modo unico per mettere insieme realtà e fantasia, per aprire una finestra su un mondo che non esiste più, per ricordare e, contemporaneamente, creare qualcosa.
Costruire i personaggi, farli vivere, immaginare le loro storie e le loro vite e poi farli muovere su uno sfondo di fatti reali, che hanno segnato un’epoca e hanno contribuito a costruire il mondo in cui viviamo, è la cosa più appagante che io riesca a immaginare per un autore.
Il romanzo storico mi ha concesso l’opportunità unica di raccogliere la memoria di uomini e donne che hanno vissuto un’epoca per noi distante, di guardare il mondo com’era allora per tentare di capire com’è ora.
Quando scrivo non pretendo di insegnare qualcosa, non credo che sia questo il compito dell’autore di romanzi storici ma, al contrario, mi ripropongo di imparare io stesso qualcosa attraverso lo studio.
E qui arriva la prima difficoltà. L’approfondimento è una componente fondamentale per un romanzo storico, non riesco a immaginare di scrivere una sola pagina senza essermi prima documentato a dovere, ma può facilmente sfuggire di mano e diventare un lavoro fine a se stesso. L’equilibrio tra la precisione dei dettagli, la caratterizzazione dei personaggi e degli eventi è fondamentale. Se da una parte la precisione è doverosa, una vera e propria forma di rispetto verso il lettore, dall’altra il suo eccesso rischia di fare l’effetto opposto, di trasformare un romanzo in un noioso trattato tecnico.
Chrysler-Thunderbolt-1941Per esempio, leggendo di un evento accaduto nel 1941, che implica l’uso di un tipo particolare di automobile, sicuramente ai lettori farà piacere sapere che il veicolo citato era effettivamente esistito in quell’anno ma, quasi altrettanto sicuramente, gli stessi lettori non saranno interessati a venti pagine di descrizione dell’automobile, dei suoi dati di funzionamento e dei suoi dettagli costruttivi, compresi il rapporto di compressione del motore e il passo della filettatura dei bulloni della scatola del cambio. I lettori troveranno probabilmente molto più interessante sapere come quell’automobile abbia contribuito a salvare la vita del protagonista, come abbia aiutato a portare a termine una missione o magari come si sia dimostrata fondamentale per un incontro fatale. Solo con una simile impostazione le vicende dei protagonisti risalteranno sullo sfondo della storia senza esserne oscurate e i lettori potranno immedesimarsi nei fatti raccontati. È questa, per me, la vera sfida che l’autore deve affrontare.
eroi nel nullaÈ la sfida diventa particolarmente difficile se si narrano fatti ambientati in epoche lontane, come potrebbe essere, per esempio, il periodo dell’impero romano. Tuttavia, lo è altrettanto anche se si pone la trama in epoche più vicine ma, comunque, profondamente diverse dal nostro quotidiano, come nel caso di “Eroi nel nulla”.
Per indurre qualcuno a immedesimarsi non ci si può esimere dall’immergersi in prima persona nella storia mentre la si sta scrivendo. E qui arriva la seconda difficoltà. Immedesimarsi è necessario ma l’eccesso è, ancora una volta, in agguato. Se, per esempio, è facile calarsi nella storia di Franco e Zelmira (personaggi presenti nel libro Eroi nel nulla), due persone che vivono gli eventi tragici della Seconda Guerra Mondiale, tentando sempre di mantenere viva la speranza, al contrario, un personaggio come Antonio, che crede profondamente nell’ideologia dell’eroe fascista e vive gli eventi del suo tempo con grande passione, può facilmente allontanare da sé il lettore. L’autore, in questi casi, non deve essere un giudice ma un semplice narratore, il giudizio lo daranno i lettori, ciascuno secondo la propria sensibilità. Il compito dell’autore è complesso, mantenere il distacco è la cosa più difficile, ma senza distacco si perde l’equilibrio, finisce la credibilità e si rischia di cadere nel ridicolo. Gli stereotipi sono sempre in agguato, a noi autori l’arduo compito di evitarli.

Paolo Fiorino ha scritto, per la collana Romanzo Storico, Eroi nel nulla