Un’altra estate

Un'altra estate

Le promozioni continuano

Nel corso di questa settimana le nostre promozioni pongono sotto i riflettori Un’altra estate di Paolo Ferruccio Cuniberti, arrivato fra i 19 finalisti di Sanremo Writers 2014. Questo romanzo, facente ideologicamente parte di una trilogia riferita a epoche ben precise: Body and Soul riporta a galla gli anni ’70 e Indagine su Anna ricostruisce le atmosfere degli anni ’80, ambienta la storia in quegli anni ’60 in cui la società italiana ha subito quei cambiamenti che hanno influenzato il nostro vivere odierno. Le migrazioni delle masse lavoratrici, non solo intese da sud a nord, ma anche da est a ovest, ma soprattutto dalle campagne alle grandi città, diventano lo sfondo adatto per raccontare le vicende dei due protagonisti, Carlo e Maria, figli di quella generazione contadina che perde la propria identità, fagocitata dalla metropoli. Ed è proprio per non dimenticare che l’autore ha scritto questo romanzo, cercando di imprimere su carta i ricordi legati alla propria terra e a quella dei suoi famigliari.

La nostra intervista all’autore

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Intervista a Paolo Ferruccio Cuniberti

Un'altra estate di Paolo Ferruccio CunibertiIntervista a Paolo Ferruccio Cuniberti

 

  • Ben arrivato Paolo, siamo davvero molto curiosi di conoscerti meglio e non solo attraverso le tue opere, ma anche come persona e come scrittore. L’esserti recentemente classificato fra i 19 finalisti per Sanremo Writers 2014, grazie al libro “Un’altra estate”, non è altro che l’ennesimo riconoscimento alla tua bravura, come ti fa sentire? Quali sensazioni suscita in te?

R: Il romanzo Un’altra estate dopo Sanremo Writers (che ha visto circa 400 partecipanti) è stato anche tra i sei segnalati del premio Saturnio – Città di Moncalieri e sarà in concorso prossimamente per altri eventi simili. Sono ovviamente piccole gratificazioni che fanno piacere, anche se in fondo non sono così importanti per imporsi all’attenzione di una platea ampia di lettori. Si dice che l’unico premio che veramente “muove il mercato” è il premio Strega, ma, come ben sappiamo, ci vuol ben altro per arrivarci (e non parlo solo di qualità letteraria…).

  • Come è iniziata la tua carriera di scrittore?

R: A parte i tentativi che ho fatto da ragazzo, come tanti, è la maturità che mi ha fatto riscoprire il talento latente per la narrativa. Per molti anni non ho scritto in termini creativi, anche se ho studiato le strutture formali del romanzo con i classici della critica letteraria: Propp, Bachtin, Lukács, Genette, Eco… poi mi sono occupato di studi sulla cultura popolare con un taglio decisamente scientifico/antropologico, scrivendo alcuni articoli per riviste culturali. Ora li ho riuniti nel volume Orsi, spose e carnevali che ho pubblicato per l’editore Araba Fenice, ma sono destinati a un pubblico decisamente di nicchia. Invece, con la narrativa mi sono sentito libero di utilizzare tutti gli strumenti acquisiti, di metterli anche da parte, e lasciarmi portare dal divertimento di scrivere. Per certi versi i miei romanzi li considero un’evoluzione dei lavori precedenti: uno scrittore è sempre un po’ antropologo, perché descrive e analizza i comportamenti umani e sociali.

  • Le tue pubblicazioni seguono un filo logico, formando quasi una trilogia che riporta alla memoria un passato a cui apparteniamo tutti, sia personalmente che come frutto di scelte generazionali, vuoi parlarcene?

R: L’idea della trilogia è arrivata dopo il secondo romanzo ambientato negli anni 80, Indagine su Anna. Il romanzo d’esordio è stato Body and soul, dedicato agli anni 70. Un libro breve, scritto in poche settimane, quasi di getto, che racconta come vivevano i giovani in quegli anni a Torino, e con l’intento dichiarato di dimostrare che, in fondo, in Italia non si è riusciti a cambiare molto in positivo, e che tutti i nostri problemi attuali sono gli stessi, o quasi, di allora. In quel decennio c’erano forse più ideali, più sogni, ma la cruda realtà era destinata a spezzarli presto; è anche un libro che racconta la passione per il jazz e come questa possa condurre al furto… Anche questo romanzo è andato in finale al premio InediTo 2012. Con il romanzo sugli anni 80, invece, ho voluto narrare una storia un po’ più noir, un’indagine sui costumi di una signora “bene”, mostrando attraverso questa vicenda (narrata anche in forma epistolare) quale fosse la superficialità del vivere e la crisi di valori in quegli anni (quelli della “Milano da bere” per intenderci, anche se la storia è sempre ambientata a Torino), e come la trasformazione sociale si fosse ormai compiuta in senso deteriore, così come ancora oggi la vediamo. Era inevitabile tirare le fila di questo discorso, riavvolgendo il nastro e tornando ai cruciali anni 60 con l’ultimo romanzo.

  • Il tuo ultimo libro, “Un’altra estate”, richiama eventi e atmosfere tipiche degli anni ’60, su cosa ti sei basato per scrivere questo romanzo?

R: Ho individuato nel decennio degli anni 60 la radice delle più profonde trasformazioni sociali che ha vissuto il nostro paese. E’ stato il decennio della definitiva scomparsa della civiltà contadina italiana, una civiltà millenaria. Si pensi che ancora negli anni 50 oltre la metà della popolazione attiva era addetta all’agricoltura, mentre oggi è ridotta a malapena al 5 per cento. Cavour nell’800 scriveva che l’agricoltura “era la più gradevole e conveniente” forma di lavoro possibile. Negli anni 60 del secolo dopo, invece, quasi nessuno voleva più fare il contadino. Si sono spopolate le montagne, le colline, il Sud. Si preferiva la catena di montaggio in Fiat piuttosto che imbracciare ancora una zappa. D’altra parte la meccanizzazione moderna dell’agricoltura richiedeva ingenti investimenti che nessun mezzadro o piccolo proprietario italiano era in grado di sostenere. Ma è un discorso che ci porterebbe lontano, anche se lo trovo appassionante. L’emigrazione verso le città industriali non è stata dunque soltanto da Sud a Nord come spesso si sostiene, ma soprattutto dalla campagna arcaica alla città industriale. La fine di quella civiltà ha comportato profondi cambiamenti negli individui, nelle relazioni sociali, nella cultura del paese. Questa è l’osservazione che sta alla base del romanzo, peraltro la “mutazione antropologica” era già stata vista da Pasolini nei primi anni 70. I miei protagonisti, un ragazzo del Nord e una ragazza del Sud, vivono spaesati tutte le contraddizioni del periodo, tra vecchie tradizioni e desiderio di modernità, rappresentato dal segreto acquisto di un 45 giri dei Rolling Stones.

  • Si è detto che in parte il libro può essere anche interpretato come una biografia, quanto ti rappresenta questo romanzo?

R: Nell’ultimo romanzo, come in parte anche nei precedenti, racconto di fatti, ambienti e persone (anzi, meglio dire personaggi) di cui ho fatto esperienza nel corso della vita. C’è la mia campagna piemontese di quand’ero bambino, dove trascorrevo l’estate, e le terre siciliane che ho conosciuto anni dopo, anche attraverso i racconti di mia moglie e dei suoi genitori, con fatti e misfatti. Ma il processo creativo della scrittura li porta evidentemente ad assumere ruoli per così dire “iconici”, nel senso che devono rappresentare in maniera inequivocabile il contenuto, il messaggio, che voglio trasmettere. Perciò ogni vicenda, ogni protagonista non esiste nella realtà così com’è ma è frutto di un’elaborazione, di una costruzione, di una strategia comunicativa. Insomma, nella narrativa non si fa né storia, né cronaca, occorre sapientemente condurre il lettore per mano, farlo identificare con i personaggi e le loro vicende fino alla parola Fine.

  • Si può dire che quasi tutti i tuoi libri portano un’impronta piuttosto evidente di quelle che sono le tue esperienze personali?

R: Come dicevo, i miei romanzi sono solo in parte autobiografici. Utilizzo dei materiali personali o li prendo a prestito da qualcun altro, ma me ne servo per inventare i personaggi e le loro storie, per farli muovere nel loro contesto in maniera credibile. Io non ho mai fatto il contadino, né sono mai stato in galera per furto… come avviene a qualche mio protagonista.

Ovviamente, se mi vengono in mente episodi divertenti o significativi che mi sono realmente capitati li posso anche utilizzare. Nell’ultimo romanzo, che è ambientato parzialmente in Sicilia, ho anche elaborato una reale vicenda di mafia accaduta alla famiglia di mia moglie e che da tempo tenevo particolarmente a raccontare. Tuttavia non ne conoscevo tutti i dettagli e ho colmato con l’invenzione, anche a fini meramente narrativi. Credo di aver trovato la chiave giusta per raccontarla e che la storia sia riuscita bene.

  • Il tuo genere narrativo è piuttosto raffinato e trae anche le radici dalla tua propensione a ricercare il lato etnologico e folcloristico di quanto ti circonda, potresti dire di sentirti vicino a grandi autori come Cassola o Moravia?

R: Quelli che citi non sono gli autori che ho amato di più, anche se naturalmente li ho letti. Forse i miei riferimenti stanno di più in un certo mondo einaudiano, e vanno da Pavese a Fenoglio a Calvino, per esemplificare con alcuni degli italiani. Di Pavese ho amato la tormentata profondità (era anche studioso di antropologia e l’ha introdotta nella casa editrice), di Fenoglio condivido le radici e capisco a fondo i suoi personaggi, di Calvino invece ho ammirato la levità dello scrivere (l’eleganza anche) e soprattutto l’ironia. Senza l’ironia i miei romanzi sarebbero come quelli di un  certo neorealismo piagnone. Mi piace anche la brevità. Non riesco a scrivere trecento pagine per esprimere un concetto. Spesso i grandi scrittori moderni si sono espressi al meglio nel racconto lungo o romanzo breve.

Una mia recente (ahimè tardiva) scoperta tra gli stranieri è John Fante che negli anni 30 scriveva già come si dovrebbe scrivere oggi. Descrizioni e dialoghi fulminanti, tragicomici. Ma se dovessi elencare tutti quelli che ho apprezzato ci vorrebbe troppo tempo. Ogni autore ti lascia qualcosa di importante, è il bello della letteratura.

  • Recentemente hai partecipato al Salone del Libro di Torino, le opinioni sono piuttosto contrastanti, c’è chi lo ritiene l’ennesimo flop e chi invece ne parla in termini entusiastici, quali sono state le tue impressioni?

R: Sinceramente, i difetti del Salone di Torino trovo siano più meno sempre gli stessi. Gran kermesse, rumorosa, piena di tutto e di più. Credo che l’obiettivo principale dell’organizzazione sia quello di sopravvivere. Come al solito attirano il pubblico solo gli autori famosi, quelli più televisivi, mentre per la piccola editoria e gli autori emergenti non c’è quasi nessuna possibilità di avere sufficiente visibilità. Tuttavia spiace non esserci. Personalmente ci sono stato per due giorni perché invitato a parlare in un paio di eventi. Forse senza queste occasioni non ci sarei neppure andato. Non è nemmeno conveniente per acquistare libri!

  • Spesso la figura dello scrittore è legata a degli stereotipi che lo presentano come un alcolizzato rubacuori o come un avventuriero senza scrupoli, tu come vivi, invece, questo fattore?

R: Aspetta che bevo un sorso di whisky e faccio scendere la pupa bionda dalle mie ginocchia… dicevi prego? Scherzi a parte, la figura che descrivi appartiene un po’ ad un certo tipo di eroe romantico del mondo culturale americano dove non sono mancati effettivamente individui del genere, penso a Scott Fitzgerald, Hemingway, Kerouac,  Bukowski, lo stesso Fante che citavo prima, mentre gli italiani (e gli europei in generale) sono sempre stati un po’ dei “professorini”. L’ultimo di questi che mi viene in mente per esempio è Baricco. Però si tratta di generalizzazioni e ognuno fa caso a sé. Non sopporto comunque i saccenti, chi se la tira troppo, i palloni gonfiati.

  • Quale dei tuoi romanzi ti ha dato più filo da torcere, facendoti sudare le proverbiali 7 camice?

R: Sicuramente Indagine su Anna. L’ho tagliato, riscritto parti, rimontato più volte e non ero mai soddisfatto, tant’è vero che non l’ho mai mandato a nessun concorso letterario perché temo il giudizio. Eppure è un libro che a molti è piaciuto (ad altri meno). Sarà che tratta argomenti anche “scabrosi”, il nudismo, il sesso di gruppo, il voyeurismo, sebbene non siano l’oggetto e l’obiettivo principale delle mie intenzioni, è sempre difficile affrontarli a mente sgombra e con il tono giusto. Temi che il lettore si concentri solo su questo, perdendo di vista gli altri significati. La narrazione poi è a più voci perché è anche in parte un romanzo epistolare: ci sono le lettere del marito e le risposte dell’investigatore, ovviamente in prima persona; poi in terza persona si delineano i caratteri della segretaria, dello stesso investigatore e dell’investigata col suo mondo. Insomma, non è stato un libro semplice.

  • Quando Paolo non scrive, come impiega il proprio tempo?

R: A parte la quotidianità, ultimamente mi sono buttato nella conduzione di una trasmissione radiofonica settimanale di jazz. Pareva una passeggiata e invece mi sta occupando, anche mentalmente, più del previsto. Ho seguito il Torino Jazz Festival, con interviste e dirette di concerti live. Tra poco seguirò il festival Alba Jazz con collegamenti con gli organizzatori. Poi occorre fare ricerche, documentarsi… Un bell’impegno.

  • Infine, quali progetti hai nel cassetto?

R: Dal punto di vista della scrittura mi sono preso una pausa. Il mio ultimo romanzo è uscito nell’autunno 2013, i due precedenti nel 2012 e 2011. Un libro all’anno direi che è una produzione abbastanza intensa. Ora mi sto dedicando alla promozione e mi accollo l’organizzazione di parecchi eventi, anche perché il mio piccolo editore EEE-Book non può fare di più, ma questo vale anche per Araba Fenice con l’altro libro di saggistica. Nell’arco dell’estate avrò ancora diverse date, la più interessante delle quali dovrebbe essere in Sicilia, dove sono stato invitato come autore ospite nell’ambito delle manifestazioni organizzate dal Parco Letterario Pino Battaglia (poeta di Aliminusa nelle Madonie). Poiché Un’altra estate racconta proprio di quei luoghi, è parso bello poterne parlare proprio sul posto. Forse farò anche una serata esattamente nel feudo che ho descritto nel libro, nella piazzetta tra le case in pietra. Con la dolce aria estiva delle sere siciliane.

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Intervista a Leonella Cardarelli

religioni e spiritualitàIntervista a Leonella Cardarelli

    • Ben arrivata fra noi Leonella, il tuo libro colpisce e incuriosisce, soprattutto in quest’epoca in cui, fra mille polemiche e altrettanta indifferenza, l’essere umano pare abbia realmente dimenticato lo spirito con cui affrontare la religione. Come nasce il tuo libro?
      Salve! Il libro nasce da una serie di appunti, successivamente approfonditi e rielaborati; mi sembrava un lavoro fatto bene e ho pensato di pubblicarlo.

    • Pensi che l’uomo moderno non possa più credere moderatamente, limitandosi a diventare ateo o, al contrario, passando all’estremismo?
      Mah… io penso che ognuno è libero di credere in ciò che vuole e di fare ciò che vuole ma senza arrecare danno agli altri e senza imporre le proprie idee. Diffido da chi assume posizioni eccessivamente rigide, su qualsiasi tipo di argomento, perché la rigidità rappresenta sempre una forma di chiusura. Il punto è che oggi stanno venendo meno molte certezze e molti punti fermi perciò si cerca di aggrapparsi a qualcosa pur di sentire un senso di appartenenza.

    • Dal momento che concordo con te a proposito del fatto che l’antropologia non può non essere presa in considerazione quando si parla di religioni globali, come il cristianesimo o l’islamismo, le variazioni che ogni popolo aggiunge al proprio credo religioso, pensi che ne sfigurino il pensiero originale?
      Beh, in parte sì… ad esempio oggi se  si incontra una donna con l’hijab molti dicono “ha il burqa”, invece il burqa è un’altra cosa, cioè copre tutto il corpo, occhi compresi, e non rientra nell’islam. Molti elementi che vengono attribuiti alla religione in realtà sono frutto dell’uomo.

    • Personalmente, tu come interpreti il credo religioso?
      Personalmente mi definisco panteista.

    • Pensi che possano esistere dei parallelismi fra la teologia in genere e la mitologia, il folklore e l’odierno fantasy?
      Sì, certo, la letteratura, la mitologia e il folklore sono pieni di simboli.

    • Infine, la domanda di rito: che cosa vorresti consigliare a un autore esordiente?
      Di scrivere col cuore.

 

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Le offerte di EEE

religioni e spiritualitàReligioni e Neospiritualità.

La settimana scorsa ha dato inizio ad una serie eccezionale di offerte, che la EEE ha deciso di proporre ai propri lettori, agevolando la diffusione dei libri presenti nel proprio catalogo e fornendo, a chiunque volesse approfittare di questa splendida occasione, uno spunto in più per non perdersi le opere dei propri autori preferiti, o fosse anche solo interessato a godersi un ottimo romanzo. Tuttavia, proprio per sottolineare l’aspetto qualitativo e culturale delle scelte editoriali attuate da EEE, le promozioni sono iniziate con un libro curioso che non è un romanzo, ma un saggio vero e proprio, in cui la religione è presa in esame senza i soliti pregiudizi che si riscontrano nella nostra società moderna. Religioni e Neospiritualità non è solo un libro in cui vengono affrontate, comparate e distinte le maggiori correnti religiose che sono presenti nel panorama mondiale, ma un’opera in cui le caratteristiche di ognuna vengono messe a confronto e traghettate nel nuovo millennio, offrendo nuovi spunti di riflessione. L’autrice, Leonella Cardarelli, non ha inteso parteggiare per l’una o per l’altra, ma ha fornito un’equilibrata valutazione, sottolineando quelle che sono peculiarità comuni. Il linguaggio utilizzato non è, ovviamente, semplice, data la natura del tema, ma nemmeno così complesso da rendere ostica la lettura. Molte sono le curiosità che si possono trovare fra i vari capitoli, curiosità che possono diventare un modo per conoscere il “nostro vicino di casa”, scoprendo che determinati usi e costumi traggono origine da fattori ben precisi, la cui logica resta ineccepibile. Particolari che, conoscendoli, possono abbattere quelle barriere culturali che, spesso, impediscono una reale interazione fra i popoli. Tuttavia, se consideriamo la presenza, sempre più massiccia, di bambini provenienti da altri Paesi del Mondo, proprio nelle nostre scuole, poter valutare al meglio come educare i nostri figli, affinché possano rendersi tolleranti e accoglienti verso chi è presumibilmente “diverso”, non può che giovare all’intera società in cui viviamo. Dunque, non perdetevi questo libro e leggetevi la nostra intervista all’autrice.

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B come blog.

Un blog tutto nostro.

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“Prima novitàun Blog tutto nostro, nuovo, con tante idee e possibilità per autori e lettori di interagire facilmente, per informarsi, ma anche per proporre, discutere. C’è anche un concorso per racconti a tema: “Amore e Morte”. Grande tema letterario, di tutti i tempi. Ma, soprattutto, ci teniamo a dialogare con voi, a metterci in gioco (quello che i “grandi” editori non hanno più voglia di fare!).”

Queste sono le parole di Piera Rossotti, la quale, nella sua newsletter apre ufficialmente le porte al Blog.

Perché un blog?

Esiste già un sito ufficiale nel quale è possibile visionare tutti i titoli presenti nel catalogo EEE (circa 200… e non sono pochi), in cui sono comunque presentate le ultime novità ed è possibile acquistare direttamente i libri, quindi perché aprire un altro spazio nel web?
Perché un blog è più diretto e permette un’interazione con gli utenti che un sito tradizionale non può fare. Quindi un blog, abbinato alla pagina ufficiale EEE, è già una vera innovazione, un modo per dire: “Noi ci siamo. Siamo qui a vostra disposizione!”. In questo spazio raccoglieremo le novità, le curiosità e gli eventuali pensieri del nostro editore, gli stessi che vi arriveranno attraverso le newsletter. Vi faremo conoscere e daremo largo spazio ai nostri autori presentandoli al meglio. Preparatevi, vi faremo lavorare e lavoreremo affinché ognuno di voi possa avere il giusto riconoscimento e perché le opere presentate da questa piccola, ma grande, Casa Editrice, possano avere il giusto risalto.
Noi sappiamo bene che i libri presenti nel catalogo sono tutti qualitativamente validi, noi sappiamo che vengono scelti seriamente e non tutto ciò che viene sottoposto all’Editore trova la via della pubblicazione, dunque è con grande orgoglio che prepareremo le vetrine ai nostri autori, sottolineando, in questo modo, le loro capacità.
Buon lavoro a tutti!

 

Concorso “Amore e Morte”

Primo concorso letterario de Il Mondo dello Scrittore in collaborazione con EEE: “Amore e Morte”

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Il Mondo dello Scrittore non è una casa editrice, per questo l’antologia verrà pubblicata da Edizioni Esordienti Ebook. Vi state chiedendo il perché? Presto detto: l’editore ha già una piattaforma distributiva diffusa, ben avviata e conosciuta. L’editore sa bene come affrontare i costi di gestione di tale piattaforma, oltre a dare prestigio alla pubblicazione, cosa che non avverrebbe con un self publishing, anche se ben fatto e curato. L’editore garantisce ulteriori canali che aumentano la visibilità (sito, blog, canale youtube con video, newsletter…). Essere pubblicato in un’antologia di questo genere offre all’autore un surplus di visibilità.

Tale antologia, come appena detto, non sarà una raccolta in self publishing, ma bensì una raccolta di elaborati giudicati in un concorso in collaborazione con un editore, il quale avrà cura di proporla sul mercato nel modo più consono. Verranno, dunque, selezionati dieci racconti, ma ci riserviamo la facoltà di segnalare ulteriori pezzi meritevoli, che saranno anch’essi  inseriti nell’opera o viceversa, di ridurre il numero dei selezionati nel caso il livello qualitativo risultasse troppo basso e/o la quantità dei partecipanti non fosse sufficiente a raggiungere il numero determinato in partenza.

Un lavoro del genere comporta un notevole sforzo per noi organizzatori e giudici (Il Mondo dello Scrittore Network), ma sappiate che oltre a garantirvi il nostro supporto da un punto di vista pubblicitario, la pubblicazione in merito offrirà un ritorno di visibilità e promozione a tutto il Network e il Network è composto anche da voi!

In pratica, non c’è qualcuno che lavora gratis per altri, ma tutti insieme lavoriamo affinché, già da questa fase embrionale, di coordinazione e di organizzazione nella quale ci stiamo adoperando, sia tutto efficiente e di qualità. E, quando si arriverà al momento della lettura e della selezione, non saremo certamente da meno. Saremo imparziali e intransigenti. Cercheremo il “pelo nell’uovo”, analizzando ogni testo con la stessa cura e dedizione che pretendiamo dai nostri scritti. Quindi fate attenzione e non presentateci opere che necessitino di un lavoro pesante di editing. Inoltre, a noi spetterà la formattazione, l’impaginazione, la scelta di una cover inedita e la promozione successiva. Dunque, buon lavoro a tutti!

Bando di concorso