Edizioni Tripla E: naturale evoluzione di EEE

Edizioni Tripla E: naturale evoluzione di EEE

Perché Edizioni Esordienti Ebook è diventata Edizioni Tripla E? La trasformazione è avvenuta in modo del tutto naturale.

Nel lontano settembre del 2011 (fateci gli auguri, proprio in questo mese cade il nostro anniversario) Piera Rossotti costituì Edizioni Esordienti Ebook, una Casa Editrice che traeva le radici dalla profonda passione della sua fondatrice per la letteratura, la scrittura e l’editoria.

Il passo verso la successiva Edizioni Tripla E non è stato breve, tant’è che sono passati otto anni, ma è stata un’evoluzione imprescindibile e del tutto naturale.

In questi otto anni sono diversi gli autori che hanno pubblicato più di un libro con la nostra CE e definirli ancora esordienti ha creato diversi scompensi e dubbi. Dopo quante pubblicazioni l’autore non è più un esordiente ma diventa un emergente? E dopo quante ancora non è nemmeno più un emergente ma si trasforma in uno scrittore consolidato?

Verso la trasformazione

Dopo alcuni Saloni del Libro, nei quali ci siamo spesso riuniti in gruppo, portando osservazioni, suggerimenti e proposte, quest’anno il Grande Capo (ovvero Piera Rossotti) ha deciso che era giunto il momento di fare il Grande Passo e di creare un nuovo futuro sia per la CE sia per i suoi autori. E tutto questo non poteva essere altro che Edizioni Tripla E.

Tuttavia, la nuova veste mantiene sempre lo stesso spirito di collaborazione, qualità e trasparenza. Non altera i principi fondamentali che si basano su un’editoria che non vuole essere a pagamento e non desidera essere confusa con quanti pubblicano anche la lista della spesa pur di aumentare i titoli in catalogo.

E non vuole nemmeno ricorrere alle solite vie, trite e ritrite, in cui sono i grossi nomi (anche se la lingua italiana non fa parte del loro bagaglio culturale) a vendere e non i contenuti dei libri.

Una solida realtà editoriale

Per questo Edizioni Tripla E, pur essendo un marchio ancora fresco di stampa, resta ben ancorata su quelle tradizioni e quelle regole morali, talvolta non scritte, con cui una volta venivano pubblicati i libri e scoperti autori non ancora famosi, ma meritevoli di esserlo.

Riassumendo, non abbiamo cambiato nome per confondere le acque o per un’oscura ragione disdicevole, lo abbiamo fatto per migliorare noi stessi, mantenendo intatto l’orgoglio d’appartenenza alla cara e “vecchia” EEE e felici di poter essere parte integrante di questa nostra piccola (ma per noi immensa) rivoluzione culturale.

Se vi servono ulteriori informazioni su come pubblicare e quali sono i generi a noi graditi, quali sono i nostri canali di distribuzione, oppure quali i libri in catalogo, cliccate QUI e approderete direttamente sul sito istituzionale di Edizioni Tripla E.

Se invece preferite un’approccio diverso, il nostro canale YouTube potrà sicuramente chiarirvi le idee e offrirvi degli spunti utili.

Lettera agli Autori

Lettera agli Autori

Cari Autori,

anche quest’anno il Salone del Libro di Torino si è rivelato una grande kermesse culturale e siamo lieti di avervi partecipato portando tutti i vostri libri e incontrando di persona tanti di voi. Questo è l’aspetto più piacevole del Salone, perché ci teniamo ad avere contatti diretti con i nostri autori, e la loro presenza ci sostiene, ci incoraggia e ci fa dimenticare la fatica e i piccoli, inevitabili disguidi che sempre si devono affrontare in occasioni come queste.

Ancora una volta, il fatto di avere una “squadra” disposta a impegnarsi ha fatto la differenza e rispetto ad altri stand, in cui si potevano trovare solo gli espositori, il nostro era piuttosto affollato e ricco di quella corrente che nasce quando più menti agiscono insieme e creano ottime idee per portare avanti una speranza comune.

Grazie anche a tutti gli amici e gli aspiranti autori EEE che sono venuti a trovarci e a chiacchierare un po’ con noi.

Un ringraziamento tutto speciale a Irma, Andrea, Giancarlo, Cinzia, che sono stati allo stand per tutta la durata del Salone.

Grazie a Pogliano, alla sua disponibilità e alla sua presenza discreta ma insostituibile.

Qui trovate le foto ricordo: perdonateci se abbiamo dimenticato qualcuno!

 

E adesso? Naturalmente, ci rimettiamo al lavoro, ci sono tanti bei manoscritti in attesa di pubblicazione. Intanto, mi raccomando, continuate a scrivere!

L’Editora
Piera Rossotti

Un bell’evento culturale e divertente a Novalesa e il fantasma di Filippina

Un bell’evento culturale e divertente a Novalesa e il fantasma di Filippina

di Piera Rossotti

L’Associazione “Arte, Cultura e Tradizioni a Novalesa in Val Cenischia”, in collaborazione con gli “Autori Associati della Savoia e dell’Arco Alpino(AASAA), il “Teatroinsieme di Susa”, e la Proloco di Novalesa, hanno organizzato un bellissimo evento a Novalesa, sabato 23 settembre: partendo dalla Casa degli Affreschi, un’antica locanda in Via Maestra, è stato rievocato il passaggio del Moncenisio e la sosta al villaggio di Novalesa di tre donne famose del passato.

Adelaide di Susa Cristina di Francia Filippina de Sales

La prima è Adelaide di Susa che, sposando in terze nozze Oddone, figlio di Umberto I Biancamano, conte di Savoia, diede origine alla dinastia sabauda (1045).

La seconda è Cristina di Francia, figlia di Enrico IV re di Francia e di Maria de’ Medici. Non ancora dodicenne, venne promessa in matrimonio al principe di Piemonte Vittorio Amedeo.

Il matrimonio fu celebrato privatamente nel 1619, al Louvre. Ma il padre dello sposo, Carlo Emanuele I° il Grande volle una festa bellissima e sfarzosa in una cornice stupenda: il Moncenisio. In pochi giorni fece costruire una grande casa presso il lago. L’intero arredamento ed il vasellame furono portati da Torino. Venne dato un grande banchetto. E sul lago organizzò una grande battaglia navale.

Si poterono ancora vedere i ruderi di questa casa fino a quando le acque della diga li inghiottirono per sempre.

La terza donna è Filippina de Sales, nonna paterna del conte Camillo Benso di Cavour. E qui sono entrata anch’io nel gioco delle rievocazioni, perché qualche anno fa ho scritto un romanzo per dare voce a questa donna straordinaria e coraggiosa, al suo sguardo ad un mondo in rapido cambiamento, tra Rivoluzione francese e Restaurazione, con la meteora napoleonica ad attraversarlo.

Non ricordo quante siano state le presentazioni di questo romanzo, che si intitola Il diario intimo di Filippina de Sales, marchesa di Cavour, da quando arrivò finalista al Premio Calvino nell’ormai lontano 2000, certo almeno una cinquantina, molte organizzate dai miei editori, l’Angolo Manzoni di Torino e le Éditions Altal di Chambéry, ma molte inattese, su invito di associazioni o in occasione di qualche evento culturale, e nei luoghi più disparati, dal Muséobar di Modane all’Aula Magna dell’Université Savoie-Mont Blanc, dalla Villa Cavour di Santena al Musée Savoisien di Chambéry e, per ben due volte, al castello di Thorens, ancora appartenente ai discendenti della famiglia De Sales.

Più di una volta, ho avuto l’impressione che in tutto questo ci fosse lo zampino di Filippina. Sì, dev’essere stata lei, più di vent’anni fa, a farsi trovare in una noticina scritta in piccolo in un libro di storia, a insinuarsi nel mio cervello, a spingermi a ricercare notizie e documenti, a prestarle la mia voce, a scrivere quel diario che lei non ha mai scritto. Così, di tanto in tanto, torna a fare capolino nella mia vita e a decidere che dobbiamo parlare di lei, della sua storia, dei suoi valori, dei luoghi e delle persone che ha amato.

È un fantasma gentile, e l’accontento sempre volentieri. Questa volta, a Novalesa, è stato intimo e bello, con l’accompagnamento musicale di Giorgio e Michele Troisi, gli attori di Teatroinsieme che hanno prestato la loro voce per la lettura di qualche brano, nella bella taverna dell’Albergo della Posta, gli amici Francis Buffille, presidente dell’AASAA e Pierre Allio.

Per un po’, Filippina se ne starà tranquilla. Ma non mi illudo: prima o poi, tornerà ad aver voglia di far parlare di sé, e sarà difficile non accontentarla, è una vecchia signora molto testarda!

Persone che sappiano raccontare una storia

Persone che sappiano raccontare una storia

Le nuove storie di Iano Lanz e Alessandro Cirillo

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di Piera Rossotti

Uno degli aspetti più affascinanti del lavoro che faccio è incontrare persone che sappiano raccontare una storia. O tante storie.
In queste settimane sto registrando i miei video per parlare di narratori: questo affronta l’argomento del narratore cosiddetto “omodiegetico”, cioè che è anche personaggio della storia, protagonista o semplice testimone.
È un testimone il centenario che, assistendo a una processione, racconta le tante storie che compongono questo singolare romanzo di Iano Lanz, Il fiume risale il monte. Lucido e acuto, l’anziano, stimolato dalla visione diretta delle persone che sfilano in processione, confida a un antropologo le vicende singolari di alcuni personaggi: è un racconto vivido e partecipato, ma non privo di un certo distacco ironico, che segue un ritmo ora veloce e diretto, ora più lento e ondivago, con una prosa fluida come un fiume, e che ricrea il microcosmo di un’antica città unita dalla stessa devozione e dal rispetto di una tradizione antica.
Ben diversa la storia che ci racconta Alessandro Cirillo in Schiavi della vendetta, il suo quinto romanzo, anche questo un thriller pieno d’azione, scritto in terza persona “immersa”, ossia che si focalizza via via sui diversi personaggi, pur mantenendo il ritmo incalzante che è proprio di questo giovane autore, che anche dei cosiddetti “cattivi” mette sempre in luce le motivazioni, la rabbia, la sofferenza che li ha portati ad essere quello che sono. Liberamente ispirato a un fatto di cronaca, anche questo, come i romanzi precedenti, getta una luce inquietante sul mondo attuale.

Giancarlo Ibba e la sua esperienza

Giancarlo Ibba è l’autore che meglio rappresenta il New Gothic nel panorama letterario italiano e le sue storie, ambientate su suolo nostrano, specialmente nella sua amata Sardegna, portano il lettore a immergersi nell’orrore puro dato dal quotidiano. Come lo stesso Giancarlo afferma, non c’è nulla di più terrificante del terrore che scaturisce dalla normalità. #EEE #autoriEEE

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Giancarlo Ibba e la sua esperienza con EEE

di Giancarlo Ibba

Il mio primo contatto con la EEE risale all’ottobre 2011. Mi trovavo in Sardegna per trascorrere le ferie al caldo (nel Profondo Sulcis l’autunno arriva più o meno nel periodo natalizio) e ricaricare le batterie in vista della prossima Stagione Invernale. Un pomeriggio, mentre con la pancia piena dei manicaretti materni e del vino paterno contemplavo dalla sedia a sdraio l’oscillare delle fronde degli ulivi nel giardino, ricevetti una telefonata della Fidanzata. “Ho trovato su internet una nuova Casa Editrice che cerca manoscritti di autori esordienti!” annunciò. Con il mio solito entusiasmo pomeridiano post-banchetto, ho replicato: “Ah-ah.”

“Ti segno la mail?”

Risposta (immaginatela con lo stesso tono stralunato di Forrest Gump): “Okay”.

La mia scarsa eccitazione, oltre alla digestione lenta e i postumi del Cannonau di Jerzu, era dovuta principalmente a due fatti: primo, fino ad allora i miei tentativi di comunicare con una CE erano stati inutili; secondo, nonostante tutti gli amici che mi dicevano il contrario, io non ero ancora convinto di essere abbastanza bravo nello scrivere da poter addirittura pubblicare un libro. Alla fine del Liceo Scientifico, dopo aver vinto una Targa Premio in un Concorso Letterario Comunale, avevo spedito a un Presunto Editore un manoscritto intitolato “Verdetto Invisibile” (quello che oggi costituisce il nucleo originale de “L’alba del Sacrificio”). Qualche settimana dopo mi arrivò per posta un plico con la risposta. In breve, la storia era piaciuta (a chi? Dettaglio non specificato) e si voleva procedere con la pubblicazione. Facile, no? Dov’era la fregatura, direte voi? La fregatura era che mi si chiedeva un contributo di 7.500.000 lire e l’acquisto preventivo di minimo 500 copie.

Declinai l’offerta, ovviamente. A quei tempi, quasi diciottenne, tutte le somme oltre i tre zeri mi erano praticamente sconosciute. La paghetta settimanale, somministrata dai genitori ai figli, era un concetto mitologico, qualcosa che esisteva soltanto nei telefilm americani tipo “Casa Keaton”. L’unica paga che conoscevo era quella di mio padre, che arrivava il 27 di ogni mese (con il senno di poi, tutto sommato ero un privilegiato) e dovevamo farla bastare fino al 27 successivo. Quando andava bene, sbrigando qualche commissione o lavoretto, con grande parsimonia riuscivo a racimolare gli spiccioli per acquistare un pallone da calcetto Tango (5000 lire), un gelato (rigorosamente un ghiacciolo al limone, con il suo duro e appiccicoso bastoncino di liquirizia, prezzo 250 lire) e qualche caramella alla menta (25 lire ciascuna).

Non ho più spedito nulla fino ai tempi dell’università, quando, sollecitato dai pochi lettori-cavie dei miei raccontini horror, decisi di riprovarci. Non avevo grosse aspettative, ma perlomeno li avrei fatti contenti. Così investii in grandi buste arancioni, fotocopie rilegate e francobolli, una frazione del mio budget extra annuale. Questo extra proveniva dal lavoro estivo a cui nel frattempo mi ero dedicato… ma questa è un’altra storia, come si dice.

Tagliando corto, tutti i manoscritti inviati a CE più o meno grandi non ricevettero risposta e finirono chissà dove. In un certo senso, ne fui anche contento, perché in fondo mi vergognavo delle assurdità che andavo scrivendo. Così, smisi di pensarci e mi dedicai con pazienza a trasferire dal cartaceo al digitale le pagine dei miei block notes, malamente imbrattate di inchiostro in quegli anni spensierati e fuggevoli. Nel frattempo scrissi altre cose, parecchie incompiute, tra le quali un romanzo breve intitolato “Ragazzi Normali”.

E con “Ragazzi Normali” ritorniamo all’autunno del 2011.

Finite le ferie e tornato alle fresche montagne della Valle d’Aosta, recuperai l’indirizzo email e inviai in lettura alla EEE il file word di un romanzo horror intitolato “Frammenti di Terrore”. In poche parole, si trattava della versione espansa, corretta e rivista, del racconto adolescenziale spedito al Presunto Editore.

Immediatamente (grande novità!) ricevetti una risposta automatica di avvenuto ricevimento. Il giorno seguente una cortese mail della signora Piera Rossotti mi informava che il file era stato messo in lista di attesa per la lettura. I tempi previsti per un responso erano di circa sei/otto mesi e, in ogni caso, mi sarebbe stata fornita una scheda di lettura e un parere obbiettivo sulle possibilità di pubblicazione.

Benissimo, pensai.

Ho tanti difetti, ma come quasi tutti i Sardi (evoluzione genetica dovuta alla pratica millenaria della pastorizia?) possiedo la virtù della pazienza. Così, mi dedicai ad altre faccende e lasciai che il tempo facesse il suo corso. In primavera, inattesa, ricevetti un’altra mail con allegata scheda di valutazione. Mi aspettavo quattro righe messe in croce (come era accaduto con il Presunto Editore, invece mi trovai sotto gli occhi un paio di pagine belle fitte. Ogni aspetto della mia “opera” era stato analizzato, evidenziandone i pregi e sottolineando i numerosi difetti. In definitiva, la conclusione era: così com’è adesso il romanzo non mi convince e non lo riteniamo pubblicabile. Non me la presi. Scrissi una lettera di ringraziamento per il lavoro svolto e, comunque, anche solo per avermi degnato di una risposta. Ne nacque un breve scambio epistolare digitale con la signora Rossotti, dove lei mi spiegò che parte delle sue perplessità sul mio romanzo (oltre alla incasinata struttura temporale non lineare) derivavano da un fatto di gusto personale: non le piacevano le storie di autori italiani ambientate negli Stati Uniti. Perché non provare ad ambientare il racconto in Sardegna? buttò lì, semplicemente. Accettai il suggerimento e le risposi che avrei riscritto tutta la vicenda da capo, localizzandola nel Sulcis. Già mentre scrivevo questa risposta, un bel po’ di nuove idee mi balzarono in mente. Non ero sicuro di farcela, ma avrei di certo fatto del mio meglio.

Passò qualche mese. Cominciai a riscrivere “Frammenti di Terrore” e, nel frattempo, ripassai per l’ennesima volta il file di “Ragazzi Normali”. Pensavo: questa storiella di studenti fuoricorso e docenti fatti a pezzi potrebbe piacere o no? A fine giugno, superando la mia ritrosia, inviai in lettura il file alla EEE. A questo punto della narrazione dovete sapere una cosa: il primo romanzo era il mio figlio preferito (il primogenito), mentre il secondo lo consideravo un figlio… minore. Perché? Perché uno era stato scritto in vent’anni, mentre l’altro in poco più di un mese, senza sforzo e senza mai richiedere grandi modifiche.

Figli e figliastri, insomma.

Comunque sia, a questo punto accade una cosa curiosa. Per vari motivi, resto un mesetto senza ispezionare la mail, anche perché in quel periodo ricevevo soltanto spam, pubblicità e poco altro. Un giorno di fine luglio controllo la casella di posta elettronica e, in cima alla lista delle ricevute, trovo una mail della Rossotti. La apro e leggo: Buongiorno. Allora, pubblichiamo? Resto di stucco. Così scorro in basso la lista e trovo un’altra mail, scritta una settimana prima. Mi comunicava che aveva letto personalmente “Ragazzi Normali”, le era piaciuto (a parte il fatto che non avrebbe più guardato le braciole di maiale e le cernie negli acquari con gli stessi occhi di prima) e voleva pubblicarlo. Naturalmente, accettai la proposta. La correzione della bozza richiese pochissimo tempo: decidemmo di cambiare il titolo in “La vendetta è un gusto”, eliminammo qualche refuso e un errore madornale riguardo agli stipiti che sbattono.

Ad ogni modo, credo di essere uno dei pochi aspiranti scrittori che si è perso la prima mail che gli annunciava la prossima pubblicazione del suo romanzo d’esordio. Bella roba, eh? Tuttavia, quelle due parole, tra lo stupito e l’impaziente (allora, pubblichiamo?), mi sono rimaste impresse. Del resto, a mia parziale giustificazione, come potevo aspettarmi una risposta dopo nemmeno un mese?

Ai primi di agosto il contratto editoriale era firmato e l’ebook pubblicato nei vari store digitali.

Nel giro di dieci mesi ero entrato nel catalogo e nella scuderia EEE, a quell’epoca ancora esiguo, ma con buone prospettive per il futuro, come ripeteva spesso Renato Pozzetto nel film “Il ragazzo di campagna”.

Con i piedi ben saldi sul terreno, come sempre, la signora Rossotti mi comunicò di non aspettarmi grandi cose, poiché il mercato digitale era solo agli inizi e un autore sconosciuto poteva considerarsi soddisfatto se raggiungeva le 500 copie vendute. Io, che di solito non mi aspetto niente di buono dalla vita, pensai che ero già soddisfatto soltanto per aver pubblicato. Potete darmi torto? Le aspettative generano frustrazione, diceva Buddha.

In ogni caso, sorprendentemente, “La vendetta è un gusto” cominciò a vendere. Superò le 500, le 1000 e le 1500 copie, piazzandosi anche per qualche tempo in cima alla classifica generale di Amazon Kindle. Uno dei primi inaspettati bestseller della EEE, testuali parole della signora Rossotti durante l’emozionante Salone del Libro 2012 (il primo della mia vita), e ne vado fiero e orgoglioso!

Per concludere, oggi, quattro anni dopo gli eventi narrati nelle ultime righe di questo lungo resoconto, posso affermare (ma penso che si sia capito, no?) che la mia esperienza con la EEE e l’esimia editora Piera Rossotti è stata, è e sarà molto positiva. La EEE è una Casa Editrice a misura d’uomo (a misura d’autore, oserei affermare), dove è possibile creare un rapporto personale oltre che professionale con la boss e con gli altri colleghi (quelli che ho conosciuto, perlomeno), un rapporto basato sul rispetto reciproco, la collaborazione e la franchezza delle opinioni. L’importante, come ho già detto, è restare tutti con i piedi per terra e la testa fra le nuvole. Infine, dove altro avrebbe potuto trovare il ragazzo di campagna che vive in me, un’editora a cui dare impunemente del tu se non alla EEE?

Giorgio Bianco e la sua esperienza

Giorgio Bianco nemmeno voleva parlare con un nuovo editore, le sue precedenti esperienze lo avevano reso avverso e disillisuo su quanto il mondo editoriale poteva offrirgli. Poi ha incontrato Piera Rossotti e molte delle sue convinzioni (per fortuna) sono cambiate. E non lo diciamo per noi, ma per il fatto che il suo stile merita di essere condiviso pubblicamente. #EEE #autoriEEE

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Giorgio Bianco e la sua esperienza con EEE

di Giorgio Bianco

Una pacca sulla spalla, una risata, una stretta di mano. Ma di concreto, nulla. Troppe volte il rapporto fra scrittore ed editore si risolve in una delusione. Non scrivo queste righe per cercare colpevoli, anzi: i colpevoli mi hanno stufato, poiché alimentano risentimento e musi lunghi, atteggiamenti inutili quando si tenta di costruire qualcosa. Scrivo invece per parlare di chi le cose le fa, o almeno ci prova con serietà e a ragion veduta. Perché il mondo dell’editoria, si sa, in Italia soffre moltissimo. Scrivere un libro è nulla, rispetto alla necessità di “insegnargli a camminare”. E nessuno di noi, sognatori con la penna in mano, ha bisogno di un semplice tipografo. Noi cerchiamo qualcuno che ci aiuti a diffondere le nostre opere.

La casa editrice EEE, per me la terza su quattro romanzi, è di gran lunga la migliore che io abbia incontrato. Piera Rossotti è persona di grande competenza e sensibilità artistica, ma nello stesso tempo bada al sodo. E ha il grande merito, insieme ai suoi collaboratori, di aver creato una struttura flessibile e attenta al divenire delle esigenze degli autori. Ma c’è molto di più: EEE punta alla collaborazione, cioè alla interazione fra gli scrittori chiamandoli a leggere, criticare e promuovere i loro colleghi, ricevendone in cambio le stesse attenzioni. Può sembrare un’idea semplice, ma a questa affermazione replico in due modi: prima di tutto, la semplicità risiede nelle idee geniali.

In secondo luogo, non dimentichiamo che il mondo della letteratura è estremamente chiuso, individualista, ostile e perfino razzista, se mi passate l’accezione culturale del termine. Pertanto mi pare che invitare gli autori a fare squadra sia un presupposto di grande originalità. Parlo del mio caso: un mio romanzo non ha mai avuto così tante recensioni, così tanti risultati scrivendone il titolo in Google, prima di incontrare EEE. Considerando il mio punto di partenza, posso dire di aver ottenuto finora ottimi risultati e ho avuto la dimostrazione che lavorare insieme vale molto più di un “post” su un cosiddetto “social”. Dirò di più: nemmeno le pubblicazioni a pagamento sul web sembrano funzionare. Io stesso ho investito 18 euro in una inserzione sponsorizzata su Facebook, pubblicando il link all’acquisto del mio romanzo “Dammi un motivo“.

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Facebook mi garantiva almeno 8.000 contatti, che in effetti ci sono stati. Ma con quale risultato? Giudicate voi stessi dalla fotografia: oltre 8.000 contatti, certo: ma le interazioni tendono a zero. Che cosa ci dimostra tutto questo? Che viviamo in un mondo divenuto assai superficiale e che bussare indistintamente a tutte le porte serve a nulla. Noi dobbiamo rivolgerci alle “nicchie”, cioè a coloro che potrebbero apprezzare i nostri lavori. Facebook? Va benissimo, ma usato dalle persone giuste verso le persone giuste. E le persone giuste… siamo noi! Il nostro impegno, nonostante l’esiguità delle forze, porta risultati qualificati. Senza quelli, non andremo da nessuna parte.

Un abbraccio a tutti!

Quando autori ed editore «fanno squadra»

Quando autori ed editore «fanno squadra». Il prossimo evento sarà al Salone di Torino

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Anche quest’anno, nel corso del Salone Internazionale del Libro di Torino, EEE indice una conferenza in cui non solo spiega la propria filosofia ma offre un punto di vista prezioso a quanti cercano di affacciarsi sul mondo editoriale, senza alcuna esperienza che li possa aiutare e senza alcuna informazione realmente utile.

Sabato 14 maggio, alle ore 18.30, presso la Sala Argento, EEE riunirà ancora una volta i propri autori e affronterà, insieme a loro, una delle tematiche più sentite: l’interazione fra la Casa Editrice (intesa come Editore e gli Autori appartenenti) e il mondo esterno. Molte volte ci siamo chiesti (e molti di voi lo hanno fatto) quale fosse realmente il compito e il dovere di un autore nei confronti del proprio editore e dove iniziasse (e soprattutto finisse) la collaborazione che spesso viene richiesta, anche a livello contrattuale, all’autore per contribuire alla propria promozione. La domanda, benché legittima, in realtà parte da un presupposto secondo noi errato, quanto meno deviato, dal suo effettivo significato, da atteggiamenti purtroppo consolidati e spesso reiterati da parte di molti editori.

Cosa significa collaborare e rendersi oggettivamente disponibili alla promozione? Significa forse organizzarsi gli eventi da soli? Pubblicizzarsi da soli? Cercare in rete, in lungo e largo, blogger disposti a recensire, intervistare o anche solo segnalare le ultime uscite? Quanto di questo lavoro è affidato alle sole cure degli autori e quanto spetta alla CE?

EEE, nel corso degli anni, ha cercato di trovare il giusto equilibrio fra quelli che erano i propri mezzi e le esigenze legittime degli scrittori pubblicati. Non basta immettere sul mercato un testo più o meno valido, arricchito da una copertina accattivante e da un prezzo abbordabile. Non bastano nemmeno quel paio di segnalazioni che vengono fatte sui vari social oppure uno spam fatto a tappeto, sperando di prendere le persone per sfinimento. Nessuna delle vecchie regole funziona ancora. Tutti i social sono inondati giornalmente da nuovi titoli, nuovi autori, nuove promozioni e offerte. Quindi come distinguersi e come giungere alla tanto famigerata visibilità che tutti cercano e pochi trovano?

Piera Rossotti, donna lungimirante, ha capito, fin da subito, che l’unica forza a disposizione di un piccolo editore, oltretutto digitale, era la reale capacità di formare una squadra di autori in grado di poter cooperare, sostenersi e creare quella forza d’urto in grado di giungere là dove il singolo non sarebbe potuto arrivare. E gli autori, a loro volta, anche se scettici all’inizio, hanno compreso i benefici che questa azione ha effettivamente portato, rendendoli non solo visibili, ma appetibili sia per un mercato già inflazionato sia per editori più blasonati.

Dunque, qual è il segreto di questa ricetta ben riuscita? Venite a scoprirlo nel corso della conferenza stampa che si svolgerà Sabato 14 maggio, alle ore 18.30, presso la Sala Argento al Salone del Libro!

Evento su Facebook

 

Giorgio Bianco alla Libreria della Torre

Giorgio Bianco alla Libreria della Torre: nuova presentazione

libreria della torre - giorgio bianco

Giorgio Bianco ormai ha spiccato il volo e le sue presentazioni diventano sempre più frequenti, segno evidente che il fatto gli procura diverse soddisfazioni. Detto fra noi, non ce ne stupiamo, dal momento che Dammi un motivo, il suo ultimo libro pubblicato con EEE, è godibile sotto molti punti di vista, non ultima una trama diversa dal solito.

Martedì 19 aprile, alle ore 18.30, Giorgio presenterà il suo libro presso l’accogliente Libreria della Torre di Chieri (provincia di Torino), in Via Vittorio Emanuele II, 34, assistito dalle amorevoli cure della sua Editora, Piera Rossotti. La Libreria della Torre partecipa, tra l’altro, all’Italian Book Challenge, che vi ricordiamo essere il Campionato dei lettori indipendenti promosso da innumerevoli librerie sparse in tutta Italia.

Quindi, non perdetevi la presentazione di Giorgio Bianco, la simpatia della sua Editora e la possibilità d’incontrare due protagonisti di una piccola, ma solida, realtà editoriale italiana.

Dammi un motivo, la trama:

Giulia, cartomante cinquantenne alcolizzata, salva una bambina, la ricchissima Céline, da un naufragio e dalla follia del padre. Contando sul fatto che Céline sia ritenuta morta da tutti, le due donne decidono di trascorrere un periodo insieme, inventando una parentela che giustifichi la presenza della ragazzina a casa della cartomante. Ma la loro complicità stenta a decollare. Infatti nasce nella disperazione e nello scontro fra età e situazioni sociali diverse. Eppure, poco alla volta, si consolida grazie alla scoperta di tanti punti in comune. Insieme, Giulia e Céline trovano uno scopo per vivere. Intanto progettano una fuga impossibile dall’altra parte del mondo.

Link all’acquisto: EEEAmazon

21 marzo, ode alla Poesia

21 marzo è la giornata dedicata alla Poesia

Caffè poesia

Potevamo forse lasciarci scappare questa occasione? No, che non potevamo, soprattutto per il fatto che si è da poco aperto il quarto Concorso EEE, dedicato proprio alla selezione di nuovi poeti nostrani. Sappiamo bene che ne esistono di veramente validi in giro per il web, li vediamo passare tutti i giorni con i loro post, nei quali alcune composizioni spiccano per la bellezza e l’eleganza dei versi. La nostra rosa di giudici avrà del valido materiale fra cui scegliere i prossimi poeti EEE e siamo contenti che siano proprio loro a selezionare i prossimi compagni di avventure.

Quindi parliamo un po’ dei nostri giudici, dei magnifici cinque che presenziano la giuria, insieme al nostro editore Piera Rossotti. Cinque splendide Penne, ognuna con caratteristiche diverse e particolarità che possono andare a stuzzicare l’anima sotto molti punti di vista. Perché la Poesia non è tutta uguale, il genere in sé racchiude mille sfumature che possono essere interpretare a seconda dello stile, dell’umore e della predisposizione dell’autore. Tuttavia i nostri cinque giudici si differenziano in modo piuttosto riconoscibile. Elisabetta Bagli possiede una mano decisamente femminile e i suoi versi si dipanano di solito con lunghe introspettive, in cui ogni colore viene preso in considerazione. Gastone Cappelloni è un’impressionista e ben si accordano i toni che utilizza per descrivere i propri sentimenti e le sensazioni, lasciando pennellate decise sulla tela poetica. Maurizio Donte ha ben chiaro il ritmo e la sua precisione si concretizza nei versi costruiti ad arte, pur restando saldamente ancorati al senso artistico. Andrea Tavernati preferisce racchiudere negli haiku le proprie espressioni poetiche, pur attenendosi, anche lui come Donte, a delle regole fondamentali che rendono il verso ancora più libero. Infine Andrea Leonelli. La sua prosa graffiante, e talvolta ermetica, lo rende capace di racchiudere in poche parole l’intera tavolozza della sofferenza umana.

Dunque, con cotanta giuria, potevamo forse non ricordarvelo in un giorno come questo?