Intervista a Lorena Marcelli

Intervista a Lorena Marcelli

Marcelli_EEELa collina dei girasoli richiama i romanzi classici, in cui sono le storie di famiglia ad essere protagoniste, trame in cui l’essenza dei personaggi scorre insieme all’epoca stessa in cui vivono. Ambra ci porta all’interno delle mura in cui lei e le sue tre sorelle passano dall’età adolescenziale a quella adulta, raccontando le vicende che hanno segnato le loro vite.

  • Come nella migliore tradizione letteraria hai affrontato questa storia partendo da un precedente illustre: Piccole donne di Louisa May Alcott. Cosa ti ha affascinato di questo libro e cosa hai riportato nel tuo romanzo?

Ho letto “Piccole donne” quando, forse, avevo dodici anni e la figura di Jo March ha influenzato per sempre la mia vita di donna. Le mie sorelle sono quattro, come le sorelle March, ma è solo un caso, in realtà. Inizialmente le mie protagoniste erano cinque, ma poi, durante la stesura, ho eliminato la figura meno “forte” e con meno esperienze da raccontare. Nel mio romanzo ho cercato di riportare le dinamiche che si sviluppano all’interno di una famiglia di donne e le  diversità caratteriali delle stesse che, spesso, provocano liti e incomprensioni, a volte insanabili.

  • Il tuo è un romanzo caratterizzato soprattutto dalle figure femminili: Ambra, Perla, Giada, Topazio, la mamma e la zia. Questi personaggi hanno un riscontro anche nella realtà, oppure sono puramente frutto della tua immaginazione?

Le donne che hanno ispirato i miei personaggi esistono, anche se non appartengono alla stessa famiglia. La figura di Elia Diamante,per esempio,  a me molto cara, è stata  ispirata dalla zia di una mia carissima amica, donna buona e accogliente, a casa della quale ho passato moltissime estati della mia infanzia, e che oggi non è più fra noi.  Per le quattro sorelle mi sono ispirata al rapporto con le mie sorelle, raccontando, di tanto in tanto, episodi avvenuti quando eravamo più giovani.

  • Il tuo romanzo si svolge in terra d’Abruzzo, quali sono gli aspetti più caratteristici dell’ambientazione che hai scelto?

Io sono nata e vivo in Abruzzo e non andrei mai via dalla mia terra, perché è magica e accogliente. Non cito mai il paese dove si svolge la storia, ma chi lo ha letto,  ed è del luogo, ha riconosciuto i paesaggi inconfondibili del mio paese natio: Notaresco, in provincia di Teramo. La collina dei girasoli esiste davvero e lì c’è il rudere della casa abitava mia  madre, da piccola. L’Abruzzo è una terra ancora “selvaggia e incontaminata” e non tutti conoscono la bellezza dei suoi paesaggi. Abbiamo il mare davanti a noi e i monti alle spalle; siamo ricchi di boschi, laghi e antichi borghi medievali e spesso ci dimentichiamo di quanto siamo fortunati a vivere in questa meravigliosa terra, che ci permette ancora di crescere i nostri figli in mezzo alla natura. Ho cercato di raccontare la bellezza  del Gran Sasso e la rudezza degli abruzzesi , che, però, nascondono un cuore grande. Spero di esserci riuscita.

  • Nella società moderna le famiglie allargate non sono così scontate, come giudichi questo nuovo modo di allevare i figli? Viene loro a mancare qualcosa?

I figli hanno bisogno d’amore, sempre e comunque e le famiglie allargate, spesso, riescono a colmare i vuoti lasciati da genitori incapaci di amare. Ambra e le sue sorelle sono fortunate perché, nella casa dei nonni e della zia trovano l’amore che la madre non è in grado di dare loro. La mancanza dell’affetto materno, o la debolezza dell’amore paterno saranno sempre presenti nella vita di un figlio, così come lo sono  nella vita di Ambra e delle sue sorelle, ma l’amore “surrogato” di altre persone, siano esse zie o nonni, o addirittura nuovi compagni dei rispettivi genitori,  può fungere da ancora di salvezza e, a volte, lo è davvero.

  • Nel panorama letterario hai affrontato diversi generi, ce n’è uno che preferisci come autrice?

Diciamo che  amo scrivere, soprattutto, thriller storici, specie quando riesco a prendere spunto da personaggi realmente esistiti. Mi piace tutto quello che precede la stesura di un romanzo di questo genere: la ricerca storica, lo studio, la lettura di saggi tematici e, spesso, la traduzione di testi antichi.

  • E come lettrice?

Ho iniziato a leggere da ragazzina e , a sedici anni avevo già letto tutti i classici inglesi, francesi, russi e italiani. Ho diversi interessi e leggo quasi tutti i generi, ma prediligo i romanzi di narrativa, soprattutto se ambientati in Italia, i thriller storici e i libri di storia, in primis quella irlandese. 

  • La tua è una lunga esperienza nel settore letterario, come giudichi questi ultimi anni in cui tutti hanno la possibilità di pubblicare qualsiasi cosa?

Non sono assolutamente contraria al self publishing e credo che l’aspirazione di pubblicare il proprio lavoro sia legittima , ma credo anche che uno scrittore serio dovrebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscere se quello che ha scritto è veramente degno di essere letto. I lettori dovrebbero essere rispettati e onorati con prodotti di qualità e non con storie senza una struttura tecnica o piene di errori grammaticali. Io ho scelto di percorrere una strada  in salita e molto lunga, ma non me ne sono mai pentita. Ho scelto di pubblicare pochi scritti e impiegando molto tempo per arrivare a farlo, ma,almeno, ho la consapevolezza di aver dato  ai miei lettori qualcosa di “buono”da leggere.

  • Si dice che gli italiani non leggono, ma è vero? Oppure è più vero che leggono ma comprano poco?

Gli italiani, almeno quelli che conosco io, leggono molto e comprano poco. Nella città in cui vivo la biblioteca comunale è subissata da richieste di romanzi pubblicati da poco ed è sempre piena di utenti.  Purtroppo il costo del cartaceo non permette a tutti di riempire le librerie come vorrebbero e non tutti sono propensi a leggere ebook. In realtà non lo ero nemmeno io, fino a un paio di anni fa, poi ho scoperto l’emozione che si prova avendo sempre a portata di mano centinaia di titoli, e , da allora, prediligo questo tipo di lettura. 

  • Quando Lorena  non scrive, come occupa il proprio tempo?

Lavoro in un  Ente pubblico fino alle quattordici, poi  passo gran parte del mio tempo leggendo, studiando, presentando in giro i  miei romanzi e parlando con i lettori, anche attraverso i social.

  • Quali sono i tuoi progetti futuri?

In questi giorni sto finendo di tradurre gli atti originali del processo contro la prima strega d’Irlanda, Alice Kyteler, della quale ho già parlato nel mio primo thriller storico. È una storia avvincente e molto interessante e vorrei dedicarmi alla stesura di un romanzo storico sulla sua figura e sulla storia del suo processo.

Link all’acquisto: AmazonKobo

Intervista a Lidia Del Gaudio

Intervista a Lidia Del Gaudio.

Del_Gaudio_EEEIl segreto di Punta Capovento appartiene al genere romantico contemporaneo, non al rosa più classico ma a quella tonalità che colora la tinta di base con altre sfumature. Lidia Del Gaudio, nel suo libro, parla di sentimenti e di passioni, di sconfitte, rinunce, ma anche di quei riscatti che riportano gli animi a ricongiungersi nonostante tutte le avversità. 

  • Come definiresti il tuo romanzo, più sentimentale o più materiale? Ovvero, forse più legato alla concezione romantica di un rapporto a due, oppure immerso in una quotidianità in cui a volte il rosa si dipinge di nero e di rosso?

Il romanzo che propongo parla di sentimenti, ma non lo definirei sentimentale in senso classico. La storia che si racconta è una metafora, quasi una favola per adulti, nella quale i sentimenti devono fare i conti con una realtà non proprio quotidiana, bensì idealizzata e inarrivabile.

  • La tua protagonista passa attraverso situazioni che una normale eroina, di solito, non affronterebbe. Tuttavia, il personaggio resta molto credibile e il suo fascino non viene intaccato dalle vicissitudini, perché hai scelto una strada così controversa?

Perché non mi piacciono le cose troppo semplici, scontate, anche se so che a volte questo può risultare penalizzante. Quando mi domandano il genere delle mie storie non so mai cosa rispondere. Adoro le fusioni e le contaminazioni. Giulia, la protagonista del romanzo, resta uguale a sé stessa per tutto il racconto, ma la sua non deve essere intesa come una sterile mancanza di crescita personale, una incapacità di imparare dai propri errori, bensì come un ideale femminile unico e irripetibile, eletto a custode di un segreto.

  • Tu stessa scrivi: quelli descritti nei romanzi sono luoghi del cuore, a volte irraggiungibili. Preferisci, dunque, quelli reali o quelli dettati dalla tua fantasia?

Mi piacciono e li utilizzo entrambi. Ci sono storie che non hanno bisogno di una collocazione reale e concreta per funzionare, anche perché non esisterebbero delle ambientazioni corrispondenti a quello che si vuole raccontare; in altri casi, invece, il racconto vive proprio in virtù del suo essere calato nella realtà quotidiana di città e strade conosciute e perfettamente riconoscibili. Nel mio romanzo ho cercato di fondere il vero con l’immaginario, riportando alla luce anche luoghi di cui non abbiamo più memoria, ma che sono dentro di noi, nella nostra sensibilità. È lì che la mia protagonista spera di arrivare.

  • Il tuo romanzo ha come filo conduttore una leggenda che trasporta i protagonisti attraverso lo spazio e il tempo, ma Lidia quanto crede nel destino?

Razionalmente direi che non credo nel destino, ma questo fino a quando la mia anima pigra non ricompare e prende il sopravvento. A volte può risultare persino comodo giustificare le nostre mancanze con l’ineluttabilità del fato, mentre tante scelte dipendono unicamente da noi. D’altro canto siamo ostaggio della casualità più incontrollata. Quindi non so, diciamo metà e metà?

  • L’era moderna ha prodotto malattie date per lo più dai propri disagi interiori che da fattori ambientali, nello specifico la depressione diventa uno dei motivi che portano Giulia prima verso il baratro e poi verso il riscatto. In che modo interpreti questo “male oscuro”?

Più innalziamo le nostre aspettative, più siamo a rischio di depressione. Oggi, poi, tutto sembra così facile da raggiungere, denaro, successo, potere ci vengono mostrati di continuo e sembrano lì a portata di mano, ma poi ci sfuggono a vantaggio di altri che, a nostro parere, quasi sempre errato, non lo meriterebbero. E i tanti beni materiali che abbiamo a disposizione finiscono per togliere interesse alla nostra vita. So di dire cose che possono sembrare banali, ma è quello che penso. Una vita più semplice, il saper rinunciare al superfluo, a ciò che abbiamo di troppo, tanto di troppo che non riusciamo neppure a usare, magari condividendolo con chi ne ha bisogno, potrebbe essere di aiuto alla nostra ansia. Solo dedicarsi agli altri può concorrere ad allontanare le preoccupazioni e la nostra ossessiva autoreferenzialità. Ci sono poi dei momenti in cui una sana tristezza diventa un piacevole veicolo di riflessione, la consapevolezza di noi stessi, uno stop necessario in un mondo dove si incontra tanta superficialità e l’imperativo è doversi divertire ed essere felici a tutti i costi. Quando però la depressione prende l’aspetto della patologia, allora occorre avvalersi di ogni aiuto medico e psicologico per cercare di sconfiggerla.

  • I ruoli maschili nel tuo libro sembrano contrapporsi, da una parte il ruolo guida di Capitan Nadir e dall’altra l’atteggiamento impulsivo di Walter e Ted. Pensi che questo atteggiamento sia dettato solo dall’età o da una diversa visione culturale?

L’età c’entra poco, si tratta di una visione culturale. Quella che veniva proprio fuori dalla rivoluzione del ‘68, nel caso del padre, rimasta, almeno in questo caso, fedele a quei principi. Anche Ted e Walter sono figli del loro tempo e di una visione falsata dell’amore e dei rapporti con gli altri.

  • La scrittrice Lidia nasce in realtà dalle vesti di una lettrice cresciuta fra il frusciare delle pagine, quali sono stati gli autori che possono aver influenzato il tuo modo di scrivere?

L’elenco è lungo, anche se realmente penso di non assomigliare (purtroppo) a nessuno dei grandi autori che hanno accompagnato le mie letture. Diciamo qualche nome: l’immancabile Louisa May Alcott (che ho voluto omaggiare col nome del mio protagonista), Burnett, Malot, Salgari, e poi crescendo Moravia, Cassola, Rex Stout, S.King, Zafòn. Ovviamente ho fatto solo qualche nome, ma di tutti, anche dei tanti non citati, mi resta una grande unica ispirazione e uno stile che non saprei diversificare.

  • Detto fra noi, Giulia, Ted e Walter ti hanno lasciata finalmente andare, per cercare nuove storie e altri personaggi? Oppure ti tengono ancorata al largo di Punta Capovento?

Detto tra noi, sì, credo di avercela fatta, di essere finalmente pronta a salpare per altri lidi, anche se questi personaggi me li porto sempre nel cuore e ogni tanto ancora spiego le vele per un giro al largo del promontorio. Mi piacerebbe però che Giulia, Ted e Walter entrassero e rimanessero nel cuore anche dei lettori e che li facessero sognare come hanno fatto sognare me. All’inizio possono apparire anime fredde, ma nel corso della storia rivelano tanta passione.

  • Quando Lidia non scrive, come occupa il proprio tempo?

Ho molti interessi e sono molto curiosa di imparare sempre cose nuove. Un passato di pittrice e tanto amore per la musica. Adoro anche il cinema. Come ogni donna, poi, il tempo da dedicare alla casa e alla famiglia è sempre troppo poco.

  • Quali sono i progetti per il futuro?

Anche se dentro di me resiste un pensiero proiettato in avanti, cerco di vivere con una certa pacatezza, tenendo i piedi ben saldi per terra. L’unico progetto irrinunciabile resta comunque nella scrittura. Ho tante idee e alcuni lavori già abbozzati. Così spero di finire presto almeno un nuovo romanzo. Un thriller, magari.

Link all’acquisto: Amazon – Kobo