Una premessa importante: cambiare le parole che usiamo non significa cambiare il senso della frase, negare la realtà, o, peggio, fare come quelli che “ehi, va tutto bene, pensa positivo”. Personalmente non amo l’uso del pensiero positivo un tanto al chilo. Dal punto di vista neurolinguistico, indipendentemente dalle buone intenzioni, ha fatto più danni che altro, ma magari ne parlo in un altro post.
Ecco perché esiste l’intelligenza linguistica, per poter dire sempre la verità, ma in modo diverso, sia quando parliamo, che quando scriviamo una mail di lavoro o un post sui social.
Vediamo ora quali sono alcune tra le parole che usiamo quotidianamente, che irritano il nostro cervellino, e le alternative che ci vengono in soccorso.
La prima: il NO.
Lo usiamo come intercalare e – molto più spesso di quanto ce ne possiamo rendere conto – all’inizio di una frase: “no, volevo dire”, “no dai” “no io ho detto che…” “no scusa”.
Una ricerca ha dimostrato che le persone lo dicono dalla 400 alle 450 volte al giorno! A volte pensiamo “sì” e diciamo “no”: “No no, ho capito!” “No, no, figurati!” “No no, guarda che è tutto chiaro!”
In neurofisiologia, il NO produce un “miniblocco” del sistema nervoso, perché inconsciamente ci fa sentire come se qualcosa ci ostacolasse, e il cervello rettile si mette in assetto di guerra. Del resto prova a pensarci: quando qualcuno ti dice, in qualsiasi contesto un “no”, sotto sotto non ti dà quel lieve senso di irritazione? Quindi impariamo a iniziare le frasi con un bel “SI’” che già il cervello del nostro interlocutore, e il nostro, si predispongono diversamente. O per lo meno, a evitare il no.
Un’altra parola è “disturbo”: ne abbiamo parlato all’inizio del post. Possiamo sostituirlo con un “hai un momento”? “Sei libero ora?”
Una parola, che ho eliminato dal mio vocabolario, è “problema” sostituendolo con “situazione impegnativa”. E l’effetto è proprio diverso.
E per finire, ma qui sono solo una manciata di esempi, una delle peggiori:
“ho bisogno di…”. Avete mai letto questa frase che contiene “ho bisogno” in una mail? O se un collega ti chiede un favore iniziando la frase con “ho bisogno di…?” “Scusami un momento, no, ho bisogno di chiederti una cosa, mi invieresti quella mail?” Educatissimo, certo (ma qui non sono in discussione le intenzioni di essere gentili con il prossimo, ci mancherebbe!).
Dire che “hai bisogno” di qualcosa ti mette istantaneamente in una posizione di inferiorità psicologica, perché, semanticamente, l’aver bisogno evoca un’immagine di sopravvivenza. E non è proprio una sensazione gradevole, vero?
Quindi cosa possiamo fare? È semplice, esercizio! Ascolta le tue parole, inizia a percepire le sensazioni che ti provocano, che sono le stesse che prova il tuo interlocutore, perché, come abbiamo detto, la semantica non mente. Piano piano, usando sempre il buon senso e il nostro ricco vocabolario, sostituiscile con parole che evocano sensazioni gradevoli, innescando la produzione di serotonina: calma, cura, tranquillità, emozionante, piacevole, incredibile. Le parole che pronunci arrivano da un pensiero, quindi il cervello si è già attivato in quella direzione e ha cominciato a produrre serotonina e dopamina.