La storia vista dai personaggi

Il Romanzo Storico: La storia vista dai personaggi

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di Piera Rossotti Pogliano

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Marguerite Yourcenar

Ne La luna e i falò, Cesare Pavese scrive che noi abbiamo bisogno del passato per non essere dei “bastardi”, per sapere da dove veniamo. Ma il nostro passato non lo possiamo trovare nei libri di storia o negli archivi. O, meglio, possiamo trovare la registrazione di avvenimenti, documenti, nomi, date… magari molto precisa, ma che vale? Ciò di cui abbiamo bisogno è un passato di cui riappropriarci, perché non sia tempo perduto, imbalsamato, affidato alle scartoffie, ma substrato ricco di humus in cui affondare le nostre radici.
Da soli, però, non siamo in grado di trasformare il tempo perduto in un proustiano “temps retrouvé”: abbiamo bisogno di un filtro che, a mio modo di vedere il romanzo storico, è quello dei personaggi: attraverso i loro occhi cogliamo la loro visione del mondo, la loro scala di valori, le loro angosce, ne comprendiamo affetti e risentimenti, gioie e sofferenze, in una parola possiamo recuperare qualcosa del passato ed arricchire il nostro presente.
Per quanto si faccia, scrive Marguerite Yourcenar nei suoi Carnets annessi alle Memorie di Adriano, si ricostruisce sempre il passato a modo proprio. L’importante, però, è farlo con pietre autentiche.
Scrivere un romanzo storico è impegnativo, anche perché richiede ricerche rigorose e non sempre facili, soprattutto se ci appoggiamo a documenti d’archivio sovente difficili da raggiungere (la preoccupazione degli archivisti e dei bibliotecari è quella di “conservare”, non di rendere disponibile agli studiosi!) o problematici da decifrare, ma anche perché poi questi documenti vanno interpretati, il periodo storico ricostruito nella sua verità sostanziale, in modo che il lettore vi si possa immergere, lo possa sentire, annusare, ci sia quel necessario “dépaysement” spazio-temporale.
Soprattutto, credo che sia essenziale comprendere e far comprendere, scrivendo del passato, le distanze che separano noi, gente del Terzo Millennio, da chi è vissuto in epoche magari molto lontane dalla nostra ma, al contempo, essere solidamente convinti che, senza quel passato che cerchiamo di visualizzare, noi non saremmo quello che siamo.
A me piace raccontare storie del passato, far vivere personaggi di epoche lontane, soprattutto raccontare la loro storia. Perché la vita umana è una storia, con un inizio, uno sviluppo, una conclusione, ed è uno straordinario soggetto narrativo. Forse il più perfetto, magari l’unico.

Piera Rossotti Pogliano ha scritto, per la collana Romanzo Storico, Il diario intimo di Filippina de SalesFilippina va in città

Il Romanzo Storico: siete pronti per diventare eroi?

Un romanzo storico non è un resoconto.

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di Nunzio Russo

Come i sinuosi meandri di un lungo fiume attraverso terre deserte, cui offre sostegno e prosperità, così appare agli occhi dello scrittore il romanzo storico. E’ questa, in genere, l’opera della vita per tanti autori. Almeno, quella che lascia nell’anima indelebili tracce.
Descrivere l’esperienza e il vissuto d’affrontare questo genere è difficile come portare a termine, vittoriosi, una battaglia in partenza perduta. Questo avviene per la nobiltà dell’intento nello scrivere. Un romanzo storico non è un resoconto o uno studio del passato fine a se stesso, ma un’analisi del presente e del possibile futuro, basato su retrospezione e manifestazione del pensiero popolare. Ma ancora è poca roba.
Bisogna partire da un’idea e quindi costruire come un bravo ingegnere. Pochi autori sono disponibili ad accettare questa verità. In tal caso, questo genere non è adatto alle caratteristiche intrinseche del soggetto. E quel modello, poi, si deve possedere come proprio. È parte dell’intimo di chi scrive. In sostanza, si deve amare quell’epoca ed essere pronti a viverla aldilà del bene o del male proposti. Così come per i personaggi, nella cui testa è obbligo entrare, imparando a osservare il mondo con quegli occhi e, finanche, ragionando con quelle intelligenze. Il fine ultimo è quello di sempre: mostrare la vita umana. Guai a decidere di narrare, sempre e a qualunque costo mostrare. E’ tutta compresa in questo ripetuto verbo, la bellezza come la grandezza di un’opera che resta come testimonianza e proposta per l’avvenire. Il risultato è l’immortalità dello scritto in tali felici circostanze.
Altro serve ed è bene chiarirlo fino in fondo. Bisogna alzare il sedere dalla scrivania e andare per strada. Diversamente dalle altre espressioni della letteratura, è obbligo non soffermarsi all’apparenza del presente. Quello è soltanto il traguardo. E’ necessario andare indietro con criterio. Se ascoltiamo un dialogo tra genitori in attesa dei figli davanti scuola, non possiamo acquisire quei dialoghi e poi elaborare. Troppo semplice, da romanzo rosa buono per una stagione. Nello sforzo di guardare con gli occhi di un’epoca della storia, si scopre subito che i genitori non si precipitavano a prendere la prole, forse perché, questa, è oggi ormai viziata dal benessere e pertanto rifiuta il bus per tornare a casa.
Altro argomento è la ricerca canonica delle fonti scritte. Queste sono importanti certo, ma non quanto la raccolta del verbo orale tramandato dalle generazioni. Nel caso del sottoscritto, mai avrei potuto fare vedere il parto di una donna appartenente alla nuova borghesia del primo novecento, senza la consulenza diretta di un’ostetrica novantenne, sopravvissuta per il mio romanzo. E’ vero, si potrebbe approfondire l’argomento. Questa, però, è soltanto una traccia.
Caratterizzazione dei personaggi, ambientazione, cronologia e coesione definiscono il progetto di questo stupendo edificio, così bello e completo da raggiungere il punto estremo e più alto come la sommità della Tour Eiffel. A questo punto si è pronti. Per che cosa? È semplice. Si è pronti per diventare eroi.

Nunzio Russo ha scritto, per la collana Romanzo StoricoLa voce del maestrale

Presentazione Il tramonto delle aquile

Chiara Curione apre l’edizione 2015 della rassegna letteraria “I Giorni della mimosa” con Il tramonto delle aquile.

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Martedì 3 marzo 2015, alle ore 19.00 sarà Chiara Curione ad aprire la quarta edizione della rassegna letteraria tutta al femminile “I Giorni della Mimosa”. La scrittrice di romanzi per ragazzi e di romanzi storici e di ambientazione pugliese, presenterà presso il Circolo Pivot il romanzo “Il tramonto delle aquile”, pubblicato dalla EEE editrice e imperniato sulla triste vicenda di Manfredi di Svevia, un personaggio misconosciuto della storia medievale e della nostra regione. Anche questa quarta edizione de “I Giorni della mimosa”, omaggio alle donne scrittrici e protagoniste della letteratura, è organizzata dal Circolo Pivot e Fuoriluogo col patrocinio dell’Amministrazione comunale e il sostegno dell’Associazione Pugliese degli editori e nasce da un’idea della Libreria Piepoli e dalla Ebm di Eugenio Bernardi. Durante ognuna delle quattro serate della rassegna non mancherà anche un momento di sensibilizzazione sul tema, a cura dell’Aido presieduta dal dottor Giuseppe Carrieri.

Come di consueto, sarà assegnato al termine della rassegna il premio Donna e cultura 2015, ad una donna castellanese che si è distinta per particolari meriti e che sarà individuata tra le associazioni Maria Cristina di Savoia, Cultura in tandem, Filodrammatica Clori, Cittattiva, Iopinodj, Incontrada, Agica, Opificio delle idee e Amici Nostri (tutto l’articolo è disponibile QUI).

Pagina dell’evento su Facebook.

Trama:

Manfredi di Svevia, ultimo sovrano svevo del regno di Sicilia, racconta in prima persona le complesse e drammatiche vicende di cui fu protagonista, fino alla battaglia di Benevento, in cui perse la vita nel 1266, sconfitto da Carlo d’Angiò. Romanzo scorrevole, di buona scrittura, è adatto anche ad un pubblico giovane, ed ha il merito di avvicinare il lettore alla storia di un periodo complesso e travagliato, in cui il papato lotta per essere protagonista di primo piano, ed usa tutti gli strumenti, compreso quello della scomunica e il sostegno al partito guelfo, per tentare di avere ragione dei suoi avversari del partito ghibellino, di cui Manfredi è il capo riconosciuto. La documentazione attenta e accurata permette inoltre al lettore di immergersi nella vita quotidiana dell’epoca, ricostruita vividamente attraverso un’ambientazione convincente e di comprendere la mentalità medievale, le credenze, le abitudini, di un’epoca in cui affondano le radici del mondo moderno.

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Il Romanzo Storico, un sottile equilibrio

Equilibrio tra dettagli, personaggi ed eventi

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di Paolo Fiorino

Spesso mi sono domandato cosa mi abbia spinto a scrivere un romanzo storico. La risposta non è delle più semplici e più ci rifletto più mi rendo conto che probabilmente di risposte non ce n’è solo una. Forse, la migliore che mi viene in mente è che scrivere uno storico è un modo unico per mettere insieme realtà e fantasia, per aprire una finestra su un mondo che non esiste più, per ricordare e, contemporaneamente, creare qualcosa.
Costruire i personaggi, farli vivere, immaginare le loro storie e le loro vite e poi farli muovere su uno sfondo di fatti reali, che hanno segnato un’epoca e hanno contribuito a costruire il mondo in cui viviamo, è la cosa più appagante che io riesca a immaginare per un autore.
Il romanzo storico mi ha concesso l’opportunità unica di raccogliere la memoria di uomini e donne che hanno vissuto un’epoca per noi distante, di guardare il mondo com’era allora per tentare di capire com’è ora.
Quando scrivo non pretendo di insegnare qualcosa, non credo che sia questo il compito dell’autore di romanzi storici ma, al contrario, mi ripropongo di imparare io stesso qualcosa attraverso lo studio.
E qui arriva la prima difficoltà. L’approfondimento è una componente fondamentale per un romanzo storico, non riesco a immaginare di scrivere una sola pagina senza essermi prima documentato a dovere, ma può facilmente sfuggire di mano e diventare un lavoro fine a se stesso. L’equilibrio tra la precisione dei dettagli, la caratterizzazione dei personaggi e degli eventi è fondamentale. Se da una parte la precisione è doverosa, una vera e propria forma di rispetto verso il lettore, dall’altra il suo eccesso rischia di fare l’effetto opposto, di trasformare un romanzo in un noioso trattato tecnico.
Chrysler-Thunderbolt-1941Per esempio, leggendo di un evento accaduto nel 1941, che implica l’uso di un tipo particolare di automobile, sicuramente ai lettori farà piacere sapere che il veicolo citato era effettivamente esistito in quell’anno ma, quasi altrettanto sicuramente, gli stessi lettori non saranno interessati a venti pagine di descrizione dell’automobile, dei suoi dati di funzionamento e dei suoi dettagli costruttivi, compresi il rapporto di compressione del motore e il passo della filettatura dei bulloni della scatola del cambio. I lettori troveranno probabilmente molto più interessante sapere come quell’automobile abbia contribuito a salvare la vita del protagonista, come abbia aiutato a portare a termine una missione o magari come si sia dimostrata fondamentale per un incontro fatale. Solo con una simile impostazione le vicende dei protagonisti risalteranno sullo sfondo della storia senza esserne oscurate e i lettori potranno immedesimarsi nei fatti raccontati. È questa, per me, la vera sfida che l’autore deve affrontare.
eroi nel nullaÈ la sfida diventa particolarmente difficile se si narrano fatti ambientati in epoche lontane, come potrebbe essere, per esempio, il periodo dell’impero romano. Tuttavia, lo è altrettanto anche se si pone la trama in epoche più vicine ma, comunque, profondamente diverse dal nostro quotidiano, come nel caso di “Eroi nel nulla”.
Per indurre qualcuno a immedesimarsi non ci si può esimere dall’immergersi in prima persona nella storia mentre la si sta scrivendo. E qui arriva la seconda difficoltà. Immedesimarsi è necessario ma l’eccesso è, ancora una volta, in agguato. Se, per esempio, è facile calarsi nella storia di Franco e Zelmira (personaggi presenti nel libro Eroi nel nulla), due persone che vivono gli eventi tragici della Seconda Guerra Mondiale, tentando sempre di mantenere viva la speranza, al contrario, un personaggio come Antonio, che crede profondamente nell’ideologia dell’eroe fascista e vive gli eventi del suo tempo con grande passione, può facilmente allontanare da sé il lettore. L’autore, in questi casi, non deve essere un giudice ma un semplice narratore, il giudizio lo daranno i lettori, ciascuno secondo la propria sensibilità. Il compito dell’autore è complesso, mantenere il distacco è la cosa più difficile, ma senza distacco si perde l’equilibrio, finisce la credibilità e si rischia di cadere nel ridicolo. Gli stereotipi sono sempre in agguato, a noi autori l’arduo compito di evitarli.

Paolo Fiorino ha scritto, per la collana Romanzo Storico, Eroi nel nulla

Nascita di un Romanzo Storico

Il lungo e tortuoso cammino verso la realizzazione.

Romanzo Storico

di Pino Benincasa

Come sarà venuto in mente a Umberto Eco di mettere sulla strada di Adso da Melk una ragazza senza nome? Quale sadismo nella testa di Victor Hugo per sguinzagliare alle calcagna di Jean Valjean un mastino come Javert? Quale genio si è impossessato di Italo Calvino suggerendogli di tagliare in due Medardo di Terralba per simboleggiare il bene e il male che convive in ogni uomo?

Victor Hugo

Victor Hugo

In altre parole, come nasce un romanzo?
Senza alcuna pretesa didattica e allontanandomi da paragoni irriverenti provo a raccontare come è nato il mio.
Potrei dire che come in un colpo di fulmine ci si innamora immediatamente di una persona, così la storia mi è apparsa davanti tutta all’improvviso, pronta per essere riportata sulla carta. Potrei dirlo ma non sarei sincero, niente amore a prima vista.
Se ad esempio in un racconto breve (a proposito, ne ho altri due in prossima uscita su altrettante antologie) quando comincio so già dove andrò a finire, alla prova del romanzo il discorso è cambiato completamente.
XII – Il segno dei giusti è frutto di un cammino lungo e tortuoso, che quasi ad ogni svolta mi ha messo nella situazione di dover scegliere quale direzione prendere. Questo, se da un lato mi ha permesso di calarmi nell’inebriante condizione di poter decidere, ad esempio, chi e come far vivere o morire, dall’altro è stato spesso motivo di ansia e notti insonni, nel tentativo di trovare la soluzione giusta per tutti: per l’intreccio narrativo certamente, ma anche per il povero scrittore, che si affeziona a certi personaggi come un papà si affeziona ai propri figli e non sopporta di farli tacere per sempre, con una fucilata o sotto le macerie di un terremoto. Il bello del Creatore, però, è che così come la toglie, la vita la può anche dare. Ecco che alcuni personaggi, inizialmente non previsti, sono nati durante questi dilemmi, per diventare tanto importanti da farmi sentire idiota per non averli pensati fin dal principio.
XII il segno dei giustiÈ evidente che, per sommi capi, la storia era già delineata nella mia mente: volevo fondere i periodi storici che più mi piacciono e meglio ho studiato, Roma antica e Novecento; volevo mettere di fronte, in un confronto impietoso, il glorioso Impero Romano con la sua improbabile replica tentata dal fascismo; volevo portare in scena la vita di un piccolo paese di provincia negli anni trenta, i suoi abitanti con le loro miserie, virtù, i loro sentimenti. Se ci sono riuscito lo giudicherà chi ha avuto o avrà la voglia di leggere il mio libro (spero ovviamente tanti).
Dal canto mio posso solo dire di aver realizzato un sogno, volevo scrivere un romanzo.
Aver trovato un editore che ha creduto in me e nel mio lavoro, vedere questo romanzo pubblicato, diffuso su tutti gli e-store accanto a quelli dei giganti della scrittura, è stata una gioia che ha valicato qualsiasi mia possibile immaginazione.
Poiché, come si dice, l’appetito vien mangiando, è una gioia che mi auguro possibilmente di replicare.

Pino Benincasa ha scritto, per la collana Romanzo StoricoXII – Il segno dei giusti

Il fascino del Romanzo Storico

Il romanzo storico, il suo fascino e le difficoltà per la scrittura di questo genere letterario.

Romanzo Storico

di Chiara Curione

Il romanzo storico ha un fascino particolare, ci porta indietro nel tempo e ci fa immergere in vite passate. Affrontando la scrittura di un testo così complesso, dove si fondono parti storiche e parti inventate, si affrontano numerosi ostacoli come la ricerca storica, la credibilità dei personaggi e la realizzazione di una struttura che regga i vari elementi del testo.

sir Walter Scott

sir Walter Scott

I personaggi possono essere reali o inventati, eroi o antieroi, ma il quadro storico in cui si muovono è reale. I protagonisti possono essere persone semplici come nei Promessi Sposi di Manzoni, o cavalieri eroici come nei romanzi di Walter Scott, bisogna tener presente che le loro scelte e le azioni sono influenzate da un contesto sociopolitico diverso dal nostro.
Un uomo vissuto nel Medioevo o nell’epoca Classica doveva necessariamente adattarsi a una vita molto diversa da quella attuale e agire di conseguenza. Se da un punto di vista umano l’uomo non è cambiato nei secoli con i suoi sentimenti positivi e negativi, da un punto di vista pratico subisce i condizionamenti della mentalità dell’epoca, e incidono sulla sua vita eventi come guerre, dittature, invasioni, dinastie che cambiano e diversa tecnologia. I mezzi di comunicazione in epoche passate erano altri come piccioni viaggiatori, missive inviate con messaggeri, gli spostamenti erano più lenti, a cavallo, con carrozze, con velieri. Tutto questo, rispetto alla tempestività con cui giungono le notizie oggi e la rapidità con cui viaggiamo, fa la differenza nello svolgimento di una trama.
Se il romanzo di per sé è un’opera complessa che richiede tempo e una particolare organizzazione del lavoro, il romanzo storico, a monte della stesura, necessita di una scrupolosa ricerca di documentazione e numerosi approfondimenti dei dettagli di un’epoca passata. Grande importanza ha l’ambientazione, si studiano com’erano i costumi del tempo, gli arredi, gli ambienti e gli oggetti di uso domestico, il tipo di alimentazione, per illustrare anche la quotidianità e rendere le azioni reali. Per rappresentare scene di battaglia è necessario apprendere com’erano le armi e le armature, oltre che le tattiche militari usate. In questo genere letterario è l’ambiente che rende vero il personaggio, gli permette di essere se stesso e di sentirsi tale per tutta la durata della storia.

Manfredi di Svevia

Manfredi di Svevia

Tuttavia quando il romanzo storico ruota intorno a un personaggio realmente esistito, come nel mio libro, “Il tramonto delle aquile”, che ha come protagonista l’eroico Manfredi di Svevia, gli ostacoli sono quelli creati dalla sua stessa biografia. Manfredi è sempre costretto a lottare, così bisogna analizzare a fondo la sua personalità e mostrare sotto tanti aspetti le motivazioni delle sue azioni, come ad esempio: perché sopporta la gelosia del fratello continuando a combattere al suo fianco? Perché accetta di combattere una battaglia difficile, quando può trarsi in salvo?
Quando nel romanzo storico i personaggi sono inventati, e calati in un’epoca precedente, si può creare un diverso sviluppo delle vicende personali, purché il contesto storico sia reale.
Altro punto è come affrontare la narrazione se in prima persona o in terza persona. Nel caso del mio romanzo sul brigantaggio post-unitario, scritto tra presente e passato, che ha come protagonista il Sergente Romano, famoso capobanda pugliese, la narrazione del tempo passato avviene in terza persona onnisciente e si ha la possibilità di un raggio più ampio di punti di vista, vedendo cosa accade quando lui non c’è, cosa pensano gli altri personaggi in sua assenza.
11845309223_5c00f47de1_nI personaggi minori hanno il loro peso e devono essere credibili, anche se inventati, spesso con loro si creano delle mini trame che incuriosiscono il lettore. Anche le leggende sono importanti nel romanzo storico e contribuiscono allo sviluppo della trama in modo più fantasioso e più accattivante.
In tutto questo ha un ruolo fondamentale la struttura del testo che crea un’efficace rete di relazioni fra i vari gli elementi della storia. Per quanto mi riguarda, nel romanzo sul Sergente Romano ho creato una sorta di quadro cornice per raccontare i fatti tra presente e passato, dove nel presente un ragazzino tredicenne ascolta dalla nonna le vicende del Sergente Romano. Invece, il romanzo “Il tramonto delle aquile” l’ho strutturato come una saga medievale. Manfredi di Svevia racconta la sua vita da quando era adolescente alla fantastica corte paterna, dove c’era una forte competizione tra i fratelli. Sono tante le leggende intorno a questo personaggio bellissimo e dotato come il padre, amato e odiato anche dai fratelli, che cercava di dare stabilità e ricchezza al regno, proseguendo il cammino di Federico II.
il tramonto delle aquileWalter Scott è stato un mio punto di riferimento per il romanzo storico con i suoi eroi leali e coraggiosi, disposti a non arrendersi mai. Per me il romanzo storico ha anche un valore educativo e scrivendo anche per i ragazzi ho scelto un modo più semplice per avvicinarli alla storia e trasmettere degli insegnamenti di coraggio, di lealtà, di amore per la propria terra e le proprie tradizioni. La conoscenza del nostro passato è fondamentale per il nostro presente sotto tutti i punti di vista, capire la differenza di com’eravamo e di come siamo, andare alla ricerca delle nostre radici dà una consapevolezza diversa del nostro presente e ci permette di fare scelte migliori. Un uomo che non conosce la sua storia è un uomo senza radici.
Ho sempre amato la lettura dei romanzi storici e nel momento in cui ho deciso di scrivere questo genere, approfondendo la storia delle particolari epoche di cambiamento, mi sono appassionata alle vite dei personaggi reali e ho creato quelli immaginari e ho fuso le loro storie. Tutto accadeva in maniera naturale in un crescendo di emozioni che scaturivano dalla scrittura e non m’importava di quanto tempo occorreva per un nuovo approfondimento e una successiva ricerca, ero felice di poter immaginare e creare, scrivendo per trasmettere le stesse emozioni.
Il romanzo storico richiede tempo e perseveranza, attenta revisione sotto tutti i punti di vista, nonostante tutto la possibilità di sviluppare questo processo fantastico con la scrittura dà felicità. Come diceva Thomas Mann la felicità di chi scrive è il pensiero che riesce a diventare sentimento, è il sentimento che riesce a diventare pensiero.

Chiara Curione ha scritto, per la collana Romanzo StoricoIl tramonto delle aquile

Opportunità e difficoltà

La Storia la scrivono i vincitori: il Romanzo Storico, opportunità e difficoltà.

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di Enea De Alberti

A mio avviso, i primi esempi di romanzo storico vanno cercati tra i versi dell’Iliade e dell’Odissea.
Omero riuscì a raccontare storie incredibili di uomini-eroi, donne fatali ma anche fragilmente vittime di umani sentimenti, guerre, viaggi, tradimenti, vendette, passioni… insomma, tutto il corollario a cui ancora adesso si attinge per scrivere un romanzo. Ma nello scrivere l’Iliade, l’antico autore si appropriò di una storia reale, di una guerra vera da usarsi come intelaiatura sulla quale creare il racconto spesso fantastico, tratto poi molto più sviluppato nella successiva Odissea. E se la storia ha il compito di raccontare in bianco e nero gli avvenimenti, cercando il più possibile di restare aderente alla realtà e rinunciando a mitizzare il vincitore di turno, il romanzo, che della storia è figlio, ha la possibilità di colorare quei resoconti spesso illeggibili perché zeppi solo di date, nomi di sconfitti e vincitori, luoghi delle battaglie, ecc.
29_06_1958_anterioreEcco allora nascere, non nella rigorosità scientifica dello storico ma nella fantasia dello scrittore, un racconto parallelo in cui gli eterni motivi economici, che portano a una  guerra, sono deviati e sublimati in inverosimili amori, egoismi, slanci di eroismo. Ma se da un lato attingere dalla storia, magari con l’aiuto di persone che l’hanno vissuta in prima persona, è facile e allettante, bisogna fare attenzione a non cadere in almeno un paio di errori.
Il primo più comune errore è quello di prendere per oro colato tutte le informazioni raccolte. È noto che la storia la scrivono i vincitori, un po’ meno noto è che prevalentemente la raccontano i reduci. E nei racconti dei reduci non c’è mai, né mai ci sarà, quella serenità di giudizio che ci permette di essere a nostra volta obbiettivi.
Un ricordo personale mi riporta a tanti anni fa quando il 4 Novembre era festeggiato con inni cortei e celebrazioni varie, a cui seguiva un pantagruelico banchetto. Ebbene, dopo le abbondanti libagioni, nessuno di quei cari vecchietti raccontava la vita grama della trincea o la prigionia, ma tutti parlavano del Piave o del Monte Grappa, anche, e soprattutto, quelli che non ci erano stati.
11nov17Il secondo errore, credo comune a tanti scrittori, è quello di farsi prendere la mano dal racconto di fantasia e perdere il filo logico degli avvenimenti, confondendo date e luoghi. E il reduce, semi addormentato, o lo storico intento ad armeggiare sul telefonino, mentre scorre la presentazione del libro, improvvisamente balzeranno in piedi come due cobra urlando a tutti che la tale battaglia è avvenuta prima e non dopo della presa della tal’altra città o viceversa. Per cui bisogna sempre tenere sotto mano una documentazione a cui attingere; un consiglio è quello di procurarsi un foglio matricolare militare di un personaggio, che ha attraversato più aree in tempi diversi e su quello scatenare la fantasia.
Naturalmente fin qui ho collegato il romanzo storico a guerre e rivoluzioni perché, in quei frangenti, si sviluppano tutte quelle aberrazioni, che spesso sono alla base di racconti, che più si discostano dalla vita di tutti i giorni e, pertanto, diventano più interessanti, prima da scrivere e poi da leggere. Ma nulla toglie che contesti storici meno drammatici possano essere usati e altrettanto felicemente sviluppati.
Che aggiungere? Visto che il romanzo storico, come tutti i romanzi, alla fine è ricco di sangue e sesso e visto che di sangue l’umanità ne ha già fatto scorrere fin troppo, speriamo che le ultime vicissitudini storiche a cui attingere restino veramente le “ultime”.
Con buona pace di noi scrittori!

Enea De Alberti ha scritto, per la collana Romanzo StoricoRitorno a El Alamein

È difficile scrivere un Romanzo Storico?

Il contorno storico è d’obbligo, niente è inventato.

Romanzo Storico

di Mario Nejrotti

Mi è stato domandato quali difficoltà abbia incontrato a scrivere un romanzo storico.
Quesito difficile.
Definirei il mio romanzo come storico-fantastico. Non mi si fraintenda, il “fantastico” di questa storia è solo nei personaggi, anzi particolarmente in un personaggio, il contorno storico è rigoroso e rintracciabile: niente è inventato.
Se ripenso alla nascita della storia che mi veniva da raccontare, mi rendo conto che l’ambientazione storica non è stata decisa a priori. È scaturita dagli occhi dei miei personaggi. Il “tempo della storia” non ha accolto i protagonisti, sono stati loro che lentamente, con fatica si sono resi conto del periodo in cui vivevano. Il personaggio di Tonio, poi, è assolutamente estraneo alla Storia, con l’esse maiuscola, che gli scorre davanti agli occhi. Solo l’emozione dell’incontro con il bambino Santino, lo porta a considerare con partecipazione il tempo e i fatti che hanno segnato l’esistenza di quell’essere umano di cui per la prima volta gli importa veramente qualcosa. Gli occhi degli attori del mio libro guardano il loro tempo e ne subiscono i contraccolpi. Credo che il periodo storico de “Il piede sopra il cuore” sia nato insieme alle passioni e all’angoscia dei suoi personaggi.
il piede sopra il cuoreMentre descrivevo i primi palpiti di sentimento di Tonio e l’angoscia terribile di Santino, che non poteva ricordare un orrore insopportabile, mi sono reso conto che mi veniva naturale collocarli in uno dei momenti più disperati della nostra storia recente. Un periodo non estraneo a me bambino, vivo come era ancora negli anni cinquanta nei racconti che ascoltavo da chi gli orrori dell’ultima guerra aveva vissuto e subito.
Una volta svelato il luogo, scaturito dalla prima descrizione dell’arida landa montagnosa in cui viveva il misterioso Tonio, i monti dietro la città di Palermo, e compreso il significato dei suoni che gli facevo udire e che io stesso ascoltavo dentro di me, non mi restava che inserire il dramma di Santino in quel momento di disastro sociale e morale conseguente al crollo di un sistema politico, nei giorni della sconfitta definitiva ed irreversibile dell’Italia nella seconda guerra mondiale: lo sbarco degli alleati, inglesi e americani, sul suolo del nostro Paese. A questo punto l’ordito storico scaturiva da una serie di domande che mi facevo per collocare personaggi, avvenimenti, dettagli nel loro giusto contesto. Direi che il periodo storico mi ha scelto!
Non ho mai pensato di scrivere un romanzo sullo sbarco degli anglo-americani in Sicilia o sui risvolti militari e politico-sociali della caduta del fascismo in Sicilia. E neppure ho pensato a una denuncia delle infiltrazioni mafiose nel nostro Paese a partire dal 1942. Ciò non toglie che la difficoltà più grossa che ho affrontato è stata senz’altro la cronologia della disperata fuga di Tonio, di Santino, del tenente Soriani, del professor di Salvo e di tutti gli altri, rispetto ai grandi avvenimenti che stavano accadendo. Uno spaccato di storia della durata di circa una settimana del luglio 1943, la più importante per l’Italia, dallo sbarco al giorno successivo alla seduta del Gran Consiglio che destituì Benito Mussolini e determinò la caduta del regime.
Da questo tempo presente della vicenda, attraverso le immagini e i ricordi, spesso racchiusi nelle menti dei protagonisti e che cercavo di esplorare e descrivere, uscivano flash del recente passato dall’inizio della guerra.
The_British_Army_in_Sicily_1943_NA5335La guida principale nello scegliere di che cosa e come scrivere molte pagine di questo libro sono state le domande che mi ponevo. Esse nascevano dalla quotidianità dei personaggi che prendevano forma. Che cosa cucinavano? Come erano le automobili? Quando ha giocato l’ultima partita il Palermo Juventus e con chi? Come era il pane? La borsa nera era tutta malavita o era anche uno strumento per sopravvivere? Come riusciva la mafia a cavalcare questo momento disperato e che cosa si preparava a fare? Gli italiani chi odiavano di più come nemici in quegli anni? Gli americani o i tedeschi? E gli alleati come ci vedevano tra il 1941 e il ’43? Erano davvero dei liberatori o la nostra impressione storica non era completa? Gli ebrei, in fondo, nonostante le leggi razziali, soffrivano davvero una violenta discriminazione o era vero il detto comune “Italiani brava gente”?
Per ognuna di queste domande si rendevano necessarie una ricerca e un’analisi critica. Certo, è impossibile scrivere un romanzo di carattere storico senza studio e approfondimento: lavoro che ho fatto, perché era parte del piacere di costruire la vita dei protagonisti. Un lavoro che, però, ha dovuto quasi scomparire dalla vicenda e guai se fosse trapelato di più. Altrimenti il romanzo sarebbe rimasto sospeso in un limbo tra trattato storico e narrazione e non sarebbe mai sbocciato.
Molte situazioni minime sono legate alle esperienze di un bambino: il pane già da due anni senza il sesamo, la “mafalda”, che non si poteva sbocconcellare, pena punizioni terribili da parte del papà; la penicillina che arriva alla borsa nera portata dagli americani e più preziosa dell’oro; le caramelle delle suore; le macerie degli spaventosi bombardamenti di primavera a Palermo, ma che diventano un mondo fatato per i bambini che giocano a nascondersi con il più grande, Giuseppe. Sullo sfondo dei giochi di quel ragazzo cresciuto in fretta, si vede in tralice la tragedia della campagna di Russia.
capa-pal22sLa vera difficoltà per me non è stata approfondire gli argomenti, ma sfumarli e amalgamarli con la vita e l’animo dei personaggi.
Anna che piange il marito scomparso in Albania e che rifiuta la retorica di una medaglia al valore, fa intravedere le motivazioni politiche della campagna di conquista Italiana, ma esse restano sullo sfondo come il carboncino del pittore, che sfumando mette in evidenza i contorni delle figure, e nel libro fanno risaltare i sentimenti della donna che odia quella guerra e la violenza verso altri “poveracci” come loro. Nessun particolare è stato scelto a caso e tutti hanno avuto bisogno di approfondimento. In questo modo i miei personaggi hanno vissuto la loro storia in un tempo che non poteva essere che quello, perché loro sono frutto di quel tempo.
Ecco un’altra difficoltà legata alla storia minima dei personaggi e al loro comportamento sulla “scena”: devono essere uomini, donne e bambini di quel tempo e non possono avere tratti moderni nella loro descrizione e nel loro modo di esprimersi, di sentire. Per esempio non deve vedersi, come in certi vecchi film sull’antica Roma, un orologio al polso di un centurione. E questo, se si riesce, è tanto più difficile e meritorio per lo scrittore quanto più il tempo della narrazione è lontano dal suo.
Io non so se scriverò ancora un romanzo storico, ma certo ammiro chi riesce ad ambientare personaggi veri in tempi molto, molto remoti. Il mio personaggio “chiave” Tonio, mi permette di cavalcare il tempo e di narrare la Storia, senza uscire dalla trama.
Se dovessi descrivere con un’immagine il tempo del mio romanzo, potrei dire che contiene tutto quello dell’umanità e ancor di più, ma è come se si osservasse sullo schermo di un cinema un film in cui le immagini prima scorrono velocissime in un turbinio di colori da un passato inimmaginabile. Poi rallentano su un breve periodo, in una sempre più lenta carrellata, un po’ sfocata. Giungono finalmente a mettere a fuoco sette giorni per permettere all’osservatore-lettore di guardare, curioso e meravigliato, una vicenda tragica, misteriosa e fantastica allo stesso tempo.
Quando giunge alla sua conclusione, che conclusione non è, come nella vita vera, le immagini riprendono a scorrere velocissime verso un futuro di cui lo spettatore non riesce più ad intravvedere la fine.

Mario Nejrotti ha scritto, per la collana Romanzo Storico, Il Piede sopra il cuore

Primo premio assoluto HOLMES AWARDS

La Pavoncella: Primo premio assoluto all’HOLMES AWARDS 2015

holmes award

La selezione a cui sottoponiamo i manoscritti che pubblichiamo premia gli autori (e la casa editrice).

Il romanzo è disponibile in e-book su Amazon, Kobo e tutti i webstore; in cartaceo su Amazon e sul sito EEE.

La pavoncella, di Emanuele Gagliardi, pubblicato da Edizioni Esordienti E-book è il vincitore assoluto del premio Holmes Awards 2015 (Napoli, 8 febbraio 2015), con la seguente motivazione:

Emanuele Gagliardi è un giornalista, oltre che scrittore. Le sue dinamiche grammaticali, fin dalle prime righe e fin dal primo capitolo, rivelano la padronanza sulle scene di attualità in veste giornalistica.
Un libro basato sull’assassinio di Pier Paolo Pasolini, ricco di fantasia, che non si discosta mai dalla realtà, dal fatto di cronaca che si vuole esaltare. Un libro degno di nota di un Autore di grande personalità, capace di mantenersi nelle righe anche quando in quelle righe ci si sta molto stretti. Il dottor Emanuele Gagliardi ci riesce, e lo fa da grande scrittore sulle orme del giornalista che rappresenta nel mondo reale.
Tante le metafore in questo libro, colpi di scena in scene apparentemente scontate, chiare. Ma di chiaro nel reale non c’è nulla, o quasi. Una realtà che sfugge, densa di misteri, e che attraversa superbamente un fatto di cronaca ancora avvolto nel mistero: il delitto Pasolini.
Il libro si apre direttamente sulla scena di un amplesso tra una donna e un dirigente ENI. La scena descritta molto minuziosamente, mai scivolando nel volgare, mostra sin dalle prime pagine un omicidio instaurato ad arte durante il momento di debolezza più estremo per un uomo: il sesso. Una donna e un uomo: non sempre il male sta nel male, spesso è proprio nel bene che lo ritroviamo, o in quello che riteniamo tale. Dopo pochi minuti l’uomo è morto. Sappiamo chi è l’assassino: una donna, la sua amante. Forse le cose sono sempre da rivedere.
Una rocambolesca investigazione da parte del commissario Umberto Soccodato arriverà ad un finale ricco di colpi di scena degno di un bestseller. È quando la realtà si presenta troppo chiara che bisogna indagare. Ma una realtà che si presenta troppo chiara può essere indagata solo quando si son fatti i conti con il quotidiano, con realtà sconcertanti, e soltanto se si hanno le capacità mentali di saper distinguere quello che vediamo da ciò che veramente è o potrebbe essere, attraverso l’analisi razionale che va contro ogni credenza e radicazione di principi e modelli tipici di vita, quella che chiamiamo vita ma altro non è che una serie di successioni illogiche cui prendiamo atto quando già le viviamo e, spesso, anche molto tempo dopo.
Questo ci insegna il libro di Emanuele Gagliardi e di questo dobbiamo fare patrimonio, come morale.

Serata al ComItEs

Elisabetta Bagli racconta la sua serata al ComItEs

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È stata una serata speciale al Consolato e non solo perché dalle firme degli italiani residenti a Madrid dipendeva la sussistenza del Com.It.Es, struttura di sostegno per gli italiani all’estero, ma perché vari artisti di ogni genere si sono riuniti a supporto di un comitato che tanto farà per chi vive qui.
Artisti di levatura internazionale si sono presentati e alcuni di loro anche esibiti nelle antiche sale consolari del Consolato italiano di Madrid. Tra questi artisti ci sono state vecchie e nuove conoscenze per me, che mi hanno emozionato moltissimo e mi hanno dato l’opportunità di crescere, soprattutto dal punto di vista umano, condividendo con loro una splendida esperienza. Il primo intervento è stato dedicato a Giovanni Maccelli, regista e produttore di Prato, che ha deciso da quasi undici anni di stabilirsi in Spagna e di dar vita a una splendida avventura, quella del cortometraggio di animazione “Juan y las nubes”, che ha recentemente vinto il Premio Goya di qust’anno. Straordinario corto che è stato proiettato in sala e l’ovazione, che a lui e al suo staff è stata dedicata, è stata davvero eccezionale. C’è stato anche un siparietto fuori programma, considerando che un altro regista italiano, molto famoso qui in Spagna e in Argentina, Antonello Novellino, co-regista di “Blue Lips”, era in sala ed è stretto collaboratore di Maccelli che l’ha chiamato immediatamente sul palco. Personalmente sono due anni che conosco Antonello su FB ed era ora che ci conoscessimo dal vivo! Un grande abbraccio ha suggellato il nostro incontro, all’insegna dell’italianità nel mondo! Inoltre, un altro strepitoso napoletano era presente in sala, Giuseppe Devastato, musicista e compositore acclamato in tutto il mondo, che si è esibito di recente alla Carnegie Hall di New York. Ma non essendo provvista di pianoforte la sala nella quale ci stavamo esibendo, non ha potuto deliziarci con le sue note. Sarà per un’altra volta!
10998404_629689713824731_2956945141350807459_nDi seguito si è esibito, nella cottura in diretta di alcune pietanze tipiche italiane, il cuoco del Top Chef televisivo Borja Letamendia che ha coinvolto gli astanti in un viaggio attraverso la cultura culinaria italiana. Nel frattempo, mentre eravamo tutti assorti a presenziare a questa esibizione, passavano camerieri servendo il cocktail.
Tra una chiacchiera e una risata e le interviste di Radio Pizza, magistralmente condotte da Marta Guardincerri, attrice e voce prestata alla radio e da Daniele siamo arrivati al momento delle canzoni con Cristina Coriasso, professoressa universitaria appassionata di musica e Marco Ricci, musicista, compositore, cantante nonché conduttore di “La vita è bella”, programma di Radio Círculo, la Radio del Círculo de Bellas Artes a Madrid. Hanno cantato musiche composte dallo stesso Marco in spagnolo e una canzone del mitico Fabrizio De AndréIl Pescatore”. Una grande ovazione per entrambi e una grande soddisfazione per le nostre orecchie.
Cristina Coriasso, colei che ha scritto la prefazione alla mia nuova silloge poetica “Voce”, edita da EEE, è poi rimasta sul palco per presentare la mia silloge e la mia persona. 10487287_629690300491339_4621383425042230289_nEd è successo che salire lì sopra, vedere le persone emozionate e visibilmente interessate a quanto stavamo dicendo, è stato davvero meraviglioso. Poi, ho chiamato Marta Guardincerri sul palco ed è stata davvero straordinaria nell’interpretazione delle mie poesie. Le poesie che ha letto sono state: “Ero bianca”, “La stella di Davide”, “Aria di Madrid” e “Amore e Psiche” e a me, come sempre capita nelle occasioni in cui ascolto le poesie recitate da attori veri, sono venuti dei brividi per l’emozione! “Voce” era lì, per la prima volta davanti a un vasto pubblico. “Voce”, la mia prima opera, vestita a nuovo, con poesie inedite, con le sfumature di una me in continua crescita, alla ricerca della mia anima, di me. A prescindere dal luogo in cui ero, è stato importante per me dare nuova “Voce” alla mia opera, perché è con lei che sono nata, perché è grazie a lei che sento sempre più la necessità di continuare a far sentire la mia voce.
Poi è stata la volta di Tommaso Franco e il suo thriller “Madrid da morire”, una storia che ha a che fare con il vino, tutta da leggere! Complimenti anche a lui che unisce la passione per la scrittura alla sua vita da insegnante di italiano per stranieri!
Tra le personalità intervenute devo ringraziare Isabel Moño Campos, attrice spagnola del pluripremiato corto “Beep” di Antonello Murgia, che con una produzione del tutto sarda (Fabio Marceddu e “Il teatro dell’armadio”) è riuscito a portare il sogno anche al Festival di Venezia, nel quale è stato acclamato e amato.
Credo che gli italiani nel mondo abbiano molte potenzialità per far bene, perché siamo un popolo di artisti e l’arte in tutte le sue espressioni, insieme all’amore, sono i motori che muovono l’universo.