Le radici nel folclore

Folclore, identità, memoria.

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Le tradizioni popolari appartengono al bagaglio culturale che ognuno di noi porta appresso nella vita. Radici che influenzano il nostro modo di essere e di concepire l’esistenza. Paolo Ferruccio Cuniberti, autore di diversi libri editi con EEE (Body and soul, Indagine su Anna e Un’altra estate), studia da tempo le culture popolari, soprattutto in ambito piemontese, e questo suo interesse antropologico si è tradotto proprio nei suoi romanzi. All’autore abbiamo chiesto in che modo si sono evoluti gli usi e i costumi dal recente passato a oggi.

Paolo Ferruccio Cuniberti ha pubblicato con EEE: Body and Soul, Indagine su Anna, Un’altra estate

Folclore, identità, memoria

di Paolo Ferruccio Cuniberti 

L’etnologo Franco Castelli di Alessandria un giorno mi ha scritto che della cultura popolare “noi oggi riusciamo a individuare solo i frammenti, come relitti di un grande naufragio”. Perché di questo si tratta, quando osserviamo le sopravvivenze di un mondo arcaico che si è da tempo estinto, e ciò è avvenuto nel giro di pochi decenni. Il “grande naufragio” altro non è che la fine della civiltà contadina avvenuta a partire dal dopoguerra, con l’industrializzazione dell’Italia e l’inurbamento di ingenti masse di contadini in fuga da una miseria atavica; miseria che non era rappresentata solo dalla fame, ma anche da una esigenza più diffusa, “psicologica” di nuovo benessere. Quei lavoratori, con le loro famiglie, che costituivano la metà della popolazione attiva fino agli anni 50 e che oggi è stimata appena intorno al 4-5 per cento. Per la mia storia familiare e personale, per le mie radici tra Langhe e Roero in Piemonte, ho avuto la fortuna di conoscere gli ultimi palpiti di quel mondo che è definitivamente collassato negli anni 60-70. 10974264_645406882231278_9114958146421260781_oForse per questa ragione ho sempre sentito sulla pelle la curiosità, se non l’obbligo, di saperne di più e di fare in modo anch’io che la memoria di tutta quella storia non andasse perduta. Ci sono stati altri che ne hanno fatto letteratura: da Pavese (La luna e i falò, Paesi tuoi), a Fenoglio (La malora, I racconti) e fino a un intellettuale come Nuto Revelli che, girando tutta la provincia di Cuneo con il magnetofono negli anni 70, ha dato la parola a quello che ha chiamato Il mondo dei vinti. E tanti altri – impossibile nominarli tutti – hanno fatto studi e ricerche salvando musiche, canti, balli, leggende, fiabe, dall’oblio di usanze e storie che avevano perso la loro necessità sociale. Qualcosa ho prodotto anch’io, raccogliendo le mie ricerche nel libro Orsi, spose e carnevali e poi lavorando anche nei romanzi sul tema della memoria: chi siamo e da dove arriviamo. Da un anno, con altri autori delle Langhe stiamo girando per il Piemonte con il Langhe di carta tour per parlare di questi temi. Ciò che resta, sono appunto quei frammenti che dicevo all’inizio: abbiamo raccolto le tessere di un grande puzzle. Ma qua e là, più o meno miracolosamente, c’è qualcosa che è sopravvissuto e quando capita di incontrarlo è sorprendente. 10959789_645407322231234_7975137409162581771_nCosì succede di incontrare uomini mascherati da orsi a carnevale in Valle di Susa che rimandano addirittura, forse, ad antichi rituali pagani e che hanno corrispettivi perfino tra certe popolazioni siberiane; oppure che per assistere ad alcune feste con la partecipazione corale di una comunità e ricche di colore come la Baìo di Sampeyre, occorra attendere la loro cadenza quinquennale; e che per vivere certi momenti più celati al grande pubblico, ci si debba inerpicare per disagevoli strade alpine d’inverno, fino a incontrare maschere demoniache che vi fanno mille dispetti. Alcuni di questi esempi non hanno mai cessato di esistere (sono i “relitti del naufragio”), altri invece sono tornati prepotentemente alla ribalta per iniziativa di intellettuali locali o di associazioni culturali, in un intento di riappropriazione e riaffermazione della propria identità. Ed è quest’ultimo un tema spinoso, di questi tempi, spesso sbandierato a sproposito. Identità non significa chiusura sociale, ma solo consapevolezza di chi siamo, contro l’omologazione culturale già denunciata tanti anni fa da Pasolini (e da Flaiano: “Fra 30 anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione”). 1622515_645407092231257_333186323824426787_oSolo su queste basi, al di fuori di improbabili e infondati rigurgiti “celtici”, “padani” o “romani” si può, come ho scritto nella Prefazione al mio libro citato: “osservare la realtà con lucidità, senza filtri e senza pregiudizi, […] un impegno intellettuale stimolante che va colto senza timore o impossibili nostalgie, ma senza dimenticare.”

Elisabetta Bagli al ComItEs

Voce di Elisabetta Bagli al ComItEs

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Domani, nel corso del Cocktail di supporto alle liste del ComItEs (Comitato Italiani all’estero, Spagna), nel quale verranno presentati candidati e programmi, alcune poesie di Elisabetta Bagli, tratte dalla sua nuova silloge Voce, saranno lette da Marta Guardincerri. Elisabetta, neo Ambasciatrice culturale della Universum Accademy Spagna, non sarà l’unica italiana a mantenere alta la bandiera del Made in Italy, Nel corso della serata, verrà offerto a tutti i partecipanti un Cocktail organizzato da Pasta Mito, nuovo spazio gastronomico italiano dedicato alla scoperta dei sapori del nostro Paese. Ospite dell’evento anche il vincitore del prestigiosissimo premio Goya 2015, per il miglior cortometraggio d’animazione, il regista pratese di 37 anni, Giovanni Maccelli, ha ritirato, appena tre giorni fa, la celebre statuetta raffigurante il noto pittore grazie al suo lavoro: “Juan y la nube”. Il duo chitarra e voce composto dal chitarrista toscano Marco Ricci e la cantante italo spagnola Cristina Coriasso si esibirà poi dal vivo con una serie di coinvolgenti canzoni italiane.

Per maggiori informazioni www.comitesspagna.info

 

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Cosa vuol dire PNL?

PNL: tra psicologia e cultura

PNL-Libro

Con PNL si identifica lo studio dell’esperienza soggettiva applicato all’analisi, l’apprendimento e all’acquisizione volontaria di determinati modelli comportamentali. Affrontiamo questo argomento in quanto Marina Atzori (autrice del libro Il mare non serve, ho scelto una margherita, pubblicato con EEE), nella sua recente intervista cita questo metodo psicologico alternativo come facente parte dei suoi interessi. Tuttavia, in che modo PNL e cultura possono essere associati?
Il metodo, con cui il sistema PNL influisce sui soggetti, stabilisce la relazione che questi hanno con il mondo esterno, cercando di risolvere le problematiche che insorgono da una cattiva interazione con gli altri. Un autore, nel nostro caso specifico, vede il mondo attraverso le proprie esperienze e la propria cultura, sia essa distorta da un’educazione anomala oppure da una reale coscienza dell’ambiente che lo circonda. Abbiamo chiesto a Marina Atzori di chiarire meglio i concetti proposti con PNL.

Marina Atzori ha pubblicato con EEE: Il mare non serve

PNL: tra psicologia e cultura

di Marina Atzori

RICHARDB

Richard Bandler

La programmazione neuro linguistica (PNL) è una disciplina che studia gli aspetti linguistici e analogici della comunicazione interpersonale. Si tratta di uno studio approfondito della conoscenza della mente umana. Richard Bandler è il co-creatore di questa rivoluzione della psicologia, insieme a uno dei terapeuti più originali ed efficaci degli ultimi anni: lo statunitense Jhon Grinder. È estremamente complicato riassumere in poche righe un argomento così vasto e complesso. Proverò a scrivere ciò che più mi ha colpito nell’addentrarmi in questa materia, senza annoiarvi e senza essere troppo teorica.

Cosa vuol dire PNL?

Programmazione: è il nostro modo di comportarci che è stato appreso nel tempo. L’apprendimento è in continua evoluzione e aggiornamento, a seconda delle nostre esperienze di vita relazionali.

Neuro: il Programma ha correlazioni con il sistema neurologico.

Linguistica: esprimiamo il Programma attraverso il linguaggio verbale e non verbale attingendo a diversi aspetti previsti dallo studio della Psicologia.

Il potere dell’inconscio quindi ruota al centro di un programma specifico, che permette di lavorare su noi stessi e sugli altri per arrivare a vivere meglio.
La PNL è una sorta di tecnologia applicata alla mente umana che, se usata correttamente da professionisti titolati, può costituire un metodo infallibile al fine di rapportarsi con gli altri, lavorando in profondità per superare le difficoltà di comunicazione. Alcuni studiosi l’hanno etichettata come un insieme di pratiche progettate per produrre cambiamenti negli altri. Invece, è a tutti gli effetti lo studio dell’esperienza soggettiva. Cosa significa? Significa che ognuno di noi ha maturato, nel proprio percorso di vita, un bagaglio personale a seconda di una serie di fattori ambientali, familiari e culturali. Da qui formiamo il nostro carattere, il nostro atteggiamento nell’ambito sociale e il nostro linguaggio: lavoro, famiglia, interessi creano il nostro modo di rapportarsi nelle relazioni interpersonali. Certamente ognuno di noi maturerà esperienze differenti, positive e negative, che a loro volta porteranno sconfitte o successi.

programmazioneneurolinguistica
La PNL studia le opportunità di stabilire l’equilibrio nel rapporto con gli altri e con se stessi attraverso un efficace metodo comunicativo. Il fine ultimo è quello di migliorarsi e realizzare i nostri intenti. Insomma, volendo andare fino in fondo, applicando questa disciplina si possono ottenere risultati inaspettati, lavorando sia sui nostri punti forti che sui nostri punti deboli. Ovviamente quest’operazione può essere usata allo stesso modo con l’interlocutore, utilizzando il linguaggio in modo funzionale, stabilendo il cosiddetto rapport: l’arte di allinearsi e creare affinità. Lo scopo è quindi la cooperazione finalizzata all’armonia, all’accordo. Questo è solo uno degli aspetti utili che ci consente di raggiungere gli obiettivi e i risultati che ci siamo prefissati in una determinata situazione. Esistono altri diversi aspetti della PNL che ci permettono di entrare in sintonia con chi ci troviamo di fronte: il linguaggio non verbale, le opinioni, i principi.
Ho provato a riassumere con questo brevissimo articolo ciò di cui mi interesso, senza scendere in aspetti troppo tecnici e particolarmente difficili. Spero di aver dato, con alcuni piccoli riferimenti, un’infarinatura di ciò che rappresenta questo particolare ramo della psicologia, associata in parte alla “tecnologia della comunicazione”.

(Le immagini presenti in questo articolo sono tratte dal web)

Assetati di lettura: “Un racconto in bottiglia”!

Torino, Libreria A-Zeta: per gli “Assetati di lettura”, “Un racconto in bottiglia”!

 assetati di lettura

La libreria A-Zeta di Torino e lo scrittore Mario Nejrotti hanno inventato un’iniziativa originale per promuovere la lettura.

Da lunedì 26 gennaio 2015 chi acquista un libro all’A-Zeta, in via Saluzzo 44 a Torino riceve una bottiglia d’acqua minerale con un contenuto particolare.

Mario Nejrotti, medico scrittore di Torino, che ha pubblicato con Edizioni Esordienti Ebook due romanzi, ha deciso di regalare ai clienti della libreria alcuni suoi racconti, racchiusi uno per uno, come messaggi, in bottiglie di acqua minerale.

“Ho scelto dieci racconti tra quelli che ho scritto e un romanzo breve e ho deciso di offrirli ai lettori in questa iniziativa per dare un piccolo contributo alla promozione della lettura.”
Ci dice Mario Nejrotti.

Le bottiglie con il logo della libreria e quelli dell’iniziativa sono ben in vista sul bancone e la Signora Clementina, infaticabile animatrice della sua libreria, lascia che i clienti peschino in un cesto la bottiglia che preferiscono, per dir loro poi il titolo del racconto scelto, cosicché i più assidui possano farne una raccolta completa.
“Chi raccoglie almeno sei racconti, può avere in premio il mio romanzo breve dal titolo: Quello che è fatto, è fatto!”.
“Ma come mai regalare i suoi racconti, lei ha già pubblicato, perché non continuare?”
“I racconti, secondo me, sono una espressione letteraria molto più fruibile del romanzo, specie con i ritmi caotici della nostra vita di tutti i giorni, perché permettono di spezzare la lettura, ma di renderla nello stesso tempo compiuta. Sono anche certo che stimolino a leggere e ad avventurarsi sul terreno più complesso del romanzo.”

Quindi sono perfetti per l’iniziativa della Libreria A-Zeta, che ha come sotto slogan “Se compri un libro… ti offro da leggere!”.

“Lei ha pubblicato due romanzi, il primo di carattere giallo poliziesco dal titolo: “Fino all’ultima bugia.” e il secondo dal titolo: “Il piede sopra il cuore” di carattere storico fantastico, che si trovano all’A-Zeta e su Amazon e negli altri store della rete, spera che questa iniziativa promuova anche i suoi romanzi?”
“Naturalmente, la difficoltà più grossa per gli scrittori esordienti è farsi conoscere dal pubblico e dagli editori, spero che la gente giudichi con favore i miei racconti e sia invogliata a conoscermi meglio attraverso i miei romanzi.”

Quindi “Assetati di lettura” di ogni genere siete avvisati: alla libreria A-Zeta, in via Saluzzo 44 a Torino “Se comprate un libro… vi offrono da leggere” Nejrotti, uno scrittore che potrebbe sorprendervi…

Quattro chiacchiere con Andrea Leonelli

INTERVISTA di Marina Atzori

Crepuscoli di luce

OPERE LETTE:

“La selezione colpevole”, “Consumando i giorni con sguardi diversi” e “Crepuscoli di luce”

  1.  Buon giorno Andrea, dalle tue opere emerge sofferenza e un chiaro invito a essere scrutato dentro da parte del lettore, dove hai trovato il coraggio di metterti sotto torchio in modo così nudo ed esaustivo?

Tutto è nato dall’infarto a cui sono scampato. Mi ha fatto capire quanto poco ci voglia a passare dall’avere “tutto il tempo del mondo” al “non farò più…”, quindi ho deciso che se volevo lasciare qualcosa a questo mondo, dovevo cominciare a muovermi. Ho pensato che scrivere avrebbe potuto essere un modo per incidere una traccia tangibile del mio passaggio in questa vita. Si vive nei ricordi degli altri, dicono, nei pensieri di chi ti ha voluto bene. Anche se, dopo che uno se n’è andato, quello che resta diventa molto effimero. Non so quale sia il motivo che, ancora, mi spinge a volere imprimere una testimonianza di me stesso, ma sento che lo devo fare. Ho sempre amato i libri e credo che la mia sia stata la scelta migliore che potevo fare, vista la situazione. Siamo tutti nudi di fronte a noi stessi, il coraggio di esserlo davanti agli altri serve solo a far capire che tipo di persone siamo. Altrimenti siamo solo attori su un palco.

  1. Cosa ha fatto scaturire la tua passione per la scrittura?

Probabilmente la mia passione per la lettura. Chi legge molto inevitabilmente, prima o poi, sente il desiderio di cimentarsi nell’arduo compito dello scrivere. Che poi realizzi o meno il desiderio e fino a che punto, questo è un altro paio di maniche. Ci sono scritti che restano per sempre sepolti nei cassetti, senza mai uscirne, e scrittori che lo sono solo a livello potenziale, dato che nessuno saprà mai che hanno scritto qualcosa.

  1. Perché hai scelto una strada complessa come quella della silloge poetica?

Perché la poesia è la forma espressiva in cui mi trovo più a mio agio. Questa soluzione alla fine è stata quasi obbligata. Mi piace il modo in cui si può giocare con le parole e i simboli, all’interno degli scarni spazi della poesia. Scarni inteso per come io intendo l’arte poetica. L’armonia della poesia è nelle sensazioni che può suscitare e non tanto nel dipingere le emozioni. Nella poesia bisogna “far sentire”, nella prosa descrivere.

  1. Parliamo dei titoli, anche loro ti rappresentano in maniera esaustiva: “La selezione colpevole”, “Consumare i giorni con sguardi diversi” e “Crepuscoli di luce”. Sembra quasi che, tra un’ Opera e l’altra, ti sia trovato a un bivio. Se è effettivamente così, raccontaci la tua “evoluzione emotiva”.

la selezione colpevoleLa mia evoluzione emotiva ha seguito il sentiero tracciato dalla mia evoluzione personale, o viceversa, oppure sono andate di pari passo assieme. Sta di fatto che, ha un certo punto della mia vita, ho deciso di dare una svolta. Ho imboccato una delle strade del bivio che mi si è presentato davanti. Sono uscito da una situazione in cui non stavo vivendo, ma solo sopravvivendo, e ho riaperto gli orizzonti della mia vita con una nuova consapevolezza di me e di cosa potevo fare. Ho incontrato persone positive in questo percorso e le ringrazio di essersi trovate al posto giusto nel momento giusto.

  1. Ti prestiamo la lampada di Aladino per un giorno. Quale desiderio vorresti realizzare con tutto te stesso?

Uno solo? Non tre? Delusione… Se è uno solo allora, con tutto me stesso, vorrei un po’ di serenità da vivere vicino alle persone che amo, ogni giorno.

  1. Quale accezione ha il dolore per Andrea Leonelli uomo?

Il dolore non ha una sola accezione. Esistono troppi dolori diversi. E ogni dolore è un evento unico, anche se si protrae per tempi diversi. Il dolore ha la capacità di far dilatare il tempo: puoi stare così male da vivere vite intere in brevissimi istanti. L’unica verità che si può dire sul dolore che esso è personale e ognuno lo vive a modo proprio, in base alla propria sensibilità. Per quanto possa una pena essere condivisa, nessuno la proverà mai nello stesso modo in cui la sente qualcun altro.

  1. Hai a disposizione un’intervista su un giornale importante, pochissime righe per descrivere il tuo carattere.

Il mio carattere? Pessimo! Sono capace di andare da un estremo a un altro, non sto mai fermo. Sono permaloso, anche se cerco di controllarmi, rancoroso e pigro. Però so anche essere dolce, premuroso e generoso. Cerco di lasciare agli altri i loro spazi e so anche essere umile, ma senza essere troppo sottomesso.

  1. Esiste qualcosa che potrebbe farti rinunciare a scrivere?

Forse l’amputazione delle mani… Ma più probabilmente dovrebbero anche lobotomizzarmi per farmi smettere di pensare. Poi, mai dire mai. Chissà che un giorno non decida di appendere le idee al chiodo e la pianti di imbrattare carte e monitor.

  1. Quali colori sceglieresti per dipingere il quadro della tua vita?

consumando i giorniDirei bianco, nero, rosso. Sono abbastanza per gli estremi, ma siccome sono anche una persona contraddittoria, direi che potrei usare anche i chiaroscuri, mantenendomi solo sul grigio.

  1. È previsto che ti possa cimentare in altri generi, o la poesia è diventata una compagna irrinunciabile per i tuoi scritti?

È previsto e in effetti ho già in corso uno scritto non poetico. Inoltre, ho scritto diversi racconti che sono stati pubblicati. Però, ho una certa difficoltà a realizzare scritti di una certa lunghezza. Mi esprimo bene nel breve, ma sulla “lunga distanza” ho la tendenza a perdermi in discorsi circonvoluti e, come dice la mia crudelissima editor, parecchio arzigogolati, usando gli incisi come fossero i versi di una poesia. Per fortuna ho una editor severissima che mi bacchetta tutte le volte che serve.

  1. Se dovessi convincere un esordiente a credere in se stesso e in quello che scrive, quali parole useresti?

Dato che immagino di parlare ad altri colleghi esordienti, direi che la cosa più importante è essere consapevoli delle proprie capacità e dei propri limiti e “lavorare” soprattutto su quelli. Mai prendersi troppo sul serio, secondo me c’è anche bisogno di “ridersi addosso”, di mantenere le giuste prospettive. Poi aiuta molto avere dei beta reader estremamente critici. Essere aperti al nuovo e avere il coraggio di rischiare senza diventare incoscienti. Se avete dei dubbi, chiedete! Sempre! Quando avete finito il vostro libro, fatelo leggere ad altri, non riuscireste a vedere i vostri errori. Mai farsi abbattere dai momenti di sconforto, ma usateli per scrivere in modo diverso. Soprattutto essere sempre sorridenti, tanto anche se ve la prendete non cambierà di una virgola ciò che è già successo.

  1. Ti chiediamo una classifica breve e concisa di almeno tre cose che un esordiente non dovrebbe mai fare.

Primo: mai smettere di scrivere.
Secondo: mai evitare i confronti costruttivi e mai smettere di ascoltare le opinioni altrui.
Terzo: mai credersi “arrivato”.
Poi ce ne sarebbero molte altre di cose da NON fare, ma diventerebbe una lista troppo lunga…

HELIANTO presenta Andrea Tavernati

L’Associazione Artistico Culturale HELIANTO presenta Andrea Tavernati

Helianto

Sabato, 17 gennaio, presenterò il mio libro a Rovello Porro (Como) e sarò felice di incontrare chi ci vorrà essere.

L’ASSOCIAZIONE ARTISTICO CULTURALE HELIANTO
col Patrocinio del Comune di Rovello Porro

PRESENTA IL LIBRO DI POESIA

l'intima essenza

L’INTIMA ESSENZA – la via degli haiku
con l’autore Andrea Tavernati

Sala Conferenze Centro Civico,   Piazza Porro 2 – Rovello Porro (Como)
Sabato 17 gennaio 2015, ore 18.30

SEGUIRA’ RINFRESCO

Il nome Helianto è nato quasi per caso, mutuando, con una leggera variazione, il titolo di un libro di Stefano Benni. Helianto è il girasole, il colore, la passione, la quantità infinita di petali, la molteplicità di interessi che desidera sviluppare non dimenticando però la tradizione, la storia, ma con uno sguardo giovane, attento alla scena contemporanea. L’Associazione nasce da un’ idea di Gianluigi Alberio, pittore e appassionato d’arte che ha voluto riunire intorno a sé persone desiderose di diffondere la cultura in tutte le sue forme. Prende così forma Helianto, una quindicina circa di teste con tante idee. Era il 3 novembre 2004 quando è stato firmato l’atto costitutivo e si sono decisi gli scopi dell’Associazione artistico-culturale – diffondere la cultura in tutte le sue forme, proporsi come luogo di incontro e di aggregazione, favorire l’incontro tra le arti attraverso iniziative volte al dialogo e al confronto costruttivo e, infine, promuovere la conoscenza delle risorse artistico-culturali presenti, in particolare, nella zona al limitare tra le province di Como e Varese. Da allora Helianto ha moltiplicato i suoi soci riuscendo, con successo, a dare corpo a moltissime iniziative. l’Associazione ha saputo farsi conoscere e in breve tempo è diventata un interlocutore riconosciuto a Rovello Porro e nei comuni limitrofi. La sua forza risiede nel non fossilizzarsi in un solo ambito, ma nell’essere aperta, senza pregiudizi, a tutte le possibili proposte, tenendo ben presente un unico, imprescindibile vincolo: la qualità. Helianto ha così proposto concerti jazz, letture di poesie e lezioni di letteratura, laboratori teatrali e mostre di scultura e pittura. Ora punta a coinvolgere quanta più gente possibile: braccia e teste sono le benvenute. Se vuoi saperne di più sulle nostre iniziative, hai proposte o vuoi raggiungerci, contattaci all’indirizzo mail info@helianto.it

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Nejrotti su OttoInforma

Il dottor Mario Nejrotti, medico di base nella 8 e giornalista scientifico, che scrive romanzi

Di Augusto Montaruli

Dopo “Fino all’ultima bugia” è stato pubblicato il suo secondo libro “Il piede sopra il cuore”, presentato recentemente dall’autore presso la libreria A-Zeta di via Saluzzo.

Abbiamo incontrato Massimo Nejrotti, medico di base che opera e vive nel nostro territorio, da A Zeta Libri partecipando da lettori alla presentazione del suo ultimo romanzo: “Il piede sopra il cuore”. Dopo averlo letto abbiamo voluto incontrarlo, ci incuriosiva la relazione tra la professione del medico e la passione di scrivere.

Lei scrive testi scientifici oltre ad essere redattore della rivista Torino Medica, la “narrazione” la pratica anche in campo tecnico?
Alcuni miei libri mostravano già in embrione la necessità di dare sfogo alle “storie” che ascoltavo. A due testi per studenti e giovani medici sono particolarmente affezionato. La era ispirata dai gialli: “Il mistero del colpo di tosse” e “Il caso della Signora Danielle ovvero il problema delle gambe gonfie”. In questi libri di medicina cercavo di spiegare come “il parlato” dei pazienti fosse la chiave per porre diagnosi corrette.” Ma anche i miei articoli sono mutati nel tempo per abbracciare una visione della salute che comprenda ed esplori tutti quei “determinanti” socio ambientali e storici che contribuiscono alla qualità della vita. E in questi ultimi anni l’influenza della crisi socio economica che ci ha investito è divenuta essa stessa causa di grave danno alla salute di una gran parte della popolazione e protagonista dei loro racconti.”

Poi Nejrotti è passato dal testo scientifico al romanzo portandosi il vissuto quotidiano
“Quattro o cinque anni fa, quasi senza accorgermene, ho incominciato a scrivere racconti nei quali riversavo brandelli di storie che affioravano con prepotenza. Non le storie dei miei pazienti, ma sensazioni, impressioni, come quelle delle vecchie lastre fotografiche, più o meno sfumate, più o meno consapevoli, che mi avevano particolarmente coinvolto emotivamente. Mi rendevo conto che scrivere era piacevole.”

Il primo romanzo “Fino all’ultima bugia” inizia sull’isola di Vis, davanti a Spalato in Croazia e prosegue nelle strade di San Salvario con i suoi problemi e le sue passioni. Nejrotti comincia con un giallo perché, ci dice, facilitato dal cercare le cause nascoste del malessere dei suoi pazienti.
Il secondo lavoro è quello che abbiamo letto “Il piede sopra il cuore” (Edizioni Esordienti Ebook), un romanzo tra lo storico e il fantastico che si svolge nel 1943 in Sicilia, allo sbarco degli Alleati e li racconta attraverso gli occhi di un bambino e di un misterioso personaggio che si prende cura di lui. E non finisce qui, il terzo, si torna al giallo, è concluso. Ha un titolo provvisorio che speriamo sia quello defintivo, “Tutta la vita per morire”, perché sentirselo dire da un medico ci rasserena.

I romanzi di Mario Nejrotti si trovano in formato digitale e cartaceo in tutti i migliori store della rete da www.amazon.it a www.kobo.it a www.ibs.it e alla Libreria A-Zeta Via Saluzzo 44 Torino.

Intervista tratta dal Periodico OttoInforma 

Video intervista a Mario Nejrotti

“Il piede sopra il cuore”. Intervista all’autore Mario Nejrotti

Torino Medica, nella propria rubrica Video Medica, ospita lo scrittore Mario Nejrotti, presentando il suo ultimo libro Il piede sopra il cuore, romanzo storico ambientato nel periodo della seconda guerra mondiale. Vi ricordiamo che Mario Nejrotti sarà presente questa sera (18 dicembre) alle 21, presso la Libreria A-Zeta di Via Saluzzo 44 a Torino.

 

Biografia dell’autore:

Mario Nejrotti, nato a Torino il 27 febbraio 1950, è medico di famiglia, giornalista e direttore responsabile del giornale Torino Medica e del portale www.torinomedica.com

Ha scritto alcuni testi scientifici e alcuni racconti.

La trama:

Sicilia, 1943: mentre gli Alleati sbarcano in Sicilia, la mafia si prepara ad essere protagonista dei nuovi scenari politici del dopoguerra collaborando con gli americani e cercando di insediare i suoi uomini ai posti di potere, mentre cerca di trarre ancora tutti i guadagni possibili dalla borsa nera e dalle connivenze con il fascismo, che ormai sferra gli ultimi colpi di coda. Le persone integre, quelle che rifiutano la collusione, vengono eliminate senza pietà: è il caso del professor Di Salvo, che muore in un attentato in cui è sterminata anche la sua famiglia. Per un caso fortuito, si salverà soltanto il piccolo Santino, che resta solo al mondo. Ma un personaggio molto singolare entrerà in gioco per prendersi cura di lui. Questo romanzo, dove è protagonista la “piccola storia” quotidiana delle persone, che scorre a fianco della Grande Storia, conduce anche a una riflessione più intima e profonda sul significato della libertà, della responsabilità, della giustizia, della comprensione e, in definitiva, della difficoltà e della grandezza di essere uomini.

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Premio Polverini: seconda parte

Cronaca di un viaggio verso il Premio Polverini

Premio Polverini 2

Giungo sul posto. Di fronte al mare. 20° C ed è il 30 novembre.
Entro e mi guardo intorno. Ancora poche persone in giro, ma tutte particolari. Si vede che sono tutti artisti. Tutti poeti giunti per l’occasione. Li distingui dallo sguardo, dall’atteggiamento. Lo senti dalle loro parole. Ce ne sono alcuni che sembrano persone normali, che incarnano, ognuno a loro modo, quello sdoppiamento dell’anima in cui una parte vive sulla terra e l’altra parla con i sogni.
Mi prendo un caffè. Osservo, ascolto, sento quel che aleggia nell’aria assieme agli aromi del caffè e dell’aria salmastra. Esco di nuovo. È ancora presto. Continuo a osservare.
I poeti li riconosci da come camminano. Muovono i passi in modo diverso, come poggiassero i piedi su due mondi diversi. Fumano alcuni, attraversando, accompagnati dai miraggi e dai sogni, le volute che salgono, per perdersi chissà dove.
Poi, come sempre usa fare, il tempo scorre e giunge l’ora della cerimonia. Alla spicciolata, tutti ci avviamo in fila, come i minuti, come i grani di un rosario, verso la grande sala allestita per le occasioni. Sono fra i primi e posso godermi la vista di una sala ancora vuota. Sedie. File di sedie piene dei fantasmi potenziali dei poeti che le occuperanno di lì a poco, con i loro familiari, amici e altre persone che vivono in zona.
Parlando con alcuni residenti della zona, non poeti, si sente nelle loro parole che lì, ad Anzio, questo premio è molto sentito. Leandro Polverini è stato fra i personaggi fulcro della crescita di tutto il circondario, sia a livello materiale che culturale.
Inizia la cerimonia con i discorsi introduttivi.
Poi si susseguono le chiamate ai premiati e le consegne di riconoscimenti e diplomi. In ordine alfabetico. “Ho tempo”, penso, mentre ascolto i colleghi che esprimono ognuno il loro punto di vista, chi sulla poesia, chi sul proprio libro e cerco un qualcosa di originale da dire. Ho argomenti. Poi mi chiamano e passo a stringere le mani alla giuria. Salgo al leggio e tutto quello che avevo pensato sfuma. Parlo, dunque, di un qualcosa che conosco bene: il valore terapeutico della poesia. Ma l’emozione sta lì, apposta per fregarmi, anche se sono abituato, per motivi diversi, a stare davanti a persone che ascoltano. Riesco sempre a farmi cogliere da questa atmosfera di attesa che, dagli occhi degli altri, ti si punta addosso. Per cui esprimo poche parole, stringendo il discorso al suo nocciolo essenziale: riconoscere gli stati d’animo universali e sentirsi accomunati, meno soli.
Ho deciso che il discorso appena abbozzato lo affronterò per iscritto presto.

Leggo “Foglie nel vento”, traendola dal libro in questione, “La selezione colpevole”.

Foglie nel vento

Nudo, spellato, scorticato
esposto
vivo sui nervi
gli strappi dell’anima
rovesciata dagli eventi
aperta come una tenda
da una folata improvvisa
scucita dall’usura
consunta dal tempo
che ci ha girato sopra.
Nudo mi troverai
come mi cercavi un tempo
chiedendomi sogni di noi
ma la veglia anziché i sogni
ci ha slabbrato come fossimo una ferita
ci ha infettato come peste
ci ha allontanato
come foglie nel vento.

Colpisce, almeno alcuni. Comunica le sensazioni che volevo esprimere e lo sento che è piaciuta. Si percepisce nel battito delle mani, che applaudono sincere. Ripeto, almeno alcune lo erano. Sembra strano, ma in particolari occasioni, si avvertono le sensazioni che ti arrivano da chi hai di fronte con inaspettata chiarezza. Ma il tempo stringe e siamo in tanti. Scendo dalla pedana e, lasciando il leggio, perdo quasi l’equilibrio sullo scalino, stringo ancora le mani alla giuria, raccolgo sorrisi e diplomi e torno a sedere. Ascolto gli altri, i loro discorsi. Applaudo, a volte con più sincerità, a volte solo con cortesia, ai colleghi. Anche loro lo percepiranno come l’ho percepito io? Credo di sì.
Poi si arriva alla fine della cerimonia. Tutti usciamo dalla sala, lasciando in essa un qualcosa di nostro. Piano piano svanirà nel tempo, evaporerà, ma mai del tutto. Ci sarà sempre una parte di ricordo, nostro, legata a quella sala, che ci riporterà lì. Sarà sia ricordo sia seme che nuovamente germoglia. Invisibile ma presente. Un respiro di poesia che nel tempo si fonderà alla materia. E sarà nuova materia per nuova poesia.
I poeti si salutano, si dividono. Riprendono ognuno la propria strada. Passeggiando con i piedi in mondi diversi e ritrovando la strada di casa, sempre uguale e sempre diversa. Come ogni giorno. Come ogni vita che si intreccia in questo flusso. Come ogni sogno che accompagna la notte.

Andrea Leonelli

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L’arte di Andrea Tavernati

Le diverse sfaccettature di Andrea Tavernati.

Martedì 2 dicembre, presso il Circolo Culturale Dialogo a Olgiate Comasco, Andrea Tavernati ha presentato Caravaggio, Una Rivoluzione tra realismo e simbolo. Dunque Andrea non è solo un poeta in grado di suscitare forti emozioni attraverso i suoi Haiku, suo è il libro L’Intima Essenza pubblicato con EEE,  ma è un fine conoscitore dell’arte pittorica. Di seguito vi riportiamo l’articolo apparso sul Giornale di Olgiate (concessione VNP-1418144294200433) nell’edizione apparsa il 6 dicembre.

Tavernati incanta «Dialogo» illustrando l’arte di Caravaggio

Un viaggio nell’arte pittorica tra Cinquecento e Seicento. Martedì 2 dicembre, al centro civico di Somaino, buona la partecipazione alla serata organizzata dal circolo culturale «Dialogo». Ospite Andrea Tavernati, socio del sodalizio, premiato autore di poesie e brevissimi componimenti di origine giapponese detti haiku. Il relatore ha proposto un excursus tra i capolavori realizzati da Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. «Dopo una dettagliata introduzione sull’esperienza romana dell’artista e sulle opere da lui dipinte nella Capitale – spiega la presidente Mari Bernasconi – Tavernati si è soffermato sul ciclo di affreschi conservato nella cappella Contarelli della chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, dove spiccano tre opere dedicate a San Matteo, collocate intorno all’altare principale: la prima corrisponde alla pala d’altare con l’effigie del santo, la seconda e la terza si sviluppano ai due lati e raffigurano la vocazione e il martirio di San Matteo, rispettivamente a sinistra e a destra della mensa sacra. Il relatore, con l’aiuto di immagini proiettate, ha analizzato le opere in ogni particolare».Martedì 9 dicembre, alle 21, sempre a Somaino, sarà ospite «Legambiente» di Como.

Autore:mpr

Pubblicato il: 06 Dicembre 2014

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