Le vincitrici del VI° concorso EEE

Le vincitrici del VI° concorso EEE

Le vincitrici del VI° concorso EEE, quello dedicato al romantico contemporaneo, sono due scrittrici (Patrizia Poli e Maria Flora Spagnuolo) che si sono cimentate in un libro dal sapore decisamente moderno, senza tralasciare, però, l’aspetto sentimentale della vicenda. Eccomi qui, amica mia, questo è il titolo dell’opera che ha raggiunto il primo posto.

Le autrici

Patrizia Poli

Patrizia Poli nasce a Pavia il 5 agosto 1954. Il suo interesse per la letteratura nasce sui banchi delle elementari dove la sua maestra, insegnante appassionata, declama i sonetti di Dante. Con questo imprintig la parola scritta diventa parte integrante della sua vita piena di drammi e commedie che si intrecciano tra le numerose esperienze vissute o sognate.

Patrizia partecipa a corsi di scrittura creativa, collabora con una rivista nel selezionare racconti da pubblicare. Oggi scrive a quattro mani con Flora, sua grande amica e, finalmente, questa passione ha dato i suoi frutti.

Maria Flora Spagnuolo

Maria Flora Spagnuolo è nata a Milano il 5 novembre 1965, dove vive con Aramis e Peepito, i suoi due gatti trovatelli. Scrive insieme a Patrizia Poli per divertimento, e considera la scrittura il “suo gioco più divertente e appassionante”.

Ha insegnato Tai Chi Chuan e Difesa Personale, come hobby, per diciotto anni. Lavora come impiegata amministrativa a Milano. Non insegna più, è serenamente single, ama la buona cucina (ma solo se cucinano gli altri, così evita disastri) ed è un Life-Coach per passione.

La trama

Anche over 40, l’amore è un bel casino. Per fortuna, tra amiche ci si aiuta, e le mail sono un ottimo strumento per fermarsi a riflettere e analizzare, tra un WhatsApp, una telefonata e un messaggino, come fanno due affezionate amiche, Olimpia e Maria Vittoria, felicemente single, ma disponibili a ripensarci, se ne vale la pena….

Però, a venti o trent’anni ci si può permettere di buttarsi a pesce in una storia… oltre i quaranta è meglio rifletterci un po’… ma non troppo. Tanto, ci si fa male lo stesso ma, se non si fanno i conti con i propri bisogni affettivi, si rischia di perdere la parte bella della vita, di non trovare mai l’altra metà della mela. Certo, una quarantenne non cade dal pero, conosce tutti i pericoli che si celano nell’abbandonarsi ai sentimenti, è dotata di un sano realismo e sa andare al sodo.

Ma è davvero così?

 

Dettagli del libro

Formato: Formato ebook e cartaceo
Dimensioni file: 1511 KB
Editore: Edizioni Esordienti E-book (27 aprile 2018)
Venduto da: AmazonKoboEEE
Lingua: Italiano
ISBN: 978-88-6690-436-6

 

 

 

Lo Strega è tornato un premio letterario, ma tranquilli vince sempre Mondadori

Lo Strega è tornato un premio letterario, ma tranquilli vince sempre Mondadori

La dozzina semifinalista del premio letterario più importante d’Italia, la prima composta secondo le nuove regole, è sorprendente sotto molti punti di vista, ma rischia di essere ancora più scontato del solito

Nessuno, o quasi, dei nomi fa parte dei soliti potentati; molti libri sono di case editrici indipendenti; un libro è addirittura una raccolta di racconti; per la prima volta, o quasi, c’è una parità assoluta tra uomini e donne; e ancora, da ultimo, la quasi totalità delle autrici e degli autori proposti sono sconosciuti al grande pubblico. Insomma, quando giovedì 19 aprile sono stati comunicati i 12 semifinalisti della edizione 2018 del Premio Strega, in molti tra i commentatori devono essersi strofinati gli occhi, come davanti a un miraggio, a un sogno diventato realtà del tutto inaspettatamente.

Il tavolo che ha imbandito il Comitato direttivo del Premio, forte delle nuove regole che hanno accentrato il potere su di loro togliendone, e tanto, agli Amici della Domenica e di conseguenza anche alle potenzialità strategica delle case editrici, è un tavolo che in pochi si sarebbero aspettati, talmente noioso e privo di potenziali ganci polemici che non sono pochi quelli che lo preferivano prima, quando ci si poteva scannare sulle polemiche e si potevano lasciare da parte i libri.

Ora invece no. Perché i 12 sono stati scelti e ora per poter far finta di saperne qualcosa toccherebbe leggerli. O forse no, perché l’operazione di rinnovo del premio resta in realtà un’operazione soltanto di facciata, che, togliendo potere ai medi editori ne ha ridistribuito un pochino, almeno in apparenza, alle piccole, riveste di nuovo il premio più importante d’Italia di una patina culturale, ma contemporaneamente lo rende ancora più scontato del solito.

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Le parole inventate, bizzarre e assurde, del latino moderno del Vaticano

Le parole inventate, bizzarre e assurde, del latino moderno del Vaticano

Cambiare lingua o adeguarla ai tempi che cambiano? Per la Chiesa cattolica non c’è dubbio: la seconda. E allora fior di studiosi e specialisti si cimentano nell’invenzione in latino di parole moderne, con risultati stranissimi

“Apericena” non c’è ancora, ma ci arriveranno presto. Basta dare loro un po’ di tempo (tanto non hanno fretta: contano sull’eternità) e i lessicografi del Vaticano traducono o inventano in latino tutte le nuove parole in circolazione, per aggiornare la lingua – e, di conseguenza, la portata della religione cristiana – ai concetti della modernità.

Non è un lavoro facile ma è grazie a loro che la “colf” diventa ministra domestica, il “flirt” un amor levis e il “gol” una retis violatio. Si tratta di scegliere una parola, individuare il principale concetto sottostante e poi tentare una ridefinizione in latino, giusto per rendere l’idea. Parole nuove per concetti stranieri, più o meno come faceva Cicerone, che adorava creare e ricreare e odiava riprendere parole straniere, magari con una tinta di latino. Per cui “overdose” (che l’italiano ha ripreso paro paro dall’inglese) il latino la trasforma in immodica medicamenti stupefactivi iniectio.

Ma non è l’unica stranezza. Una parola semplice come “treno” diventa hamaxostichus, il “tè” è theāna pótio, il “caffè” cafaeum o potio cafaearia, “elettricità” diventa electrica vis, mentre il “pomodoro”, sconosciuto agli antichi, si trasforma (chissà perché) in lycopersicum. Non finisce qui: il latino moderno traduce “raccordo anulare” con orbitalis via viarum coniunctrix, il “panettone” in una impressionante Mediolanensis placenta, (il pandoro è solo panis aureus) la minigonna in una simpatica tunicula minima, il nylon è materia plastica nailonensis.

Certe cose di attualità, poi, dette in latino hanno tutta un’altra espressività. Il “neofascismo”, tanto evocato (anche troppo) nei mesi della passata campagna elettorale, per il Vaticano è renovātus fascalium motus. Appunto, motus, cioè movimento, o rivolta, rinnovati. Suona più inquietante, eh? Mentre la “’ndrangheta” è Bruttianorum praedōnum grex, cioè un gregge di predoni, pecoroni, pecoracce. Il latino, anche quando è moderno, è sempre preciso.

(Per scoprire altre parole, qui c’è tutto)

Sorgente: Le parole inventate, bizzarre e assurde, del latino moderno del Vaticano – Linkiesta.it

Da Shakespeare a Emily Dickinson: le parole preferite dai grandi della poesia

Da Shakespeare a Emily Dickinson: le parole preferite dai grandi della poesia

Qualche tempo fa lo statistico Ben Blatt aveva inventato un algoritmo in grado di individuare le parole preferite dai romanzieri. Un software su cui basta caricare i testi di un autore, per individuare le sue parole più utilizzate e amate. Seguendo questo esempio, il sito MyPoeticSide ha deciso di compiere la stessa operazione con i grandi della poesia.

I redattori del sito hanno analizzato il loro intero database—contenente più di 35000 poesie—e sono riusciti a individuare le parole preferite di alcuni dei poeti più importanti della storia. Da Emily Dickinson fino a William Shakespeare. Una raccolta utilissima, per analizzare in modo diverso i lavori di questi straordinari artisti. Vediamone alcuni.

Robert Frost

Buona parte della poesia di Robert Frost è incentrata sulla trasmissione della realtà rurale. Con un linguaggio colloquiale e diretto. Non sorprende, quindi, che alcune delle sue parole più utilizzate siano “albero“, “fiori“, “vento“, “uccelli” e “legno“.

Le sue poesie, inoltre, hanno spesso un tono malinconico. Il passato e i ricordi di un tempo che ormai se n’è andato sono al centro della poetica di questo autore. Nelle sue opere c’è anche un utilizzo massiccio di termini come “indietro”, e “passato“.

 

Emily Dickinson

Emily Dickinson. Via.

Visto che buona parte della produzione di Emily Dickinson è incentrata sul rapporto conflittuale fra l’uomo, la sua spiritualità e l’ineluttabilità della vita, non sorprende che tre delle parole che più utilizza siano “Dio” e “paradiso” e “morte“.

Anche la Dickinson, però, fa largo uso di termini che richiamano la Natura. Spesso per evocare stati emotivi tramite il paragone con agenti atmosferici o ambientali. Quindi nella sua poesia troviamo largo uso delle parole “cielo“, “estate“, “sole“. La parola preferita in assoluto dalla poetessa, però, è “piccolo”.

 

William Shakespeare

La passione e i sentimenti sono certamente dei temi fondamentali per i sonetti di Shakespeare—come lo sono d’altra parte per i suoi scritti teatrali. E questa tendenza si nota ovviamente anche dalle parole che sceglieva per comporre i suoi lavori. Un largo uso dei termini “bacio“, “bellezza“, “desiderio“, “lussuria“. Anche “fiore“, in questo contesto, è una parola con connotazioni amorose: è infatti il paragone preferito dallo scrittore inglese per riferirsi alla bellezza di una donna.

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Un libro velenoso – Il Post

Un libro velenoso

È un catalogo di carte da parati vittoriane intriso di arsenico e fatto stampare da un medico dell’Ottocento per nobili ragioni

Shadows from the walls of death è un libro stampato in cento copie nel 1874, largo circa 50 centimetri e alto 70: al mondo ne sono rimaste soltanto quattro e se le toccate potreste stare molto male, se non addirittura morire. Le circa cento pagine che compongono il volume sono infatti intrise di arsenico, come chiesto dall’autore Robert M. Kedzie, un chirurgo unionista durante la guerra civile statunitense e poi professore di chimica al Michigan State Agricultural college (MSU). Kedzie aveva un buon intento: richiamare l’attenzione sulla tossicità della tappezzeria dell’epoca, che impiegava alcuni pigmenti fatti con l’arsenico, pubblicando un libro con i campioni di quelle più comuni e pericolose. Il libro, inviato a circa cento biblioteche pubbliche del Michigan, era accompagnato da un avvertimento del Consiglio per la salute dello stato, di cui Kedzie faceva parte, sui motivi della sua tossicità.

All’epoca si pensava che l’arsenico fosse tossico soltanto se ingerito: è il veleno che uccise Romeo e Giulietta e Madame Bovary, per capirci, insieme a tantissimi signori delle corte medievali e rinascimentali italiane. I sintomi da avvelenamento erano come quelli del colera ed era difficile da rintracciare, era inodore e insapore e si confondeva facilmente con lo zucchero e la farina. Nell’Ottocento l’arsenico divenne famoso come “la polvere dell’eredità”, usata per sbarazzarsi facilmente di vecchi parenti che tardavano a morire, e giornali e romanzi già dai primi anni Trenta traboccavano di storie di omicidi con l’arsenico rimasti impuniti. L’arsenico fu usato per secoli in medicina per curare malattie come la sifilide e poi in epoca vittoriana mescolato a gesso e aceto per sbiancare la pelle; la Rivoluzione industriale lo rese un prodotto di successo, economico, accessibile a tutti e impiegato per moltissimi oggetti di uso comune: candele di sego meno care di quelle di cera, veleni per vermi e topi, cialde da applicare sul viso per togliere i brufoli, e per i pigmenti verdi più brillanti e in voga all’epoca, impiegati nelle tinture dei tessuti, delle tappezzerie e dei dolcetti.

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Il Salone che verrà

Il Salone che verrà

Noi ci stiamo organizzando per l’edizione di quest’anno ( la 31° per la precisione) del Salone del Libro di Torino e ci stiamo ponendo tutta una serie di domande.

Le solite, in fondo: ci saranno visitatori? Quale sarà l’atmosfera? Le facce saranno le solite o ci saranno “ventate di novità”? I grandi editori saranno presenti in massa con i loro stand giganteschi di sempre, mangiando lo spazio alla piccola e media editoria? Saranno presentati libri di qualità o ci saranno sempre le offerte di tomi scritti (?) dai soliti politici, presentatori, soubrettine, calciatori e altre strane creature già presenti in TV in ogni salsa?

Noi, nel nostro piccolo, saremo già soddisfatti e contenti di essere presenti anche quest’anno con le nostre proposte e con la possibilità di riunire la nostra mini/maxi “famiglia allargata”, composta da tanti amici che, nel corso degli anni, sono sempre più diventati amici.

Rivedere e/o incontrare altri autori della CE ci dà quel senso di sicurezza e di unità che difficilmente si può trovare altrove. Se da una parte, indubbiamente, esserci rappresenta una fatica massacrante, dall’altra significa “ricaricare” le energie creative con un senso goliardico, di quasi “gita scolastica”.

Il Salone del Libro, con tutte le polemiche e problematiche passate, presenti e future, è comunque un evento intenso a livello emotivo.

Per non parlare dell’immagine di cultura che dà dell’Italia. A prescindere dai contenuti che presentano gli editori partecipanti. Potrà essere un po’ retrò, con qualche ruga e tutti i suoi acciacchi, ma il Salone è il Salone e la cultura, in esso, trova un suo passo fondamentale nel cammino che sta percorrendo.

Dunque, quest’anno lo stand EEE sarà il numero 125 e si troverà nella corsia F del Padiglione 2, qui sotto, nella cartina, potrete avere una visuale dell’ubicazione.

Gabriella Grieco e Il suo Libro da Gustare

Gabriella Grieco e Il suo Libro da Gustare

Lo spazio Libri da Gustare vuole stimolare la fantasia dei lettori e non solo quella. Dal momento che il vecchio detto recita che “il cibo nutre lo stomaco e i libri saziano la mente“, abbiamo pensato di stuzzicare i nostri autori proponendo loro di abbinare i titoli delle loro opere a una ricetta, un qualcosa che possa identificare e dare soddisfazione anche al palato.

Lampi di oscurità

macedonia di frutta con zenzero

 

Lampi di oscurità & macedonia di frutta con zenzero

Un libro è cibo per la mente, è cosa risaputa. Ma se provassimo anche a trasformarlo in cibo e basta? Cibo per la bocca intendo, o meglio, per la gola. Ma sì, pensateci… La primavera porta con sé il risveglio delle piante, la natura si rianima, i fiori sbocciano, il sole splende, gli uccellini cinguettano… E noi? Noi lettori, dico, quelli che senza un libro proprio non ci possiamo stare, che quando viaggiamo ci portiamo dietro l’e-reader che è meglio di un tomo da mezzo chilo, figuriamoci di cento/duecento/trecento libri!
Beh, non è mica detto che ci nutriamo solo di parole, anche perché altrimenti moriremmo e tutta l’editoria entrerebbe in crisi profonda. E noi lettori – che poi ci siamo anche noi scrittori tra quelli, eh! – questo proprio non lo vogliamo.
E così, la soluzione ce l’ho, proprio qui, eccola: fare finta che il mio libro sia un cibo e immaginare quale possa essere. Facile! “Lampi di oscurità” è una raccolta di miei racconti di vario genere e stile, un pot-pourri insomma, o una macedonia. Dunque, il mio suggerimento è di sedervi in un prato, appoggiarvi a una bella quercia frondosa che vi ripari dal sole – perché il primo sole di aprile è già bello caldo, almeno dalle mie parti – e mentre tenete l’e-reader con la sinistra, usate la mano destra per affondare il cucchiaio nella ciotola colma di frutta fresca e zenzero e degustate la dolcezza dei kiwi per l’amore, il retrogusto asprigno dei frutti di bosco per la vendetta, il succo rosso delle fragole per il sangue. E su tutti questi sapori, a unirli ed esaltarli, il pizzico pungente dello zenzero per il sapore che vi rimarrà in bocca.

Buon letturappetito!

Ingredienti

  • 1/2 ananas medio
  • 2 kiwi
  • 1 papaia
  • 2 cucchiai di banana essiccata
  • 1 pezzo di zenzero fresco
  • 50 g di zucchero di canna

Preparazione

Eliminare completamente la scorza dell’ananas e suddividere la polpa in cubetti e adagiarli in una insalatiera con 2 cucchiai di zenzero fresco grattugiato e lo zucchero, mescolare molto bene. Unire poi i kiwi, la papaia a fettine e la banana essiccata.
Lasciare in frigo fino al momento di servire.
Variante: potete aggiungere cocco liofilizzato o fresco grattugiato a piacere.

Ricetta tratta da: www.amando.it

Lampi di oscurità

La vita è una sola, si dice. Ma quanti sono i modi possibili in cui si può incontrare la morte?
La incontri per caso di notte, perché non hai dato retta all’istinto, oppure si presenta con lingue di fuoco e odore di bruciato. Può arrivare all’improvviso da chi meno te l’aspetti, o ne hai timore senza motivo perché non è per te che è venuta. Puoi anche sceglierla liberamente, se vuoi, pagando tuttavia un prezzo che va oltre la tua vita.
Tanti sono i modi, tante le storie, e quasi tutte accomunate dal male, forse nascosto, ma tuttavia presente in ogni uomo.
Come i lampi rompono l’oscurità della notte portando attimi di intensa luce, così questi racconti squarciano il giorno con i loro bagliori oscuri, evidenziando l’oscurità presente nell’animo

Dettagli del libro

  • Formato: Formato ebook
  • Dimensioni file: 1484 KB
  • Lunghezza stampa: 177
  • Editore: EEE-book (14 gennaio 2018)
  • Venduto da: AmazonKobo
  • Lingua: Italiano
  • ISBN: 9788866904250

Le promozioni di aprile

Le promozioni di aprile

Le promozioni di aprile (su tutti gli store online) potranno sicuramente offrire ai nostri lettori alcuni titoli decisamente interessanti. Scoprite quali sono, sfogliando l’articolo.

Fino al 9/4

Il cammino di “Neko” Kurotachi di Max Saputo

Nel Giappone della prima era Tokugawa, a cavallo del 1600, un ronin è un samurai ramingo, che non ha un signore da servire, è un pericoloso vagabondo senza onore e indegno di considerazione. Ma Yoshi “Neko” Kurotachi, ronin per tragiche circostanze, non può rinunciare al suo senso dell’onore, perché ritiene che chi è senza onore non possa essere un uomo.
Qualcuno, però, insegna a Neko che si può essere fedeli al bene prima ancora che all’onore, alla verità, prima ancora che alla giustizia. E oltre a tutto questo, c’è ancora l’amore. È questo il messaggio di un gesuita portoghese, Padre Guillermo, da anni in Giappone con pochi confratelli, per portare la parola di Cristo, apparentemente lontana dalla cultura giapponese. Neko, tuttavia, arriverà a rendersi conto che l’atteggiamento esistenziale di un samurai, un uomo votato alla morte con una fiducia assoluta nel suo signore e nell’appartenenza ad una ferrea gerarchia , non è più sufficiente a dare senso alla complessità della vita, al dolore e alla morte, perché il suo cuore è stato toccato dalla scoperta di un amore che perdona ogni errore e scende fin dentro l’oscurità di ognuno di noi.
Sullo sfondo delle atroci persecuzioni contro i cristiani, l’avventura umana e guerriera di Neko Kurotachi porta il lettore in un mondo lontano dal punto di vista temporale e culturale, mettendo però in risalto i sentimenti e le scelte inevitabili che appartengono agli uomini di qualsiasi tempo.

 

dal 15/4 al 16/4

Il cuore sbagliato di Stefano Pavesio

Un’impressionante serie di delitti efferati, tra il 2014 e il 2015, legati tra loro dalla presenza, accanto ai cadaveri o inciso sui loro corpi, di un numero a quattro cifre, mette a dura prova l’acume investigativo del tenente colonnello dei Carabinieri Corrado Beneghetti e della sua amica Carla Vicini, dei RIS. Un altro elemento comune alle vittime è la loro origine riconducibile alla val Tanaro, tranquilla, provinciale, quasi sonnacchiosa, con i suoi paesini dove tutti conoscono tutti. Ma il male si può annidare ovunque, e molti ricordano ancora un terribile delitto di dieci anni prima, quello di un bimbo di nove anni seviziato e sepolto ancora vivo in un bosco. È possibile che questa crudele uccisione abbia qualcosa a che fare con i delitti presenti? E, soprattutto, è possibile ricondurre tutti questi crimini ad un’unica mano assassina?
Il cuore sbagliato è un romanzo che va oltre i toni del thriller e del noir, per scavare nelle motivazioni profonde dell’assassino, delle sue responsabilità, ma anche dell’ineluttabilità delle sue scelte, in una storia dove quasi nessuno è davvero innocente.

Il filo rosso del male Silvana Zanon

Una tragica realtà è la scomparsa di bambini, soprattutto dai Paesi più poveri, vittime di adozioni illegali o, peggio, di pedofili, di trafficanti di organi…
Nel 1977 viene rapito in Ecuador il piccolo José Mario Albuja, un bimbetto di cinque anni che sogna di diventare un grande calciatore.
Veneto, 2008: Lara Dosi, laureanda in medicina ed aspirante psichiatra, svolge il suo tirocinio presso il Centro di Salute Mentale di Brentiel. La cittadina è piccola, ma tutt’altro che tranquilla: si parla, infatti, dell’esistenza di un mostro che ha rapito, nel corso degli ultimi anni, ben tre bambini, l’ultimo in tempi recenti. I piccoli non sono mai stati ritrovati e, insieme ai bambini, afferma Tiziana, una “gattara” che nutre i randagi che si aggirano intorno all’ospedale, sono scomparsi anche moltissimi gatti, forse un centinaio. Secondo quanto la donna confida a Lara, per scoprire il mostro è necessario indagare tra le persone insospettabili, che hanno salute, successo, denaro. Non sono poche le persone con queste caratteristiche, tra le frequentazioni di Lara Dosi, compreso il giovane psichiatra di cui si sta innamorando. E quando Marika, una paziente del Centro, confida a Lara di “sentire” che l’ultimo bambino rapito è ancora vivo, la studentessa vuole cercare di capire che cosa ci sia dietro a quelle misteriose sparizioni. E lo farà a suo rischio e pericolo… perché il Male, a Brentiel, c’è davvero.

L’intruso Irene Rossi

John Rampini, uomo abitudinario e mediocre, fa il cronista in un giornale di provincia.
Un pomeriggio, rientrando dal lavoro, scopre che qualcuno si è introdotto nel suo appartamento e ha mangiato nella sua cucina. La cosa si ripete ma in maniera più invasiva, dato che l’intruso inizia a lasciare in casa del giornalista degli oggetti personali, che sistema ordinatamente in armadi e cassetti.
Nel frattempo, proprio nel quartiere dove vive Rampini, una donna viene uccisa in modo raccapricciante.
John sente che il colpevole è l’intruso e ne ha la conferma quando scopre che la collana che ha trovato una sera sul suo comodino apparteneva proprio alla vittima.
Chi è questo misterioso personaggio, che continua a intrufolarsi nella vita del nostro mediocre cronista, il quale sarà testimone di altri efferati delitti e a comunicare con lui nelle settimane successive? Il lettore sarà ben presto in grado di formarsi un’opinione precisa, suffragata dalle indagini della polizia e dalle analisi di uno psichiatra e sarà certo di aver individuato l’assassino. Intrigante ma facile, perfino scontato.
Tuttavia, i thriller migliori sono quelli che riescono a depistare il lettore…

L’oro di Gorgona di Alessandro Cirillo

9 settembre 1943: il giorno dopo l’armistizio di Badoglio, una nave militare attracca all’isola di Gorgona per nascondervi quattro tonnellate d’oro. Eseguita la missione, la nave viene silurata sulla via del ritorno e l’unico sopravvissuto registrerà in un diario personale l’avvenimento, indicando il luogo segreto dove è seppellito il tesoro. Sarà un bisnipote a leggere quel diario e a permettere il ritrovamento del tesoro. Mentre è in corso il trasferimento al caveau della Banca d’Italia, la malavita italiana, in combutta con la mafia albanese, riesce a sottrarre il tesoro e a trasportarlo in Albania.
L’oro di Gorgona lascerà dietro di sé una lunga scia di sangue, ed i responsabili di questo non sono solamente i malviventi, ma anche personaggi insospettabili, “mele marce” ben nascoste e assolutamente nostrane.
Toccherà ancora una volta a Nicholas Caruso, Ruben Monteleone e ai loro compagni sotto copertura cercare di ristabilire la giustizia, e lo faranno, come sempre, con i loro metodi non sempre ortodossi ma coraggiosi ed efficaci.

Un salto in paradiso di Valeria De Cubellis

Materio, un piccolo paese della collina torinese, è il posto classico dei pranzi domenicali fuori porta, nella natura e nella bellezza delle cose semplici, che però diventa lo scenario di un delitto di efferata crudeltà che sconvolge i cittadini del paese e anche il maresciallo capo dei carabinieri Daniele Magreschi.

Accadimenti inaspettati si accavallano alle indagini per scoprire l’assassino e quello che viene alla luce, prima di tutto, sono le crepe esistenziali degli uomini e i limiti, che da essi stessi discendono, di un posto che sembra il paradiso e probabilmente non lo è.

 

dal 17/4 al 18/4

Domani ci sarà tempo di Andrea Leonelli

Domani ci sarà tempo… ma il tempo a volte è avaro e traditore, e non sempre soddisfa le aspettative di chi pensa di averne a disposizione in abbondanza.

Non abbiamo una data di scadenza, quantomeno non impressa in modo visibile, e per quel che ne sanno le statistiche, indicativamente, viviamo circa ottanta anni, ma le statistiche hanno poco a che vedere con la vita reale di ogni giorno, si fanno con i grandi numeri. Invece ognuno di noi è un numero unico.

La storia vera, raccontata in questo libro, porta all’attenzione del lettore il punto di vista di chi, lavorando in ospedale, si ritrova a vivere un’esperienza traumatica finendo, suo malgrado, dall’altra parte della barricata, disteso su una barella fra la vita e la morte. Un evento vissuto in modo anomalo sia dall’interessato sia dai colleghi, tutti operatori sanitari che, improvvisamente, si trovano faccia a faccia con quanto, giornalmente, tentano di scongiurare. Un evento che riesce a far scaturire conseguenze e riflessioni in cui molti potranno riconoscersi, scoprendo che, nonostante tutto, esiste sempre un modo per ritornare a vivere e ritrovare il tempo per un domani.

Guardati le spalle di Mario Nejrotti

Torino, Barriera di Milano: quartiere triste, operaio, duramente colpito dalla crisi economica e infiltrato dalla malavita organizzata.
Care, per gli amici, in realtà Amilcare, è un triste e scialbo quarantenne, barista di un bar di periferia. Ha passato la vita a “guardarsi le spalle” e a non schierarsi, alla ricerca di un’occasione per fuggire da quel quartiere che gli sembra un carcere fin da quando era bambino.
Una sola difesa: la mediocrità.
Una sola consolazione: la passione per i film western, che colleziona e guarda da sempre.
Convinto di essere un vigliacco, come suo padre, sorvegliante fallito, non giudica i suoi clienti e accetta il loro denaro senza farsi troppe domande: “Un barista può non avere una coscienza, non gli serve per fare il caffè.”
Ma quando la malavita organizzata decide di usare il bar per i suoi affari, incominciano i guai, in un crescendo che coinvolgerà anche il suo amore.
Alla fine dovrà decidere da che parte stare ed escogitare un piano per liberarsi di tutti i cattivi, perché di veri buoni in questo romanzo non ce ne sono.
Deve eliminare tutti: camorristi, ’ndranghetini, poliziotti corrotti, ma lui non è Gary Cooper e non può affrontarli in duello, come in Mezzogiorno di Fuoco.
Dovrà fare a modo suo e prevedere le mosse di tutti.

Il cerchio delle donne di Elena Grilli

Ancona, via Bezzecca, una palazzina con cinque appartamenti è il teatro quasi esclusivo dell’azione di questo giallo dove i personaggi femminili sono davvero dominanti, con tutte le loro qualità e i loro difetti, con tutte le loro contraddizioni e i loro problemi. Tra i personaggi principali, la rumena Catinca, sposata con un italiano marito-padrone, la saggia Gabriella (detta Bri), un’anziana psicologa in pensione, che vive in una piccola comune femminile, e Jo, impiegata amministrativa della Questura di Ancona, ragazza anticonformista, testarda e scorbutica, ma dotata di un forte senso della giustizia. Saranno le donne a far luce sulla tragica fine di un’anziana coppia di coniugi, loro coinquilini. Ma nel romanzo c’è molto di più: c’è una riflessione sulla condizione femminile, sul significato della solidarietà tra donne, sulla famiglia (non sempre positiva), sul valore della presa di coscienza del proprio ruolo e, di riflesso, anche sul mondo maschile.
Questo romanzo, vincitore del V Concorso per il Giallo, Thriller e Noir indetto da EEE-book (2017), è ben scritto, senza cedimenti nel ritmo narrativo, e lascia il lettore con la piacevole sensazione di aver letto una storia coerente e coesa, ricca di spunti interessanti e capace di offrire uno sguardo acuto e profondo su alcuni significativi aspetti della realtà socioculturale dell’Italia contemporanea.

Il salto quantico di Margherita Terrosi

Bianca (43 anni), e Luigi (38), si conoscono in piscina. Sono liberi, adulti e si piacciono.
Storia banale?
Sì, in fondo, e sarà facile per molte donne identificarsi con la protagonista femminile.
Forse, più che due persone libere, Bianca e Luigi sono due persone sole, paguri alla ricerca della conchiglia giusta… e qui iniziano le difficoltà, soprattutto se lui è narcisista e anche un po’ coglione, e lei troppo malata di solitudine, mentre l’orologio biologico ticchetta inesorabilmente.
Il segreto per vivere meglio potrebbe essere quello di fare un “salto quantico” di autostima, ma ci vuole coraggio.
Sullo sfondo di questa storia, Firenze e il suo fiume, le serate di milonga e la complicità di Bubu, un cane ladro di merendine.

Lo spirito del lago di Giancarlo Ibba e Cinzia Morea

Nella comatosa cittadina di Villa Reso, l’improvvisa e inspiegabile scomparsa della dottoressa Molteni lascia sconcertati i colleghi dello studio medico in cui lavora e scatena le malelingue dei residenti. Il dottor Guido Gubernatis, in particolare, si lascia coinvolgere suo malgrado nella ricerca della donna. La vita privata di quest’ultima, fin dall’inizio, appare più complicata di quanto Gubernatis potesse immaginare. Nelle sue involontarie indagini, l’uomo, improvvisatosi detective, si imbatte spesso nelle allusioni a una misteriosa leggenda popolare locale: quella di un fantomatico “Spirito del Lago” che infesterebbe un piccolo specchio d’acqua melmosa, circondato da boschi e canneti, situato a pochi chilometri da Villa Reso.

Un luogo spettrale, isolato, ma apparentemente molto frequentato durante la notte. E non solo da fantasmi…

Roma da morire di Emanuele Gagliardi

Quindici storie a tinte più che nere dove rancore e follia, vendetta e avidità, invidia e perversione si intrecciano fino a sfociare nella tragedia. Quindici vicende di persone comuni impaludate nelle sabbie mobili del delitto da cui neanche i tutori dell’ordine riescono sempre a venir fuori. Quindici racconti thriller ambientati nella Capitale tra il 1959 e oggi. Unica eccezione, Civitina che non fa all’ammore: si svolge a Gaeta, ma al caso si appassiona un villeggiante romano, il commissario capo Umberto Soccodato presente in tutti i romanzi e in vari racconti di Emanuele Gagliardi.

 

dal 30/4 al 1/5

Nero pesto di Emanuele Gagliardi

Roma, 1979. Sono gli anni in cui eversione nera e terrorismo rosso insanguinano la Capitale aggiungendosi agli attacchi diretti allo Stato culminati nel rapimento e uccisione di Aldo Moro. Omicidi, sequestri, rapine, violenze hanno spesso connotazione ideologica e così, quando un portinaio di 60 anni iscritto al MSI, Alfredo Mancini, viene trovato morto, orrendamente mutilato, il commissario capo della Squadra Mobile Umberto Soccodato si indirizza senza esitare sulla pista politica, benché le caratteristiche del delitto lascino ipotizzare un movente passionale forse omosessuale. Qualche giorno dopo, nello stesso stabile, avviene un secondo omicidio. A parte il teatro dei delitti e le simpatie destrorse delle vittime, non parrebbe esserci un comune denominatore tra i due casi. Ma è davvero così? Soccodato e i suoi collaboratori si muovono non senza grossi rischi e affanni nel sottobosco del terrorismo neofascista che per le sue aderenze con gli ambienti istituzionali e con la grande criminalità capitolina si rivela un nemico quanto e forse più insidioso delle temibili e meglio organizzate formazioni eversive di sinistra.

 

La brandizzazione dei libri sta massacrando il fantasy?

La brandizzazione dei libri sta massacrando il fantasy?

articolo di Alberto Grandi

Qualche giorno fa, trovandomi a Marina di Pietrasanta, bellissima località versiliese che invito tutti a visitare, sono entrato in una libreria Mondadori e mi sono recato nella sezione dedicata al fantasy. La foto sotto, mostra ciò che ho trovato: saghe in più libri, riedizioni di classici, i soliti Martins e Brooks declinati in ogni possibile versione, tascabile, non tascabile, con cover tratta dalla serie tv, con cover non tratta dalla serie tv o in edizione “sacre scritture” per i fanatici. Ovviamente, essendo la fantascienza un genere in crisi di identità, c’erano anche parecchie distopie come DivergentMetro 2033/34/35, e tanti libri ispirati a franchise cinematografici, come Star Wars.

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Queste opere sono identificabili per il nome della saga che le accompagna se non addirittura per una loro simbologia (sulla simbologia e la sua importanza nella letteratura di genere, vi rimandiamo a questo articolo). Sono come catene di negozi segnalate da marchi e tag precisi che promettono una serie di emozioni, personaggi, panorami, ambientazioni eccetera. Ed in effetti è questo che il mercato editoriale sta facendo attraverso la fantascienza e soprattutto il fantasy, negli ultimi tempi, sta creando non storie, ma universi. Universi possibilmente declinabili attraverso più capitoli, prequel, sequel, spin-off, riadattamenti cinematografici, videoludici e quant’altro. Letteratura “esperienziale” (come certi ristoranti spuntati come funghi a Milano in epoca Expo che propongono cibo esperienza, sulla cui qualità… sorvoliamo), non letteratura e basta. Ed è attraverso questa logica editoriale che l’America detta legge e sconfina negli altri mercati, relegando la letteratura di genere locale a un ruolo marginale o costringendo i suoi autori ad adeguarsi e a scrivere alla maniera americana.

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È un peccato perché la letteratura di genere, specie quella fantastica, in un qualche modo imparentata col fantasy, è una letteratura che, almeno in origine, attingeva dal folclore locale o da un passato territoriale ricco dove storia e leggenda si mescolano fino a confondersi. E il nostro è un Paese che in quanto a folclore e a leggende ha ben poco da invidiare agli altri. Lo sapeva Italo Calvino, che raccolse le nostre fiabe nell’antologia Fiabe italiane, lo sapeva Landolfi, scrittore che subì le suggestioni fantastiche e goticheggianti dell’Appennino centro-meridionale e della sua provincia come in Racconto d’autunno o ne Le due zittelle, lo sa bene Buzzati, forse il nostro più grande scrittore fantastico del Novecento. C’è qualche speranza in reparti librari come questo sempre più simili agli scaffali di un Blockbuster di imbattersi in un romanzo italiano fantasy o anche fantastico che non pretenda di diventare saga, quindi che abbia l’umiltà di concludersi in 200-300 pagine e, soprattutto, di raccontare una storia e non mettere in piedi un universo?

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